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partigiana, politica e saggista italiana (1924-2020) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Lidia Menapace, nata Lidia Brisca (Novara, 3 aprile 1924 – Bolzano, 7 dicembre 2020), è stata una partigiana, politica e saggista italiana.
Lidia Menapace | |
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Lidia Menapace nel 2019 | |
Senatrice della Repubblica Italiana | |
Durata mandato | 28 aprile 2006 – 28 aprile 2008 |
Legislatura | XV |
Gruppo parlamentare | Rifondazione Comunista - Sinistra Europea |
Incarichi parlamentari | |
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Sito istituzionale | |
Dati generali | |
Partito politico | DC (fino al 1968) PdUP per il Comunismo (1974-1984) PRC (2008-2020) |
Titolo di studio | Laurea in lettere |
Università | Università Cattolica del Sacro Cuore |
Professione | Saggista |
Ancora giovanissima prese parte alla Resistenza come staffetta partigiana e nel dopoguerra si impegnò nei movimenti cattolici, in particolare con la FUCI - Federazione Universitaria Cattolica Italiana[1]. Nel 1952 Menapace si trasferì in Alto Adige e nel 1964 fu, quale candidata della Democrazia Cristiana, la prima donna eletta nel consiglio provinciale di Bolzano, insieme a Waltraud Gebert Deeg. In quella stessa legislatura fu anche la prima donna ad entrare nella giunta provinciale, come assessora effettiva per gli Affari Sociali e la Sanità.[2]
All'inizio degli anni sessanta Menapace prese servizio presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore con l'incarico di lettore di Lingua italiana e metodologia degli studi letterari[1], ma nel 1968 questo non le fu rinnovato a seguito della sua pubblicazione di un documento intitolato Per una scelta marxista. Dopo essere uscita dalla Democrazia Cristiana nel 1968, simpatizzò per il Partito Comunista Italiano che la candidò alle elezioni regionali del 1968, ma nel 1969 venne chiamata dai fondatori del primo nucleo de il manifesto.
Nel 1973 la Menapace fu tra le promotrici del movimento Cristiani per il Socialismo ed entrò a far parte del Comitato per i diritti civili delle prostitute come membro laico.[3][4][5] Successivamente aderì al Partito di Unità Proletaria per il Comunismo. Nel 1984 si oppose alla confluenza di quest'ultimo nel PCI e fondò il Movimento Politico per l'Alternativa.
Lidia Menapace rappresentò inoltre una delle voci più importanti del femminismo italiano[6].
Nel maggio 2005 Lidia Menapace fu eletta nel Comitato Etico di Banca Popolare Etica[7] in cui rimase per un anno, dopodiché divenne senatrice della Repubblica italiana.
Nell'aprile 2011 entrò nel Comitato Nazionale dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia[8].
Prese parte anche al docu-film Lunàdigas, uscito nelle sale cinematografiche italiane nel 2016, con una sua testimonianza sulla scelta di non avere figli.
Alle elezioni politiche del 2006 venne eletta al Senato come indipendente nelle liste di Rifondazione Comunista: la sua candidatura fu resa possibile in sostituzione di Marco Ferrando, della minoranza del PRC, che venne rimosso dalle liste del partito per alcune sue affermazioni sulla strage di Nassirya[9]. Pochi mesi più tardi la Menapace ricevette alcuni voti in occasione dello scrutinio segreto per l'Elezione del Presidente della Repubblica Italiana del 2006.
Poco dopo la nascita del Secondo Governo Prodi fu proposta alla presidenza della Commissione Difesa al Senato, una proposta contestata da alcuni elementi della Casa delle Libertà visto il suo antimilitarismo. A scatenare le polemiche, una sua intervista a Francesco Battistini del Corriere della Sera, nella quale descrisse le Frecce Tricolori come inutilmente costose e inquinanti[10]. La mattina stessa della pubblicazione dell'intervista, al posto della Menapace fu imprevedibilmente eletto il senatore Sergio De Gregorio (Italia dei Valori), sostenuto dall'opposizione. Successivamente venne criticata da alcuni settori del movimento pacifista per la sua scelta di votare il rifinanziamento della Missione NATO in Afghanistan. Dal 6 febbraio 2007 al 28 aprile 2008 ricoprì la carica di presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito.
Nel 2008 s'iscrisse a Rifondazione Comunista, entrò negli organismi dirigenti e accettò di dirigere la rivista Su la testa.
Nel 2009 si candidò alle elezioni europee nella Lista Anticapitalista "PRC-PdCI" nella circoscrizione Nord-Est, senza però essere eletta a causa del mancato raggiungimento della soglia di sbarramento prevista dalla legge elettorale.[11]
Nel 2018 accettò di candidarsi al Senato con Potere al Popolo!. La lista non raggiunse però la soglia di sbarramento del 3% e dunque non venne eletta[12].
Lidia Menapace morì a Bolzano novantaseienne il 7 dicembre 2020, per complicazioni da COVID-19[13].
Nel 2018, Politika - Società di Scienza Politica dell'Alto Adige ha conferito a Lidia Menapace il pubblico riconoscimento di "PPA - Personalità politica dell'anno".[14]
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