Robert Alexander Schumann (1810 – 1856), compositore, pianista e critico musicale tedesco.
[A Clara Wieck sul contrasto con Friedrick Wieck] Ci siamo lasciati trattare troppo borghesamente; dobbiamo comportarci molto più genialmente.[1]
Ci sono i valzer della testa, i valzer dei piedi e i valzer dei cuori. I primi vengono scritti sbadigliando, in camicia da notte, quando in strada sfrecciano le carrozze dirette ad un ballo e nessuno si ferma a raccoglierti. Ne risulta qualcosa in Do o in Fa maggiore. I secondi sono quelli di Strauss, in cui tutto ondeggia e salta (riccioli, occhi, labbra, braccia, piedi). Lo spettatore viene trascinato fra i ballerini, i suonatori sono allegri... Le loro tonalità sono in Re maggiore e La maggiore. La terza classe è rappresentata dai sognatori in Re diesis e La diesis maggiore, il cui padre sembra essere il valzer dello struggimento, i fiori serali e le figure crepuscolari, i ricordi della giovinezza amata e di tante altre cose... (citato in Roberto Iovino, Gli Strauss, Una dinastia a tempo di valzer, Camunia, 1998)
[Se lo Zar di Russia sapesse] Come nelle opere di Chopin, nelle semplici melodie delle sue marzurke, lo minacci un pericoloso nemico, egli ne proibirebbe la musica. Le opere di Chopin sono cannoni sepolti sotto i fiori.[1]
Grazie, diletta, di aver pensato a me e di avermi scritto nel giorno del mio compleanno. Oh, s'io potessi rivedere te e i bambini. La strada è troppo lunga, lo sai... È un sogno pensare che un anno fa noi eravamo insieme in Olanda... (da una lettera a Clara Wieck; citato in Giulio Confalonieri, Storia della musica)
Domenica di Pasqua; di sera ho ascoltato Paganini. Che estasi! Nelle sue mani gli esercizi più aridi si impongono come affermazioni vigorose.[2]
[...] io sempre ho cercato, in tutte le mie composizioni, di lumeggiare non soltanto una forma musicale ma anche un'idea. (da una lettera a Liszt; citato in Giulio Confalonieri, Storia della musica)
Il carattere profondamente combinatorio, poetico e umoristico della musica moderna ha la sua origine soprattutto in Bach.[1]
[Rispondendo a chi lo consigliava di prendere a modello i classici] In che modo osate voi farmi un sermone di quelli che si tengono ai principianti? Io ho ben studiato Gluck e Händel e Bach. E che perciò? Come se non vi fosse se non una forma o due, a cui dovessero piegarsi tutte le creazioni dello spirito! Come se ogni pensiero non portasse in sé, nascendo, la forma propria! Come se ogni opera d'arte non avesse contenuto e disposizioni particolari![3]
Inconsciamente, accanto alla fantasia musicale agisce spesso un'idea, accanto all'orecchio l'occhio, l'organo sempre attivo, fra un suono e l'altro trattiene saldamente certi contorni che col procedere della musica possono prenedere consistenza e svilupparsi in chiare forme.[1]
L'oblio di se stessi è la somma poesia; la consapevolezza la somma prosa – portati agli estremi si toccano spesso nel genio.[1]
Mi sento proprio nel mio elemento con un'orchestra completa... anche se i miei mortali nemici fossero... davanti a me, riuscirei a dominarli, tenerli a freno, circondarli o scacciarli.[4]
Può esistere, per un uomo, una visione più amara di quella d'un avvenire infelice, piatto e senza orizzonte che egli stesso si sia edificato? (da una lettera alla madre del 1830)[5]
Quando Liszt è entrato, è stato accolto dal pubblico con una manifestazione commovente. Il demone non ha rivelato subito tutte le sue forze. Dapprima ha giocato con leggerezza coi suoi ascoltatori. Ma, col passare dei minuti, la sua arte magistrale diveniva più profonda e infine ha soggiocato il pubblico. La forza misteriosa con la quale riesce a commuoverci, oltre a Liszt, la possiede solamente Paganini. (citato in Historia, p. 8o, n. 13 dicembre 1958, Cino Del Duca Editore)
Se egli (il musicista) ha davanti a sé un'immagine, un'idea, potrà mettersi felicemente al lavoro solo quando questa gli apparirà sotto forma di belle melodie, portata dalle stesse mani invisibili che recano i "secchi d'oro" di cui parla Goethe da qualche parte.[1]
[Sui quartetti di Beethoven] Si trovano... al limite estremo di tutto ciò che è stato raggiunto finora dall'arte e dalla fantasia umana.[6]
Suonate sempre con l'anima; sono le leggi della morale quelle che reggono l'arte; senza entusiasmo non si compie nulla di grande. (citato in Giulio Confalonieri, Storia della musica)
Tutto ciò che ha giovinezza, quindi futuro, troverà rispondenza nel mondo e vi echeggerà. (da una lettera del 18 agosto 1834 al dott. Töpken)[1]
A tutti è noto che Roberto Schumann, il celeberrimo autore di tanti capolavori musicali, [...], morì non ancora cinquantenne, nel 1858[7], in un Manicomio privato. Il suo "caso" è tra quelli che Cesare Lombroso cita in appoggio della teoria sulla natura degenerativa del genio: Schumann è da lui messo fra i genii alienati[8]. E in verità, sullo Schumann pesava una forte ereditarietà morbosa. Suo padre era stato affetto da melancolia periodica durante molti anni, e poi era morto di una malattia nervosa da esaurimento con tutti i caratteri di una demenza senile (o paralitica?); sua madre era stata una fantastica, sentimentale e violenta; una sua sorella s'era spenta giovanissima in uno stato di follia dolce e tranquilla (forse una demenza precoce); altri suoi fratelli e sorelle erano scomparsi in giovane età per morte prematura. Roberto era pertanto dotato di un temperamento nervosissimo: egli si dimostrò durante tutta la vita un vero disequilibrato, passando intermittentemente per fasi spiccate e intense di tristezza indicibile, con melancolia, pianti e lamenti, fobie di vario genere, presentimenti di sventura e di morte, tendenza alla disperazione e al suicidio, e per fasi meno evidenti di esaltazione con ottimismo, risa convulse, tendenze passionali, erotismo. Le sue opere furono quasi sempre scritte nei periodi di calma o, quanto meno, di semplice depressione: poche lo furono nei periodi di eccitamento. (Enrico Morselli)
Il più grande musicista tedesco, durante il periodo romantico, fu Roberto Schumann; se per grandezza, in arte, bisogna intendere il maggior grado di personalità nell'attività dello spirito a produrre del suo. (Guido Pannain)
La musica di Schumann deve evocare uno stato d'animo poetico anche nell'ascoltatore. A Schumann interessava straordinariamente sapere se i contenuti evocati dall'ascolto della musica corrispondessero a quelli del compositore; in tal caso la sintonia delle anime a cui aspiravano i romantici sarebbe divenuta realtà. (Arnfried Edler)
Le opere minori di Schumann mi piacciono per la loro originalità e la loro ricchezza di sentimento, ma la sua mancanza di grandezza formale mi impedisce un pieno godimento. (Albert Einstein)
Poetico, per Schumann, è ciò che non è afferrabile razionalmente, che è difficile da catturare in base alla faccia esterna dell'opera; in fondo non è una "qualità" dell'opera, bensì uno stato d'animo, un'esperienza emotiva, sia del creatore sia del fruitore, originata dalla musica quale mediatrice. (Arnfried Edler)
Roberto Schumann, non soltanto fu più volte alienato di mente, ma venne alla fine anche colpito dalla terribile paralisi progressiva. Ebbe nel 1852 due attacchi congestizii cerebrali, con convulsioni, uno nel giugno ed uno nell'ottobre; e ne rimase indebolito di forze, pieno di dolori, con impaccio della parola, in preda ad allucinazioni uditive "meravigliose" com'egli stesso le designò. Attraversò in seguito periodi di remissione e periodi di peggioramento: diventò sempre più allucinato, debole, disartrico, angosciato, insonne: ebbe visioni straordinarie e udizioni musicali (allucinatorie) sorprendenti; cadde anche in crisi violentissime di sconforto ansioso, con delirio melanconico di colpa e rimorso, e in una di esse andò la mattina del 27 febbraio 1854 a buttarsi nel Reno per annegarsi. (Enrico Morselli)
Schumann è lo sforzo della concentrazione; il capolavoro dell'angoscia; l'angoscia del dubbio, pensosa di sé medesima, cupa, tetra, pesante, soffocante. È un carbone che si spegne senza diventare diamante. La musica di Schumann è la pazzia di Amleto. (Giuseppe Vannicola)
Schumann rappresenta il predominio dell'espressività, della fantasia sul rigore della forma; in Brahms la forma domina sulla fantasia e sull' espressione; solo in Beethoven c'è l'equilibrio perfetto. (Gianluca Cascioli)
L'eccesso passionale di Schumann, volendo tutto comprendere, alcune volte finisce con l'ignorarsi.
Mendelssohn e Schumann aggiungono pietre, arricchiscono di opere difensive il castello che Schubert aveva incominciato a costruire, quasi giocando; che Liszt era andato avanti a munire, spinto dalla sua natura di virtuoso e dalla sua natura di profeta; che Chopin aveva scelto a dimora per poter sorprendere, da quel recesso, l'esistenza occulta degli atomi spirituali, e, col loro nobile impegno, con la loro sterminata passione, col rinascente orgoglio nazionale e sociale, pervengono ad individuare, in maniera sempre più decisa e forte, la figura della nuova musica nordeuropea.
Robert Schumann [...] fu una natura estremamente complessa, portata con eguale ardore agli atti del puro intuito estetico e agli atti della lunga introspezione, della astratta e disinteressata meditazione. La pazzia che lo colse negli ultimi anni e lo condusse alla morte in età ancora giovane, ebbe forse antecedenti lontani, in quel suo vivere in continui dissidi interiori, perpetuamente combattuto fra tesi e decisioni opposte, fra l'attrazione della musica e l'attrazione della letteratura, fra l'entusiasmo e lo scetticismo, fra gli slanci più appassionati e il più violento sarcasmo.
Schumann, assai meno ricco di senso cosmico ed elementare, giuoca il pericoloso giuoco di accostare alla fiamma le materie incendiarie. Lo fa perché il suo destino è di punire una sua istintiva dolcezza; è di resistere alla ghiandola, un po' oziosa e inconcludente delle sue fantasticherie, dimostrandosi attivo; è di assumere una parte nella lotta per le vittorie spirituali. L'Icaro ottocentesco non possiede più l'ingenuità superba e la superba ignoranza dell'antico figlio di Dedalo; il volo è pieno di terrori e di ripiegamenti; la consapevolezza porge orecchio ai richiami della prudenza.
Appare manifesta la legittimità dell'antipatia che Schumann dimostra, in ogni occasione, per il comporre a programma. Si voglia o no, un programma qualunque è pur sempre, in quanto l'artista debba seguirlo, un binario e quindi un vincolo e una costrizione alla fantasia, con patente violazione della incondizionata libertà che le spetta.
Per ciò che è il suo proprio metodo come compositore, Schumann medesimo dichiara di comporre ciascuna pagina in piena libertà di spirito e di fantasia e dopo – soltanto dopo – pensar a trovarle un titolo[9].
Scioltezza e spontaneità di fantasia costituiscono [...] per Schumann il requisito primo di ogni buon compositore. Nulla, assolutamente nulla deve intralciarne o piegarne il cammino; non preoccupazione di forme – estrinsecamente intese – meno che mai ossequio alla moda e alla probabilità del successo; come nulla deve forzarne il getto.
1 2 3 4 5 6 7 Citato in Arnfried Edler, Schumann e il suo tempo (Robert Schumann und Sein Zeit), traduzione di Laura Dallapiccola, E.D.T. Torino, 1991.
↑ Citato in AA.VV., Il libro della musica classica, traduzione di Anna Fontebuoni, Gribaudo, 2019, p. 146. ISBN 9788858022894
↑ Da una lettera del 22 settembre 1851 indirizzata a un tale, rimasto ignoto, che gli aveva mandato un libretto intitolato Beatrice; citato in Fernando Liuzzi, Estetica della musica. Studi e saggi, Società anonima editrice "La Voce", Firenze, 1924, cap. II, pp. 111-112.
↑ Citato in AA.VV., Il libro della musica classica, traduzione di Anna Fontebuoni, Gribaudo, 2019, p. 169. ISBN 9788858022894
↑ Citato in AA.VV., Il pianoforte di Schumann, Apollonio, 1969, p. 30.
↑ Citato in AA.VV., Il libro della musica classica, traduzione di Anna Fontebuoni, Gribaudo, 2019, p. 160. ISBN 9788858022894