pilota automobilistico brasiliano (1960-1994) Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
Ayrton Senna da Silva (1960 – 1994), pilota automobilistico brasiliano.
Fate tutto sempre con molto Amore e molta Fede in Dio.[1]
Ho sempre avuto un contatto speciale con Dio. Lui mi ha sempre dato molto. È stato a Montecarlo, che ho avuto la prima esperienza diretta con Dio. È stata una cosa molto importante. A partire da questo primo contatto io sono riuscito a comprendere tutta una serie di cose e di fatti che mi erano toccati precedentemente e i cui contorni mi erano sfuggiti. È tutto molto soggettivo, nel campo della fede, e può anche essere discutibile. Io dico che ho sempre ottenuto tutto ciò che ho chiesto.[2]
I ricchi non possono vivere su un'isola circondata da un oceano di povertà. Noi respiriamo tutti la stessa aria. Bisogna dare a tutti una possibilità.[3]
Noi purtroppo siamo troppo piccoli per capire le Sue ragioni e i Suoi motivi, però tutto quello che succede in questo mondo di buono o di non buono è sotto il Suo controllo, sotto la Sua approvazione. L'importante è credere, avere la Fede e avere la Pace, e io questo ce l'ho.[5]
Non si tratta solo di tonicità o di massa muscolare, si tratta della potenza fisica che ricavi parlando al tuo corpo e alla tua mente... E lo si impara solo facendolo, credo. C'è qualcosa di speciale nel concentrarsi su se stessi, nel conoscere i propri limiti, capire la natura della propria forza, quali sono le proprie capacità, per cercare di arrivare ad essere una persona meno spigolosa.[6]
Pensi di avere un limite, così provi a toccare questo limite. Accade qualcosa. E Immediatamente riesci a correre un po' più forte, grazie al potere della tua mente, alla tua determinazione, al tuo istinto e grazie all'esperienza. Puoi volare molto in alto.[7]
Prima di tutto... Un buongiorno speciale al mio caro amicoAlain. Ci manchi Alain! [29 aprile 1994, prove libere del GP di San Marino][8]
Quando mi mancherà un centesimo di secondo rispetto al giorno prima pianterò tutto.[9]
Se Mansell è in giornata e ha l'auto giusta, è impossibile cercare di tenerlo dietro. Ti sorpasserà, anche sopra la testa, ma ti sorpasserà.[10]
Se una persona non ha più sogni, non ha più alcuna ragione di vivere. Sognare è necessario, anche se nel sogno va intravista la realtà. Per me è uno dei principi della vita.[8]
Sono drogato. Drogato di vittoria. In questo momento sono totalmente dipendente dal successo: corro, vinco e dunque vivo.[12]
Ah! Da quando Senna non corre più... | Ah! Da quando Baggio non gioca più... | Oh no, no! Da quando mi hai lasciato pure tu...| Non è più domenica! (Cesare Cremonini)
Aveva solo 34 anni quando è morto. Non c'è età, in realtà, per le dimensioni della leggenda che aveva già creato. La sua morte e le circostanze che l'hanno accompagnata – il mistero, i processi, il funerale – hanno moltiplicato la sua leggenda in modo esponenziale, conferendo alla sua vita un'aura da mitologia greca. In fondo era l'Achille del nostro sport. Sembrava che fosse sempre in guerra, con qualcosa o qualcuno. C'era una furia nella sua guida e un conflitto nella sua anima che rendevano Ayrton un concorrente assolutamente affascinante, che incuteva timore e soggezione. (Damon Hill)
Ayrton aveva grande talento e determinazione. Portava la macchina ai limiti, cercando di farle fare anche quello che non era in grado di fare. Una delle cose che più mi ossessiona è che venne da noi convinto che fossimo i migliori perché da tre anni lo eravamo. Ma la vettura del 1994, sfortunatamente, non fu una buona macchina. (Adrian Newey)
Ayrton era un'opera d'arte: non si può dipingere un'altra Gioconda. Non so se è stato il più forte di sempre, perché Schumacher per esempio ha vinto di più. Ma la gente ha sempre percepito la sua forza, il suo coraggio, l'intensità. Arrivava stremato al traguardo perché dava tutto, cosa che forse manca alla Formula 1 di oggi. Non si vergognava di far fatica: anche in questo è stato unico. (Emanuele Pirro)
Ayrton Senna è una leggenda incredibile che sarà ricordata e ammirata per sempre. Aveva la rara qualità della grandezza. (Lewis Hamilton)
C'erano molte persone che ammiravo come idoli. Ma se devo scegliere direi Ayrton Senna. Ho visto molti dei suoi video quando guidava a Montecarlo [...] con il cambio manuale, wow incredibile. Aveva una guida incredibile. Con il cambio sequenziale ok è un conto, ora cambi dal volante, ma con la leva era impressionante. (Yuki Tsunoda)
Di Senna ricordo la gentilezza e la sua semplicità che sembrava quasi timidezza, in netto contrasto con il Senna pilota, un combattente sempre determinato ad ottenere il massimo. Avevo sempre apprezzato il modo di correre di Ayrton. Come in tutti i grandi campioni anche in lui c'era sempre un'enorme voglia di vincere, non si stancava mai di inseguire la perfezione e cercava di migliorarsi continuamente, era straordinario in qualifica ma anche un gran combattente in gara, sempre con il coltello fra i denti. (Luca Cordero di Montezemolo)
Ci conoscevamo [...] da quando ci ritrovammo ospiti nello studio televisivo di un'emittente bolognese dove si scambiavano opinioni oltre che col conduttore, Nando Macchiavelli, anche al telefono con i telespettatori. Eravamo tre ospiti. Io ero... il più famoso, perché conducevo il "Processo del lunedì", lui (accompagnato dal suo fraterno e leale amico, il fotografo Angelo Orsi) era noto solo al pubblico degli appassionati e infatti non ricevette neanche una telefonata e se ne stette in disparte per tutta la puntata: il terzo era un bravo collega che si occupava del Bologna e che venne preso a (innocente) bersaglio da chi era arrabbiato per il fatto che la squadra fosse in Serie C. Alla fine della trasmissione Ayrton venne da me, e non avendo capito bene chi io fossi, mi chiese se poteva stringermi la mano. Orsi sghignazzando mi diede una pacca e mi disse (giustamente): "Fra poco tempo sarai tu a chiedergli l'autografo". Una scena surreale della quale in effetti, pochi anni dopo, io e Ayrton, campione del mondo, sorridemmo dietro le quinte della consegna dei "Caschi d'Oro". (Marino Bartoletti)
È stato il miglior pilota che sia mai vissuto. (Niki Lauda)
[Sulla sua morte] È stato un dispiacere. Però ha generato così tanta pubblicità… È stata un bene per la F.1. È un peccato che abbiamo dovuto perdere Ayrton perché questo dovesse succedere. Lui era famoso, ma molta gente che non lo conosceva ha cominciato a interessarsi della Formula 1 grazie alla pubblicità generata dalla sua morte. (Bernie Ecclestone)
È stato un "mentore", soprattutto dal punto di vista della professionalità, non solo per me. Ha dimostrato a tutti che si può continuare a lavorare duramente e senza porsi limiti anche quando si è già dotati di un talento incredibile, ha portato la professionalità ad un livello più alto. (Valtteri Bottas)
Era incredibile la sua meticolosità con gli ingegneri, mi ha insegnato davvero molto, aveva una grande etica. Esistevano comunque due Ayrton, uno dentro la vettura e un altro fuori da quest'ultima: il primo era focoso, spietato e concentrato. Il secondo gentile, buono e preciso. (David Coulthard)
Era una persona deliziosa e molto intelligente, ma dentro era anche molto ostinato. Sapeva esattamente cosa voleva e sapeva quello che il team avrebbe potuto fare per lui. Ayrton sapeva prendere il meglio da ognuno. Era una sua grande dote oltre ad essere un pilota davvero speciale in pista. (Frank Williams)
Io l'ho conosciuto nel 1982, quando ancora non era nessuno e girava in Formula Ford, una specie della nostra Formula 4 attuale, ma ancora più rustica. Ayrton correva in Inghilterra in quel periodo e il mio pilota di allora, Paolo Barilla [...] mi disse di andare a vedere questo ragazzo. Senna frequentava molto Parma perché, allora, era il centro del mondo per i kart. [...] Insomma, andai a vedere Ayrton Senna prima in Inghilterra e poi a Hockenheim in Germania e scoprii un ragazzo che aveva sei marce in più rispetto a tutti gli altri. Un talento abbagliante. A Hockenheim lo invitai a cena e gli offrii un contratto da professionista per correre con la Minardi, lui mi ringraziò tantissimo — ero il primo a fargli questo tipo di offerta — ma disse che aveva già pianificato tutto il suo futuro: doveva diventare campione di Formula 1 nel 1988. [«E infatti ha vinto proprio in quell'anno il suo primo titolo mondiale»] In seguito ci siamo sentiti e frequentati spesso. Non ho mai lavorato con lui come pilota, ma ho avuto momenti molto belli da consigliere: quasi da fratello maggiore. L'ultimo purtroppo è stato il sabato sera prima dell'incidente a Imola. Mi diceva sempre che, dopo la vittoria del quinto titolo mondiale — per pareggiare il record di allora di Fangio —, sarebbe venuto a correre da noi per far diventare grande la Minardi. (Gian Carlo Minardi)
L'unica persona che è riuscito ad abbinare l'essere uomo e l'essere pilota per me è stato Ayrton Senna e io l'ho ammirato moltissimo. Senna era un fenomeno sulla macchina, numero uno in assoluto, ed era anche molto bravo fuori dalla macchina, nel parlare, nel contatto con le persone. [...] È stato unico. Anche adesso ci sono ragazzi molto bravi come uomini, e altri invece molto bravi come piloti, ma la combinazione delle due cose è difficile da trovare. (Vincenzo Sospiri)
Mi sentii come se avessi lasciato la Formula 1 un'altra volta. Dopo non ho mai più visto il nostro sport nella stessa maniera. Fu qualcosa di enorme, di incredibile. Ci penso sovente. Sono passati tanti anni e mi accorgo che io e Ayrton manteniamo la stessa popolarità. Perché nelle nostre sfide abbiamo scritto alcune delle più belle pagine di questo sport. [...] È stata una perdita irreparabile, che fa ancora male. Non si può dimenticare. Adesso, a parte l'anniversario di questi giorni, si cerca di non parlarne molto. Ma il pensiero resta. (Alain Prost)
Non ho ancora visto un altro Ayrton. Probabilmente Michael Schumacher è stato uno di quelli che si è avvicinato di più a lui. Ma Schumacher guidava con la testa, Senna con il cuore. Schumacher è stato uno dei piloti più completi, Senna era più naturale. (Martin Brundle)
Pensateci un po': tutti noi ammiriamo e ci ricordiamo le imprese di Senna più per la sua ossessione della pole position che per le vittorie in corsa. Vi ricordate [...] quando Ayrton parlava con fervore mistico di come sentiva di aver raggiunto la perfezione nel giro di qualifica a Montecarlo 1988 dove era sempre più veloce, sempre più veloce, fino a sentirsi in un'altra dimensione e perdere il senso della realtà terrena? (Alberto Sabbatini)
Per me è stato il più grande di tutti i tempi. Da lui ho imparato due valori: la dedizione al lavoro e la voglia di vincere. (Alessandro Pier Guidi)
Prost si è bruciato il cervello a causa di Senna. Prima che la gara inizi, sa di essere battuto. (James Hunt)
Quello che viene chiesto ai piloti negli ultimi dieci anni è diverso rispetto agli anni '80. Uno come Senna non avrebbe vinto nulla nella F.1 moderna. Era molto veloce ma non aveva talento dal punto di vista tecnico e meccanico. (Nelson Piquet Jr.)
Sapeva passare in un lampo da persona gentile e premurosa ad un freddo calcolatore. Questo aspetto non l'ho mai capito. È stato un privilegio correre contro di lui, ma alla fine era solo uno dei tanti piloti da battere. (Martin Brundle)
Se devo essere sincero, pur essendo stato suo compagno di squadra alla Williams all'epoca, non posso dire di averne conosciuto l'uomo. Ho avuto la possibilità di lavorare un po' con lui, cosa che considero un privilegio molto prezioso. Posso dire che era spaventosamente veloce, ma lo sapevamo tutti. (Damon Hill)
Senna dice che crede in Dio... Probabilmente è tanto convinto da pensare di essere immortale, altrimenti non farebbe quello che fa. (Alain Prost)
Senna è stato un'ispirazione e, anche se sono passati 20 anni, il suo spirito sopravvive in tutti i piloti da corsa. (Valentino Rossi)
[Senna era] Troppo carico di emozioni. Questo era il suo limite: un grande talento portato a eccedere e di conseguenza a commettere errori. (Jackie Stewart)
Ayrton non aveva mezze misure. Non parlava con i preti o i vescovi. Aveva un colloquio con Dio.
Non poteva sopportare in nessuna maniera di essere battuto, in qualsiasi cosa, nello sport e nella vita. Voleva arrivare primo in macchina, fare lo scherzo più bello e spiritoso, conquistare le ragazze più carine.
[«Chi è il migliore (pilota) di tutti i tempi?»] Senna. È una domanda facile. Perché il connubio tra velocità, talento, strategia, professionalità, disciplina, personalità e charme erano uniche. In ognuna di queste era vicino alla perfezione.
C'è qualcosa che va oltre i tre titoli mondiali, le 41 vittorie, le 65 pole, quella straordinaria tensione agonistica che gli permise di vincere quando avrebbe dovuto perdere; di correre contro, ad ogni costo, quando avrebbe potuto e dovuto rispettare regole e avversari. C'è qualcosa che va oltre quella morte così brutale, teletrasmessa, inaccettabile, che lo portò via [...] dentro il fine settimana più drammatico e crudele mandato a memoria. C'è qualcosa che va oltre il suo volto di allora, «frizzato» per sempre, come accade quando un uomo, un personaggio, un simbolo, si trasforma in un eroe «giovane e bello» da celebrare all'infinito. Incontrare ancora oggi Ayrton Senna nelle nostre giornate, nei nostri ricordi, nella nostra passione, significa avere a che fare con un rapporto complesso, qualcosa che, certo, coinvolge chi segue le corse ma non soltanto; che ripristina le immagini ultime e drammatiche di una fine tragica ma non soltanto. Un pilota, un campione, ovviamente. Ma qui abbiamo avuto una persona che riuscì in modo suo soltanto a comunicare con altre persone. [...] Senna intese la sua carriera come una specie di missione. Un monaco da pista, perennemente dedicato a cercare una qualità alta del proprio fare. Era una bisogno primario per lui, l'unico modo, crediamo, per restituire ciò che aveva ricevuto in termini di talento e opportunità. [...] Senna vinceva, piangeva, litigava, ammetteva, parlava delle lacrime, dei propri sentimenti, esponeva un'anima spesso tormentata. Parlava di Dio, come se fosse a sua volta un compagno, un giudice. Ed era così consapevole dei propri sacrifici, da convincerlo per poi tirarlo dalla sua parte anche quando il suo punto di vista conteneva un diritto assai discutibile. [...] Questo abbiamo avuto e questo abbiamo. Uno straordinario compagno di viaggio. Il cui valore emerge e si rafforza talvolta quando ci accorgiamo di averlo perduto. Non importa compararlo ad altri grandi della velocità, non è sufficiente conteggiare imprese comunque memorabili. Nel dolore di quella morte improvvisa e inattesa c'è la fine di un'avventura preziosa e per molti versi unica.
[«Cosa lo ha reso così speciale?»] La sua umanità, oltre che il suo talento cristallino. Si dice che chiunque ricordi esattamente cosa stesse facendo nel momento in cui è morto Senna, proprio ad indicare quanto fosse speciale. La sua morte è stata una tragedia condivisa [...]. Anche i ragazzi, troppo giovani per averlo visto correre all'epoca, lo ammirano e lo conoscono, continuando a tramandarne la memoria: è come se avesse lasciato dei frammenti di anima che vengono raccolti quotidianamente.
Mi domando come mai Senna continui a muovere passioni e sentimenti. Una quantità enorme di persone prese a chiedere, ricordare, rivedere, immaginare, trattenendo nei pressi i tratti, i gesti, le parole di quel ragazzo brasiliano [...] rimasto intatto nella memoria collettiva. [...] Una delle ragioni che, a mio avviso, alimenta il mito Ayrton ha a che fare con una specie di investimento individuale. Un campione formidabile, un uomo preso dalle proprie inquietudini, capace di esporsi e parlare di se stesso, ombre e dubbi compresi. Abbastanza per avviare dialoghi personalissimi, persino intimi con un ascoltatore capace di intendere, di corrispondere. Uno specchio muto, certo, ma portatore di una gamma complessa di valori che riguardano il vivere di molti. Esistenze comunque misteriose, a cominciare dalla sua, con dentro la ricerca di un senso urgente. [...] Senna, così come qualche altra figura che abbiamo riconosciuto come speciale, stimolante, sensibile, diventa un riferimento elaborato dalla fantasia, un esempio, persino un amico al quale ispirarsi. Anche se poi pare difficile prendere spunto davvero, prendere slancio. Piuttosto, è possibile sfruttarlo, per così dire, come tramite, come un ambito comune per scambiare qualcosa che ci riguarda, parlando di ciò che riguardava lui.
Parlo di Ayrton [...] e per me è un piacere sempre ma anche una fatica. [...] Sto parlando di un'iradiddio. Di un ragazzino capace di sbaragliare ogni campo [...]. Dal primo test sulla Williams, al primo anno di Formula 1 con la Toleman, 1984, all'ultima corsa, dieci anni più tardi. [...] ho visto Senna fare qualcosa di dirompente, soprattutto sul bagnato. Roba che non aveva alcun bisogno di particolari erudizioni. Roba che faceva lui e nessun altro, bastava restare a bordo pista [...] per avvertire uno scarto, per misurare una meraviglia. Il talento, ecco, visto crudo, come qualcosa di magico e non definibile eppure evidente. È stato il traino di Ayrton, sempre. Abbinato ad una furia spaventosa. Ad un bisogno di emergere che proveniva dal profondo della sua anima, della sua testa, una specie di imperativo a monte di tutto. Ciò che gli permise di conquistare ma anche di sbagliare, di esagerare, di considerare inaccettabile ogni interferenza. Ho impiegato un po' a comprendere quell'uomo così complicato che stava dentro la tuta da pilota. Un uomo dotato di una determinazione essenziale, come se il battersi correndo fosse l'unica via possibile per liberare una natura. E, nel contempo, l'unico modo per rispondere alla parte di se stesso che pretendeva una eccellenza permanente. C'era una sofferenza dentro ogni gioia, c'era un patimento dentro ogni godimento. Sofferenza e patimento come pane quotidiano, come la vera benzina. [...] Di Senna conservo i gesti del trionfo ma soprattutto le sue pause. I silenzi, l'espressione assorta che non poteva celare mai. Da una parte la luce abbagliante emanata dal campione, dall'altra l'ombra scura, una persona simile ad altre, persino a me. Dunque un compagno diverso, speciale. Al punto da restare nei pressi anche nell'assenza fisica, per un tempo infinito. Lo ricordo, guardo i filmati, riascolto la sua voce e mi commuovo. Il motivo è semplice, alla fine: lì dentro c'è qualcosa che mi riguarda.
Credo che con la scomparsa di Senna la Formula 1 abbia perso definitivamente l'innocenza. Non dobbiamo dimenticare che fino a quel drammatico fine settimana di Imola erano 12 anni che non si moriva più al volante di una monoposto. Sembrava ormai che fosse stato lasciato alle spalle un periodo nerissimo, nel quale le tragedie in pista erano quasi all'ordine del giorno. Ecco, in quel maledetto weekend di Imola ci rendiamo improvvisamente conto di quanto fossero fragili le nostre certezze. Per questo sostengo che la tragedia di Senna rappresentò la fine di un'epopea. Perché molto probabilmente Ayrton, insieme con altri illustri colleghi di allora, da Prost a Piquet, da Mansell a Schumacher, è stato uno degli ultimi mohicani. Dopo di loro, la F.1 è cambiata completamente. Lo choc fu talmente violento che vennero rifatti i circuiti in una notte o poco più. Le macchine stesse furono oggetto di un ripensamento strutturale e filosofico assoluto. La cultura della sicurezza in F.1 nasce proprio in quei giorni. Nulla è stato più come prima.
Era un personaggio straordinario, ma come tutti gli esseri umani aveva anche quello che in Guerre stellari viene definito il lato oscuro della forza. La mossa che Senna fa a Suzuka nel 1990, quando il destino gli offre l'opportunità di rivalersi su Prost, dal quale lui pensava di essere deliberatamente ingannato un anno prima, è di una violenza inaudita. Un anno dopo, nel giorno della conquista del suo terzo titolo mondiale, confermò quello che già tutti sapevano. Ecco, Senna era un pilota con un'umanità fuori dal comune, ma aveva anche un lato B, certamente meno nobile, come tutti.
Io e Ayrton eravamo coetanei. Classe 1960, entrambi. All'anagrafe eravamo divisi da appena tre giorni. Diventammo amici tramite un bravissimo fotografo bolognese, Angelo Orsi. Lui, il mago del click, aveva conosciuto Senna quando ancora era un aspirante pilota sui kart. Orsi mi presentò il brasiliano a fine anni Ottanta. Ricordo ancora la sua frase: voi due siete fatti per essere complici. Era vero. Io ho un rimpianto enorme, che rimarrà con me fino alla fine. Quel sabato, il 30 aprile 1994, un incidente sulla pista di Imola aveva appena spezzato la vita di Roland Ratzenberger, il milite ignoto della Formula Uno, un austriaco sconosciuto. Senna era stato l'unico, tra i suoi colleghi, a precipitarsi sul luogo dello schianto. E volevano pure multarlo, per quel gesto di umana disperazione. Bene. Anzi, male. Mezz'ora dopo, dietro i box di Imola, incrociai Ayrton. Era sgomento. Con un cenno gli feci capire che desideravo scambiare due parole. Con uno sguardo, mi segnalò che no, non era il caso, meglio domani. Non esiste domani! L'1 maggio Senna morì contro il muro del Tamburello e certo quello era il suo destino e nulla sarebbe cambiato se anche ci fossimo fermati a conversare. Ma io ho la traccia di quel dolore che non passa, non è passato mai. Sapete, non accade spesso, nemmeno a un cronista fortunato come me. Non capita spesso, intendo, di poter raccontare le imprese di un campione che ha la tua età, ha i tuoi stessi slanci, ascolta le stesse canzoni, vede gli stessi film, partecipa alle stesse emozioni generazionali. Con Ayrton è stato così. Lui era un grandissimo, un asso del volante. Gli ho visto fare cose meravigliose in pista, a Pasqua del 1993 a Donington, in mezzo ad un diluvio apocalittico, vinse in modo fantastico. Eppure, non me ne frega niente. Mi frega che quella sera, uscendo dal circuito, ci incontrammo per caso per un attimo e mi disse: beh, tua figlia Elena neanche ha tre anni, raccontale la storia di questa gara così quando sarà più grande e io guiderò la tua Ferrari avrà un motivo in più per tifare per me... [...] E invece finì tutto quella domenica 1 maggio 1994 a Imola e due giorni dopo, martedì 3, facemmo l'ultimo viaggio insieme. Volo Varig da Parigi a San Paolo. Business class. Lui nella bara, sistemata lì, tra i passeggeri, avvolta nella bandiera verde e oro del Brasile che amava tanto. E io di fianco. Ci siamo parlati tutta la notte, Ayrton. Non mi crederà mai nessuno, eppure la sentivo ancora, la tua voce. La sento ancora, sai?
L'ostilità che Senna dimostrò a più riprese nei confronti di Schumacher, che all'epoca era un debuttante della F.1, la dice lunga sulle sensazioni che provava il pilota brasiliano. Senna aveva capito che quel tedesco lì l'avrebbe detronizzato presto o tardi. Poi, il caso. Il 1° maggio del 1994 era Schumacher l'unico avversario in pista di Senna, che morì quando era in testa alla corsa. Forse, un segno del destino.
Senna era un amico mio, una bellissima persona, ma pur di vincere avrebbe asfaltato sua mamma.
↑ Dai sottotitoli di un documentario su Senna andato in onda su Cielo; video disponibile su youtube.com.
↑ Citato in Nicola Andrea Scorsone (a cura di), Ayrton Senna, atletidicristo.org.
↑ Citato dalla sorella Viviane nel programma televisivo Record, 1° maggio 2004; video disponibile su youtube.com.
↑ Ccitato dalla sorella Viviane nel programma televisivo Record, 1° maggio 2004.
↑ Citato nel programma televisivo Sfide, 20 aprile 2003.
↑ Citato nel programma televisivo Record, 1º maggio 2004; video disponibile su youtube.com.
↑ Citato nel programma televisivo Record; video disponibile su youtube.com.
1 2 Citato nel programma televisivo Voyager, 2 giugno 2008.