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comune italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
San Vito al Tagliamento (San Vît dal Tiliment in friulano standard, San Vît nella variante locale[6]) è un comune italiano di 15 226 abitanti[2] del Friuli-Venezia Giulia.
San Vito al Tagliamento comune | |
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(IT) San Vito al Tagliamento (FUR) San Vît dal Tiliment / San Vît[1] | |
Piazza del popolo | |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Friuli-Venezia Giulia |
Provincia | Pordenone |
Amministrazione | |
Sindaco | Alberto Bernava (centrosinistra) dal 18-10-2021 |
Territorio | |
Coordinate | 45°54′55″N 12°51′20″E |
Altitudine | 30 m s.l.m. |
Superficie | 60,88 km² |
Abitanti | 15 226[2] (30-4-2024) |
Densità | 250,1 ab./km² |
Frazioni | Braida, Carbona, Gleris, Ligugnana, Prodolone, Rosa, Savorgnano[3] |
Comuni confinanti | Camino al Tagliamento (UD), Casarsa della Delizia, Chions, Codroipo (UD), Fiume Veneto, Morsano al Tagliamento, Sesto al Reghena, Valvasone Arzene |
Altre informazioni | |
Lingue | italiano, friulano |
Cod. postale | 33078 |
Prefisso | 0434 |
Fuso orario | UTC+1 |
Codice ISTAT | 093041 |
Cod. catastale | I403 |
Targa | PN |
Cl. sismica | zona 3 (sismicità bassa)[4] |
Cl. climatica | zona E, 2 581 GG[5] |
Nome abitanti | sanvitesi |
Patrono | santi Vito, Modesto e Crescenzia |
Giorno festivo | 15 giugno |
Cartografia | |
Posizione del comune di San Vito al Tagliamento nella ex provincia di Pordenone | |
Sito istituzionale | |
San Vito al Tagliamento è una città nota per il suo pittoresco borgo medioevale e per la sua importanza produttiva e industriale nell'area vasta pordenonese. Figura tra i dieci comuni più popolosi della Regione[7]; centro culturale e economico di rilievo per tutto il Friuli è il secondo polo scolastico e sanitario del Friuli occidentale subito dopo Pordenone[8].
In un'indagine del 2015, promossa dal Il Sole 24 Ore, è risultato il primo centro tra i cosiddetti "borghi felici" in Friuli Venezia Giulia.[9]
Il comune è posto nella pianura veneto-friulana nelle vicinanze del fiume Tagliamento al confine con la provincia di Udine.
San Vito al Tagliamento, secondo la classificazione dei climi di Köppen, gode di un tipico clima temperato delle medie latitudini, piovoso o generalmente umido in tutte le stagioni e con estati molto calde. Le precipitazioni si concentrano nei periodi compresi tra marzo e maggio, con un leggero calo nei mesi estivi, e un riacutizzarsi nel periodo compreso tra ottobre e novembre inoltrato.
Secondo la Classificazione sismica, il comune appartiene alla zona 2 (sismicità medio-alta)[11].
Le frazioni sanvitesi corrispondono ai diversi villaggi storicamente identificabili nella zona del sanvitese, gran parte dei quali ha (o ha avuto) anche una propria identità parrocchiale nella struttura della Chiesa cattolica. In tal senso ad ogni frazione sono qui ricondotte le località che fanno riferimento (o lo hanno fatto in passato) alla relativa parrocchia. Gli abitanti delle frazioni sanvitesi hanno forte identità, custodiscono le proprie tradizioni e spesso organizzano momenti di aggregazione (esempio sagre paesane, accensione di falò epifanici). Molte sono, infatti, le realtà associative impegnate in tal senso. Altre località note ma non riferibili direttamente a frazioni sono state raggruppate in una specifica sezione. Fra le località qui citate ci sono sia luoghi che ancora trovano riscontro nella toponomastica ufficiale sia quartieri (es. "Magredo" e "Favria") da sempre identificati dai sanvitesi.
Il nome della città è costituito da un agionimo, cioè dal nome di un santo. Spesso il culto di San Vito è associato a guadi o attraversamenti fluviali, a derivazione del fatto che, assieme al suo precettore Modesto ed alla nutrice Crescenzia, è stato martirizzato vicino alle acque del Sele (Campania). Se ne ha conferma anche dalla toponomastica di molti altri paesi: alla voce di Wikipedia "San Vito (disambigua)" sono citati decine di altri comuni e frazioni italiani con tale agionimo. Nel caso specifico dietro l'agionimo potrebbe però nascondersi una derivazione del latino "vìcus" (villaggio), il cui esito linguistico in friulano porta a "vìt". Ad esempio, in Friuli a tale derivazione è certamente da ricondurre Vito d'Asio, che nulla ha a che vedere con il santo. Per il nostro San Vito, quindi, in origine il nome dell'abitato potrebbe essere stato collegato a un villaggio d'epoca romana, poi convertito nell'agionimo[14].
Insediamenti umani nel territorio sono stati riscontrati sin dalla preistoria, con reperti rilevati lungo la fascia a occidente dell'attuale centro cittadino, fra le attuali frazioni di Savorgnano e Prodolone[15]. La zona, ricchissima d'acqua trovandosi all'inizio della fascia delle risorgive, era una grande selva molto diversa dall'ambiente attuale, dove aree paludose si alternavano a luoghi più asciutti. Lo stesso Tagliamento presentava il suo mutevole alveo con grosse ramificazioni poste molto più a occidente rispetto all'attuale collocazione. Nell'età del bronzo recente (XIII secolo a.C. - XII secolo a.C.) è documentato un abitato di modeste dimensioni in località Boscat[16]. Altri reperti confermano la presenza umana anche in periodi successivi. Scavi eseguiti nel 1973 hanno rivelato una necropoli risalente a un periodo fra il IX ed il XVIII secolo a.C. presso la località di San Valentino, a sud dell'attuale frazione di Prodolone. In analogia a quanto riscontrato in siti coevi limitrofi, quali Bonzicco e Gradisca (nell'attuale comune di Sedegliano) è probabile la presenza di un castelliere[16]. Tracce di stabili corti rurali sono state rilevate anche in età romana. I reperti citati sono raccolti nel Museo Civico "Federico De Rocco"[17].
Nel 1028 Corrado II dona al Principato patriarcale di Aquileia i diritti venatori della selva, primo passo verso il trasferimento dei pubblici poteri alla Patria del Friuli[18]. Nei documenti non si trova però ancora traccia di un toponimo riferibile a San Vito, che è citato per la prima volta in una bolla di papa Lucio III del 1182 ("Sanctum Vitum cum oratorio")[19].
Fra la fine del XII secolo e l'inizio del successivo i patriarchi incentivano la resa del territorio con l'utilizzo di pustoti (campi a riposo) e ronchi (nuove aree disboscate), presidiati da propri gastaldi, piccoli feudatari che dovevano risiedere stabilmente, con compiti di custodia e difesa ("feudo di abitanza"). Negli anni successivi San Vito si sviluppa unitamente ai flussi commerciali, in particolare grazie alla strada che lo collega a Cordovado e Portogruaro, quindi a Venezia. Nel prima metà del XIII secolo si hanno riscontri documentali sulla presenza di una cinta muraria e sulla necessità di riedificare il castello[20], la cui esistenza è quindi confermata anche in epoca precedente.
A fine XIII secolo, durante il patriarcato del lombardo Raimondo della Torre, sulla cinta muraria sono realizzate due torri a difesa degli accessi, "Torre di San Nicolò" a oriente (poi denominata "Torre Scaramuccia"[21]) e "Torre Raimonda" a occidente. Viene confermata anche l'esistenza di un edificio riservato al patriarca, che vi risiede periodicamente, come usa fare anche in altre città fortificate della Patria del Friuli[22]. La frequente residenza a San Vito del patriarca, appartenente alla potente famiglia dei Della Torre, attiva un fenomeno migratorio dalla Lombardia[23].
Nel 1309 è assediata dal conte di Gorizia e dai suoi alleati Caminesi, con il supporto di Walterpertoldo di Spilimbergo. Dopo circa un mese di assedio i difensori acconsentono ad una resa condizionata[24]. In seguito all’invasione del Friuli da parte di Rodolfo IV d’Austria (1361) il patriarca Ludovico della Torre si rifugia nel castello di San Vito, che gli austriaci tentano invano di conquistare.[25]. Nel 1341 il patriarca Bertrando istituisce il mercato domenicale[26], confermando l'importanza commerciale assunta dalla cittadina[27].
Dalla seconda metà del XIV secolo si ha notizia dell'avvio dei servizi di assistenza di un ospedale gestito dalla Confraternita dei Battuti, ubicato all'interno della cinta muraria, nei pressi della Torre Scaramuccia. La struttura darà assistenza per secoli ad ammalati, bisognosi, orfani e pellegrini[28]. San Vito acquisisce un ruolo di rilevanza anche nel contesto della giurisdizione patriarcale tanto che nel 1366 il patriarca Marquardo vi convoca il Parlamento Friulano[29].
Nelle lotte all’epoca del patriarca commendatario (senza obbligo di residenza) Filippo d’Alençon i Carraresi prendono San Vito (1385) utilizzando l'artiglieria[30]. Seguono alcuni anni di instabilità e scorribande fra fazioni rivali, che interessano tutto il Friuli. La nomina papale (gennaio 1395) del patriarca Antonio Caetani porta finalmente a una pacificazione. Altre lotte fra famiglie friulane coinvolgono San Vito nel 1408. Le campagne fuori le mura sono saccheggiate dalle milizie dei Panciera, che non riescono ad espugnare le fortificazioni cittadine e sono scacciate da una sortita dei difensori. Pare che proprio da questo combattimento sia derivata la denominazione di "Scaramuccia" per la "Torre di S.Nicolò"[31].
Nel 1412 San Vito è nuovamente coinvolta in scontri, questa volta fra le truppe veneziane e quelle di Sigismondo d'Ungheria, che aveva invaso il Friuli. Dopo diversi anni di scontri e tregue nel 1420 la Repubblica di Venezia conquista definitivamente il Friuli e San Vito passa sotto il controllo veneto, mantenendo i precedenti diritti e statuti[32]. Termina così il potere temporale dei patriarchi, che manterranno il ruolo religioso fino a metà del XVIII secolo.
Nel 1445 il Patriarca riconosce la legittimità della conquista veneziana e in cambio riprende un limitato potere temporale su San Vito[33], San Daniele e Trivignano[34]. Anche la struttura urbana si arricchisce di palazzi e chiese, abbelliti da opere di valenti artisti rinascimentali. Viene ristrutturato l'ospedale dei Battuti e costruita (1493) nei pressi una chiesetta a navata unica, riccamente decorata[35] (Chiesa di S.Maria dei Battuti).
Nella seconda metà del XV secolo i turchi ottomani effettuano ripetute e famigerate scorribande per il Friuli devastando e depredando anche le campagne circostanti le mura di San Vito, senza mai attaccarle direttamente[36].
Nel corso del XVI secolo la cittadina si espande, in particolare su iniziativa del patriarca Grimani. La cinta muraria è estesa ed il relativo fossato (le "fosse") acquisisce il tracciato attuale. A sud è costruita un'ulteriore porta fortificata di accesso (Torre Grimana) ed aperto lo stradone che la collega a Savorgnano. Lo stesso Grimani istituisce il giorno del mercato al venerdì[37].
Il 31 marzo 1655[38] è traslata nella chiesa di S.Nicolò fuori le mura l'immagine della "Madonna di Rosa", che attira in breve un notevole flusso di pellegrini. Negli anni successivi San Vito vive un periodo tranquillo e vitale in campo economico, culturale e religioso. Nel 1708 è attivato un nuovo monastero gestito dalle suore dell'Ordine della Visitazione, con compiti di educandato per le fanciulle locali. La struttura è realizzata immediatamente fuori le mura (zona nord-orientale). Il patriarca Dionisio Dolfin dispone che dopo la sua morte (1744) il suo cuore sia custodito nella chiesa del monastero[39]. Gli succede il nipote Daniele Dolfin, ultimo patriarca. I feudi di San Vito e San Daniele passano al completo controllo temporale della Repubblica di Venezia mentre le funzioni religiose dell'antico Patriarcato di Aquileia sono trasferite alle nuove arcidiocesi di Udine (territori a controllo veneziano) e Gorizia (territori a controllo imperiale)[34].
Nella seconda metà del XVIII secolo l'imprenditore carnico Jacopo Linussio acquista la tenuta agricola di "Casa Bianca" (o "Ca' Bianca"), la demolisce e fa costruire un grande complesso edilizio comprendente aree destinate a lavorazioni tessili, una chiesa, palazzi residenziali, barchesse e orti murati[39].
Dopo la caduta della Repubblica di Venezia (1797) a San Vito si insedia un forte contingente di truppe napoleoniche (500 uomini - 150 cavalli - 12 pezzi di artiglieria)[40], che requisisce a scopi militari le chiese di San Lorenzo e San Rocco. Si ritirano a gennaio 1798 in seguito agli accordi del Trattato di Campoformio (ottobre 1797) ed al passaggio del Friuli al governo asburgico. Ulteriori passaggi di truppe si hanno negli anni immediatamente successivi, in conseguenza della seconda e terza coalizione contro Napoleone.
Durante il periodo napoleonico del Regno d'Italia (1805-1814) San Vito ottiene subito la sua municipalità, come già accaduto nel 1797. Beneficia della riorganizzazione del catasto e della realizzazione di dettagliate cartografie, che superano le approssimative mappe descrittive di epoca veneziana. Alla restaurazione del dominio asburgico la città entra a far parte del Regno Lombardo-Veneto (1815). Negli anni successivi gode di diversi interventi architettonici promossi dall'architetto Lodovico Rota[41].
Nel 1847 è già attiva la filanda nei pressi dell'attuale stazione ferroviaria, che usa come forza motrice l'acqua delle fosse[42] e lavora i bozzoli prodotti dalla bachicoltura, diffusa nella zona. Nel 1848 (I Guerra d'indipendenza) San Vito partecipa ai moti irredentisti istituendo una Guardia Civica di volontari, che si disgrega all'arrivo delle truppe asburgiche[43]. Non si segnalano eventi legati alla II Guerra d'Indipendenza mentre il sanvitese Pietro Angelo Cristofoli è uno dei partecipanti alla spedizione dei Mille.
Anche dopo l'annessione al Regno d'Italia (1866) continua a mantenere un’economia centrata sull'agricoltura, gestita prevalentemente da grandi proprietari terrieri. Nel 1876 inizia il trasferimento dell'ospedale dal complesso dei Battuti a Palazzo Heiman, in Borgo Taliano, dove diverrà l'attuale ospedale civile "S.Maria dei Battuti"[44][45].
Dal 1915 anche il territorio di San Vito è investito dalla prima guerra mondiale e nei primi di novembre del 1917, in seguito alla rotta di Caporetto, subisce le razzie e le violenze degli invasori, patendo poi un anno di occupazione[46][47]. L’amministrazione comunale è trasferita a Firenze ed a San Vito si installa il generale Borojević[48], comandante le truppe austro-ungariche in Italia. Il 10 agosto 1918 fa tappa a San Vito anche l'imperatore Carlo I d'Austria, che Borojević aggiorna sulla situazione al fronte del Piave[49]. Nei primi giorni del successivo mese di novembre fra i primi bersaglieri che liberano San Vito c'è il sanvitese Damiano Cortese[49].
Nel primo dopoguerra e durante il periodo fascista, l'economia resta principalmente legata all’agricoltura latifondista.
La Seconda Guerra Mondiale porta altri lutti ed impoverimento. Nel 1942 molti sanvitesi periscono nell'affondamento del piroscafo "Galilea", che trasportava gli alpini del "Battaglione Gemona" in rientro dalla Grecia[50]. Dopo l'8 settembre 1943 San Vito è inclusa nella Zona d'operazioni del Litorale adriatico, sotto controllo militare tedesco. Nel 1944 e 1945 subisce bombardamenti aerei alleati. In due di questi è prima danneggiato e poi distrutto il Santuario della Madonna di Rosa, nella periferia orientale. Successivamente all'organizzazione della Resistenza iniziano azioni di guerriglia contro gli occupanti, con conseguenti rappresaglie. L'episodio più cruento avviene il 26 aprile 1945 quando, nei pressi del cimitero, le SS fucilano sei sanvitesi e ne massacrano i corpi con bombe a mano, in rappresaglia alla morte di un soldato tedesco[51][52]. Per ritorsione il 27 aprile i partigiani rapiscono ed uccidono Claudio Fogolin, commissario prefettizio di San Vito. Per l'azione prendono l'auto dell'anziano parroco di Savorgnano, che viene incarcerato dai tedeschi, torturato per due giorni e rilasciato in gravi condizioni. Morirà il successivo 6 maggio in conseguenza alle ferite.[53][54] All'alba del primo maggio a San Vito entrano le truppe britanniche, dopo che i tedeschi erano stati impegnati nei giorni precedenti e durante la notte in scontri con pattuglie partigiane. A mezzogiorno l'intero territorio comunale è definitivamente liberato.[55].
Nell'immediato dopoguerra si accentua il malcontento di mezzadri, fittavoli e braccianti ed iniziano rivendicazioni nei confronti delle famiglie latifondiste. Agli eventi partecipa anche un giovane Pier Paolo Pasolini[56][57]. Le manifestazioni, coordinate dal sindacalista Angelo Galante detto Ciliti, mirano ad ottenere l'applicazione del "Lodo De Gasperi" e maggiori diritti. In una di queste, il 29 gennaio 1948, i manifestanti arrivano ad occupare alcuni palazzi dei grandi proprietari terrieri[58][59].
Le trasformazioni economiche portano anche alla chiusura delle locali realtà industriali, oramai obsolete (es. filanda e ferriera). Restano vitali le sole attività artigianali. Inizia quindi una fase di emigrazione verso l'estero ed altre regioni italiane. Ne consegue una decrescita demografica, che si affievolisce solo nel corso degli anni ’70 quando, grazie all'attivazione della Zona Industriale Ponterosso, hanno avvio graduali insediamenti di impianti industriali, che portano ad un deciso sviluppo economico dagli anni ’80 ed alla ripresa dei flussi migratori in entrata.[60]
Diversi interventi di recupero degli edifici storici di epoca medievale sono stati realizzati a partire dagli anni '80 e sono continuati nei decenni successivi. Nel 1992 viene completata la ristrutturazione nell'area della vecchia filanda, vicino alla stazione, dove si installa l'istituto scolastico "Le Filandiere".
Il centro storico è l'area cittadina ancora delimitata dal tracciato dell'ultimo fossato: per i sanvitesi "le fosse". Buona parte dell'antica cinta muraria è ancora visibile, con tre delle porte di accesso originarie ancora ben conservate:
Una volta entrati nel centro storico si ha la possibilità di ammirare molti luoghi ed edifici storici di interesse, recuperati e restaurati grazie a una serie di interventi eseguiti a partire dagli anni '80.
Abitanti censiti[79]
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Al 1º gennaio 2018 gli stranieri residenti nel comune sono 1 381, ovvero il 9,15% della popolazione. Di seguito sono riportati i gruppi più consistenti aggiornati al 1º gennaio 2017[80]:
A San Vito al Tagliamento, accanto alla lingua italiana, la popolazione utilizza la lingua friulana. Ai sensi della Deliberazione n. 2680 del 3 agosto 2001 della Giunta della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, il Comune è inserito nell'ambito territoriale di tutela della lingua friulana ai fini della applicazione della legge 482/99, della legge regionale 15/96 e della legge regionale 29/2007[81].
La lingua friulana che si parla a San Vito al Tagliamento rientra fra le varianti appartenenti al friulano occidentale[82].
Ogni anno, in settembre, ospita dal 2006 la rassegna d'arte contemporanea "Palinsesti" curata da un team di studiosi dell'Università di Udine.
Unica nel suo genere la rassegna ha accolto opere di artisti internazionali delle generazioni dei "maestri" (Carl Andre, Tony Cragg, Luciano Fabro) sino alle nuove sperimentazioni nell'arte contemporanea (Deborah Ligorio, Semiconductor, son:DA, Emanuele Becheri).
"Il piccolo violino magico" è un concorso internazionale per giovani violinisti, l'evento si tiene ogni anno nel mese di giugno.[83] Il concorso, che per qualità e fama è sempre più paragonato al rinomato "Menhuin" di Ginevra, sta attirando l’interesse di diverse realtà legate alla divulgazione della musica d’arte, come "Sky Classica HD", che ha trasmesso più volte il seguitissimo documentario sul concorso realizzato da Videe per la regia di Bruno Mercuri. Anche il canale newyorkese "The Violin Channel" si è interessato al format e sta contribuendo alla grande visibilità del progetto.[84]
In primavera la città tiene la rassegna "San Vito Jazz". Importante rassegna riconosciuta a livello nazionale e internazionale.
Dal 2021 ospita Il Festival del Cinema di Animazione. Oltre ai film il Festival propone eventi collaterali, mostre, performance, concerti: la presenza di artisti e autori di spicco nel settore musicale e artistico rende speciali le serate che si accompagnano ai programmi dei film. Le sezioni dei festival divise nei programmi dei film in Competizione, VisualΜsic, Panorama, AnimaKids e Animayoung.[85]
Nel mese di maggio si tiene Piazza in Fiore, una serie di eventi che coinvolge Piazza del Popolo, cuore della città, decorata quasi interamente con architetture floreali.
Periodo | Primo cittadino | Partito | Carica | Note | |
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6 giugno 1993 | 27 aprile 1997 | Luciano Del Fre' | Democrazia Cristiana | Sindaco | |
27 aprile 1997 | 10 giugno 2001 | Luciano Del Fre' | Democrazia Cristiana | Sindaco | |
10 giugno 2001 | 10 aprile 2006 | Gino Gregoris | Centro sinistra | Sindaco | |
10 aprile 2006 | 16 maggio 2011 | Gino Gregoris | Centro sinistra | Sindaco | |
16 maggio 2011 | 5 giugno 2016 | Antonio Di Bisceglie | Centro sinistra | Sindaco | |
5 giugno 2016 | 4 ottobre 2021 | Antonio Di Bisceglie | Centro Sinistra | Sindaco | |
4 ottobre 2021 | in carica | Alberto Bernava | Centro sinistra | Sindaco |
In base alla legge regionale 26/2014 "Riordino del sistema Regione - Autonomie locali del Friuli Venezia Giulia", San Vito è sede della UTI del "Tagliamento" di cui fa parte con i comuni di: Casarsa della Delizia, Cordovado, Morsano al Tagliamento, San Giorgio della Richinvelda, San Martino al Tagliamento, Sesto al Reghena, Spilimbergo e Valvasone Arzene.
Le uscite autostradali più vicine sono quelle di Azzano Decimo, Sesto al Reghena e Villotta, poste lungo l'Autostrada A28.
Lunedì 29 luglio 2020 è stata aperta la circonvallazione che circonda la città dal lato nord-est (zona industriale Ponterosso) a quello sud-ovest (SP 1), collegando più punti di accesso e permettendo al traffico pesante di raggiungere l'autostrada A28 senza passare per il centro storico.[86]
San Vito al Tagliamento è attraversata dalla ferrovia Casarsa-Portogruaro ed è dotata di una stazione ferroviaria, con collegamenti giornalieri. In passato l'impianto è stato capolinea di una linea ferroviaria verso Motta di Livenza, dismessa ufficialmente nel 1987.
La Coppa San Vito è una corsa in linea maschile di ciclismo su strada riservata alla categoria Under 23 che si disputa nel mese di ottobre[87].
Organizzata per la prima volta nel 1923 dal C.C. Stefanutti, è la più antica corsa ciclistica friulana ancora disputata ed è considerata una delle classiche dilettantistiche italiane più prestigiose[88][89]. Attualmente organizzata dalla SCD Pedale Sanvitese, presenta un percorso che si snoda tra San Vito al Tagliamento e i comuni limitrofi, in un territorio prevalentemente pianeggiante, che rende la gara particolarmente adatta ai velocisti[90] come Matteo Pelucchi, Filippo Fortin e Paolo Simion, tutti vincitori e in seguito diventati professionisti[91]
L'edizione 2018 del Giro d'Italia ha visto la quattordicesima tappa partire da San Vito al Tagliamento. La frazione si è poi conclusa sul Monte Zoncolan con la vittoria di Chris Froome.[92]
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