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Con naviglio militare italiano della seconda guerra mondiale si intendono tutte le navi e i sommergibili facenti parte della Regia Marina al momento dell'ingresso del Regno d'Italia nel menzionato conflitto (10 giugno 1940). In quel periodo la Regia Marina, per numero di unità e dislocamento in tonnellate di navi da guerra, si collocava quinta nella classifica delle marine più grandi al mondo e poteva dispiegare una notevole componente di battelli subacquei, seconda solo all'Unione Sovietica e avvantaggiata dall'unità del teatro di operazioni: il Mar Mediterraneo e una parte dell'Oceano Atlantico. La Voenno-morskoj flot, difatti, raggruppava sommergibili variegati per età e dotazioni e doveva ripartirli su più aree distanti tra loro – Oceano Pacifico, Mar Baltico e Mar Nero.
Durante la seconda guerra mondiale vennero costruite altre unità che, però, non rimpiazzarono quelle perdute. Molte delle navi costruite tra l'estate 1940 e l'estate 1943 o non vennero ultimate o furono catturate dopo l'8 settembre 1943 dalla Germania nazista, che le incorporò nella Kriegsmarine.
Alla fine della guerra la Regia Marina aveva subito gravi perdite, in specie nel naviglio sottile e tra gli incrociatori; le unità sopravvissute (che comprendevano anche alcune delle classi migliori) furono cedute, in base alle clausole del trattato di Parigi, alle nazioni vincitrici a guisa di riparazioni di guerra. Una parte minore fu invece avviata alla demolizione nell'immediato dopoguerra.
Alla data del 10 giugno 1940 erano in servizio:
Durante la seconda guerra mondiale entrarono in servizio:
A queste va aggiunto vario naviglio minore, catturato dai tedeschi alla data dell'armistizio e completato per loro conto, o sabotato in diversi modi da militari o resistenti italiani.
Nel 1938 fu emesso il Regio Decreto n. 1483 che definiva la costituzione e l'organizzazione della flotta della Regia Marina. Le navi da guerra vennero classificate in nove categorie: corazzate, incrociatori, cacciatorpediniere, torpediniere, sommergibili, cannoniere, M.A.S., navi ausiliarie e navi di uso locale. In queste categorie vennero fatte rientrare tutte le navi in servizio, modificando in alcuni casi la classificazione originaria. Per esempio la tipologia "esploratore" fu eliminata e gli esploratori in servizio vennero riclassificati, a seconda delle loro caratteristiche, come incrociatori leggeri o come cacciatorpediniere.
Erano definite navi da battaglia o corazzate le unità corazzate adatte per l'impiego in alto mare con armamento principale di calibro superiore a 203 mm. Erano navi di grande tonnellaggio (fino a 35 000 t, in accordo al trattato navale di Washington del 1921), potentemente armate (cannoni fino a 406 mm di calibro) e corazzate, progettate per sostenere il massimo dello sforzo in un combattimento navale. L'armamento offensivo principale era costituito dai cannoni di grosso calibro (da 320 a 381 mm nelle unità della Regia Marina) capaci di un tiro efficace fino a 30 km. L'armamento secondario era costituito da cannoni antinave di piccolo calibro (100–120 mm) e da cannoni antiaerei, oltre che da mitragliere.
Erano definiti incrociatori le navi di elevata velocità e di dislocamento superiore a 3 000 t, armate con cannoni fino a 203 mm di calibro. Erano usualmente distinti in incrociatori pesanti (fino a 10 000 t) e incrociatori leggeri (fino a 5 000 t). Si trattava di navi molto veloci (anche oltre 35 nodi) dotate di buona potenza di fuoco (cannoni principali da 152 mm fino a 203 mm, armamento antiaereo) ma di scarsa protezione (corazzatura da media a leggera, spesso limitata alla parte subacquea). Molte di queste unità erano inoltre dotate di uno o due aerei ricognitori lanciabili mediante catapulte.
Erano definiti cacciatorpediniere le navi siluranti veloci (fino a 38 nodi) con dislocamento da 1 000 t fino a 3 000 t, con compiti prevalentemente di attacco con il siluro, ma dotate anche di artiglieria di piccolo e medio calibro (fino a 135 mm) e di armamento antiaereo (prevalentemente mitragliere) e antisommergibile (bombe torpedini a getto).
Erano definite torpediniere le navi siluranti di piccole dimensioni (dislocamento tra le 100 t e le 1 000 t), caratterizzate anch'esse da elevata velocità e forte armamento in siluri. Anche queste unità possedevano artiglierie di piccolo calibro (fino a 100 mm), mitragliere antiaeree e bombe antisommergibile.
Erano definiti sommergibili le unità siluranti in grado di svolgere la loro attività bellica prevalentemente in immersione. Essi avevano come arma principale il siluro, ma erano anche muniti di uno o due cannoni per l'attacco in superficie (limitato di solito a navi mercantili indifese). Alcuni sommergibili, appositamente attrezzati, potevano svolgere anche attività di posa mine. A seconda delle caratteristiche nautiche, di armamento e di autonomia, i sommergibili venivano classificati come "costieri" o "oceanici".
Erano definite cannoniere le navi armate con almeno un cannone di qualsiasi calibro, con dislocamento inferiore alle 8 000 t e velocità inferiore ai 20 nodi, che non avessero altri compiti ausiliari o logistici.
I M.A.S. (motoscafo anti sommergibile) erano piccole siluranti di dislocamento inferiore alle 100 t, molto veloci e armate solo di siluri, destinate alla caccia ai sommergibili ma anche e soprattutto ad attacchi veloci a navi maggiori.
Erano definite navi ausiliarie le navi adibite a compiti ausiliari o logistici. In base alla loro specializzazione si riconoscevano: Posamine, Dragamine, Posacavi, Cisterne, Navi officina, Navi appoggio, Rimorchiatori d'alto mare, Navi di salvataggio, Pontoni semoventi, Navi scuola, Navi ospedale.
Comprendevano le navi ausiliarie minori destinate ai servizi locali delle Piazze Marittime: rimorchiatori, piccole cisterne, bettoline e draghe.
Le navi della Regia Marina erano organizzate in raggruppamenti: squadriglia, flottiglia, divisione, squadra. Al di fuori di questi raggruppamenti potevano esserne costituiti temporaneamente altri, definiti "gruppi", comprendenti unità con caratteristiche diverse (per esempio una corazzata o un incrociatore con due o tre cacciatorpediniere). Il "gruppo" veniva costituito in forma temporanea per particolari esigenze transitorie o per il raggiungimento di obbiettivi particolari.
La squadriglia era un raggruppamento omogeneo di almeno 4 unità di naviglio sottile (di cui una con funzioni di capo squadriglia): cacciatorpediniere, torpediniere, sommergibili o M.A.S. Le unità dovevano essere preferibilmente della stessa classe o, comunque, possedere caratteristiche nautiche e belliche il più possibile simili.
La flottiglia (comandata da un capo flottiglia, solitamente imbarcato su un'unità estranea alle squadriglie) era un raggruppamento di 2 o più squadriglie.
La divisione era un raggruppamento di 2 o più navi maggiori (incrociatori o corazzate) delle quali una poteva avere funzioni di capo divisione. Solitamente alla divisione erano aggregate una o più squadriglie di siluranti (cacciatorpediniere o torpediniere) con funzioni di scorta.
Una squadra navale era composta dal raggruppamento di 2 o più divisioni. Le funzioni di comando della squadra erano svolte da una nave ammiraglia che poteva appartenere a una delle divisioni o esserne indipendente. La Regia Marina comprendeva 2 squadre, basate rispettivamente a Taranto e a La Spezia.
All'entrata in guerra dell'Italia nel secondo conflitto mondiale la flotta della Regia Marina era così inquadrata:
Sede: Taranto
Comandante: ammiraglio Inigo Campioni
Comandante: ammiraglio Carlo Cattaneo (istituita il 30 agosto 1940)
Comandante: ammiraglio Bruto Brivonesi
Comandante: ammiraglio Carlo Bergamini
Comandante: ammiraglio Pellegrino Matteucci
Comandante: ammiraglio Alberto Marenco di Moriondo
La XII Squadriglia cacciatorpediniere (Lanciere) fu distaccata della II Squadra come unità di scorta della IV Divisione incrociatori
Comandante: ammiraglio Antonio Legnani
Rimorchiatore d'uso locale
Sede: Augusta
Comandante: ammiraglio Riccardo Paladini
Squadriglia successivamente distaccata come unità di scorta presso la IV Divisione incrociatori della I Squadra
Comandante: ammiraglio Carlo Cattaneo (dal 28 agosto 1940 sostituito dall'ammiraglio Luigi Sansonetti)
Comandante: ammiraglio Ferdinando Casardi
Comandante: ammiraglio Luigi Sansonetti
Base: Roma
Comandante: ammiraglio Mario Falangola
Questo comando era formato da 12 gruppi di stanza a La Spezia, Napoli, Messina, Taranto, Pola, Brindisi, Cagliari, Trapani, Augusta e Tobruch.
Base: La Spezia
Comandante: ammiraglio di divisione Aimone di Savoia-Aosta
1ª Flottiglia MAS[10]
Base: Napoli
Comandante: ammiraglio di divisione Vladimiro Pini
Base: La Maddalena
Comandante: ammiraglio di divisione Ettore Sportiello
Base: Messina
Comandante: ammiraglio di divisione Pietro Barone
10 dragamine RD – Base: Messina
9 dragamine RD – Base: Palermo
9 dragamine RD – Base: Arsenale militare marittimo di Augusta
Base: Venezia
Comandante: ammiraglio di divisione Ferdinando di Savoia-Genova
Base: Lussino
Comandante: ?
Base: Taranto
Comandante: ammiraglio Antonio Pasetti
Base: Brindisi
Comandante: ammiraglio Luigi Spalice
Sede: Rodi
Comandante: contrammiraglio Luigi Biancheri
(5 MAS)
Base: Durazzo
Comandante: contrammiraglio Vittorio Tur
Base: Bengasi
Comandante: ammiraglio Bruno Brivonesi
Lina Campanella, Ticino, Polifemo
Base: Massaua
Comandante: contrammiraglio Carlo Balsamo di Specchia Normandia
Nave coloniale: Eritrea
Base: Tientsin
Comandante: capitano di vascello Galletti
All'inizio delle ostilità, nel giugno 1940, le varie Squadriglie Cacciatorpediniere erano ripartite tra le varie Divisioni delle Squadre e tra i Dipartimenti Marittimi e i Comandi Autonomi, costituendo insieme con esse Unità complesse tanto tattiche quanto organiche.
Ma le frequentissime necessità di impiegare i cacciatorpediniere per le scorte dei convogli e le conseguenti numerose perdite scompaginarono quell'iniziale organizzazione.
Si ravvisò allora la convenienza di riunire tutti i cacciatorpediniere in una sola Unità complessa, organica e non tattica, alla diretta dipendenza del Comando in Capo delle Forze Navali al quale competesse di provvedere a mettere di volta in volta a disposizione delle Divisioni o degli Alti Comandi costieri i cacciatorpediniere occorrenti per operazioni belliche o missioni.
Nel gennaio 1942 fu perciò costituito il «Gruppo Cacciatorpediniere di Squadra» («MARIGRUP») al comando di un contrammiraglio il quale, in base alle direttive e agli ordini del Comandante in Capo doveva curare l'efficienza, l'addestramento e le varie questioni disciplinari dei cacciatorpediniere[11].
Detto ammiraglio partecipava, quando opportuno, a missioni di particolare importanza.
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