Olimpo
montagna della Grecia Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Il Monte Olimpo (in greco antico: Ὄλυμπος?) è, con i suoi 2917,727 m[1], la montagna più alta della Grecia. È situato nella parte settentrionale del paese, tra la Tessaglia e la Macedonia, non lontano dal mare Egeo. Nel 1938 è diventato sede del parco nazionale del Monte Olimpo.
Olimpo | |
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Monte Olimpo, la vetta Mytikas | |
Stato | Grecia |
Altezza | 2 917,727 m s.l.m. |
Prominenza | 2 355 m |
Isolamento | 254 km |
Coordinate | 40°03′36″N 22°21′00″E |
Data prima ascensione | 1913 |
Autore/i prima ascensione | Christos Kakkalos Frédéric Boissonas Daniel Baud-Bovy |
Mappa di localizzazione | |
Nella mitologia greca, la vetta del monte (perennemente circondata da nubi bianche) era considerata la casa degli dei olimpi, ed era dunque ritenuto impossibile raggiungerla senza il permesso degli dei stessi.
Il nome Όλυμπος (olympos) non ha origine certa. È stata accostata a termini greci come ollumi (tagliare, radere, distruggere), oloos (distruttore), oulē (intaglio), mentre il suffisso -mpos, è attestato in diversi linguaggi indoeuropei nella formazione degli aggettivi con significato di posizione. Queste tesi tenderebbero a concepire la parola olympos come "impedimento", "ostacolo", "barriera", e infatti dagli antichi l'Olimpo era considerato una frontiera che separava la Tessaglia dalla Macedonia.
Un'altra etimologia si avvale di parole più prettamente indoeuropee come le radici *wel- ("girare") e *ombh- ("rotondità", ma anche "sommità"). Il senso quindi potrebbe essere "dalla cima circondata", con riferimento alle nubi che ne nascondevano spesso la cima. Secondo altri, invece, "cima circondata dalla neve", e da qui il concetto di "Olimpo luminoso", per il consueto bagliore delle nevi.
Il clima dell'Olimpo varia a seconda della stagione e dell'altitudine. Sulle basse pendici è tipicamente mediterraneo, con estati calde e secche e inverni miti ma abbastanza piovosi. Nella zona di media montagna l'estate è fresca e piuttosto secca. Piove spesso in primavera e in autunno, mentre l'inverno è abbastanza rigido e freddo, con frequenti nevicate.
Nella zona alta, sopra i 2000 m, le estati sono brevi, con piogge frequenti. Pioggia e freddo prevalgono in primavera e autunno, mentre l'inverno è estremamente pesante e lungo, con frequenti nevicate.
La prima ascensione del Monte Olimpo avvenne il 2 agosto 1913 ad opera del greco Christos Kakkalos e degli svizzeri Frédéric Boissonas e Daniel Baud-Bovy.
La via normale di accesso alla Cima Mitikas risale il versante orientale della montagna. Le almeno 13 ore di percorrenza fanno tipicamente prevedere uno svolgimento di minimo 2 giorni con pernottamento in quota. Parte dalla località Prionia a 1100 m s.l.m., raggiungibile in auto dalla città di Litochoro, dalla quale si raggiunge il rifugio Spilios Agapitos a 2100 m s.l.m.. Dal rifugio si raggiunge la Cima Skala a 2866 m s.l.m., terza vetta della Grecia e punto di arrivo per la maggior parte degli escursionisti. L'itinerario prosegue poi verso nord per la Cresta Kakoskala diventando alpinistico, le difficoltà aumentano e la forte esposizione al vuoto richiede di procedere legati in sicurezza mediante tecniche alpinistiche, fino alla celebre Cima Mitikas, vetta più alta della Grecia, posta a quota 2917 m s.l.m..
Un'ipotesi sul perché l'Olimpo sia stato considerato sede degli dèi della Grecia è presente nel Trattato fisico-storico dell'Aurora Boreale, ponderoso lavoro dell'astronomo e géomètre francese Jean Jacques Dortous de Mairan, discepolo "eretico" del padre Malebranche, nonché successore di Bernard le Bovier de Fontenelle come segretario dell'Accademia delle Scienze di Parigi.
Dal 1716, per oltre un decennio, nei cieli europei fu ben visibile il fenomeno dell'aurora boreale. A esso Fontenelle riservò per cinque anni consecutivi l'apertura dell'Annuario dell'Accademia parigina delle Scienze, sottolineando tra l'altro come il fenomeno potesse chiarire anche una serie di credenze popolari:
«Quei combattimenti che alcune storie riportano esser stati visti in cielo, quei soldati, quei carri, quelle lance infocate potrebbero benissimo non essere altro che questo tipo di fenomeni raccontati a partire da testimonianze popolari o abbelliti dagli storici.»
Ancora nel 1726 Fontenelle e l'Histoire de l'académie royale des sciences tornarono ad occuparsi del fenomeno in questi termini:
«La luce settentrionale che era stata così rara, almeno per noi, in tutto il secolo precedente, e nel cominciamento di questo, non è mancata di apparire tutti gli anni a partire dal 1716 e sia perché essa diventava comune, senza alcun mutamento considerevole, sia perché pareva indebolirsi, l'Accademia non ne ha quasi più parlato nei suoi ultimi volumi. Ma questo fenomeno, di cui si attendeva l'intera cessazione, è riapparso quest'anno con più splendore, forza e durata come mai prima d'ora, e con alcune circostanze del tutto nuove: è stato il più bello spettacolo che il Teatro del Cielo ci abbia mai donato e, se non fosse stato preparato da dieci anni a questa parte con scene meno brillanti, la sorpresa dei fisici e il terrore del popolo avrebbero raggiunto il culmine»
«Il sig. De Mairan e il sig. Godin hanno fornito ciascuno una descrizione esatta di questa magnifica rappresentazione della notte dal 19 al 20 ottobre. Un grande arco, o piuttosto un grande segmento di cerchio oscuro, attraverso il quale tuttavia si vedevano talora le stelle, posato sull'orizzonte dal lato nord, era la base, e come il deposito della luce, da cui nasceva una zona concentrica luminosa e da cui si slanciavano delle colonne verticali, della chiarità ordinaria in questo fenomeno. Ma in più esse si slanciavano da quasi tutta la circonferenza dell'orizzonte, anche dalla zona quasi in prossimità del mezzogiorno, con un'estensione che esse non hanno l'abitudine di occupare e, ciò che è anche più singolare, tali colonne si elevavano vicinissime allo Zenit, pur senza raggiungerlo, e tutte lasciavano uno spazio circolare vuoto verso lo Zenit in cui non penetravano, di modo che, succedendosi rapidamente le une alle altre, facevano un effetto pressoché continuo e sembrava che tutto il cielo fosse una volta sostenuta o formata da archi circolari luminosi che tendevano tutti al centro, ma per fermarsi in prossimità, facendogli corona. Era come se fosse l'apertura della cupola di un Duomo. Il fenomeno, iniziato prima delle otto di sera, durò diverse ore con questa grande forza e alcuni osservatori hanno sostenuto che non era dissolto neppure al nascere del giorno.»
Per Mairan è proprio l'aurora boreale, vista incombere dai greci pre-omerici sulle pendici della catena montuosa dell'Olimpo, ad aver determinato la nascita del mito che ivi localizza la sede degli dèi.
La luminosità a cui l'Olimpo dovrebbe il suo nome non è il consueto bagliore delle nevi inondate dal sole, o lo splendore di una cima che emerga improvvisa al di sopra delle nubi, ma la più sorprendente e fantastica luce che l'aurora boreale accende nel cuore della notte.
Il monte Olimpo, accompagnato dal motto FIDES, venne usato come impresa dal duca di Mantova Federico II Gonzaga[2].
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