Roger Garaudy (1913 – 2012), scrittore e filosofo francese.
Karl Marx entra nella vita dell'uomo in un momento di crisi della storia.
Quando si iscrive come studente alla Università di Berlino, nell'autunno del 1835, non ha neppure vent'anni. La sua giovinezza, come quella di tutti gli uomini del suo tempo, è segnata dalla grande epopea della Rivoluzione francese, dal solco profondo che la sua influenza e le sue idee creano in tutta l'Europa.
Il padre, Hirschel Marx, era secondo il racconto di un familiare, un "vero francese del XVIII secolo, che sapeva a memoria Voltaire e Rousseau", e che poneva in Kant il principio della autonomia della persona umana e del diritto di tutti i membri di una nazione a partecipare alla gestione degli affari dello stato.
Citazioni
- A Berlino, sotto l'influenza del maestro Gans e dei compagni di corso, il giovane Karl Marx sperimenta ancora confusamente le lacerazioni di un mondo che sta per morire e le contraddizioni di un mondo che sta per nascere. In una serie di epigrammi, in cui bolla a fuoco l'oppressione e i borghesi filistei, il giovane studente Marx esalta il grande umanesimo di Goethe e di Schiller, e le sublimi figure di Wallenstein e di Faust. (p. 17)
- Per il giovane Marx, come per tutti i giovani hegeliani, la filosofia di Hegel era la promessa del compimento del segno faustiano di una "conoscenza divina". Attraverso il "sapere assoluto" l'io finito dell'uomo uguagliava il potere infinito di dio. (p. 20)
- Hegel considera Gesù più come l'uomo divenuto dio che come il dio divenuto uomo. Per lui la religione non è altro che "l'uomo che si eleva dal finito all'infinito". (p. 20)
- In un articolo giovanile, il compagno di Marx, Engels, scriveva: "Ci si domandava: Che cosa è Dio? E la filosofia tedesca ha risposto: è l'uomo". (p. 22)
- La natura esiste indipendentemente dalla coscienza: fuori dalla natura e dall'uomo non ci sono che rappresentazioni fantastiche e illusorie.
Il sistema hegeliano veniva così rovesciato: là dove Hegel dice "spirito" Feuerbach dice "materia"; dove Hegel dice "Dio" Feuerbach dice "uomo". Non è Dio che si aliena nell'uomo, è l'uomo che si aliena in Dio. (p. 27)
- L'essere è il soggetto, il pensiero il predicato: ciò significa che secondo Feuerbach l'idea è un riflesso del mondo e non il contrario.
L'effetto di questa dimostrazione, di questo rovesciamento fu incredibile nei giovani hegeliani. "Per un momento fummo tutti feuerbachiani," scrive Engels. (p. 27)
- [...] i giovani hegeliani e soprattutto Bruno Bauer e Karl Marx contrapponevano Hegel alla teologia cristiana: Feuerbach al contrario definisce la filosofia di Hegel come la teologia cristiana letta attraverso la dialettica, e mostrando la stretta affinità tra l'idealismo assoluto e la religione, scrive: "Se non si abbandona la filosofia di Hegel, non si abbandona la teologia." (p. 28)
- L'idea dominante in Feuerbach è l'idea di alienazione. (p. 28)
- Nella prospettiva dell'idealismo hegeliano il mondo materiale nella sua interezza è un' "alienazione" dello spirito. Per Feuerbach la trascendenza di Dio è un' "alienazione": "L'uomo proietta la sua essenza fuori di sé... l'opposizione del divino e dell'uomo è un'opposizione illusoria... tutte le caratteristiche dell'essere divino sono caratteristiche dell'esere umano." In una parola, non è Dio che ha creato l'uomo a sua immagine, ma è l'uomo che ha creato a sua immagine i suoi dei. (p. 29)
- Lo scopo di Feuerbach è di liberare l'uomo dalla religione, di realizzare l'unità dell'uomo con l'uomo. Ed è questo umanesimo che Feuerbach chiama comunismo: l'uomo scisso dalla religione ritroverà la sua unità nel comunismo. (p. 29)
- Il passo decisivo, che condurrà il giovane Marx alle soglie del marxismo, consisterà nel capire che la soppressione dell'alienazione, implicando la soppressione della proprietà privata, avrebbe potuto essere realizzata solo dal proletariato, con la sua lotta e con la sua rivoluzione. (p. 37)
- L'ambiente intellettuale nel quale Marx elabora la sua concezione del mondo è impregnato del pensiero fictiano. (p. 39)
- Nei Prolegomeni alla filosofia della storia del 1838, Von Cieszkowski elaborava una filosofia della prassi che assumeva da Fichte l'idea fondamentale che l'azione determina l'avvenire, opponendo all'essere, cioè al mondo presente, l'ideale che questo deve realizzare, cioè il Dover Essere.
La filosofia acquista così, con Von Cieszkowski, in forma utopica, il carattere di un'arma nell'ambito della lotta politica, anche se gli obiettivi sono ancora individuati secondo i principi del razionalismo borghese. La filosofia dell'azione di Von Cieszkowski esigeva che esse fossero applicate alla costruzione dell'avvenire. (p. 39)
- L'idea madre del sistema di Fichte è quella dell'uomo creatore, la concezione che l'uomo è ciò che egli stesso si fa. (p. 42)
- I Fondamenti della dottrina della scienza [Johann Gottlieb Fichte] ci insegnano che il fine della nostra esistenza è instaurare il regno del razionale, in noi e fuori noi, nella natura e nella società. (p. 46)
- Roger Garaudy, Karl Marx (Clefs pour Karl Marx), traduzione di Marilena Feldbauer, Casa Editrice Sonzogno, Milano 1974.