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memoriale di guerra italiano a Roma Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il Milite Ignoto (o Soldato Ignoto) è un militare italiano caduto al fronte durante la prima guerra mondiale e sepolto a Roma sotto la statua della dea Roma all'Altare della Patria al Vittoriano. La sua identità resta ignota poiché il corpo fu scelto tra quello di caduti privi di elementi che ne potessero permettere il riconoscimento.
La tomba del Milite Ignoto rappresenta simbolicamente tutti i caduti e i dispersi in guerra italiani; è scenario di cerimonie ufficiali che si svolgono annualmente in occasione di festività civili durante le quali il Presidente della Repubblica Italiana e le massime cariche dello Stato rendono omaggio al sacello del Milite Ignoto con la deposizione di una corona d'alloro in ricordo ai caduti e ai dispersi italiani nelle guerre. Fu inaugurata solennemente il 4 novembre 1921 con la traslazione da Aquileia dei resti di un soldato, dopo un viaggio in treno speciale attraverso varie città italiane. Il lutto per le centinaia di migliaia di caduti fu legato alla retorica patriottica della celebrazione per il terzo anniversario della Vittoria. L'anno successivo, con l'assunzione del potere da parte di Benito Mussolini, il Milite Ignoto divenne uno dei simboli principali della retorica nazionalista del fascismo, nel tentativo di autoconferirsi i meriti della vittoria nella prima guerra mondiale. Con l'avvento della Repubblica, il Milite Ignoto è pienamente diventato apolitico simbolo dell'unità e dell'identità nazionale italiana.[1]
Il 17 luglio 1920 a Roma la "Garibaldi, Società dei Reduci delle patrie battaglie" e la "UNUS" (Unione Nazionale Ufficiali e Soldati) approvarono la proposta del colonnello Giulio Douhet per la sepoltura al Pantheon di un soldato non riconosciuto caduto durante la prima guerra mondiale.[2][3]
«Che la salma di un soldato italiano, che non si sia riusciti a identificare, rimasto ucciso in combattimento, sul campo, venga solennemente trasportata a Roma e collocata al Pantheon — simbolo della grandezza di tutti i soldati d'Italia, segno della riconoscenza dell'Italia verso tutti i suoi figli, altare del sacro culto della Patria»
Durante la guerra Douhet aveva avuto forti contrasti con Luigi Cadorna e gli alti comandi militari; nel 1916 inviò ad alcuni ministri alcune note sulla situazione strategica e fu per questo condannato a un anno di fortezza, scontato nel Forte di Fenestrelle. Egli perciò intendeva la realizzazione della tomba del soldato ignoto come un simbolo della vittoria ottenuta malgrado l'incapacità dei dirigenti politici e militari.[4]
Nell'agosto del 1920 Douhet riprese la proposta su Il Dovere, rivista legata all'associazione "UNUS".
«Tutto sopportò e vinse il nostro soldato. Tutto. Dall'ingiuria gratuita dei politicanti e dei giornalastri che sin dal principio cominciarono a meravigliarsi del suo valore, quasi che gli italiani fossero dei pusillanimi, alla calunnia feroce diramata per il mondo a scarico di una terribile responsabilità. Tutto sopportò e tutto vinse, da solo, nonostante. Perciò al soldato bisogna conferire il sommo onore, quello cui nessuno dei suoi condottieri può aspirare neppure nei suoi più folli sogni di ambizione. Nel Pantheon deve trovare la sua degna tomba alla stessa altezza dei Re e del Genio.»
Il riferimento alla «calunnia feroce» è da ricondurre al bollettino di guerra del 28 ottobre 1917 con cui si attribuiva la disfatta di Caporetto alla «mancata resistenza di reparti della 2ª Armata vilmente ritiratisi senza combattere o ignominiosamente arresisi al nemico».[5] Già nel 1919 Douhet aveva pubblicato su Il Dovere dure accuse contro Cadorna in occasione della commissione d'inchiesta su Caporetto;[6][7] all'epoca anche il militarista Il Popolo d'Italia aveva parlato in modo critico di «molte fucilazioni e poco rancio»[8] (alludendo alle esecuzioni sommarie e al ricorso alla decimazione) e delle «baionette dei carabinieri» (incaricati delle esecuzioni).[9]
Il progetto di legge per la «Sepoltura della salma di un soldato ignoto» fu presentato alla Camera dei deputati il 20 giugno 1921, pochi giorni prima delle dimissioni del quinto governo Giolitti. Fu presentato dal ministro della guerra Giulio Rodinò, insieme con il presidente del Consiglio dei ministri e ministro dell'interno Giovanni Giolitti e al ministro del tesoro Ivanoe Bonomi.[10] Giolitti si dimise il successivo 27 giugno a causa dell'esigua minoranza ottenuta in parlamento dopo le elezioni politiche svolte a maggio.
Il 28 giugno l'onorevole Cesare Maria De Vecchi fu il relatore alla Camera per la commissione "Esercito e Marina Militare", che aveva indicato come data della sepoltura il 4 novembre 1921 (terzo anniversario della fine della guerra) e come luogo l'Altare della Patria, «perché quivi il popolo potrà, meglio che altrove, in grandi pellegrinaggi rendere i più alti onori al morto che è tutti i morti, che è primo e supremo artefice della nuova storia».[11] Il Pantheon rimaneva perciò luogo destinato esclusivamente ai re d'Italia. Il 4 agosto era all'ordine del giorno la discussione della legge alla Camera, ma Luigi Gasparotto, ministro della guerra del nuovo governo Bonomi, chiese agli oratori di rinunciare a pronunciare discorsi e proseguire «senza abuso di parole», anche per evitare interventi antimilitaristi. La richiesta fu approvata.[12] Il 5 agosto si svolse la votazione a scrutinio segreto con 199 voti favorevoli e 35 contrari.[13]
Il disegno di legge fu presentato al Senato dal ministro Gasparotto il 6 agosto;[14] il senatore Pasquale Del Giudice fu relatore dell'Ufficio Centrale presieduto da Giuseppe Della Noce.[15] Il 10 agosto si svolse la discussione con interventi del generale Armando Diaz, del relatore Del Giudice, del senatore Antonio Fradeletto (per confermare la possibilità della sepoltura presso l'Altare della Patria) e del ministro Gasparotto.[16] La legge, approvata con votazione a scrutinio segreto il giorno stesso, fu firmata da Vittorio Emanuele III l'11 agosto e pubblicata in Gazzetta ufficiale il 20 agosto.[17]
Successivamente con regio decreto del 28 ottobre fu dichiarato festivo il giorno 4 novembre 1921, «dedicato alla celebrazione delle onoranze al soldato ignoto»;[18] la festività del 4 novembre fu stabilita l'anno successivo come Giornata della Vittoria.[19] Il 4 novembre 1919, in prossimità delle elezioni politiche, si era svolta una celebrazione militare con distribuzione di medaglie;[20] il 4 novembre 1920 era stata inaugurata sull'Altare della Patria un'iscrizione con il bollettino della Vittoria ed erano state celebrate le diverse bandiere dei reparti che avevano partecipato al conflitto.[21]
Già il 20 agosto il Ministero della guerra, incaricato dell'esecuzione della legge appena approvata, diramò la circolare n. 25 che istituiva una commissione speciale, presieduta dal tenente generale Giuseppe Paolini, ispettore per le onoranze alle salme ai caduti di guerra. La commissione aveva l'incarico di individuare le salme di undici caduti al fronte, privi di qualsiasi segno di riconoscimento. Furono assegnati alla commissione anche il colonnello Vincenzo Paladini e il maggiore medico Nicola Fabrizi, entrambi già in servizio per le onoranze ai caduti. Per i sopralluoghi era presente anche monsignor Pietro Nani, in qualità di cappellano.[22] Al sindaco di Udine Luigi Spezzotti fu chiesto di indicare il nominativo di quattro ex combattenti (un ufficiale, un sottufficiale, un caporale e un soldato) come membri della commissione e altri quattro come supplenti dei primi. A fine settembre furono nominati come effettivi il tenente Augusto Tognasso di Milano (mutilato), il sergente Giuseppe De Carli di Tiezzo di Azzano Decimo (medaglia d'oro), il caporal maggiore Giuseppe Sartori di Zugliano (medaglia d'argento e medaglia di bronzo) e il soldato Massimo Moro di Lestizza (medaglia d'argento); come supplenti il colonnello Carlo Trivulzio di Udine (cinque medaglie di bronzo), il sergente Ivanoe Vaccaroni di Udine (medaglia d'argento, due medaglie di bronzo e due croci di guerra), il caporal maggiore Luigi Marano di Pavia di Udine (medaglia d'argento) e il soldato Lodovico Duca di Pozzuolo del Friuli (medaglia di bronzo).[23]
A ottobre la commissione individuò le salme degli undici soldati in diverse località, cercando di includere luoghi del fronte italiano in cui avevano combattuto le diverse armi, compresa la Regia Marina. Alcune indicazioni sui luoghi esaminati furono fornite da Tognasso in una successiva pubblicazione.[24]
Secondo le istruzioni del ministero le undici bare, identiche per forma e per dimensioni, furono riunite nella basilica di Aquileia entro il 28 ottobre. Quel giorno, alle ore 11, alla presenza di rappresentanti delle istituzioni e di mutilati, di ex combattenti e di madri e di vedove di caduti fu designata la salma del Milite Ignoto da parte di una «madre di un caduto non riconosciuto ed in modo che la cassa prescelta non si sappia da quale zona del fronte provenga».[25] Fu Maria Bergamas di Gradisca d'Isonzo a scegliere la bara. Il figlio Antonio Bergamas, triestino, era maestro comunale; nel 1914 disertò dall'esercito austroungarico e passò in Italia dove si arruolò volontario sotto falso nome, raggiungendo il fronte nel giugno 1915. Cadde il 18 giugno 1916 a Marcesina e fu decorato con medaglia d'argento al valore militare; fu sepolto in un cimitero poi bombardato, rendendo impossibile il riconoscimento del defunto.[26][27]
La bara prescelta fu inserita in una cassa speciale inviata dal ministero della guerra. Era una cassa in legno di quercia con decorazioni in metallo in ferro battuto, forgiato da scudi di trincea e sorretto da bombe a mano tipo SIPE. Sul coperchio erano fissati un elmetto, un fucile e una bandiera tricolore.[28]
Le altre dieci salme rimasero ad Aquileia per essere sepolte solennemente il 4 novembre nel cimitero della basilica.[25] L'incarico venne affidato al vescovo Celso Costantini il quale trascrisse gli avvenimenti nel suo diario:
«Bisognava poi seppellire le altre dieci salme rimaste allineate nella Basilica. Io fui invitato a compiere l'austero rito. E venni da Fiume. Dopo l'assoluzione vidi sfilare sul mosaico la processione delle 10 bare portate dalle vecchie madri dei caduti. Le bare erano coperte dal tricolore, e le vecchie madri recavano sul petto le insegne del valore dei figli.»
Sempre il 28 ottobre, alla stazione di Aquileia la bara fu posta su un carro ferroviario con affusto di cannone, appositamente disegnato da Guido Cirilli.[29] Su un lato erano scritte le date mcmxv - mcmxviii; sul lato opposto era riportata la citazione dantesca l'ombra sva torna ch'era dipartita.[30]
Il treno speciale partì la mattina successiva alle ore 8. Oltre al carro con la bara erano presenti quindici carri per raccogliere le corone di fiori durante il tragitto; altre carrozze di prima e di seconda classe erano destinate alla scorta d'onore. Il treno fermava cinque minuti in ogni stazione sul percorso. Il Ministero della guerra ordinò il più rigoroso silenzio durante il passaggio del treno; erano vietati discorsi pubblici e all'arrivo del treno poteva essere eventualmente suonata una sola volta La canzone del Piave. Durante le fermate notturne intermedie (Venezia, Bologna e Arezzo) era predisposto il cambio alle rappresentanze di senatori, di deputati, di madri, di vedove, di mutilati e di ex combattenti.[25]
Per la trazione erano utilizzate due locomotive FS 740.[31] I macchinisti furono scelti tra i decorati di guerra; nel 1923 uno di loro, Felice Battistetti (insignito di una medaglia di bronzo), fu licenziato durante le epurazioni operate dal governo fascista, principalmente per aver partecipato ad alcuni scioperi, e il suo caso fu oggetto di discussione alla Camera.[32][33]
Le foto e i filmati del viaggio del treno mostrano ali di folla inginocchiarsi al passaggio del treno, lanci di fiori da parte di donne e bambini, il saluto militare da parte di rappresentanze delle forze armate e di ex combattenti e la benedizione della salma da parte di autorità religiose locali.[34][35] Fiori furono lanciati dal treno nelle acque del Piave,[36] celebrando i caduti ma dimenticando i soldati fatti fucilare dal generale Andrea Graziani dopo Caporetto.[37]
Come riportato dalla tabella ufficiale con l'orario delle principali fermate, la destinazione del viaggio fu la stazione di Portonaccio (oggi stazione di Roma Tiburtina) la sera del 1º novembre; la mattina dopo era previsto l'arrivo alla stazione Termini per le successive celebrazioni.[25]
Principali stazioni | Arrivo | Partenza | |||
---|---|---|---|---|---|
Aquileia | 29 ottobre | 8:00 | |||
Udine | 29 ottobre | 10:00 | 29 ottobre | 11:00 | |
Treviso | 29 ottobre | 16:00 | 29 ottobre | 17:30 | |
Mestre | 29 ottobre | 18:30 | 29 ottobre | 19:00 | |
Venezia Santa Lucia | 29 ottobre | 19:30 | 30 ottobre | 8:00 | |
Padova | 30 ottobre | 9:40 | 30 ottobre | 11:00 | |
Rovigo | 30 ottobre | 13:30 | 30 ottobre | 13:45 | |
Ferrara | 30 ottobre | 15:30 | 30 ottobre | 16:30 | |
Bologna Centrale | 30 ottobre | 18:30 | 31 ottobre | 6:24 | |
Pracchia | 31 ottobre | 10:26 | 31 ottobre | 10:51 | |
Pistoia | 31 ottobre | 12:00 | 31 ottobre | 12:45 | |
Prato | 31 ottobre | 13:28 | 31 ottobre | 13:33 | |
Firenze Santa Maria Novella | 31 ottobre | 14:46 | 31 ottobre | 19:10 | |
Arezzo | 31 ottobre | 23:00 | 1º novembre | 9:45 | |
Chiusi | 1º novembre | 12:00 | 1º novembre | 12:15 | |
Orvieto | 1º novembre | 13:45 | 1º novembre | 14:30 | |
Orte | 1º novembre | 16:25 | 1º novembre | 17:50 | |
Portonaccio | 1º novembre | 20:25 | 2 novembre | 8:43 | |
Roma Termini | 2 novembre | 9:00 |
La mattina del 2 novembre, quando la bara del Milite Ignoto giunse alla stazione di Roma Termini, fu accolta dal re e dalla famiglia reale, da bandiere, stendardi e labari dell'Esercito, della Marina e della Guardia di Finanza, con generali, comandanti d'armata, capi di stato maggiore dell'Esercito e della Marina; erano invitati, insieme con le diverse cariche dello Stato, decorati di medaglia d'oro e rappresentanze di mutilati, di madri e vedove di caduti e di ex combattenti.[25]
La bara, posta su un affusto di cannone, fu trasportata alla basilica di Santa Maria degli Angeli affiancata da decorati della medaglia d'oro e seguita a piedi dal re Vittorio Emanuele III e dalle cariche dello Stato.[25] In piazza Esedra fu benedetta dal vescovo Angelo Bartolomasi e poi portata all'interno della basilica a spalla e posta su un catafalco per la cerimonia.[38]
La bara rimase nella chiesa fino al 4 novembre con un picchetto d'onore composto da quattro ufficiali, quattro sottufficiali, quattro caporali, quattro soldati, quattro mutilati e quattro ex combattenti. Durante il giorno la chiesa fu aperta al pubblico per rendere omaggio al caduto.[25]
Il 4 novembre, terzo anniversario della fine della guerra, alle 8:30 la bara fu caricata su un affusto di cannone. Il lungo corteo delle varie armi di Esercito, Marina, Guardia di Finanza e Guardia di Pubblica Sicurezza precedeva il carro, seguito a sua volta da dieci madri e da dieci vedove di caduti, da rappresentanti di cariche dello Stato e dell'Esercito e da rappresentanza di mutilati e di ex combattenti.[25]
All'Altare della Patria attendevano il corteo il re Vittorio Emanuele III con la famiglia reale e le più alte cariche dello Stato, insieme con rappresentanze di madri e di vedove di caduti, rappresentanze di grandi mutilati, rappresentanze di associazioni e di ex combattenti. Il corteo giunse alle 9:30 riempiendo la piazza;[25] la bara fu portata a spalla alla tomba e sepolta accompagnata dal saluto militare.
Nel 1921 furono realizzate tre medaglie commemorative.
La prima medaglia, su disegno di Aurelio Mistruzzi, fu creata per volere di Udine, di Gorizia e di Aquileia. Fu realizzato un unico esemplare in oro che fu inserito su una croce d'argento (con gli stemmi dei tre comuni) posta nella bara del Milite Ignoto.[39] Ha un diametro di 60 millimetri.[40]
Una seconda medaglia, sempre su disegno di Mistruzzi, fu realizzata in formato ridotto con anello (32 millimetri) per ufficiali e soldati che accompagnarono la bara; copie con dimensioni maggiori (70 millimetri) furono destinate alle personalità dell'Esercito.[41]
La terza medaglia, su disegno di Lodovico Pogliaghi, era di bronzo e aveva dimensione di 60 millimetri.[42] Ne esiste una versione ridotta da 28 millimetri in argento con anello e con rovescio diverso.[43]
In occasioni delle celebrazioni del 1921 fu messa in commercio una cartolina divisa in due parti. Su una metà, che sarebbe rimasta all'acquirente, era riprodotto un disegno di Mario Barberis e sul retro erano presenti le istruzioni;[44] l'altra metà riportava la scritta ignoto militi e un fregio con le date mcmxv e mcmxv e sul retro aveva la scritta cartolina in franchigia e sette righe su cui era possibile scrivere.
«Comitato Esecutivo per le Onoranze al Soldato Ignoto. La presente cartolina, edita dal Comitato Esecutivo per le Onoranze al Soldato Ignoto, viene posta in vendita al prezzo di Lire Una, e l'utile netto sarà interamente devoluto agli orfani di guerra. L'acquisitore, separate le due parti della cartolina, può trattenerne una per sé, ed impostare l'altra: quella che porta su di un lato l'iscrizione Militi Ignoto, dopo avervi apposto a tergo la propria firma, accompagnata, se crede, da un suo pensiero. Tutte le cartoline, così impostate, giungeranno al Comitato Esecutivo, che ne curerà la raccolta e la conservazione. Nell'interno del Regno e Colonie tali cartoline godono della franchigia postale; quelle spedite dall'estero dovranno essere regolarmente affrancate.»
Furono spedite più di trentamila cartoline da tutta Italia, oggi conservate presso il Museo Centrale del Risorgimento.[45][46] Una parte del fondo è stata digitalizzata ed è disponibile online.[47] È stato avviato un progetto di ricerca per la digitalizzazione completa e per lo studio delle cartoline, che presentano contenuti tra loro molto diversi (testi patriottici; frasi di bambini guidati da maestri; semplici firme da parte di chi non sapeva scrivere; ricordi relativi ad amici o a parenti caduti; messaggi di ex combattenti a volte con accenni critici; nomi di ditte che parteciparono alla raccolta di fondi per gli orfani).[48]
«Se la vittoria fu della civiltà noi dovremmo essere i civili. Lo siamo? Non si esaltano i nostri grandi morti perseguitando i vivi. Pace! Mondini Attilio, mutilato di guerra - Moglia (Mantova)»
«Roberto DeGaetano fu Pasquale, fratello al sottotenente Giovanni DeGaetano, del 27º Reggimento Fanteria, morto nel combattimento di Oslavia del 24 Gennaio 1916. San Roberto 12 Novembre 1921 (Reggio Cal.)»
Il giorno 4 novembre si ebbero eventi solenni anche in altre città d'Italia e furono effettuate riprese delle manifestazioni a Bergamo, a Catania, a Genova, a Milano, a Napoli, a Palermo e a Torino.[51]
A Torino furono segnalate violenze da parte di fascisti per la mancate esposizione delle bandierine tricolori su alcuni tram cittadini.[52]
I socialisti non parteciparono alle celebrazioni. Nel riportare cronache degli eventi sottolineavano che «il popolo era stato tenuto lontano».[54]
«L'astensione non deve significare irriverenza od oblio per tutti coloro, che ignoti, furono travolti dalla guerra e le cui membra spezzate rimasero e rimangono tuttora disperse ed insepolte sui luoghi ove si svolsero le lotte fratricide; ma deve assurgere ad alta protesta contro tutte le autorità, le diplomazie, i partiti che nel commemorare il "soldato ignoto" sostengono la ignominiosa politica intesista fautrice di nuove guerre e contro tutti coloro che con tale manifestazione intendono fare una speculazione nazionalistica.»
«È in Roma la salma di un martire della più grande carneficina contemporanea. Oggi è senza nome! Ieri il nome serviva solamente ad essere meglio individuato dal duro sfruttamento del capitale. Delle Sue spoglie si servono oggi i responsabili della Sua morte per puntellare il loro dominio, la loro civiltà: piegano le loro bandiere e ostentano riconoscenza! Illusi! [...] L'Ignoto è dei vostri, proletari. Onoratelo nel silenzio, maledicendo alla guerra!»
Ancora nel 1923 Giacomo Matteotti, pochi mesi prima di essere rapito e ucciso da fascisti, invitò Filippo Turati a non partecipare alla manifestazione milanese per il 4 novembre, opponendo al "milite ignoto" eroe guerriero un "milite ignoto" vittima innocente della guerra e suggerendo di «riunire il ricordo del milite ignoto anche a quello di tutti i nostri morti ignobilmente assassinati in questi giorni».[57]
I giovani repubblicani durante il corteo ufficiale del 4 novembre lanciarono un manifesto di contestazione tra la folla.
«Possono con cuore sincero glorificare il Milite Ignoto i rappresentanti del militarismo italiano che sulla gloria popolare fanno la più sporca speculazione a beneficio della casta militare; possono glorificarlo i rappresentanti di quel nazionalismo che sogna ancora e armati e guerre e conquiste? No. [...] Perciò la gioventù repubblicana, dalle cui file, volontario, forse uscì l'ignoto che si glorifica e certo uscirono mille ignoti, non si unisce al chiasso che disturba l'austerità del rito.[58]»
Anche gli anarchici si astennero dalla manifestazione.
«Per volontà del governo, della casta militare l'ignoto milite che viene dal popolo non ha ricevuto l'omaggio dal popolo. Grandi ufficiali, nobiloni, arricchiti di guerra hanno imposto che la cerimonia per le onoranze si svolgesse nella loro intimità. [...] I partiti popolari non hanno partecipato a quest'ultimo dramma della guerra spaventosa, mentre fascisti, nazionalisti e altri simili si sono contesi chi forse proveniva dalle nostre file, l'anonimo sul quale han voluto tentare l'ultima speculazione, l'ultimo oltraggio.[59]»
Gli Arditi del Popolo lasciarono un omaggio alla tomba del Soldato Ignoto dopo la conclusione delle cerimonie ufficiali,[60] così come i legionari fiumani.[59]
Oggetto di discussione politica fu anche l'assenza del generale Cadorna. Invitato alle celebrazioni dal ministro Gasparotto, rifiutò perché non voleva apparire in secondo piano rispetto ai suoi subordinati di un tempo.[61]
«Scarto individuale - anche se grave per chi lo compiva - fu quello di un capo militare che, per meschine questioni di grado e di rango e con infelicissime rievocazioni polemiche, ricusò di partecipare alla cerimonia nazionale, quasi che questa partecipazione costituisse un suo privilegio, anziché un suo obbligo morale verso i soldati morti, a centinaia di migliaia, nella guerra da lui preparata e condotta. Né rileveremmo noi oggi questa sconvenienza - come non la rilevammo quando fu compiuta - se proprio da essa altri non avesse voluto trarre, proprio in questa circostanza, occasione e motivo per la riabilitazione e la esaltazione di quel capo, e, che è peggio, con poche parole ed accenni poco riguardosi per il popolo italiano.[62]»
Nel 1922, un anno dopo la traslazione della salma, il Partito Fascista assunse il Milite Ignoto come proprio simbolo, sia tramite un corteo al termine della marcia su Roma sia durante le celebrazioni del 4 novembre con Mussolini appena nominato Presidente del Consiglio.[63]
«Il Presidente del Consiglio ha condotto oggi i ministri ed il popolo di Roma all'Altare della Patria. Erano al suo fianco il generale Diaz e l'ammiraglio Thaon di Revel, i due alti rappresentanti dell'Esercito e della Marina che nell'infausto biennio antinazionale erano stati messi in disparte mentre a rappresentanti della Nazione si accoglievano i varii Misiano. [...] La lotta, perdurata durante sette anni tra lo spirito nazionale e la congiura disfattista antinazionale, ha avuto oggi un sacro epilogo con un rito che celebrava sul Campidoglio la congiunzione spirituale tra i soldati che morirono per la Vittoria e la Nazione che vuole difendere la Vittoria.[64]»
Anche il nome della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, formata nel 1923, potrebbe apparire a generazioni future, non informate né di storia né di linguistica, richiamarsi direttamente al Milite Ignoto; così sostiene ironicamente il linguista Devoto, recensendo il Dizionario moderno del Panzini, con particolare riferimento alla definizione "signorsì signornò di prammatica nella milizia", riportante un uso arcaico del vocabolo "milizia", ormai connotato nell'era fascista.
«Pensando a tempi lontani, quando la nostra generazione sarà scomparsa, il Milite Ignoto sarà creduto Milite della Milizia attuale e la nascita della Milizia automaticamente retrodatata per lo meno al tempo della guerra.»
Semmai l'espressione "Milite Ignoto" non è altro che uno schietto latinismo (vd. sotto) calato nell'italiano per mere ragioni ideologiche di celebrazione della guerra latina combattuta contro il barbaro tedesco, secondo una retorica risalente già almeno al preumanesimo petrarchesco (Rvf CXXVIII 35 tedesca rabbia e 74 latin sangue gentile) e consacrata nel Risorgimento. Per questo ogni genere di allusione simbolica alla millenaria civiltà romana e italica nella liturgia laica della sepoltura del Milite Ignoto è funzionale allo scopo: dalla partenza del feretro da Aquileia, l'antico e fiorente porto romano (che Italia chiude e i suoi termini bagna, parafrasando un noto verso dantesco) violato dall'unno Attila; al verso dantesco L'OMBRA SVA TORNA CH'ERA DIPARTITA, dipinto su una delle due tavole fiancheggianti il carro funebre del convoglio; verso utile a rammemorare nel contempo sia il vate latino Virgilio, a cui si riferisce nel contesto originale, sia il vate riconosciuto, specialmente dal Risorgimento, dell'italianità Dante, che lo scrisse e della cui morte proprio in quel fatidico 1921 ricorreva il 6° centenario; all'epigrafe latina IGNOTO MILITI che, tra l'altro, non può non far venire in mente il paolino IGNOTO DEO (At 17,23) e contrapporre così la nuova ara laica dell'Altare della Patria al tradizionale altare cristiano nella Roma da appena un cinquantennio sottratta all'egemonia papalina.[66]
Nel 1924 il ministro Giovanni Gentile stabilì di aggiungere alla dotazione delle scuole elementari una raffigurazione simbolica del Milite Ignoto, che «contribuirebbe ad ispirare negli allievi vivo amore e profonda devozione alla Patria».[67]
Anche dopo la seconda guerra mondiale la tomba continuò a essere luogo di celebrazioni ufficiali a ricordo dei caduti.[68][69][70]
Fu anche oggetto di scontro politico, a causa di provocazioni e violenze da parte di membri del Movimento Sociale Italiano, che nel 1949 candidò Maria Maddalena Blasizza.[71] Il 23 febbraio 1958, in occasione di una celebrazione della Resistenza all'Altare della Patria presso la tomba del Milite Ignoto, il deputato missino Giovanni De Totto, al termine della cerimonia ufficiale fece il saluto romano (secondo alcune fonti anche gridando «Viva la Repubblica Sociale») provocando la reazione dei partigiani presenti; altri scontri seguirono tra il corteo di partigiani e un gruppo di missini.[72][73] Il giorno successivo, alcuni missini con scope, insetticida e acqua saponata furono bloccati dalle forze dell'ordine sulle scalee del Vittoriano; dichiararono di voler ripulire il monumento dall'«oltraggio» per la celebrazione dei partigiani.[74]
Il 7 ottobre 1962, in occasione delle celebrazioni per il 70º anniversario della fondazione del Partito Socialista Italiano, una delegazione portò una corona d'alloro alla tomba del Milite Ignoto; alcuni missini cercarono di rimuoverla, provocando la reazione dei presenti. Successivamente neofascisti fecero esplodere una bomba carta al passaggio del corteo socialista in prossimità della Basilica dei Santi Cosma e Damiano.[75][76]
La tomba fu realizzata ai piedi della dea Roma. La struttura è in marmo Botticino e presenta sul fronte al centro l'iscrizione ignoto militi ("Al soldato ignoto" in latino) e nella parte inferiore le date mcmxv e mcmxviii. Attorno è presente una decorazione di foglie di alloro. Sopra la tomba è posta una corona d'alloro in bronzo con l'iscrizione ai prodi caduti / nella grande guerra liberatrice / le donne d'italia / mcmxxi. La corona attuale appare diversa da quella immortalata nelle fotografie del 1921 e del 1922, che aveva una parte che scendeva al di sotto del piano di appoggio. Fu forse sostituita in occasione dei lavori del 1924, che interessarono la parte centrale del Vittoriano.
Di fronte alla tomba sono posti due bracieri in cui arde una fiamma perenne; alla base di ognuno dei bracieri è posta una targa che riporta l'iscrizione gli italiani all'estero / alla madre patria.[77]
La tomba del Milite Ignoto è sempre piantonata da due militari (posizionati alle estremità della tomba) appartenenti alle diverse armi delle forze armate italiane che si alternano nel servizio. Originariamente era invece prevista una durata decennale per ogni arma: nei primi dieci anni il picchetto d'onore fu composto da Reali Carabinieri e il 24 maggio 1932 ci fu il passaggio di consegne alla fanteria.[78][79] Attualmente i militari prestano un servizio di guardia di un'ora con riposo di quattro ore;[80] poiché l'Altare della Patria è considerato zona militare, la guardia d'onore è armata e munita di munizioni.[81]
Dopo gli attentati di Roma del 12 dicembre 1969, che colpirono anche l'Altare della Patria,[82] il servizio di guardia fu temporaneamente esteso fino ai piedi della scalinata.[83]
All'inizio del 1924, al fine di completare alcuni lavori alla parte centrale dell'Altare della Patria, la bara del Milite Ignoto fu temporaneamente spostata in un locale del Vittoriano. Fu in quell'occasione che Primo Acciaresi suggerì di creare una cripta, usando lo spazio inutilizzato al di sotto del monumento equestre di Vittorio Emanuele II; in questo modo si avrebbe potuto avere un luogo più adatto alle commemorazioni.[84]
Il 24 maggio 1935, in occasione delle celebrazioni per il ventennale dell'entrata in guerra dell'Italia nel primo conflitto mondiale, il nuovo sacello fu inaugurato insieme con il sacrario delle Bandiere. La lapide nel sacello, posta in corrispondenza della tomba esterna, riporta la motivazione della medaglia d'oro al valore militare conferita al Milite Ignoto, attorniata da sei spade (tre per lato) e con la data di inizio e di fine della prima guerra mondiale per l'Italia.
«soldato ignoto
degno figlio di vna stirpe prode / e di vna millenaria civilta' resistette / inflessibile nelle trincee piv' contese / prodigo' il svo coraggio nelle piv' / crvente battaglie e cadde combattendo / senz'altro premio sperare che la / vittoria e la grandezza della patria / xxiv maggio mcmxv iv novembre mcmxviii»
Parti della cripta e del sepolcro furono realizzate con materiali lapidei provenienti dalle montagne che furono teatro degli scontri della prima guerra mondiale: il pavimento in marmo è del Carso, mentre il piccolo altare è modellato da un unico blocco di pietra proveniente dal monte Grappa.[85]
Attualmente il Presidente della Repubblica rende omaggio al Milite Ignoto in tre diverse occasioni durante l'anno.
È anche prassi che i capi di Stato esteri in visita ufficiale in Italia rendano omaggio al Milite Ignoto.
Nel 2011, in occasione del 150º anniversario dell'Unità d'Italia e del 90º anniversario della traslazione della salma da Aquileia a Roma, tra il 29 ottobre e il 2 novembre si svolse la rievocazione storica del viaggio in treno del Milite Ignoto.[102]
Una risoluzione della commissione Difesa della Camera, approvata il 31 marzo 2021, impegna il Governo «ad organizzare un viaggio della memoria con un treno d'epoca, nella composizione più possibile fedele, che compia un identico percorso con le stesse tappe e gli stessi tempi del treno che portò il Milite Ignoto a Roma».[103]
Il "Gruppo delle Medaglie d'Oro al Valor Militare d'Italia", in collaborazione con l'Associazione Nazionale Comuni Italiani, ha proposto il conferimento della cittadinanza onoraria da parte di tutti i Comuni italiani; il progetto "Milite Ignoto, Cittadino d'Italia" ha avuto il sostegno anche del Consiglio Nazionale Permanente delle Associazioni d’Arma[104]: complessivamente sono stati 3 185 i Comuni a conferire la cittadinanza onoraria con lapidi, targhe, pergamene, intitolazioni di edifici pubblici.[105]
Il Friuli-Venezia Giulia ha approvato il 28 maggio 2021 una legge regionale per «la restituzione dell'onore ai soldati nati o caduti nel territorio dell’attuale Regione Friuli Venezia Giulia appartenenti alle Forze armate italiane che, nel corso della prima Guerra mondiale, vennero fucilati con sentenze emesse dai tribunali militari di guerra, ancorché straordinari» e per lo studio delle vicende dei soldati condannati alla pena capitale o caduti per esecuzioni sommarie e decimazione, inserendoli nell'albo dei Caduti; ha istituito inoltre per il 1º luglio la celebrazione annuale della Giornata regionale della restituzione dell'onore a ricordo della fucilazione di quattro alpini a Cercivento nel 1916.[106]
Con decreto 15 giugno 2021 del Ministero dell'economia e delle finanze è stata stabilita l'emissione di una moneta celebrativa da 5 euro in versione fior di conio con elementi colorati.[107]
Lo Stato maggiore della difesa-Ufficio Storico ha organizzato diverse iniziative per la «promozione di progetti per le scuole di ogni ordine e grado, volti alla diffusione e alla conoscenza delle vicende storiche legate alla figura del Milite ignoto».[108]
Il 28 agosto 2021 presso il Sacrario militare del Tonale si è svolta una cerimonia di dedicazione al Milite ignoto del ghiacciaio dell'Adamello.[109]
Il film La prova generale (1968) fu bocciato dalla commissione censoria che vi ravvisò cinque ipotesi di reato: istigazione alla violenza; oltraggio alla Patria; oltraggio al Milite Ignoto (per una scena girata all'Altare della Patria); oltraggio alla religione; blasfemia.[119]
«Da quella Bara che riunisce er pianto / de tante madri, un fijo chiama: – Mamma! / E ogni madre risponne: – Fijo santo!
De tanti cori s'è formato un core: / ardeno tutti ne la stessa fiamma / strazziati dar medesimo dolore.»
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