Lo scopo delle lezioni che comincio oggi, vi è in parte già noto. Vorrei dare una risposta o, piuttosto, vorrei spingere voi, miei signori, a darla ai quesiti seguenti: qual è la missione dell'intellettuale? quale il suo rapporto sia con la totalità del genere umano che con i vari ceti sociali di esso? con quali strumenti egli può realizzare con la massima sicurezza la sua sublime missione?
Citazioni
- L'intellettuale è tale solo in quanto viene contrapposto agli altri uomini che intellettuali non sono. (p. 7)
- L'autocoscienza empirica, ossia la consapevolezza di una qualsivoglia determinazione presente in noi, non è possibile se non presupponendo un Non-Io. Questo Non-Io deve esercitare un'azione sulla capacità elettiva dell'uomo che noi chiamiamo sensibilità. L'uomo, dunque, in quanto è qualcosa, è un ente sensibile. (p. 12)
- L'Io puro si lascia rappresentare solo in negativo, come l'opposto del Non-Io che ha come carattere distintivo la molteplicità. Perciò l'Io puro viene inteso come una completa ed assoluta identità con se stesso, esso è sempre Uno e Identico e mai un'altra cosa. (p. 12)
- L'Io puro non può mai trovarsi in contraddizione con se stesso, giacché al suo interno non può esservi molteplicità, ed esso è sempre Uno e Identico. Ma l'Io empirico, determinabile e determinato per mezzo delle cose a lui esterne, può contraddirsi. (p. 13)
- All'Io empirico deve venir data una disposizione come se questa potesse valere in eterno. Potrei dunque – e vi accenno solo di sfuggita e con scopi asplicativi – esprimere il principio fondamentale della morale con la formula seguente: Agisci in modo da poter concepire la massima della tua volontà come una legge per te eterna. (p. 13)
- Il fine ultimo e sommo dell'uomo è la perfetta corrispondenza con se stesso e – affinché egli possa corrispondere a se stesso – la corrispondenza di tutte le cose a lui esterne con i concetti necessari e pratici di esse che egli porta in sé (ossia i concetti che determinano come le cose dovrebbero essere). (p. 16)
- Non è vero che ciò che ci rende felici è buono; al contrario: solo ciò che è buono ci rende felici. (p. 17)
- Lo scopo finale dell'uomo è di sottomettere a sé tutto ciò che è privo di ragione e di padroneggiarlo liberamente secondo la propria legge. Questo scopo finale è completamente irraggiungibile e deve restare eternamente irraggiungibile, altrimenti l'uomo cesserebbe di essere un uomo e diverrebbe un Dio. Fa parte del concetto stesso di uomo il fatto che il suo fine ultimo sia irraggiungibile, che il suo cammino in quella direzione sia senza fine. La destinazione dell'uomo non è dunque il raggiungimento di questo fine. Egli deve e, allo stesso tempo, può avvicinarsi sempre più a questo fine: e perciò l'infinito approssimarsi a questo fine costituisce la sua vera destinazione in quanto uomo, cioè in quanto ente razionale ma al tempo stesso finito, in quanto essere sensibile ma anche libero. (p. 17)
- L'uomo esiste per migliorarsi sempre più dal punto di vista morale e per rendere migliore tutto ciò che lo circonda: sia nella sfera della sensibilità, sia anche, se lo consideriamo nell'ambito della sensibilità. sia anche, se lo consideriamo nell'ambito della società, dal punto di vista etico e così facendo, per rendere se stesso sempre più felice. (p. 18)
- Chiamo società la relazione reciproca degli esseri razionali. (p. 22)
- La natura, quando agisce in modo teleologico, agisce secondo leggi necessarie. La ragione agisce invece secondo il modo delle libertà. (p. 26)
- L'istinto sociale appartiene dunque agli istinti fondamentali dell'uomo. L'uomo è destinato a vivere in società, egli deve vivere nella società; se vive isolato non è un uomo completo e compiuto, e contraddice a se stesso. (p. 28)
- L'uomo è destinato alla società; anche la socievolezza rientra nel novero di quelle capacità che egli deve perfezionare in sé per adempiere alla sua destinazione. (pp. 30-31)
- Noi siamo ancora al basso grado della semi-umanità, ovvero alla schiavitù. (p. 32)
- Libero è solo colui che vuole rendere libero tutto ciò che lo circonda e che effettivamente lo rende libero mediante un certo influsso del quale non sempre si percepisce la causa. (p. 32)
- Tutti gli individui che appartengono al genere umano sono diversi tra loro. Solo in una cosa sono completamente concordi, e questa è il loro fine ultimo, la perfezione. La perfezione è determinata soltanto in un unico modo; essa è sempre perfettamente uguale a se medesima. Qualora tutti gli uomini potessero diventare perfetti, qualora potessero raggiungere il loro sommo ed ultimo fine, allora sarebbero tutti perfettamente uguali. Essi sarebbero un Uno, un unico soggetto. (pp. 33-34)
- Il fine ultimo e sommo della società è dunque una completa unità ed unanimità fra tutti i suoi possibili membri. (p. 34)
- L'intellettuale è tale solo se considerato all'interno della società. (p. 37)
- Tutte le leggi della ragione sono fondate nell'essenza del nostro spirito. Ma esse arrivano alla coscienza empirica solo attraverso una esperienza a cui siano applicabili; e quanto più spesso vengono usate, tanto più intimamente essi si connettono con questa coscienza. (p. 39)
- La scelta di un ceto è una libera scelta, nessun uomo può quindi essere costretto a sceglierne uno, o a esserne escluso. Ogni singola azione, ed ogni disposizione generale che che si proponga una tale costrizione, è illegittima. (p. 49)
- Un certo ceto, l'ulteriore sviluppo di uno specifico talento, sono stati scelti per poter restituire alla società ciò che essa ha fatto per noi. È quindi obbligatorio per tutti utilizzare la propria cultura per contribuire in modo concreto al profitto della società. Nessuno ha il diritto di lavorare solo per la propria personale soddisfazione, di chiudersi nei confronti dei suoi simili e rendere la sua cultura inutile per essi. (p. 50)
- Con orgoglio sollevo il capo verso le minacciose catene montuose, verso le impetuose cascate e verso le nuvole in tumulto che nuotano in un mare di fiamme, e dico: io sono eterno, e sfido la vostra potenza! Io infrango qualunque ostacolo si frapponga alla prosecuzione del mio cammino, e tu terra, e tu cielo, e tutti i vostri elementi, frammischiatevi in un selvaggio tumulto, spumeggiate e smaniate; schiacciate pure in una lotta selvaggia l'ultimo atomo del corpo che chiamo mio; solo la mia volontà con il suo saldo progetto deve sollevarsi ardita e fredda sulle macerie del cosmo. Io, insomma, ho afferrato la mia destinazione ed essa dura quanto duro io: essa è eterna, e come lei eterno son'io! (p. 53)
- Nell'uomo esiste uno stimolo al sapere, e in particolare a ciò che gli torna utile. (p. 58)
- La vera destinazione del ceto intellettuale: il controllo supremo sul progresso effettivo del genere umano nel suo complesso, e il continuo promuovimento di questo progresso. (p. 62)
- Dal progresso delle scienze dipende in modo diretto il progresso complessivo del genere umano. Chi frena il primo frena anche il secondo. (p. 62)
Citazioni sull'opera
- L'aula più grande che vi fosse a Jena risultò troppo piccola, il corridoio e il cortile erano stipati, su banchi e tavoli gli uditori stavano letteralmente gli uni sugli altri. (da una lettera alla moglie del 26 maggio 1794; citato nell'introduzione, p. IX)
- La «missione del dotto» ovvero, sappiamo oramai, la funzione dell'intellettuale nella società, continuò insomma ad occupare Fichte sino alla fine della sua vita, e non soltanto in lezioni che avevano quell'argomento per tema specifico, ma anche, in filigrana, in altri suoi scritti. (Nicolao Merker)
- Le lezioni del 1811 Sulla missione del dotto teorizeranno che l'intellettuale vero, educatore dell'umanità, è una sorta di profeta. Soltanto lui è il detentore di una visione ideale del mondo riservata a pochissimi eletti, anzi addirittura religiosa perché ispirata loro da Dio. (Nicolao Merker)