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ruolo di Pietro tra i discepoli di Gesù Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La Chiesa cattolica, la Chiesa ortodossa e gran parte delle Chiese riformate riconoscono che Pietro avesse un ruolo particolare tra gli apostoli[1]. La questione è molto dibattuta, infatti resta il fatto che un ruolo particolare lo hanno avuto anche Giovanni evangelista, come testimoniato in diversi brani del Vangelo[2], Andrea (il Primo chiamato) e Giacomo che presiedette il primo concilio ecumenico, tenutosi a Gerusalemme (alla presenza dei Dodici e di Paolo). Proprio per questo l'entità del primato di Pietro (primatum Petri) è oggetto tra le confessioni cristiane di dispute dottrinali, che influenzano anche la dottrina sul primato papale, oggi riconosciuto solo dai cattolici.
La questione dottrinale riguardante l'unità della Chiesa e la natura dell'autorità, era in origine radicata nella politica e nella cultura. Soprattutto dopo la fondazione di Costantinopoli da parte dell'imperatore Costantino, l'Oriente e l'Occidente si trovarono di fatto divisi. Costantinopoli divenne la città più importante dell'impero. La divisione politica in Pars Occidens e Pars Oriens aveva accresciuto le differenze, comportando un indebolimento politico, economico e militare dell'Occidente. A fronte della decadenza di Roma, già iniziata ancor prima dell'avvento di Costantino, Costantinopoli continuava a crescere e l'imperatore vi aveva la propria residenza. Questa separazione, in campo religioso, si traduceva nell'aumento della distanza tra Roma e Costantinopoli.
La concezione che un "corpo" deve poter avere un capo per mantenere tale unità fu interpretata in maniera diversa in Oriente e in Occidente:
Benché molti siano i passi del Nuovo Testamento in cui si parla di Pietro, il dibattito si riduce spesso alla discussione sul significato e la traduzione del verso 16,18[3] del vangelo di Matteo, ma ce ne sono diversi in cui si parla anche degli altri Apostoli, e la discussione tra esegeti e teologi (alla ricerca del vero significato) è oggi ancora aperta.
Nel Nuovo Testamento Gesù promette a Pietro che su di Lui avrebbe fondato la sua Chiesa, poiché Pietro è il primo a riconoscerLo come il Messia e il figlio del Dio vivente. 1 Cor 12,3[4] afferma che "nessuno può dire «Gesù è Signore» se non sotto l'azione dello Spirito Santo", segno che già prima della Pentecoste le parole di Pietro erano ispirate dallo Spirito Santo.
Gesù chiama Simone con l'appellativo Pietro, e in altre parti delle scritture un soprannome indica un carattere o uno status particolare (Abram in Abraham, Giacobbe in Israele, e Saul in Paolo). Nel testo greco di Mt 16,18 a "Simone" viene dato il nome di "πέτρος" (petros) e la "pietra" di cui si parla nella seconda parte del versetto è in greco "πέτρα" (petra).
Il genere è diverso, ma si tratta di un puro requisito grammaticale della lingua greca[senza fonte], un artefatto dovuto alla traduzione dall'aramaico (la lingua probabilmente parlata da Gesù) al greco, e un tentativo di mantenere il gioco di parole.[senza fonte] Non si vuole fare la distinzione (in genere circoscritta al linguaggio poetico greco) tra "roccia" e "piccola pietra" o "sasso". Tra i classici, comprese opere di Platone e Sofocle, ci sono molte ricorrenze di πέτρος con il significato di "pietra".[senza fonte]
Il nome proprio di un uomo dovrebbe essere maschile (-ος), mentre πέτρα, la parola usata per "pietra", è femminile (-α). In aramaico, la parola che significa pietra è "כיפא" (diversamente traslitterata nell'alfabeto latino con "Kefa", "Kepha", "Cephas", e traslitterata nell'alfabeto greco con Κηφας (vedi il Vangelo secondo Giovanni, capitolo 1, versetto 42). In aramaico, si sarebbe usata la stessa parola per esprimere entrambi i concetti, e Gesù si riferisce direttamente a Pietro quando dice "su questa pietra edificherò la mia Chiesa" (tesi supportata dal fatto che la Peshitta, scritta in siriaco, una lingua imparentata con l'aramaico, non fa distinzione tra le due parole).[senza fonte] Gesù dichiara dunque il primato di Pietro in mezzo agli altri apostoli, e (forse) una giusta traduzione italiana di Mt 16,18 dovrebbe essere: "Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa".[senza fonte]
In Matteo 16,19[5] Gesù dice a Pietro: A te darò le chiavi del regno dei cieli. In modo particolare per il popolo ebraico[senza fonte] le chiavi erano un simbolo dell'autorità.
In Apocalisse 1,18[6] Gesù dice di avere le chiavi della morte e dell'inferno, che significa che ha potere sulla morte e sull'inferno; anche in Isaia 22,21-22[7] compaiono le chiavi come simbolo.
Il cardinale James Gibbons, nel suo libro The Faith of Our Fathers (La fede dei nostri padri) indica che le chiavi sono un simbolo dell'autorità anche nella cultura odierna; usa l'esempio di qualcuno che dà le chiavi di casa propria a un'altra persona, e così quest'ultima diventa la rappresentante del padrone di casa durante la sua assenza.
Un'altra fonte del primato di Pietro si trova nel Vangelo secondo Giovanni 21,15-17[8], dove Cristo dice a Pietro per tre volte: "pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle". Il retroterra biblico di queste frasi sta nelle numerose ricorrenze dell'Antico Testamento in cui Dio dice di essere pastore del suo gregge, cioè del popolo di Israele, Nel Nuovo Testamento è Gesù a dire di sé stesso: "Io sono il buon Pastore" (Giovanni, 10:11,14[9]); il gregge in questo caso rappresenta coloro che credono in Gesù. Per queste ragioni i cattolici credono che a Pietro è stata affidata la guida dell'intero gregge di Cristo, cioè della Chiesa.
Pietro è sempre indicato per primo in tutti gli elenchi degli apostoli (Matteo 10,2-4, Marco 3,16-19 e Luca 6,13-16[10]), mentre Giuda Iscariota si trova sempre all'ultimo posto; Pietro è elencato per primo anche quando si indicano gruppi di alcuni apostoli nei vangeli (rif.[11]) e negli Atti degli Apostoli (At 1,13;2,37;3,1;3,3;3,11[12]), ma non sempre (Gv 1,44[13]). Spesso, Pietro risponde e parla a nome di tutti gli apostoli, come nei casi seguenti (rif.[14]).
In Matteo 10,2[15] Pietro è dichiarato essere il "primo apostolo" e, non essendo il più anziano né il primo degli apostoli scelti da Gesù, è probabile che si intenda "primo" in autorità.
Eusebio di Cesarea, riportando un frammento di Egesippo, scrisse:
«... Giacomo, fratello del Signore, succedette all'amministrazione della Chiesa insieme agli altri apostoli»
Tra l'altro in At 15[16] sembra emergere un ruolo di leadership da parte di Giacomo all'interno dell'assemblea degli apostoli.
Le Sacre Scritture si riferiscono anche allo stesso Gesù come "roccia":
Gesù dà a Simone il nuovo nome di πητρος, ma quando parla di "pietra" usa la parola πητρα. Le Scritture ispirate del Nuovo Testamento furono scritte in greco, non in aramaico. In greco c'è una distinzione tra le due parole, dato che πητρα vuol dire "roccia", mentre πητρος vuol dire "piccola pietra" o "sasso".
Tuttavia, in greco, sia πητρα sia πητρος significano "roccia", benché il secondo possa avere in altri contesti anche il significato di "pietra piccola"; inoltre, in greco non sarebbe stato possibile dire altrimenti, in quanto l'appellativo di Pietro deve necessariamente essere posto al maschile (come anche in latino e in italiano, ad esempio).
Simon Pietro stesso si riferisce a Gesù come "pietra" (1Pietro 2,1-8[17]): "Accostandovi a lui, come a pietra vivente, rigettata dagli uomini ma eletta e preziosa davanti a Dio, anche voi, come pietre viventi, siete edificati per essere una casa spirituale, un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali, graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo. Nella Scrittura si legge infatti: «Ecco io pongo in Sion una pietra angolare, eletta, preziosa, e chi crede in essa non sarà affatto svergognato». Per voi dunque che credete essa è preziosa, ma per coloro che disubbidiscono: «La pietra, che gli edificatori hanno rigettato, è divenuta la testata d'angolo, pietra d'inciampo e roccia d'intoppo che li fa cadere». Essendo disubbidienti, essi inciampano nella parola, e a questo sono altresì stati destinati".
Anche l'apostolo Paolo che scrive in 1 Corinzi 3,10-21[18] si riferisce a Gesù Cristo come "pietra del fondamento": "Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come savio architetto io ho posto il fondamento, e altri vi costruisce sopra; ora ciascuno stia attento come vi costruisce sopra, perché nessuno può porre altro fondamento diverso da quello che è stato posto, cioè Gesù Cristo. Ora, se uno costruisce sopra questo fondamento con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, stoppia, l'opera di ciascuno sarà manifestata, perché il giorno la paleserà; poiché sarà manifestata mediante il fuoco, e il fuoco proverà quale sia l'opera di ciascuno. Se l'opera che uno ha edificato sul fondamento resiste, egli ne riceverà una ricompensa, ma se la sua opera è arsa, egli ne subirà la perdita, nondimeno sarà salvato, ma come attraverso il fuoco. Non sapete voi che siete il tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se alcuno guasta il tempio di Dio, Dio guasterà lui, perché il tempio di Dio, che siete voi, è santo. Nessuno inganni se stesso; se qualcuno fra voi pensa di essere savio in questa età, diventi stolto affinché possa diventare savio. Infatti la sapienza di questo mondo è follia presso Dio, poiché sta scritto: «Egli è colui che prende i savi nella loro astuzia»; e altrove: «Il Signore conosce i pensieri dei savi e sa che sono vani». Perciò nessuno si glori negli uomini, perché ogni cosa è vostra: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, le cose presenti e le cose future; tutte le cose sono vostre. E voi siete di Cristo e Cristo è di Dio."
Non vi è però contraddizione fra Gesù-roccia e Simon Pietro: infatti, i cristiani sono "membra del corpo di Cristo"[19], e Cristo "è il Capo del corpo, cioè della Chiesa" (Colossesi 1,18[20]). Nel merito scriverà Tommaso d'Aquino, Dottore della Chiesa, nella Summa Theologiae: "Capo e membra sono, per così dire, una sola persona mistica".
Sebbene nel Nuovo Testamento non sembra che Pietro sia stato considerato dagli altri apostoli come pietra del fondamento, essi lo chiamarono non più Simone ma Cefa (che significa appunto pietra). Anche durante l'Ultima Cena, secondo il Vangelo di Luca, Gesù si rivolge esplicitamente a Pietro come a un "primo tra i pari": "Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli" (Luca 22,31-32[21]).
Nella lettera che Paolo, nel 58, indirizza ai Romani, egli menziona personalmente 29 esponenti della comunità cattolica, eppure non solo non saluta ma addirittura non menziona affatto Pietro: un'omissione importante se Pietro fosse stato effettivamente il vescovo di Roma e si trovasse là in quell'anno. Sulla base di questo silenzio la ricostruzione protestante sostiene che Pietro non lasciò mai la sua terra d'origine e mai si recò a Roma.
Tuttavia la morte di Pietro si pone a Roma durante la successiva persecuzione di Nerone nel 64: egli potrebbe essersi recato presso la chiesa di Roma e avervi esercitato il ministero fino alla morte successivamente al 58. La campagna di scavi svoltasi nel 1939/1940 ha portato alla luce una piccola necropoli sotto all'attuale basilica di san Pietro, inclusa la tomba di Pietro del II secolo. Questo rende verosimile la tradizione cattolica per la quale Pietro è morto a Roma.
Tra gli autori del II secolo non ci sono riferimenti a Pietro, ma di essi, con l'eccezione di Ignazio, Policarpo e Clemente di Alessandria, si posseggono solo scritti apologetici verso ebrei o pagani, in cui probabilmente non c'era ragione per citare l'episcopato di Pietro.
Il nome di Pietro non appare in alcuni dei primissimi elenchi dei vescovi di Roma: Ireneo, vescovo di Lione dal 178 al 200 d.C. e primo teologo cristiano a utilizzare il principio della successione apostolica, cita con precisione la sequenza di "tradizione" vescovile fino a risalire direttamente all'apostolo Giovanni, elencando tutti i vescovi di Roma fino al dodicesimo, Eleuterio: ma, come primo vescovo, parte da Lino, e non da Pietro.
Ma lo stesso Ireneo in due passaggi parla di Igino come del nono vescovo di Roma:
«[Cerdo] venne a vivere a Roma al tempo di Igino, che detenne il nono posto nella successione episcopale a partire dagli apostoli.
[...]
Valentino venne a Roma al tempo di Igino, fiorì sotto Pio, e rimase fino ad Aniceto. Anche Cerdo, predecessore di Marcione, arrivò al tempo di Igino, che fu il nono vescovo»
Poiché tra papa Lino e papa Igino sono compresi solo sei altri vescovi, Ireneo riconosce la presenza di un predecessore di Lino. Lightfoot ha contestato la veridicità di questa asserzione, poiché nella più antica versione latina del testo di Ireneo conosciuta al passo 3:4:3 si parla di octavus, ma nel testo greco riportato da Eusebio sta scritto enatos.
Un precedente passo di Ireneo (Adv. haer. 3:3:3) può essere interpretato come la dichiarazione che Pietro e Paolo si divisero l'episcopato di Roma, ma anche come un ulteriore argomento usato da Ireneo contro gli gnostici per difendere la dottrina della Chiesa di Roma.
La "Costituzione Apostolica" dell'anno 270 afferma che papa Lino ottenne la sua nomina direttamente da Paolo, non da Pietro.[22]
Nella metà del III secolo Cipriano si riferisce alla sede di Roma (la sede vescovile, ovvero la diocesi di Roma) come alla «cattedra di San Pietro», dicendo che Cornelio succedette al «posto che fu di Fabiano che è il posto di Pietro».[23]
Sempre Cipriano[24] riporta un passo di Firmiliano di Cesarea in cui si dice che Stefano dichiarò che avrebbe deciso riguardo alla controversia sul battesimo poiché vantava la successione da Pietro. Firmiliano riporta questa asserzione senza contestarla, mentre probabilmente lo avrebbe fatto se fosse stato possibile[25]; su questa base si può affermare che circa nel 250 l'episcopato di Pietro a Roma era ammesso non solo a Roma ma anche nelle chiese dell'Africa e dell'Asia minore.
Cipriano scrisse il primo trattato dedicato al primato petrino: De catholicae ecclesiae unitate. Citando i passi scritturistici, fonda l'unità della Chiesa sul primato di Pietro, che rappresenta l'unità della comunità cristiana e possiede lo stesso potere degli altri vescovi, avendo i Dodici pari dignità per via del mandato apostolico comune di evangelizzare e rimettere i peccati (Giovanni 20:21-23[26]). L'unità della Chiesa riflette la Trinità di Dio e l'unione ipostatica di Cristo.[27]
Nel primo quarto dello stesso secolo (circa nel 220) Tertulliano[28] menziona una dichiarazione di Callisto I in cui egli asserisce che il potere di perdonare i peccati era disceso a lui da Pietro in modo particolare. Neanche Tertulliano contesta questa dichiarazione, ed egli conosceva la Chiesa di Roma avendo risieduto nell'urbe.
Nello stesso periodo, Ippolito (probabilmente l'autore della prima parte del Catalogus Liberianus attribuito a Clemente di Roma, 1:259) riconosce Pietro nella lista dei Vescovi di Roma.
In Adversus Marcionem, scritto apparentemente nello stesso periodo, si dice che Pietro aveva passato a Lino «la sedia in cui egli stesso aveva seduto».[29]
Nella Costituzione Apostolica dell'anno 270, si dice che papa Lino ottenne la sua nomina direttamente da Paolo, non da Pietro.
Eusebio scrive che:
«Così come gli altri suoi seguaci, Paolo testimonia che Crescenzo fu inviato in Gallia. Ma Lino, che egli menziona nella seconda lettera a Timoteo come suo compagno a Roma, fu il successore di Pietro nell'episcopato della Chiesa di quella città, come è già stato mostrato»
Nella tradizione seguente,[senza fonte] Pietro è considerato il primo Vescovo di Antiochia e in seguito vescovo di Roma:
Pietro è il primo vescovo di Antiochia, in seguito considerato "vescovo" di Roma. La Chiesa cattolica fa derivare il primato papale dall'affermazione attribuita a Gesù dal capitolo 16 del Vangelo di Matteo, che Pietro sarebbe stato la pietra su cui avrebbe costruito la sua Chiesa. La promessa sarebbe stata confermata anche dalle parole che Gesù pronunciò dopo la resurrezione: "Pasci le mie pecorelle". Un altro passo evangelico fondamentale riguardante il primato è Luca 22,32 dove il Divino Maestro affida a Pietro il compito di confermare i fratelli nella fede.
Nel Nuovo Testamento non esistono riferimenti a Pietro come vescovo di Roma, tuttavia tradizionalmente si fa risalire la morte di Pietro sotto Nerone intorno al 64 d.C. Il primo a nominare la morte di Pietro è Clemente Romano, vescovo di Roma dall'88 al 97, senza specificare la località, che doveva essere nota ai lettori. Ignazio di Antiochia (Ad Rom. cap 4) lega in modo particolare Pietro e Paolo alla Chiesa di Roma, implicando che Pietro sia stato a Roma. Fra i primi scrittori cristiani non vi sono voci contrarie a questa tradizione. Se anche Pietro non ha fondato la prima comunità cristiana di Roma, vi sarebbe giunto alla fine della sua vita e vi sarebbe morto.
Inoltre, Pietro non appare nell'elenco dei vescovi di Roma: Ireneo, vescovo di Lione dal 178 al 200 d.C. e primo teologo cristiano a utilizzare il principio della successione apostolica, cita con precisione la sequenza di "tradizione" vescovile fino a risalire direttamente all'apostolo Giovanni, elencando tutti i vescovi di Roma fino al dodicesimo, Eleuterio: ma, come primo vescovo, parte da Lino, e non da Pietro. [senza fonte]
Secondo la tradizione cattolica San Pietro Apostolo rappresenta il primo Papa, cioè vicario (o rappresentante) di Gesù Cristo. La fonte evangelica solitamente citata a sostegno di tale interpretazione è Mt16,17-19[31]:
« Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli. » ( Mt 16,17-19, su laparola.net.) |
Un mandato analogo viene riconosciuto da Gesù dopo la Resurrezione:
« Quand'ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti amo». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo: «Simone di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti amo». Gli disse: «Pasci le mie pecorelle». Gli disse per la terza volta: «Simone di Giovanni, mi ami?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi ami?, e gli disse: «Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecorelle.» » ( Gv 21,15-17, su laparola.net.) |
Inoltre, Pietro compare in posizione privilegiata nelle elencazioni evangeliche degli apostoli: sempre il primo, sebbene fosse il terzo a divenire apostolo di Gesù (Gv1,35-42[32]).
« I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, » ( Mt10,2, su laparola.net.) |
« Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro; » ( Mc3,16, su laparola.net.) |
« Entrati in città salirono al piano superiore dove abitavano. C'erano Pietro e Giovanni, » ( At1,13, su laparola.net.) |
Pietro viene menzionato da Paolo in testa alla lista come testimone autorevole della risurrezione, e nei capitoli precedenti Pietro è considerato come modello esemplare del ruolo apostolico:
« Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. » ( 1Cor15,3-5, su laparola.net.) |
Il primato di Pietro risulta anche presente nei principali avvenimenti del ministero di Gesù, fra cui:
Anche in molti episodi successivi del Nuovo Testamento spicca il primato di Pietro:
Nell'interpretazione cattolica delle parole del Cristo a Pietro sono affidate le chiavi del Regno dei Cieli, una nota metafora semitica per indicare l'investitura di un potere. Pietro è pertanto costituito Vicario di Cristo, in ordine alla fondazione di Cristo che è la Chiesa, con poteri che vengono esercitati sulla terra ma ricevono un'immediata e concorde sanzione divina. La promessa delle chiavi, in armonia con la funzione di "roccia" attribuita al solo Pietro, specifica le funzioni che nella Chiesa competono a lui e non agli altri. E poiché Gesù ha promesso che la sua fondazione durerà fino alla fine del mondo, i poteri di Pietro avranno la stessa durata. Pietro cioè dovrà avere dei successori perché a Cristo non venga meno il vicario e alla Chiesa il suo fondamento.
La durata del pontificato di San Pietro viene data da fonti tradizionali, per cui sarebbe vissuto 25 anni a Roma. La reale accuratezza storica di tale dato è però incerta: l'inizio del computo può risalire al mandato diretto di Gesù durante il suo ministero oppure all'arrivo dell'apostolo a Roma, e anche circa il termine del mandato sono attualmente proposte dagli storici due differenti date di morte di Pietro (tra il 64 e il 67).
Nel 1984, nell'omelia in occasione della Solennità dei Santi Pietro e Paolo[52], papa Giovanni Paolo II disse:
«"Tu sei il Messia (il Cristo), il Figlio del Dio vivente"...Gesù sa che questa risposta di Pietro proviene non direttamente da lui... ma dal Padre... Le parole di Simon Pietro sono una professione di fede... Così dunque la Chiesa viene fondata sulla pietra della fede, che ha la propria origine in Dio stesso... La Chiesa, per la quale la confessione di Pietro è diventata “la pietra”, viene contrapposta alle “porte degli inferi”. Le porte degli inferi cercano di distruggere l’uomo, al quale Cristo legò il carisma di questa verità, e che chiamò “pietra”.»
Le chiese protestanti nacquero in contrasto con il primato papale e contro la corruzione della Chiesa di Roma, quindi non riconoscono alcun primato al Vescovo di Roma. Numerose chiese protestanti, tra cui i battisti, i calvinisti, i pentecostali, i valdesi, ritengono sbagliata la stessa struttura episcopale della chiesa[53] e quindi anche l'interpretazione cattolica del mandato petrino in Mt16,17-18[54], che esprimerebbe un riconoscimento molto generico, e non un vero incarico. Gli interpreti fanno notare che il brano riguarda solo Pietro e non si fa cenno ai presunti successori. Inoltre fanno notare che anche Agostino aveva interpretato il brano nel senso che era la fede di Pietro e non la sua persona a essere la pietra di fondamento della chiesa e che la lettura tradizionale cattolica del brano appare solo con Leone Magno nel quinto secolo.
Altri sostengono che Pietro non sarebbe mai stato a Roma e quindi non poteva essere vescovo di quella città[55]. Questo in contrasto con le testimonianze di Ireneo di Lione («la più grande ed antica chiesa, conosciuta da tutti, fondata ed organizzata a Roma dai due più gloriosi apostoli, Pietro e Paolo»)[56], di Clemente di Alessandria («dopo che Pietro ebbe annunciato la Parola di Dio a Roma...»)[57], e di Tertulliano («Se sei in Italia, hai Roma... dove Pietro ha emulato la passione del Signore»)[58] Inoltre, a Roma si troverebbe la presunta tomba di Pietro nelle grotte vaticane, e nessuna chiesa, a eccezione di quella romana, ha mai vantato la presenza delle reliquie di Pietro.
La chiesa ortodossa riconosce il primato petrino ma solo parzialmente. Per gli ortodossi Gesù Cristo ha effettivamente investito Pietro di un'autorità superiore, ma tutti gli Apostoli hanno comunque un incarico di guida della chiesa. In tale organizzazione Pietro sarebbe un Primo tra Pari, che governa collegialmente, e semplicemente presiede e rappresenta in sé, l'intero collegio degli Apostoli (come effettivamente fa quando chiamato a rendere conto del suo operato in At10,34[59] e in seguito, sempre negli Atti degli Apostoli, nel Concilio di Gerusalemme).
Secondo gli ortodossi, su tale modello, di un collegio di Apostoli, presieduto da un rappresentante più autorevole degli altri, fu costruita la Chiesa dei primi nove secoli, con i suoi Patriarchi nei Concili Ecumenici, in seguito però i Papi di Roma cercarono di assumere un ruolo più marcatamente monocratico e furono perciò esclusi dalla comunità delle chiese ortodosse, lasciando il primato (inteso però sempre in senso di Primo tra Pari) al patriarca ecumenico di Costantinopoli.
Mentre, quindi, per i Cattolici latini il capo della chiesa è il Pontefice, vescovo di Roma, per gli Ortodossi la Chiesa è governata dal Sinodo dei primati di ognuna delle quattordici Chiese Autocefale Ortodosse (organizzativamente separate una dall'altra), presieduto dal Patriarca ecumenico di Costantinopoli.
Nell'ecclesiologia cristiana, per relazione di comunione si intende la mutuamente riconosciuta condivisione delle stesse dottrine essenziali.[60] La "piena comunione" indica una sola Chiesa con gli stessi legami di "fede, sacramenti e governo pastorale".[61]
La Chiesa cattolica e le Comunità cristiane non-cattoliche sono in comunione parziale, ossia vi sono alcuni elementi della fede cristiana in comune, ma manca la completa unità sulle parti essenziali. La Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse, invece, sono in comunione molto più stretta ma ancora incompleta[62].
«Quelli infatti che credono in Cristo e hanno ricevuto debitamente il Battesimo sono costituiti in una certa comunione, sebbene imperfetta, con la Chiesa cattolica. Con le Chiese ortodosse, questa comunione è così profonda che le manca ben poco per raggiungere la pienezza che autorizza una celebrazione comune della Eucaristia del Signore.»
Il movimento ecumenico vuole riavvicinare e riunire i cristiani delle diverse Chiese, partendo alla comune fede e dalle indicazioni attribuite allo stesso Gesù:
« Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. » ( Gv17,20-21, su laparola.net.) |
« E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore. » ( Gv10,16, su laparola.net.) |
Il cammino ecumenico comincia con il Concilio di Lione II (1274) e con il Concilio di Firenze (1439), e ha portato all'annullamento delle reciproche scomuniche del Grande Scisma, con il Concilio Ecumenico Vaticano II (1965), alla fondazione di organi quali il Consiglio Mondiale delle Chiese (1948), al quale partecipano 349 membri di tutte le principali tradizioni cristiane, e all'approvazione della Charta Oecumenica (2001) che detta le linee guida per la crescita della collaborazione tra le Chiese Cristiane in Europa.
Il tema del primato di Pietro è strettamente legato alle commissioni papali o filopapali, soprattutto in momenti di tensione con le altre chiese, in particolare quella greca ortodossa. Un'importante stagione si ebbe nel Rinascimento, durante i contatti tra Chiesa romana e Chiesa costantinopolitana in vista di una riunificazione dopo lo scisma del 1054, culminata con il concilio di Firenze del 1439.
Tra le importanti opere d'arte di quell'epoca, improntate al tema della Salvezza umana tramite l'intercessione di Pietro, e quindi della Chiesa stessa, sono la Cappella Brancacci di Firenze (1424-1426 circa), la porta del Filarete in San Pietro in Vaticano (1433-1445) o gli affreschi nella Libreria Piccolomini di Pinturicchio (1505).
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