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arcidiocesi della Chiesa cattolica in Italia Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
L'arcidiocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela (in latino Archidioecesis Messanensis-Liparensis-Sanctae Luciae) è una sede metropolitana della Chiesa cattolica in Italia appartenente alla regione ecclesiastica Sicilia. Nel 2021 contava 488.000 battezzati su 490.000 abitanti. È retta dall'arcivescovo Giovanni Accolla.
All'arcidiocesi è unito il titolo archimandritale del Santissimo Salvatore (Sanctissimi Salvatoris Messanae).
L'arcidiocesi comprende la parte orientale della città metropolitana di Messina, per un totale di 66 comuni; di questi, Messina, Alì, Alì Terme, Antillo, Barcellona Pozzo di Gotto, Basicò, Casalvecchio Siculo, Castelmola, Castroreale, Condrò, Falcone Fiumedinisi, Fondachelli-Fantina, Forza d'Agrò, Francavilla di Sicilia, Furci Siculo, Furnari, Gaggi, Gallodoro, Giardini-Naxos, Graniti, Itala, Letojanni, Limina, Malvagna, Mandanici, Mazzarrà Sant'Andrea, Merì, Milazzo, Mojo Alcantara, Monforte San Giorgio, Mongiuffi Melia, Montalbano Elicona, Motta Camastra, Nizza di Sicilia, Novara di Sicilia, Pagliara, Roccafiorita, Roccalumera, Roccavaldina, Roccella Valdemone, Rodì Milici, Rometta, San Pier Niceto, Sant'Alessio Siculo, Santa Domenica Vittoria, Santa Teresa di Riva, Saponara, Savoca, Scaletta Zanclea, Spadafora, Taormina, Terme Vigliatore, Torregrotta, Tripi, Valdina, Venetico e Villafranca Tirrena facevano parte dell'arcidiocesi di Messina; Lipari, Leni, Malfa e Santa Marina Salina della diocesi di Lipari; Gualtieri Sicaminò, Pace del Mela, San Filippo del Mela e Santa Lucia del Mela della prelatura di Santa Lucia del Mela.
Il territorio si estende su 1.521 km² ed è suddiviso in 247 parrocchie, raggruppate in 10 vicariati.
Dal 1997 la parrocchia messinese di Santa Maria del Grafeo è una prelatura "ad personam" con proprio clero di rito italo-bizantino nell'ambito dell'arcidiocesi.
Sede arcivescovile è la città di Messina, dove si trova la basilica cattedrale protometropolitana di Santa Maria Assunta.
Nel territorio diocesano sorgono anche tre concattedrali:
L'arcidiocesi comprende inoltre alcune basiliche minori:[2]
Molti infine sono i santuari presenti in arcidiocesi:[3]
La provincia ecclesiastica dell'arcidiocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela comprende due sole suffraganee:
L'attuale arcidiocesi è frutto dell'accorpamento di quattro antiche circoscrizioni ecclesiastiche.
L'isola di Lipari fu abitata, fin dal IV secolo, da monaci ed eremiti. La tradizione tramanda come protovescovo sant'Agatone, presente nell'isola nel 264, che avrebbe accolto le spoglie dell'apostolo Bartolomeo, miracolosamente approdate in un'urna sulle coste dell'isola[4] La Chiesa liparese è documentata per la prima volta in un'epigrafe della seconda metà del V secolo, dedicata a una giovane cristiana di nome Proba e dove si fa esplicito riferimento alla "santa e cattolica chiesa di Lipari"; un'altra iscrizione testimonierebbe invece una presenza cristiana significativa già sul finire del IV secolo.[5]
I vescovi eoliani del primo millennio sono noti grazie ai sinodi e concili dell'epoca e all'epistolario di papa Gregorio Magno. Il primo vescovo storicamente documentato è Augusto, presente a due sinodi romani del 501 e del 502 indetti da papa Simmaco. Inoltre, un sigillo episcopale ha restituito il nome del vescovo Leonzio, vissuto fra IX e X secolo. Come tutte le diocesi siciliane, anche Lipari fece parte del patriarcato di Roma fino all'VIII secolo, quando fu sottomessa al patriarcato di Costantinopoli e resa suffraganea di Siracusa, come documentato dalle Notitiae Episcopatuum del patriarcato.[6]
In seguito l'arcipelago delle Eolie fu occupato dagli arabi. La vita cristiana riprese nell'XI secolo, quando il conte normanno Ruggero, dopo aver conquistato le isole, fondò a Lipari, tra il 1072 ed il 1081, un'abbazia benedettina intitolata a san Bartolomeo apostolo, assegnandole come dote le isole Eolie (1088); la fondazione fu approvata da papa Urbano II con bolla del 3 giugno 1091. Lo stesso Ruggero aveva fondato a Patti un'altra abbazia, quella del Santissimo Salvatore (1094), che fu unita con quella di Lipari e governata da un solo abate, Ambrogio, con due distinti priori.
Il 14 settembre 1131[7] l'antipapa Anacleto II, con l'appoggio di Ruggero II, eresse in vescovato le due abbazie, nominando come vescovo l'abate Giovanni. Questi atti furono tuttavia abrogati da papa Innocenzo II nel 1139, nel corso del secondo concilio lateranense, ed il vescovo Giovanni fu deposto.
Nel 1157 papa Eugenio III eresse la diocesi di Patti e Lipari, unite aeque principaliter, e nominò il primo vescovo, Gilberto. Papa Alessandro III nel 1166 assoggettò le due diocesi alla sede metropolitana di Messina.
Nel 1206 il territorio di Santa Lucia del Mela fu staccato dalle dipendenze della diocesi di Lipari e reso autonomo dalla giurisdizione dei suoi vescovi.[8]
Nel XIV secolo Lipari e Patti entrarono a far parte di due entità politiche diverse, il regno di Napoli e il regno di Sicilia, cosa che portò inevitabilmente alla separazione delle due diocesi.[9] Infatti, l'unione rimase fino al 18 aprile 1399, quando papa Bonifacio IX, con il breve Dudum ex certis[10], separò le due diocesi e trasferì il vescovo Francesco Gattolo alla sede di Lipari, e nominò Francesco Hermemir per la sede di Patti. Con un'altra bolla, lo stesso papa dovette determinare i possedimenti di ciascuno, sui quali i due prelati avevano trovato modo di litigare.
Il 29 novembre 1627 la chiesa di Lipari fu esentata dalla metropolia di Messina e divenne immediatamente soggetta alla Santa Sede con il breve Romanus Pontifex[11] di papa Urbano VIII. Questa decisione portò a un'annosa controversia con l'arcivescovo di Messina, che si vedeva leso nei suoi diritti metropolitici, che fu risolta solo al tempo di papa Benedetto XIII. Sempre a questo pontefice si deve la soluzione della cosiddetta controversia liparitana, che vide lo scontro tra regalisti e difensori dei diritti del papa; questa «vicenda ebbe gravissime conseguenze nella intera Sicilia e causò anche l'esilio di alcuni vescovi siciliani. Tra questi vi fu il vescovo di Lipari, Nicola Maria Tedeschi (1710-1722)»[12], che fu costretto a dare le dimissioni.
Nel 1844, in occasione del riordino delle diocesi siciliane, Lipari vide finire la sua indipendenza ecclesiastica e fu nuovamente sottoposta alla provincia ecclesiastica di Messina.
All'inizio del Novecento, in forza della donazione di Ruggero del 1088, il vescovo Angelo Paino fece causa al comune di Lipari per ottenere l'esclusiva proprietà dei terreni pomiciferi dell'isola. Il lungo conflitto che ne scaturì e le minacce di morte rivolte al prelato, costrinsero Paino ad abbandonare le isole e a governare la diocesi da Messina; alla fine la cassazione respinse il ricorso del prelato liparese.
Al momento della piena unione con Messina, Santa Lucia del Mela e l'archimandritato del Santissimo Salvatore, la diocesi di Lipari comprendeva 26 parrocchie nei comuni di Leni (3), Lipari (18), Malfa (3) e Santa Marina Salina (2).[13]
Nel 1206 fu eretta la parrocchia di Santa Lucia in plana Milacii[14], per interessamento dello stesso imperatore Federico II, che aveva fatto del sito un suo luogo di villeggiatura e vi aveva eretto una cappella regia; il territorio fu staccato dalla diocesi di Lipari e Patti e concesso dal sovrano al Cappellano Maggiore del Regno di Sicilia, istituzione sorta nel 1132.
Poiché i vescovi di Lipari e Patti rivendicavano i loro diritti sul territorio parrocchiale, nel 1228 prima e poi definitivamente nel 1248 il sovrano confermò l'indipendenza ecclesiastica di Santa Lucia, in virtù delle prerogative proprie che gli derivavano dal privilegio che papa Urbano II aveva concesso nel 1098 al conte Ruggero e noto come Apostolica legazia.
Nel XV secolo il re Martino confermò e stabilì che i prelati di Santa Lucia fossero sottomessi alla Cappella Regia e dunque esenti dalla giurisdizione vescovile.[12] Nel 1464 al prelato Angelo Staiti, il viceré di Sicilia confermò che la sua giurisdizione sulla "Terra di Santa Lucia della piana di Milazzo" aveva carattere episcopale, che comportava dunque il governo in spiritualibus et temporalibus sul clero del territorio, senza tuttavia l'obbligo della residenza e della consacrazione a vescovo. Queste prerogative davano diritto al titolare di Santa Lucia di sedere nel parlamento di Sicilia.[15]
Con le riforme introdotte dal concilio di Trento, ai prelati fu fatto obbligo di risiedere a Santa Lucia per occuparsi della cura animarum stabilita dal concilio. Secondo Pirri[16] Simone Rao Grimaldi (1602-1616) fu il primo parochus et prelatus ordinarius a stabilirsi a Santa Lucia; diede avvio alla costruzione del palazzo episcopale e alla ricostruzione dell'antica chiesa prelatizia che era stata voluta dal conte Ruggero nel 1094, lavori che furono portati a termine dal successore, il beato Antonio Franco (1616-1626). A Franco si deve anche la convocazione del primo sinodo nel 1618; il secondo sinodo fu celebrato dal vescovo Simone Impellizzeri nel 1679, che si adoperò inoltre per la fondazione del seminario, ospitato nei locali del castello di Santa Lucia del Mela, e l'istituzione del capitolo dei canonici.
Tra Seicento e Settecento una lunga controversia sul possesso e la giurisdizione su alcuni casali contrappose i prelati di Santa Lucia agli arcivescovi di Messina, risolta a metà Settecento a favore dei primi grazie all'intervento del regio visitatore De Ciocchis. In questa occasione furono anche stabiliti i confini della prelatura, che comprendeva un piccolo territorio composto dagli odierni comuni di Santa Lucia del Mela, San Filippo del Mela, Pace del Mela, Gualtieri Sicaminò e rispettivamente le frazioni di San Giovanni, Archi, Cattafi, Corriolo, Olivarella, Giammoro, Soccorso.
Tra Settecento e Ottocento la sede fu occupata da due tra i più illustri prelati che Santa Lucia abbia mai avuto: Carlo Santacolomba (1780-1801), simpatizzante del giansenismo e fondatore della prima scuola elementare pubblica femminile; e Alfonso Airoldi (1803-1817), favorevole alle idee regaliste e gallicane, e grande mecenate.
A partire dall'Ottocento i prelati persero il titolo di "cappellani maggiori del Regno" quando il clero palatino siciliano passò alle dipendenze del Cappellano maggiore del Regno di Napoli divenuto Regno delle Due Sicilie[17]. Tuttavia, con papa Pio IX Santa Lucia ed il suo territorio furono definitivamente configurati come prelatura nullius immediatamente soggetta alla Santa Sede.
Con l'unità d'Italia, la sede di Santa Lucia ebbe molto a soffrire. Infatti dopo il trasferimento di Gaetano Blandini a Girgenti, la prelatura rimase a lungo senza pastori per la mancata concessione dell'exequatur da parte del governo italiano ai vescovi nominati dalla santa Sede, Gerbino, Fiorenza e Di Giovanni; nel 1901 fu nominato un amministratore apostolico, Francesco Certo, che, pur consacrato vescovo, continuò a fare il parroco del suo paese natale per tutto il resto della sua vita. La prelatura fu di fatto retta da vicari capitolari, fino alla nomina di Salvatore Ballo Guercio nel 1920.
Al momento della piena unione con Messina e Lipari e l'archimandritato del Santissimo Salvatore, la prelatura di Santa Lucia del Mela comprendeva 8 parrocchie:[18]
Nell'XI secolo fu fondato dal gran conte Ruggero d'Altavilla, il monastero del Santissimo Salvatore "in lingua phari", nei pressi della falce del porto di Messina, conosciuta anche come penisola di San Raineri, e venne affidato a monaci basiliani di rito bizantino. Suo figlio il re Ruggero II lo elevò a monastero archimandritale (o archimandritato, cioè a capo di altri monasteri) nel maggio del 1131. Nell'ottobre dello stesso anno Ugone arcivescovo di Messina donò all'archimandrita del Santissimo Salvatore 35 tra chiese e monasteri con le loro possessioni.
La giurisdizione dell'archimandritato del Santissimo Salvatore, nel corso dei secoli, si ampliò estendendosi sino a 62 monasteri in Sicilia e in Calabria. L'archimandritato fu eretto in diocesi da papa Urbano VIII con il breve del 23 marzo 1635. In seguito non mancarono divergenze con l'arcidiocesi di Messina sorte per le difficoltà nell'individuare e delimitare il territorio proprio dell'archimandritato.
Con la morte dell'archimandrita cardinale Emmanuele De Gregorio avvenuta il 6 novembre 1839 iniziava un lunghissimo periodo di sede vacante. Le successive leggi sulla soppressione delle corporazioni religiose provocarono la chiusura dei monasteri basiliani e il loro incameramento da parte dello stato. L'archimandritato si ridusse così a poche parrocchie e papa Leone XIII con breve del 31 agosto 1883 unirà l'archimandritato del Santissimo Salvatore aeque principaliter all'arcidiocesi di Messina.
Al momento della piena unione con Messina, Lipari e Santa Lucia del Mela, l'archimandritato comprendeva 27 parrocchie sparse nel territorio della provincia di Messina.[19]
Secondo la tradizione, la diocesi sarebbe stata eretta da san Paolo che ordinò il primo vescovo, san Bacchilo. Tuttavia, si hanno notizie storicamente documentabili solo dal V secolo: il primo vescovo noto è Eucarpo I presente al sinodo romano del 502. Dalle lettere dei papi Pelagio I e Gregorio Magno si conoscono i nomi di altri vescovi: Eucarpo II, Felice e Dono. Altri vescovi messinesi sono presenti ai concili ecumenici celebrati in Oriente: Benedetto, Gaudioso e Gregorio.
Come tutte le diocesi siciliane, anche Messina fece parte del patriarcato di Roma fino all'VIII secolo, quando fu sottomessa al patriarcato di Costantinopoli e resa suffraganea di Siracusa, come documentato dalle Notitiae Episcopatuum del patriarcato.[20] Con la conquista araba della Sicilia, non si hanno più notizie delle comunità cristiane dell'isola e della loro organizzazione ecclesiastica. Sopravvissero solo alcuni monasteri greci nell'impervia Val Demone.
A partire dal 1061 i Normanni iniziano la riconquista della Sicilia proprio a partire da Messina. Il conte Ruggero I, dopo aver occupato la roccaforte di Troina la scelse come capitale del suo regno e vi istituì una diocesi (1082), nominando come vescovo Roberto, il quale trasferirà la sede a Messina (1096), dopo che la città venne strappata definitivamente agli arabi. I suoi successori mantennero il doppio titolo di Messina e Troina fino all'epoca della regina Costanza d'Altavilla.
Gli iniziali buoni rapporti fra i sovrani normanni e la Santa Sede si guastarono quando Ruggero II riconobbe l'antipapa Anacleto II (1130), che eresse Messina a sede metropolitana con la bolla Piae postulatio voluntatis. Tuttavia queste iniziative di Anacleto II furono annullate alla fine dello scisma da papa Eugenio III, che con la bolla Cum universis ecclesiis del 1159 ribadì il privilegium libertatis concesso all'epoca di Ruggero I, ossia l'esenzione di Messina da ogni altra giurisdizione ecclesiastica e la sua sottomissione diretta alla Santa Sede. Tuttavia, nel 1166 papa Alessandro III, dopo aver visitato Messina l'anno precedente, eresse la sede a metropolia in forza della bolla Licet omnes discipuli con le suffraganee di Cefalù e di Patti e Lipari.
Il 22 settembre 1197 fu consacrata all'arcivescovo Bernardo la cattedrale alla presenza dell'imperatore Enrico VI di Svevia.
A causa della guerra dei Vespri siciliani la sede messinese rimase vacante per un ventennio circa. Infatti il vescovo Francesco Fontana, eletto a Napoli dal capitolo della cattedrale in esilio, rinunciò poco dopo alla sede, che rimase senza pastore fino alla nomina di Guidotto d'Abbiate nel 1304.
Nel corso del Trecento e del Quattrocento non furono rari i casi di scontro tra il capitolo della cattedrale e la Santa Sede, che in più occasioni si rifiutò di approvare le nomine degli arcivescovi, lasciando così per diversi anni la sede vacante.
Gli arcivescovi Giovanni Retana e Antonio Lombardo costruirono ed inaugurarono il Seminario Arcivescovile. Tra il 1621 ed il 1725 furono celebrati cinque sinodi diocesani, che seguirono a quelli celebrati nel 1392 e nel 1588.
Nel corso del Settecento l'arcidiocesi dovette molto soffrire dapprima per la peste del 1743, che causò la morte di 30.000 persone tra cui anche l'arcivescovo Tommaso Vidal; e poi per il terremoto del 1783, che causò ingenti danni e danneggiò gravemente la cattedrale.
Nella prima metà dell'Ottocento Messina cedette porzioni di territorio a vantaggio dell'erezione della diocesi di Nicosia (17 marzo 1817) e della diocesi di Acireale (27 giugno 1844); inoltre nel 1822 ventiquattro centri abitati furono ceduti alla diocesi di Patti. Nello stesso periodo anche la provincia ecclesiastica messinese fu modificata con l'acquisizione della diocesi di Nicosia (1817) e della diocesi di Lipari (1844), e la cessione della diocesi di Cefalù all'arcidiocesi di Palermo. Inoltre, nel 1883 papa Leone XIII unì aeque principaliter l'archimandritato del Santissimo Salvatore, da cinquant'anni vacante, all'arcidiocesi di Messina.
Dal 1861 per la morte di mons. Francesco di Paola Villadecani l'arcidiocesi fu sede vacante, anche per i tentativi del governo liberale di intervenire nella nomina dei vescovi, che era soggetta all'exequatur e alla pretesa di subentrare nel regio patronato ai precedenti monarchi, ossia di godere del diritto di presentazione dei vescovi. Nel 1865 il governo propose in colloqui informali di promuovere alla sede di Messina Luigi Natoli, vescovo di Caltagirone. La designazione piacque alla Santa Sede, ma fu ritardata, perché inserita in complesse trattative per le nomine delle altre sette diocesi siciliane che erano rimaste vacanti.[21]
Nell'ultimo quarto del XIX secolo l'arcivescovo Giuseppe Guarino curò l'applicazione dei decreti del Concilio di Trento in chiave pastorale, fornendo ai sacerdoti una profonda preparazione culturale e spirituale negli studi del seminario. Era questa una risposta al generale processo di laicizzazione della cultura e di secolarizzazione della società, che cercava di superare una religiosità basata in larga parte sugli aspetti cultuali e promuoveva esempi di applicazione concreta della dottrina nella vita sociale, tanto da parte dei sacerdoti quanto da parte dei laici, chiamati a un impegno sociale.[22]
Nel primo Novecento l'arcidiocesi e la città di Messina vissero due momenti altamente drammatici: il terremoto del 1908, che distrusse il 90% degli edifici (tra cui la cattedrale e la maggior parte delle chiese e delle case religiose) e fece 80.000 morti; il bombardamento alleato del giugno 1943, che provocò nuovamente la distruzione della cattedrale, che bruciò per tre giorni consecutivi.
Il 20 dicembre 1976 Ignazio Cannavò, coadiutore dell'arcivescovo di Messina, fu nominato prelato di Santa Lucia. Il 3 giugno successivo divenne arcivescovo di Messina con il titolo di archimandrita del Santissimo Salvatore. Infine, il 10 dicembre 1977 venne nominato anche vescovo di Lipari. Da questo momento le tre sedi furono unite in persona episcopi, governate cioè da un unico vescovo.
Il 30 settembre 1986, con il decreto Instantibus votis della Congregazione per i vescovi, le sedi di Messina e di Lipari e la prelatura di Santa Lucia del Mela sono state unite con la formula plena unione e la circoscrizione ecclesiastica ha assunto il nome attuale. Inoltre è stato stabilito che all'arcivescovo pro tempore spetti anche il titolo di archimandrita del Santissimo Salvatore.
A Ignazio Cannavò, ritiratosi per raggiunti limiti di età nel 1997, è seguito Giovanni Marra fino al 18 novembre 2006 quando si ritira anche egli per raggiunti limiti di età. Lo stesso giorno è nominato arcivescovo Calogero La Piana, salesiano, che si dimette il 24 settembre 2015 per motivi di salute. Dopo poco più di un anno di amministrazione apostolica, inizialmente del vescovo Antonino Raspanti e poi dell'arcivescovo Benigno Luigi Papa, O.F.M.Cap., il 20 ottobre 2016 viene nominato arcivescovo metropolita e archimandrita Giovanni Accolla, del clero dell'arcidiocesi di Siracusa.
Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.
L'arcidiocesi nel 2021 su una popolazione di 490.000 persone contava 488.000 battezzati, corrispondenti al 99,6% del totale.
anno | popolazione | presbiteri | diaconi | religiosi | parrocchie | ||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
battezzati | totale | % | numero | secolari | regolari | battezzati per presbitero | uomini | donne | |||
arcidiocesi di Messina | |||||||||||
1949 | 399.000 | 400.000 | 99,8 | 454 | 294 | 160 | 878 | 270 | 1.700 | 250 | |
1970 | 478.000 | 495.500 | 96,5 | 502 | 274 | 228 | 952 | 292 | 1.120 | 214 | |
1980 | 447.100 | 457.000 | 97,8 | 417 | 241 | 176 | 1.072 | 230 | 944 | 239 | |
diocesi di Lipari | |||||||||||
1949 | 20.000 | 20.000 | 100,0 | 51 | 48 | 3 | 392 | 5 | 16 | 26 | |
1970 | 13.000 | 13.000 | 100,0 | 37 | 34 | 3 | 351 | 3 | 24 | 26 | |
1980 | 13.048 | 13.550 | 96,3 | 24 | 24 | - | 543 | - | 17 | 26 | |
prelatura di Santa Lucia del Mela | |||||||||||
1950 | 19.940 | 20.550 | 97,0 | 42 | 21 | 21 | 474 | - | 20 | 9 | |
1970 | 17.613 | 17.716 | 99,4 | 20 | 14 | 6 | 880 | 6 | 23 | 11 | |
1980 | ? | 17.100 | ? | 22 | 16 | 6 | ? | 16 | 6 | 11 | |
arcidiocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela | |||||||||||
1990 | 514.000 | 526.000 | 97,7 | 483 | 267 | 216 | 1.064 | 15 | 278 | 913 | 241 |
1999 | 503.000 | 518.360 | 97,0 | 435 | 248 | 187 | 1.156 | 46 | 237 | 720 | 243 |
2000 | 503.000 | 518.360 | 97,0 | 435 | 250 | 185 | 1.156 | 46 | 236 | 706 | 243 |
2001 | 503.000 | 518.360 | 97,0 | 415 | 235 | 180 | 1.212 | 53 | 240 | 690 | 244 |
2002 | 503.000 | 518.360 | 97,0 | 420 | 238 | 182 | 1.197 | 53 | 210 | 675 | 244 |
2003 | 486.329 | 487.429 | 99,8 | 343 | 241 | 102 | 1.417 | 62 | 165 | 502 | 244 |
2004 | 486.329 | 487.429 | 99,8 | 346 | 241 | 105 | 1.405 | 62 | 232 | 489 | 244 |
2013 | 515.900 | 517.300 | 99,7 | 372 | 232 | 140 | 1.386 | 80 | 216 | 462 | 245 |
2016 | 498.000 | 523.000 | 95,2 | 352 | 225 | 127 | 1.414 | 82 | 177 | 390 | 246 |
2019 | 494.000 | 496.018 | 99,6 | 356 | 230 | 126 | 1.387 | 81 | 195 | 302 | 246 |
2021 | 488.000 | 490.000 | 99,6 | 337 | 217 | 120 | 1.448 | 82 | 183 | 295 | 247 |
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