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diocesi della Chiesa cattolica in Italia Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea (in latino Dioecesis Miletensis-Nicotriensis-Tropiensis) è una sede della Chiesa cattolica in Italia suffraganea dell'arcidiocesi di Reggio Calabria-Bova appartenente alla regione ecclesiastica Calabria. Nel 2021 contava 157.700 battezzati su 172.670 abitanti. È retta dal vescovo Attilio Nostro.
Patroni della diocesi sono la Vergine Maria, venerata con i titoli di Maria Santissima Assunta e Maria Santissima di Romania, e san Nicola di Bari.
La diocesi comprende 43 dei 50 comuni della provincia di Vibo Valentia; ricade nel territorio diocesano anche il capoluogo di provincia Vibo Valentia. Confina con le diocesi di Oppido Mamertina-Palmi, Lamezia Terme, Catanzaro-Squillace e Locri-Gerace.
Sede vescovile è la cittadina di Mileto, dove si trova la basilica cattedrale di Santa Maria Assunta e San Nicola. A Nicotera e a Tropea sorgono le concattedrali, dedicate rispettivamente a Santa Maria Assunta e a Maria Santissima di Romania. Nel territorio diocesano si trova anche la basilica-santuario della Madonna di Monserrato a Vallelonga.
Il territorio si estende su 943 km² ed è suddiviso in 133 parrocchie, raggruppate in 5 zone pastorali: Mileto, Pizzo, Soriano Calabro, Vibo Valentia e Nicotera-Tropea.
Gli scavi archeologici condotti a Tropea e nel suo territorio hanno portato alla luce una necropoli con numerose iscrizioni cristiane, cosa che attesterebbe l'esistenza di una nutrita ed organizzata comunità cristiana tra il IV ed il V secolo. Una delle iscrizioni fa riferimento a Irene «conductrix massae trapeianae»; un accenno alla "massa di Tropea", latifondo terriero organizzato sul modello di una fattoria, si trova anche nella vita di Gregorio Magno, dalla quale si evince che la massa era di proprietà della Santa Sede (Patrimonium Sancti Petri). Dall'epistolario del pontefice emerge anche che a Tropea esisteva nel 591 un monastero dedicato a San Michele Arcangelo.
Malgrado l'antichità della comunità cristiana di Tropea, il nome di un suo vescovo, Giovanni, compare per la prima volta solo negli atti del sinodo romano del 649. La sede non è mai menzionata nelle numerose lettere di Gregorio Magno, che tuttavia in un modo o nell'altro menziona tutte le diocesi calabresi. Tropea perciò con molta probabilità divenne sede episcopale tra il 604, anno della morte del pontefice, ed il 649. Secondo Louis Duchesne, potrebbe aver sostituito la diocesi di Meria (o Myria), conosciuta dalle lettere di papa Gregorio e di cui è noto il vescovo Severino, morto nel 594.[1]
Come attesta l'epistolario di Gregorio Magno, la Calabria non aveva sedi metropolitane e, benché sottomessa politicamente all'impero bizantino, dipendeva dal punto di vista ecclesiastico dal patriarcato di Roma. Solo dalla prima metà dell'VIII secolo, in seguito alle controversie sull'iconoclastia, la Calabria fu sottratta dall'imperatore Leone III Isaurico alla giurisdizione di Roma e sottomessa al patriarcato di Costantinopoli (circa 732). È in questo contesto che la diocesi assume come rito liturgico quello greco, e viene sottoposta alla provincia ecclesiastica dell'arcidiocesi di Reggio, come attesta la Notitia Episcopatuum redatta dall'imperatore Leone VI (886-912) e databile all'inizio del X secolo.[2]
Alcuni storici (Cappelletti e Capalbi) ritengono che l'antica sede episcopale di Amantea, documentata per la prima volta dalla predetta Notitia Leonis[3], sia stata unita nell'XI secolo alla diocesi di Tropea; Duchesne invece ipotizza che ad Amantea sia forse seguita la diocesi di Martirano.[4]
In seguito all'occupazione normanna della Calabria, la diocesi, fino a quel momento di rito greco, passò gradualmente al rito latino. Il primo vescovo latino fu Giustino a cui il conte Ruggero nel 1094 confermò tutti i privilegi ed i diritti di cui godevano i precedenti vescovi greci.[5] Fu edificata una nuova cattedrale, che venne consacrata nel 1193 alla presenza del metropolita di Reggio e di sette vescovi calabresi. Dal punto di vista territoriale, la diocesi comprendeva due entità distinte: «il territorio originario di Tropea e dintorni, denominato "diocesi superiore", e il territorio di Amantea, denominato "diocesi inferiore" e che comprendeva la fascia costiera tra Lamezia e Paola, nettamente separati. Il vescovo poteva raggiungere il territorio amanteano via mare».[6]
Tra il XIII e la metà del XVI secolo pochissimi furono i vescovi che risiedettero stabilmente in diocesi e solo con Gian Matteo di Luca (1556) le cose iniziarono a cambiare. Fu merito di Girolamo Rustici (1570-1593) l'aver dato nuovo dinamismo alla diocesi tropeana, con l'arrivo di nuovi ordini e congregazioni religiose. Il vescovo Fabrizio Caracciolo (1615-1626) dette attuazione pratica alle decisioni del concilio di Trento con l'indizione del primo sinodo nel 1618 e la fondazione del seminario diocesano. Particolarmente cara alla memoria dei tropeani è la figura del vescovo Ambrogio Cordova (1633-1638), con cui inizia la serie dei vescovi spagnoli, e che istituì «la festa della Madonna di Romania il 27 marzo, per ricordare la particolare protezione della Vergine che ha scampato Tropea da un disastroso terremoto nel 1638».[6]
Il 27 giugno 1818 con la bolla De utiliori di papa Pio VII Tropea fu unita aeque principaliter alla diocesi di Nicotera. Al momento dell'unione con Nicotera la diocesi era composta dai seguenti comuni:
Il 16 dicembre 1963[7] i comuni della "diocesi inferiore" furono ceduti a vantaggio dei territori dell'arcidiocesi di Cosenza e della diocesi di Nicastro (oggi diocesi di Lamezia Terme).
La diocesi di Nicotera ha avuto una storia travagliata, due volte soppressa e due volte restaurata.
Storicamente è menzionata per la prima volta alla fine del VI secolo nelle lettere di papa Gregorio Magno. Il suo vescovo, Proculo, venne sospeso dal suo incarico per aver trascurato di amministrare la sua Chiesa e detenuto a Roma per fare penitenza (in poenitentiam deputatus); il pontefice incaricò Rufino di Vibona di scegliere tra il clero della massa Nicoterense un nuovo vescovo; tuttavia tre anni dopo, nel 599, Proculo ritornò sulla sede calabrese.[8] Dalle lettere di papa Gregorio si evince che il territorio di Nicotera faceva parte di una "massa", ossia di un insieme di fondi, di proprietà del Patrimonium Sancti Petri.
A partire dall'VIII secolo la diocesi fu sottomessa al patriarcato di Costantinopoli e adottò il rito greco in sostituzione di quello latino. Il secondo vescovo noto di Nikotéra è Sergio, che presenziò alle sedute del secondo concilio di Nicea del 787. Infine abbiamo il vescovo Cesareo, che trovò la morte nel 902 quando la città fu completamente distrutta dai Saraceni.
Nicotera è poi citata nella Notitia Episcopatuum dell'imperatore Leone VI (inizio X secolo) tra le sedi suffraganee dell'arcidiocesi di Reggio.[9] Tuttavia dopo Cesareo non è noto alcun vescovo e, a causa della distruzione della città, la diocesi fu soppressa e probabilmente unita a quella di Tropea.
A metà circa dell'XI secolo la Calabria venne conquistata dai Normanni, che procedettero a ricostruire Nicotera e a restaurarvi la diocesi, che fu resa immediatamente soggetta alla Santa Sede. Di questa seconda fase della vita della diocesi, sono noti solo due vescovi. Pellegrino è documentato in un diploma del 1173 e prese parte al concilio lateranense del 1179. Nella lotta tra gli aragonesi e gli angioini per il predominio sul territorio, nel contesto delle Guerre del Vespro, fece le spese il vescovo Tancredi, ucciso nel 1304, accusato di aver parteggiato per gli aragonesi siciliani in contrasto con le direttive del papa. Con la sua morte la diocesi venne soppressa una seconda volta ed il suo territorio unito dapprima a Mileto e poi a Reggio.
La diocesi fu nuovamente eretta con bolla di papa Bonifacio IX del 14 agosto 1392, come suffraganea di Reggio. Primo vescovo fu Giacomo d'Ursa da Sant'Angelo, che governò la diocesi fino all'inizio del XV secolo. A partire dalla seconda metà del Cinquecento i vescovi si impegnarono per l'attuazione delle riforme volute dal concilio di Trento: Luca Antonio Resta celebrò il primo sinodo diocesano nel 1579; il successore Ottaviano Capece (1582-1616) ne celebrò ben dieci per ripristinare le regole e riformare i costumi; edificò il nuovo palazzo episcopale e restaurò la cattedrale; Ercole Coppola istituì il seminario vescovile nel 1659. Nel 1669 il vescovo Giovanni Biancolella fu ucciso in un agguato, il cui vero obiettivo però era il vicario Giuseppe Corso; i colpevoli furono arrestati e giudicati e, benché papa Clemente IX in un primo tempo avesse deciso di comprare la città per demolirla senza lasciarne traccia,[6] fu nominato un nuovo vescovo scongiurando così un'ennesima soppressione della diocesi. Nel 1688 venne ucciso anche il tesoriere del capitolo della cattedrale.
Nel 1818 Nicotera fu unita aeque principaliter alla sede di Tropea. Al momento dell'unione, la diocesi comprendeva due soli comuni, Nicotera e Limbadi, con una decina di villaggi annessi, e la parrocchia di Caroniti nel comune di Joppolo.[10] Primo vescovo di Nicotera e Tropea fu il napoletano Giovanni Tomasuolo (1818-1824), che dovette fare i conti con i contrasti sorti tra il clero delle due città a causa della residenza del vescovo. A Michelangelo Franchini (1832-1854) si deve una particolare attenzione al seminario e alla formazione del clero, e all'istruzione religiosa dei fedeli, per i quali pubblicò nel 1835 un compendio della dottrina cristiana.[6] Tra i vescovi dell'Ottocento si deve ricordare anche Domenico Taccone Gallucci (1891-1908), autore di ricerche di storia ecclesiastica e soprattutto dei regesti pontifici relativi alle chiese calabresi.
L'11 luglio 1973, dopo dieci anni di sede vacante, Vincenzo De Chiara, vescovo di Mileto, fu nominato anche vescovo di Nicotera e Tropea, unendo così in persona episcopi le tre sedi calabresi. Al De Chiara si deve l'istituzione del museo diocesano di Nicotera nei locali del palazzo vescovile.
A partire dalla metà dell'XI secolo la Calabria venne sottratta dai Normanni ai bizantini. Roberto il Guiscardo, con il "Patto di Melfi" (1059), divenne vassallo del Papa e s'impegnò a riportare sotto la giurisdizione della Chiesa di Roma le terre conquistate ripristinando molte sedi vescovili distrutte dai Saraceni o dai Longobardi. Nel 1059 Ruggero I d'Altavilla ottenne dal fratello Roberto il castrum bizantino di Mileto, che fortificò e abbellì con palazzi e chiese, facendone la sua residenza e capitale della contea. In questo contesto venne eretta per volontà di Ruggero la diocesi di Mileto, la cui fondazione è tradizionalmente attribuita al 1073.[11]
Formalmente la nuova sede episcopale fu istituita da papa Gregorio VII il 4 febbraio 1081 con la bolla Supernae miserationis. Con questa bolla il pontefice trasferì la diocesi greca di Vibona[12] a Mileto, la cui sede fu resa immediatamente soggetta alla Sede Apostolica. Nel 1086, con il diploma noto con il nome di Sigillum Aureum, il conte Ruggero dotò la diocesi di territori, chiese, beni e uomini, con tutta una serie di privilegi ed esenzioni. Il 3 ottobre 1093, con la bolla Potestatem ligandi,[13] papa Urbano II confermò l'immediata soggezione di Mileto alla Santa Sede e incorporò anche la diocesi di Tauriana alla nuova diocesi; queste decisioni furono confermate da papa Callisto II il 23 dicembre 1122 con la bolla Officii nostri.[14]
Il conte Ruggero, oltre ad istituire la diocesi e a dotarla di ricche donazioni e privilegi, fondò anche l'abbazia della Santissima Trinità, resa esente dalla giurisdizione del vescovo di Mileto, e fece costruire la cattedrale dedicata a San Nicola, con un capitolo di canonici; nel periodo della fondazione emerge la figura del primicerio san Gerlando, nominato attorno al 1088 vescovo di Agrigento.
Nel 1438 il vescovo Antonio Sorbilli eresse, accanto alla cattedrale, una scuola di grammatica e canto per i chierici secolari, ottenendo da papa Eugenio IV la facoltà di mantenerla con le rendite di alcuni monasteri della diocesi. Questo seminario "ante litteram" ebbe tuttavia vita breve e fu chiuso nel 1447.
A partire dalla metà del XVI secolo inizia la serie dei vescovi riformatori, in linea con le direttive del concilio di Trento, che dettero un nuovo impulso organizzativo e pastorale alla diocesi. Nel 1570 il vescovo cardinale Innico d'Avalos d'Aragona compilò una platea che per la prima volta, dai tempi dei Normanni, da un quadro generale dell'estensione e dei territori della diocesi. Il successore Giovan Mario De Alessandris (1573-1585) riformò il capitolo della cattedrale. Marco Antonio Del Tufo (1585-1606) fece la prima visita pastorale della diocesi (1586), celebrò tre sinodi e rifondò il seminario (1587). Virgilio Cappone (1613-1631) istituì i monti di pietà di Monteleone e di Mileto.
Il 13 agosto 1717, dopo innumerevoli liti tra abati e vescovi di Mileto, papa Clemente XI, con la bolla Ad exequendas, decise la soppressione dell'abbazia nullius dioecesis della Santissima Trinità, e la sua annessione al territorio della diocesi.
Secondo i dati descritti nella visita ad limina del 1741 ad opera del vescovo Marcello Filomarini, la diocesi «era formata da 146 parrocchie, 24 vicariati, 120 mila abitanti, 62 conventi, 6 monasteri di clarisse, 3 ospedali, 2 monti di pietà, 40 confraternite laicali».[6] Il terremoto del 5 febbraio 1783 distrusse tutto (cattedrale, episcopio, seminario, numerosi conventi, l'antica abbazia della Santissima Trinità), compresa la città episcopale, che dovette essere ricostruita a qualche chilometro di distanza dall'antico abitato; i vescovi dovettero ricostruire tutte le strutture diocesane.
Negli avvenimenti del 1860, che portarono alla fine del regno di Napoli, il vescovo Filippo Mincione (1847-1882), convinto sostenitore del regime borbonico, subì un processo e fu allontanato dalla diocesi, e contestualmente molti beni diocesani furono incamerati dallo Stato italiano.
Il 10 giugno 1979, con il decreto Quo aptius della Congregazione per i Vescovi cedette tutte le parrocchie, circa cinquanta, site in comuni della provincia di Reggio Calabria a vantaggio della diocesi di Oppido che assunse la denominazione di diocesi di Oppido Mamertina-Palmi. I comuni interessati furono: Anoia, Candidoni, Cinquefrondi, Cittanova, Feroleto della Chiesa, Galatro, Gioia Tauro, Giffone, Laureana di Borrello, Maropati, Melicuccà, Melicucco, Palmi, Polistena, Rizziconi, Rosarno, Sant'Eufemia d'Aspromonte, San Ferdinando, San Giorgio Morgeto, San Pietro di Caridà, San Procopio, Seminara, Serrata, Sinopoli e Taurianova[15][16] Lo stesso decreto trasferì la parrocchia del Carmelo di Ceramida all'arcidiocesi di Reggio Calabria.[15][17]
L'11 luglio 1973 Vincenzo De Chiara, vescovo di Mileto, fu nominato anche vescovo di Nicotera e Tropea, unendo così in persona episcopi le tre diocesi calabresi.
Il 30 settembre 1986, con il decreto Instantibus votis della Congregazione per i Vescovi, le sedi di Mileto, Nicotera e Tropea, sono state unite con la formula plena unione assumendo la nuova denominazione Mileto-Nicotera-Tropea. Contestualmente la diocesi è diventata suffraganea dell'arcidiocesi di Reggio Calabria-Bova.
Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.
La diocesi nel 2021 su una popolazione di 172.670 persone contava 157.700 battezzati, corrispondenti al 91,3% del totale.
anno | popolazione | presbiteri | diaconi | religiosi | parrocchie | ||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
battezzati | totale | % | numero | secolari | regolari | battezzati per presbitero | uomini | donne | |||
diocesi di Mileto | |||||||||||
1950 | 399.000 | 400.000 | 99,8 | 276 | 237 | 39 | 1.445 | 60 | 230 | 132 | |
1970 | 301.200 | 302.000 | 99,7 | 203 | 172 | 31 | 1.483 | 39 | 277 | 141 | |
1980 | 131.000 | 133.855 | 97,9 | 104 | 89 | 15 | 1.259 | 16 | 80 | 88 | |
diocesi di Nicotera e Tropea | |||||||||||
1950 | 84.905 | 85.000 | 99,9 | 137 | 122 | 15 | 619 | 22 | 54 | 74 | |
1970 | 36.754 | 36.754 | 100 | 38 | 26 | 12 | 967 | 13 | 45 | 45 | |
1980 | 31.500 | 33.691 | 93,5 | 50 | 37 | 13 | 630 | 14 | 48 | 43 | |
diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea | |||||||||||
1990 | 161.500 | 166.500 | 97,0 | 139 | 110 | 29 | 1.161 | 1 | 31 | 140 | 129 |
1999 | 160.000 | 166.000 | 96,4 | 131 | 103 | 28 | 1.221 | 4 | 30 | 130 | 129 |
2000 | 160.000 | 166.000 | 96,4 | 129 | 102 | 27 | 1.240 | 4 | 30 | 130 | 130 |
2001 | 160.000 | 166.000 | 96,4 | 135 | 104 | 31 | 1.185 | 5 | 34 | 130 | 130 |
2002 | 160.000 | 166.000 | 96,4 | 137 | 106 | 31 | 1.167 | 7 | 43 | 130 | 130 |
2003 | 160.000 | 166.000 | 96,4 | 143 | 112 | 31 | 1.118 | 7 | 35 | 130 | 131 |
2004 | 160.000 | 166.000 | 96,4 | 141 | 111 | 30 | 1.134 | 7 | 35 | 130 | 131 |
2013 | 155.900 | 170.700 | 91,3 | 138 | 119 | 19 | 1.129 | 15 | 21 | 125 | 132 |
2016 | 159.100 | 174.200 | 91,3 | 139 | 111 | 28 | 1.144 | 13 | 29 | 125 | 133 |
2019 | 158.265 | 173.340 | 91,3 | 137 | 110 | 27 | 1.155 | 13 | 28 | 110 | 133 |
2021 | 157.700 | 172.670 | 91,3 | 140 | 113 | 27 | 1.126 | 16 | 27 | 110 | 133 |
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