Albaro
quartiere di Genova Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Albaro (Arbâ in genovese, pronuncia /arba:/[1]) è un quartiere residenziale di 28.207 abitanti[2] del comune di Genova, compreso nel Municipio VIII Medio Levante.
Albaro | |
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La collina di Albaro vista dal santuario della Madonna del Monte | |
Stato | Italia |
Regione | Liguria |
Provincia | Genova |
Città | Genova |
Circoscrizione | Municipio VIII Medio Levante |
Codice postale | 16145, 16146, 16147 |
Abitanti | 28 207 ab. (2017) |
Nome abitanti | albaresi o albarini |
Mappa dei quartieri di Genova | |
Con la denominazione di San Francesco d'Albaro è stato comune autonomo fino al 1873, quando insieme ai comuni di San Martino d'Albaro, Staglieno, Foce, Marassi e San Fruttuoso fu accorpato a quello di Genova.[3]
Centro rurale, ma già sede fin dal Cinquecento di prestigiose residenze patrizie, dopo l'annessione a Genova è divenuto uno dei più eleganti quartieri residenziali cittadini.
«Sorge, nella parte orientale di Genova, colle piacevolissimo che imitando l'Alba col nome, vien'à superarla in vaghezze»
«Da lungi, la collina d'Albaro apparisce il facile dorso di un monte che spiccandosi da monti più alti si stenda a metter piede nel mare. Ma da presso la scorgete composta di più colli, che nei loro intervalli danno spazio a piacevolissime vallicelle. La costiera della collina di Albaro che risguarda sopra il mare, è quasi tutta teatrali rovine e scogli biancheggianti della spuma che vi fanno frangendosi l'onde.»
Albaro comprende la parte più meridionale dell'omonima collina, che forma un mosso altopiano digradante verso il mare, ultima propaggine della dorsale che separa le valli dei torrenti Bisagno e Sturla. La collina termina a mare con alte scogliere, alternate a piccole spiagge, un tempo raggiungibili solo attraverso strette crêuze tra gli orti e i giardini, mentre oggi l'intera linea di costa è percorsa dal lungomare di corso Italia.
L'ex circoscrizione comprende la maggior parte del territorio dell'antico comune di San Francesco d'Albaro, ad eccezione delle frazioni di Borgo Pila con parte della piana del Bisagno (ora completamente urbanizzata e aggregata al quartiere della Foce) e Vernazzola, borgo marinaro, oggi accorpato nel quartiere di Sturla.
L'attuale territorio di Albaro confina a levante con Sturla, a nord con San Fruttuoso e San Martino, a ponente con la Foce, mentre a sud si affaccia sul mare. Più in dettaglio l'asse di via Podgora, via Nizza, via Francesco Pozzo e via Dassori delimitano il quartiere verso la Foce, corso Gastaldi verso San Fruttuoso, parte di via Montallegro e via Serretto verso San Martino, via San Pio X, via Sclopis e via al Capo di Santa Chiara verso Sturla. Il territorio dell'ex circoscrizione di San Francesco d'Albaro è suddiviso, unicamente a scopo statistico, nelle quattro "unità urbanistiche" Albaro, San Giuliano, Lido e Puggia.[2]
Il quartiere è caratterizzato da un tessuto urbano prevalentemente residenziale, di elevato livello qualitativo, in cui accanto alle storiche dimore patrizie sono sorti nell'ultimo secolo eleganti condomini e palazzine, molti dei quali circondati da ampi spazi verdi esclusivi.
Riguardo all'origine del toponimo, lo storico Federico Donaver nel volume Vie di Genova, pubblicato nel 1912, cita lo storico locale Gaetano Poggi secondo il quale il nome Albaro deriva "da raibà che significa insenatura; onde arbà in dialetto, italianizzato in Albaro. Trovandosi la località a levante dove spunta l'alba, in dialetto arba, non potrebbe derivare il nome da ciò?".
Quest'ultima ipotesi sembrerebbe trovare supporto nella posizione della collina di Albaro, a levante del centro storico di Genova. Non esistono comunque fonti che attestino con certezza l'origine del toponimo.
Sempre il Donaver riferisce di una famiglia di nome Albaro, nota fin dall'XI secolo, originaria però della riviera di Ponente, ma egli stesso si domanda se sia questa ad aver preso il nome dalla località o al contrario ve l'abbia dato.
Fino al XIV secolo la collina di Albaro, raggiungibile solo da San Martino lungo stradine di campagna tra orti e vigneti, era scarsamente popolata, con poche case rustiche isolate al centro dei poderi ed alcune chiese appartenenti a ordini monastici. Il litorale, con le sue alte scogliere, non permetteva la presenza di insediamenti: solo all'estremità orientale, dove le rocce scendevano al livello del mare permettendo l'approdo delle barche, venne a formarsi il borgo di pescatori di Boccadasse.[4]
Tra il XVI e il XVIII secolo le famiglie dell'oligarchia che governava la Repubblica di Genova fecero costruire grandi palazzi di villeggiatura nei dintorni della città e la collina di Albaro divenne uno dei loro luoghi di villeggiatura preferiti.[4] In quei secoli Albaro, visto dal colle di Carignano, nell'incisione di Antonio Giolfi eseguita nel Settecento, presentava gruppi di ville e case isolate tra le quali spuntavano i campanili delle numerose chiese, oggi in gran parte scomparse.
Così descrive la zona il Giustiniani, vescovo e storico, nei suoi Annali (1537):
«Ed a mano manca di S. Fruttuoso e di S. Martino giace la magnifica ed amena villa di Albaro, la qual è in lunghezza circa due miglia: e comprende centoquarantaquattro case, delle quali ve ne sono quarantasei di contadini, ed il restante di cittadini, che tutte hanno fruttifere ed amene ville; talché è cittadino che ha nella sua villa pere di ventidue specie. Sono queste ville dotate di domestico, di salvatico, di acque, di are per uccellare: tutte murate in cerco. E la struttura delle magnifiche case è superbissima; fra le quali ville hanno eccellenza quella che edificò Andrea Cicero, quella di Vincenzo Sauli, quella di Alessandro di Nigrone, e quella di Cosmo Damiano Giustiniano: è certo che tutte particolarmente hanno in loro qualche cosa degna di laude: ed i cittadini le abitano con grandissima comodità.»
Con la discesa in Italia di Napoleone, nel 1797 ebbe fine la storia plurisecolare della Repubblica di Genova, che ribattezzata Repubblica Ligure passò di fatto sotto il controllo della Francia repubblicana e nel 1805 annessa all'Impero francese. Nel 1814, a seguito delle decisioni del Congresso di Vienna la ex Repubblica Ligure napoleonica passò al Regno di Sardegna, e con essa anche il comune di San Francesco d'Albaro, così descritto dal Casalis nel 1849:
«San Francesco d'Albaro, comune nel mandamento di s. Martino prov. dioc. e div. di Genova. Dipende dal senato, intend. gen. prefett. ipot. insin. di Genova, posta di s. Martino d'Albaro. Giace a ponente di s. Martino suo capoluogo di mandamento, da cui è discosto un miglio. Gli sono aggregati i luoghi di Boccadasse, e Pila. Nella parte australe confina col mare, ove sono alcune piccole piaggie chiamate di s. Nazaro, s. Giuliano, Boccadasse, Vernazzola.
Salubre è l'aria che vi si respira; ma vi dominano i venti sciroccali, che danneggiano i vigneti, gli oliveti, ed i terreni coltivati a campo: nell'invernale stagione vi soffiano i venti di greco e di tramontana, che danneggiano gli agrumi, e gli ortaggi. Si mantiene poco bestiame: riescono di mediocre qualità i vini di questo comune: l'olio d'olivo e gli ortaggi si smerciano in Genova. Popolazione 4355.»
La "Marinetta" vide Guido Gozzano (nell'immagine sopra al centro) tra i suoi più assidui frequentatori. Scrive Edoardo Firpo:
«Ghe vegnivan artisti e poeti / a çercaghe salute e fortunn-a; / e vegnivan ben ben da lontan. / Mi t'ò visto unn-a sèja de lunn-a; / ëo insemme con Guido Gozzan.[5]»
Il futuro poeta era stato una prima volta da bambino a Cornigliano e si era innamorato della città; da adulto iniziò a recarsi a Genova soprattutto nei mesi invernali per godere del beneficio dell'aria marina e trovare sollievo alla malattia che lo affliggeva (la tubercolosi) e che lo avrebbe portato alla morte a soli 32 anni.
Alla "Marinetta", conosciuta come l'Osteria dei poeti, Gozzano fece molte amicizie e in quell'ambiente trovò ispirazione per diverse sue poesie pubblicate sulla rivista La Riviera Ligure di Mario Novaro e sulla "Rassegna Latina" diretta da Martini. A Genova Gozzano ritornerà per l'ultima volta nel 1916, l'anno della sua morte, mentre i suoi amici erano ancora al fronte.
Nella prima metà dell'Ottocento venne realizzata la prima strada di attraversamento del quartiere, che veniva a porre fine al secolare isolamento veicolare della zona. La "strada Principale", perpendicolare alle antiche crêuze che scendevano verso il mare, seguiva il tracciato delle attuali vie Albaro, Bocchella e Pisa collegando Genova con Sturla, e costituiva un tratto della cosiddetta via Aurelia.[4]
Nel 1873, con un Regio Decreto, il comune di Genova si espandeva oltre il confine del Bisagno, inglobando, oltre San Francesco d'Albaro, i comuni della Foce, San Martino, San Fruttuoso, Marassi e Staglieno,[3] dando avvio a una fase di sviluppo edilizio che negli ultimi decenni del secolo portò alla realizzazione nella piana del Bisagno di un nuovo quartiere con pianta a scacchiera, con strade ampie, rettilinee e pianeggianti, inedite nella Genova storica.
Per tutto l'Ottocento tra gli orti e i giardini di Albaro e sulla riva del mare vi erano tante piccole osterie. Tra le più rinomate c'erano la "Passaggia" e quella detta "del Parroco", ma la più celebre era la "Marinetta"[6], che il poeta Edoardo Firpo così cantava[7]:
«Marinetta, patella de schêuggio, / bagnâ solo da-e sc-ciumme do mä, / rievocate anc'un pö mi te vêuggio / comme t'ë ne-a memoia restä!... / ... / Oh se alloa ti pàivi lontann-a / cö to canto do mä e de çigâe, / e o reciocco de qualche campann-a / dai ulivi lazzù a San Giulian!...[8]»
Il ristorante San Giuliano, conosciuto come la Marinetta, detto anche l'osteria dei poeti, al quale sono legati diversi nomi della cultura genovese e italiana, sorgeva sulle scogliere accanto al forte San Giuliano, dov'è oggi corso Italia.[9]
La Marinetta sopravvisse solo di poco alla costruzione di corso Italia, che proprio in quel punto supera le scogliere e la piccola spiaggia su grandi arcate in cemento.
Il progetto di espansione verso levante interessò nel nuovo secolo la collina di Albaro: il piano regolatore del 1906, che si poneva l'obiettivo di realizzare la piena integrazione del quartiere con il centro cittadino, diede inizio ad una fase di sviluppo urbanistico con la realizzazione di abitazioni destinate ai ceti medi nella parte più a monte della collina ed a quelli più benestanti lungo la nuova strada litoranea (corso Italia) e nelle sue vicinanze.[10][11]
Il proposito era quello di creare un quartiere disteso tra il mare e la collina, con ampi viali adatti al crescente traffico automobilistico e con una ricca dotazione di verde, destinato alle famiglie dell'alta borghesia cittadina.[12]
Dopo la strada litoranea venne realizzata una nuova trama viaria funzionale all'espansione edilizia, che andò a sovrapporsi agli antichi percorsi: vennero così aperte la strada intermedia che tagliava le antiche crêuze e i poderi ed una serie di strade di collegamento da mare a monte, aprendo la via alla moderna lottizzazione: scomparsi orti e parchi, si è così sviluppato, com'era nelle premesse, un quartiere residenziale considerato il più elegante ed esclusivo della città.[4]
Dato il recente sviluppo urbanistico, pochi degli abitanti di Albaro, con la sola eccezione del borgo di Boccadasse, possono considerare il quartiere come luogo di origine della propria famiglia.
«E sono in questa villa di Albaro, primo: il piccolo monastero di S. Vitto, abitato dai frati Osservanti predicatori; l'antica chiesa parrocchiale de' Ss. Nazaro e Celso, edificata nel luogo dove i santi predetti smontarono di mare in terra. Vi è eziandio una piccola chiesuola nominata S. Giusta, vicina alle case di Urbano Giustiniano e di Nicolò Spinola; e quasi a mezzo la villa il monastero di frati Conventuali di S. Francesco; e contiguo a quello in capo del Prato, la chiesa di S. Maria, che è priorato di Canonici regolari; ed accanto al mare il monastero di S. Giuliano di monachi Osservanti di Montecassino; e più su verso la montagna la chiesa di S. Elena, che già fu monastero di monache; e più vicino alla marina una chiesa di S. Chiara[13][14], ma nell'attuale ripartizione amministrativa ricade nell'area di Sturla; e fra S. Chiara e S. Elena, un piccolo monastero di S. Luca abitazione dei frati Osservanti predicatori.
E certo che tanto numero di luoghi sacri basterebbe per comodità di una città: ma i cittadini Genovesi nelle loro ville sono troppo accomodati.»
«Una delle più leggiadre colline estese in faccia al mare ….ove un mondo, per così dire, di superbissime fabbriche e di bellissime ville forma in questa parte un teatro di cui non ha pari l'Europa, e si può dir l'Universo.»
All'inizio del XVI secolo, con il consolidarsi della ricchezza in città, i ricchi genovesi, appartenenti alle famiglie dell'oligarchia che governava la repubblica, iniziarono a far costruire grandi palazzi di villeggiatura nei dintorni della città, chiamando a progettarli i migliori architetti dell'epoca. La collina di Albaro, per la sua vicinanza alla città, divenne uno dei siti di villeggiatura preferiti dai genovesi più abbienti, che qui avevano casa e che d'estate erano usi appunto a "recarsi in villa" per trascorrere la stagione calda.[4] Inizialmente legate a fondi agricoli, nel tempo molte di esse sono state trasformate in dimore nobiliari di altissimo pregio, arricchite da preziose opere d'arte e da parchi e giardini curatissimi. La costruzione delle ville proseguì nei secoli successivi, raggiungendo il suo culmine nel Settecento.
Le famiglie patrizie non lesinarono le risorse destinate alla costruzione delle loro case, un immenso patrimonio edilizio e storico che comprende ancora oggi gli oltre centotrenta palazzi del centro storico e le oltre duecento ville suburbane, quasi la metà delle quali tra Albaro e Nervi.[29] Le crêuze che scendono al mare restano i percorsi più fitti di ville nobiliari, racchiuse fra alti muri interrotti da cancellate che lasciano appena intravedere le facciate dei palazzi.[16] Il pennello di Alessandro Magnasco ha lasciato un'istantanea della vita e dell'ambiente in cui la società ricca trascorreva la sua villeggiatura nella prima metà del XVIII secolo. Nel dipinto Trattenimento in un giardino di Albaro (1735), conservato a palazzo Tursi, si vedono piccoli gruppi di persone in un giardino (identificato come quello della villa Saluzzo Bombrini) intente a conversazioni, danze e giochi di carte, sullo sfondo della piana del Bisagno, nella zona di San Fruttuoso, ancora tutta coltivata a orti.
Nel corso dell'Ottocento alla società aristocratica immortalata dal pennello del Magnasco si sostituì la ricca borghesia imprenditoriale. Sorsero così eleganti villini, mentre i palazzi storici, troppo grandi per le nuove necessità, venivano divisi in appartamenti o ceduti a comunità religiose.[4]
Ancora oggi le ville storiche appartenute all'aristocrazia genovese, ristrutturate, in parte sono suddivise in appartamenti, altre ospitano scuole private, cliniche e case di riposo. Se i palazzi si sono conservati, con le lottizzazioni e l'espansione urbanistica sono in gran parte andati persi i loro rigogliosi giardini; alcuni di quelli sopravvissuti sono oggi parchi pubblici.[16]
«Genova è tutta un contrasto; è la città più sporca e più pittoresca, più volgare e magnifica, repulsiva e più deliziosa che esista. … E questo è tutto quanto mi riesce di ricordare, fino al momento in cui fui deposto in un piazzale d'aspetto triste, ingombro di erbacce, che faceva parte di una sorta di prigione rosa; e mi fu detto che io abitavo lì.»
A questo seguirono altri commenti non proprio lusinghieri, ma la permanenza in quel luogo, con la magnifica vista del mare blu e la piacevole brezza marina, lo fece ricredere fino a rimpiangerlo al momento della partenza.[40] Nella villa di Albaro scrisse il romanzo breve Le campane (The Chimes), pubblicato a dicembre del 1844; nei suoi scritti ha lasciato anche una descrizione dell'ambiente circostante, ancora non toccato dall'urbanizzazione.
Dopo la fine della Repubblica di Genova, una nuova classe imprenditoriale borghese prese il posto delle storiche famiglie patrizie. Tra la fine dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento, soprattutto in concomitanza con l'apertura di corso Italia, le famiglie di questi ricchi imprenditori fecero costruire le loro palazzine lungo il nuovo lungomare o nelle sue adiacenze.Lo stile architettonico di questi edifici si differenzia a seconda delle epoche di costruzione, dal neogotico e il Liberty dei primi del Novecento, allo stile razionalista degli anni trenta.
Benché più sobrie, almeno nelle dimensioni, rispetto alle ville storiche del passato, si tratta comunque di edifici di altissimo pregio, come la villa Canali Gaslini, il castello Türke di via al Capo di Santa Chiara e la palazzina Profumo, opere di Gino Coppedè, edifici neogotici, come la villa San Nazaro (ex Park Hotel) e il castello Casareto, che domina il borgo di Boccadasse, ma anche i condomini razionalisti di Luigi Carlo Daneri e l'originale villa Ollandini, nata dalla ricostruzione ad opera di Robaldo Morozzo della Rocca di un edificio ottocentesco distrutto dalla guerra.[49]
Corso Italia si sviluppa per circa due chilometri e mezzo lungo l'intero litorale del quartiere di Albaro collegando la Foce con il borgo marinaro di Boccadasse. Realizzata tra il 1909 e il 1915, divenne subito uno dei principali punti di ritrovo del "passeggio" domenicale dei genovesi. La nuova strada, realizzata nell'ambito del piano di espansione della città verso levante, sia per dare a Genova una moderna passeggiata lungomare, sia per agevolare l'accesso alle spiagge presenti nella zona, fu aperta con lo sbancamento delle scogliere che terminavano a mare la collina di Albaro, modificando profondamente l'ambiente costiero.[15][16]
La strada ha due carreggiate con due corsie per direzione, separate da un'aiuola spartitraffico ed un ampio marciapiede sul lato a mare. Diversi sono stati gli interventi di restyling tra gli anni trenta e gli anni novanta. Lungo il percorso si incontrano alcuni storici edifici quali la chiesa dei Santi Pietro e Bernardo alla Foce, il forte San Giuliano, l'abbazia di San Giuliano, lo stabilimento balneare del Nuovo Lido e la chiesa di Sant'Antonio in Boccadasse. Sul lato a monte si affacciano eleganti condomini e palazzine in stile art déco, tra cui la villa Canali Gaslini, opera dell'architetto fiorentino Gino Coppedè, costruita intorno alla metà degli anni venti, e palazzi razionalisti progettati da Luigi Carlo Daneri. Nell'ambito di una modifica alla viabilità green cittadina, da luglio 2020, sono state realizzate una corsia ciclabile e pedonale per ciascuna carreggiata, lasciando una sola corsia per le automobili nei due sensi di marcia, seguite da alcune polemiche per il traffico[63].
Provenendo dal centro di Genova, giunti in piazza Tommaseo si risale la collina di Albaro per la via Francesco Pozzo (l'antica via Olimpo). La strada, alla sommità del colle, prende il nome di via Albaro, ed era la strada principale del vecchio comune di San Francesco d'Albaro.[64] Aperta nella prima metà dell'Ottocento fu la prima strada carrozzabile del quartiere.
Lungo la via sorgono alcune delle celebri ville di Albaro, in parte ben conservate, altre stravolte da recenti ristrutturazioni e lottizzazioni. Tra le meglio conservate la villa Saluzzo Bombrini, detta "il Paradiso", la villa Saluzzo Mongiardino, dove soggiornò George Byron, la villa Carrega Cataldi[15][16] e villa Bombrini, sede del conservatorio Niccolò Paganini. Da via Albaro avevano origine le crêuze che scendevano al mare[65]; con le successive vie Bocchella, Pisa e Caprera era parte della strada diretta a levante, che costituiva all'epoca della sua costruzione un'alternativa alla via medioevale che passava per il quartiere di San Martino.
La piazza intitolata al celebre poeta recanatese, all'incrocio tra via Albaro e il percorso che scendeva da San Martino verso il mare, era l'antico "prato pubblico" del comune di San Francesco d'Albaro, antistante le chiese di Chiesa di San Francesco d'Albaro e Santa Maria del Prato.[66] Un'iscrizione posta sull'abside della chiesa di San Francesco, accanto a quella che commemora caduti di Albaro nella prima guerra mondiale riporta: "Prato comunale/ è vietato a chiunque/di danneggiare/gli alberi ivi esistenti/siccome è proibito/qualunque giuoco/che potesse recarvi danno/e di pascolarvi bestiame/sotto le pene correzionali/prescritte dalle vigenti/leggi".
La piazza, uno dei pochi luoghi di Albaro che conserva la memoria di un lontano passato, è chiusa a levante da una serie di modeste case a schiera, oggi ristrutturate, a ponente dall'abside della chiesa di San Francesco e dal muro perimetrale dell'annesso convento. Di forma allungata, si presenta più come un viale alberato che una vera e propria piazza; fino all'inizio del Novecento era il capolinea degli omnibus a cavalli provenienti dal centro della città.[15][65]
Tra il XVII e il XVIII secolo il prato era sede di partite di pallone che attiravano ai suoi bordi una grande folla. Nel 1797 vi venne innalzato uno dei primi alberi della libertà sacrificando curatissime aiuole e roseti.[6][65]
Da piazza Tommaseo una scenografica scalinata con decorazioni in stile liberty, intitolata a Giorgio Borghese[67][68], conduce ad un belvedere panoramico nella parte alta di via Francesco Pozzo, da dove lo sguardo può spaziare sulla stessa piazza Tommaseo, limite tra i quartieri di Albaro e della Foce, con la statua equestre a Manuel Belgrano, il rettifilo di corso Buenos Aires, l'antica via Minerva, e più in lontananza, in asse con questa, via XX Settembre, della quale corso Buenos Aires è la prosecuzione verso levante.[69]
La scalinata, costruita all'inizio del Novecento, si sviluppa su quattro livelli, e comprende alcuni locali coperti; dopo anni in stato di abbandono[70] nel 2018 sono iniziati dei lavori di riqualificazione che hanno portato al recupero architettonico della scalinata ed all'apertura di un locale, riaperta al pubblico il 14 gennaio 2020.[71][72][73][74][75]
Con lo sviluppo urbanistico, tra gli anni venti e trenta del Novecento, tra la via Albaro e il lungomare di corso Italia, dove prima erano i giardini delle ville e i poderi vennero aperte nuove vie funzionali agli insediamenti residenziali che stavano sorgendo. Furono così aperti un nuovo asse di scorrimento da ponente a levante, intermedio tra via Albaro e corso Italia, ed una serie di viali da monte a mare, paralleli alle antiche crêuze. Il progetto iniziale prevedeva anche un ampio asse di scorrimento rettilineo a monte, parallelo a via Albaro e via Pisa, realizzato solo parzialmente nel secondo dopoguerra con la creazione di due ampi viali, via Federico Ricci e via Paolo Boselli, paralleli ad un tratto di via Pisa ed inframmezzati dalla piazza Leonardo da Vinci.
La via intermedia di scorrimento, accessibile da piazza Tommaseo attraverso via Nizza, è formata dalle vie Rosselli, Gobetti, Righetti e De Gaspari[76] e termina in via Cavallotti, dove confluisce anche corso Italia.
L'intitolazione delle nuove vie venne fortemente improntata al periodo storico tra le due guerre mondiali, con nomi legati all'epoca della prima guerra mondiale (Piave, Trento, Trieste), alle annessioni italiane in Dalmazia e nell'Egeo (Quarnaro, Zara e, nella parte più a monte del quartiere, via Rodi e via Dodecanneso), a martiri dell'irredentismo (Nazario Sauro, Cesare Battisti, Guglielmo Oberdan[77]) e caduti della guerra d'Etiopia (Renzo Righetti, Dalmazio Birago, Tito Minniti e Reginaldo Giuliani; tranne via Righetti, le altre nel secondo dopoguerra furono intitolate a martiri antifascisti, divenendo rispettivamente via Rosselli, via Gobetti e via don Minzoni). Altre vie furono intitolate a politici del Risorgimento (Giacomo Medici del Vascello, Francesco Domenico Guerrazzi, Giovanni Bovio) e filosofi (Tommaso Campanella, Giordano Bruno, Giambattista Vico).
L'origine delle romantiche "crêuze d'Arbà", cantate dai poeti, risale alla costruzione delle prime ville patrizie, quando le strade vicinali tra gli orti lasciarono il posto a strade selciate tra i muri che delimitavano i grandi poderi, al centro dei quali sorgevano le ville con i loro giardini.[4] Queste caratteristiche strade, fiancheggiate dalle ville, dalla sommità del colle scendevano verso il mare seguendo i crinali dei piccoli rilievi della collina. Fino ai primi del Novecento erano l'unica rete viaria che consentiva di raggiungere le grandi ville nobiliari e il mare.[69] Alcuni tratti di esse ancora oggi sembrano immersi in un'atmosfera d'altri tempi, nonostante l'asfalto abbia ricoperto in gran parte l'antico selciato per consentire il traffico veicolare.
Tra le varie crêuze via San Nazaro, che in origine scendeva fino alla scomparsa chiesa dei Santi Nazario e Celso, ed oggi termina in via fratelli Rosselli, presenta numerosi esempi di ville, ancora ben conservate; tra queste le più notevoli la villa Raggi, quattrocentesca ma ricostruita nel XVII secolo, la villa Brignole Sale, seicentesca ma in gran parte rifatta dopo i gravi danni dell'ultimo conflitto e villa Bagnarello, dove soggiornò Charles Dickens. La via, citata per la prima volta in un documento del 1345, si snoda tra gli alti muri che delimitano i giardini, conservando, specie nel tratto mediano, l'originario carattere ambientale.[6][15]
Un'altra delle crêuze di Albaro è via Giuseppe Parini che collegava piazza Giacomo Leopardi con la spiaggia di San Giuliano. La via oggi termina in via Piero Gobetti, in corrispondenza del forte San Giuliano. Conserva anch'essa il suo antico carattere, con numerose ville, in parte oggi ancora residenze private, in parte sedi di istituti religiosi. Tra le ville notevoli, un'altra appartenuta ai Brignole Sale, la cinquecentesca villa Elisa, con torre e la seicentesca villa Rebuffo Gattorno,[6][15] trasformata in residenza universitaria dell'ateneo genovese.
Via al Capo di Santa Chiara è la più orientale delle crêuze di Albaro e collega via Caprera con il borgo di Boccadasse, fiancheggiata da ville settecentesche. Al culmine del capo di Santa Chiara si trova un punto panoramico a picco sul mare dominato da due edifici del primo Novecento in stile medioevale, il castello Casareto e il castello Türcke, quest'ultimo opera del Coppedè.[15][78]
Dopo la rettifica dei confini amministrativi, negli anni sessanta del Novecento, la via costituisce il limite tra Albaro e Sturla.
Altre crêuze storiche sono via Riboli, al limite di ponente del quartiere, dove nel 1980 le Brigate Rosse assassinarono il colonnello dei carabinieri Emanuele Tuttobene con il suo autista l'appuntato Antonino Casu[79], via San Vito, via Puggia, via Padre Giovanni Semeria (già via Montallegro), via Lavinia, nella zona di San Nazaro, via San Giuliano, via Capellini e via delle Castagne, nella zona di San Giuliano, e più a levante, l'asse formato da via Panigalli e via San Luca d'Albaro, che prende il nome da una storica chiesa oggi scomparsa.
Le quattro "unità urbanistiche" che formano la ex circoscrizione di San Francesco d'Albaro avevano complessivamente al 31 dicembre 2013 una popolazione di 28.963 abitanti.[80] Nel Cinquecento, il Giustiniani conta 144 case, delle quali solo 46 di contadini residenti, e le restanti appartenenti a ricchi cittadini. La crescita degli insediamenti patrizi, con la costruzione di grandi ville, nel tempo fece da volano per l'insediamento di nuovi residenti, anche se la presenza stessa delle ville con i loro fondi non consentì il formarsi di consistenti nuclei urbani. Il censimento del 1861 registra 5.556 abitanti, in costante aumento alle rilevazioni successive.
Con l'applicazione del piano regolatore del 1906[10] ha inizio una fase di espansione edilizia che porta ad un ulteriore incremento della popolazione che raggiunge progressivamente il suo massimo storico nel 1961, con 59.413 abitanti.
Dopo la rettifica dei confini amministrativi (come accennato le modifiche più consistenti furono il passaggio dell'area nella piana del Bisagno, compresa tra Borgo Pila e piazza Tommaseo, al quartiere delle Foce e del borgo di Vernazzola a Sturla - Quarto dei Mille), nel 1971 i residenti risultano 41.529. Inizia da allora un costante decremento, più accentuato negli anni settanta e ottanta, quando risulta superiore a quello medio del comune di Genova nel suo complesso, fino al censimento del 2001 che registra 30.304 abitanti, valore stabilizzato, sia pur con un lieve ulteriore calo, fino ad oggi.
Albaro è il quartiere di Genova con la più alta percentuale di laureati (29,8% della popolazione) ed il minore tasso di disoccupazione, mentre l'età media risultava, nel 2008, di 48,5 anni, di poco superiore a quella cittadina.[11] Su questi ultimi fattori incide la destinazione del quartiere a residenza di classi benestanti, e come tale è percepito sia dai residenti che dal resto dei genovesi.
«C'è qui un sospiro per quelli che mi amano / Un sorriso per quelli che mi odiano, / E, sotto qualunque cielo io vada, / C'è qui un cuore pronto ad ogni destino.[65]»
Byron lasciò Genova nel luglio del 1823, quando si imbarcò per unirsi ai patrioti greci insorti contro la dominazione turca, abbandonando anche Teresa, con la quale nel frattempo il rapporto si era logorato, e che non rivide mai più.[82] Del suo soggiorno genovese rimangono alcune lettere scritte agli amici e al suo editore, senza però alcun accenno a Genova ed ai luoghi in cui visse in quei mesi, con la mente rivolta quasi esclusivamente all'organizzazione di quel suo ultimo viaggio.[83]
Giuseppe Cesare Abba, nel suo libretto "Noterelle", scrisse:
Il quartiere, oltre a diverse scuole primarie e secondarie di primo grado, pubbliche (tra cui la scuola Diaz nota per i fatti del G8 di Genova) e private, ospita il conservatorio, intitolato a Niccolò Paganini e due sedi dell'Università di Genova, la Scuola Politecnica e il complesso di Valletta Puggia.
Il borgo di Boccadasse, celebre frazione di Albaro, è compreso tra l'estremità orientale di corso Italia e il Capo di Santa Chiara; con le sue case dalle tinte pastello, addossate le une alle altre e strette attorno ad una piccola baia, anche se ormai circondato dal contesto cittadino, si è conservato pressoché immutato nel tempo, circostanza che ne ha fatto una delle più conosciute attrattive turistiche genovesi.[15][88] Il borgo, fondato secondo una leggenda da naufraghi francesi intorno all'anno mille, per la struttura delle abitazioni, l'uso dei materiali, le tecniche costruttive e le scelte dei colori rappresenta un tipico esempio dell'edilizia tradizionale dei borghi marinari liguri.[89]
L'aspetto paesaggistico del tratto di litorale compreso tra la chiesa di Sant'Antonio e il capo di Santa Chiara, caratterizzato da lunghi filari di scogli che si protendono nel mare dalla base dei promontori rocciosi, insieme con il grande valore storico dell'insediamento abitativo, fa di questo borgo uno dei luoghi più significativi della costa ligure.[89]
Boccadasse e la vicina Vernazzola (Sturla) erano gli unici nuclei urbani compatti nella zona di Albaro e gli unici insediamenti in riva al mare; il borgo è sempre stato parte integrante del territorio di San Francesco d'Albaro, da cui dipendeva amministrativamente, sia come comune che come parrocchia.
Inizialmente la Via Aurelia, usata dal Medioevo sino all'epoca napoleonica, evitava la zona a mare passando per il colle di San Martino da dove scendeva a Sturla, tagliando completamente fuori la fascia costiera di Albaro, raggiungibile solo con strette crêuze che scendevano verso il mare. Con la rivoluzione viaria ottocentesca fu aperta la "strada Principale" o "strada Regia di Toscana", prosecuzione verso Genova della nuova via Aurelia, che nel 1808 aveva raggiunto Nervi da levante. La nuova strada, perpendicolare alle antiche crêuze, corrispondente alle attuali vie Albaro, Bocchella e Pisa, poneva fine all'isolamento della zona.[4]
Un aspetto curioso della toponomastica delle antiche strade di Albaro sono i nomi ispirati all'antica mitologia greca e romana, in molti casi ancora esistenti come, per citarne alcuni, via Aurora, via Flora, via Lavinia e piazza Nettuno (la piazzetta del borgo di Boccadasse); altri nel tempo hanno cambiato denominazione, come via Olimpo (oggi via Francesco Pozzo) e via Minerva (corso Buenos Aires).[90] Questi nomi furono attribuiti per volere dell'ultimo sindaco di San Francesco d'Albaro, appassionato cultore del mondo classico, poco prima dell'annessione del comune a Genova, nella seconda metà dell'Ottocento.[4]
Oggi diverse strade attraversano il quartiere sulla direttrice ponente-levante, anche se la principale arteria di attraversamento in questa direzione è costituita da corso Europa, che scorre più a monte, nel quartiere di San Martino. I principali percorsi urbani che interessano il quartiere, oltre all'antica "strada Principale", sono quelli dell'urbanizzazione del primo Novecento: corso Italia e l'asse intermedio formato dalle vie Rosselli, Righetti, Gobetti e De Gaspari.
I caselli autostradali più vicini sono quelli di Genova Est e Genova Nervi, sull'autostrada A12, entrambi a circa 6 km da Albaro.
Albaro si trova a 2 km dalla stazione di Genova Brignole. Per i collegamenti locali con gli altri quartieri cittadini e i vari centri della riviera di Levante può essere utilizzata anche la Stazione di Genova Sturla, sulla linea Genova - Pisa, anch'essa a 2 km dal centro di Albaro, nella quale fermano esclusivamente treni regionali e metropolitani.
Albaro è collegato con il centro di Genova e gli altri quartieri del levante da diverse linee di autobus urbani dell'AMT (linee 15, 31, 36, 42, 43 e 45, serali 606, 607 e 641, notturna N2).
La squadra di calcio del quartiere è l'Athletic Club Albaro, che milita nel campionato di Eccellenza Liguria. La società ha recuperato nel 2020 la denominazione nata nel 1983 tra due società della zona, l'U.S. Albaro e l'Athletic Club Pio X[94]. La società è impegnata soprattutto nella promozione dell'attività giovanile, con 400 atleti tesserati e l'organizzazione di tornei rivolti ai più piccoli. Sia la squadra maggiore che le molte squadre giovanili disputano le loro partite su vari campi siti nella vicina Quarto.[95]
Presso le piscine di Albaro ha sede la società sportiva Nuotatori Genovesi, fondata nel 1973 ed attiva per oltre dieci anni nella piscina del Nuovo Lido. Dal 1985 per un lungo periodo non ha svolto attività agonistica, iniziando nuovamente dal 2006, con la riapertura delle piscine.[96][97]
Dal 2013 Albaro è rappresentata nella pallanuoto dalla squadra Albaro Nervi che ha preso il posto della Sportiva Nervi, fallita nell'ottobre di quell'anno. Dopo due stagioni in serie A1, dal 2016 la squadra maschile milita nella serie B, quella femminile milita anch'essa in B. La società disputa le partite interne nello Stadio del Nuoto di Albaro fino al 2016. Dopo la retrocessione in Serie B, la squadra utilizza il Crocera Stadium a Sampierdarena.
Nel 1955 e nel 1956 Albaro è stata sede di arrivo di tappa del Giro d'Italia, in entrambe le occasioni si trattava di frazioni a cronometro per squadre.
Ha sede nel quartiere il Park Tennis Club, nato nel 1929.
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