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re di Croazia, duca d'Aosta e ammiraglio italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Aimone di Savoia, duca d'Aosta (nome completo Aimone Roberto Margherita Maria Giuseppe Torino di Savoia-Aosta; Torino, 9 marzo 1900 – Buenos Aires, 29 gennaio 1948), è stato un militare e ammiraglio italiano, membro della Casa Savoia, appartenente al ramo Savoia-Aosta.
Aimone di Savoia-Aosta | |
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Aimone di Savoia, duca d'Aosta, nel 1942 | |
IV Duca d'Aosta | |
In carica | 3 marzo 1942 - 29 gennaio 1948 |
Predecessore | Amedeo di Savoia-Aosta |
Successore | Amedeo di Savoia-Aosta |
Re di Croazia come Tomislavo II | |
In carica | 18 maggio 1941 - 12 ottobre 1943 |
Predecessore | titolo vacante Carlo IV (nel 1918) |
Successore | titolo abolito |
Nome completo | Aimone Roberto Margherita Maria Giuseppe Torino di Savoia-Aosta |
Altri titoli | Duca di Spoleto Principe del sangue |
Nascita | Torino, 9 marzo 1900 |
Morte | Buenos Aires, 29 gennaio 1948 |
Sepoltura | Cripta reale di Superga |
Casa reale | Casa Savoia |
Dinastia | Savoia-Aosta |
Padre | Emanuele Filiberto di Savoia-Aosta |
Madre | Elena d'Orléans |
Consorte | Irene di Grecia |
Figli | Amedeo |
Religione | Cattolicesimo |
Fu anche re di Croazia con il nome di Tomislavo II, senza però mai prendere possesso del trono.
Fratello minore di Amedeo di Savoia-Aosta, terzo duca d'Aosta, Aimone nacque a Torino il 9 marzo 1900 da Emanuele Filiberto, secondo duca d'Aosta, e da Elena di Borbone-Orléans. Suoi nonni erano il re di Spagna Amedeo I e la regina Maria Vittoria dal Pozzo della Cisterna, mentre suo bisnonno era il re d'Italia Vittorio Emanuele II.
Il 22 settembre 1904 ricevette il titolo di Duca di Spoleto.
Uscito il 27 aprile 1916 dall'Accademia Navale di Livorno con il grado di guardiamarina, Aimone divenne sottotenente di vascello l'anno successivo. Dal 1916 è imbarcato sulle Dante Alighieri, Andrea Doria e Vincenzo Giordano Orsini.
Impiegato come pilota dal marzo 1918 viene assegnato all'Isola di Sant'Andrea (Venezia) nella 251ª Squadriglia di idrovolanti dotata di Macchi L.3 negli ultimi mesi della prima guerra mondiale, dal 14 giugno ne diventa comandante e fu decorato con una croce di guerra, una Medaglia d'argento al Valor Militare e due di bronzo.
Nell'immediato dopoguerra, il 10 novembre 1918, venne promosso tenente di vascello continuando a volare.
Nel 1920-1921 è sulla Roma impegnata in Sud America e nel 1922-1923 sulla Sebastiano Caboto impegnata in Cina.
Dal 9 novembre 1925 diventa capitano di corvetta e dal 1926 al 1928 comanda il nuovissimo ct Quintino Sella.
Nel 1929, passato capitano di fregata il 19 luglio, vent'anni dopo suo zio Luigi Amedeo di Savoia-Aosta, Aimone organizza una spedizione geografica italiana sul Karakorum insieme ad Ardito Desio. Dopo il rientro è addetto allo stato maggiore della divisione speciale dell'ammiraglio Salvatore Denti Amari di Pirajno nel 1930-31 e contemporaneamente collabora alla pubblicazione dei risultati[1]. In seguito comanda il ct Bettino Ricasoli e la 4ª squadriglia (Ricasoli, Crispi, Sella e Nicotera) nel 1932-33. Successivamente si concentra su studi scientifici, poi nel febbraio 1933 viene trasferito al comando militare delle Isole Brioni e dal 1º marzo 1934 diventa capitano di vascello.
Il 24 dicembre 1935 Aimone arriva a Massaua ed assume il comando delle siluranti nel Mar Rosso.
Dal 1935 al 1936 comanda il Pantera, sede del comando del Gruppo Leggero, in Africa Orientale Italiana.
Contrammiraglio dall'8 novembre 1936, fu comandante della piazza di Pola dal 1937 al 1938.
Dall'ottobre 1938 al novembre 1939 promosso ammiraglio di divisione (anzianità 30 dicembre 1938), comandò la 4ª Divisione navale (incrociatori Da Barbiano, Di Giussano e Diaz) e dal 14 novembre 1939 fu promosso ammiraglio di squadra.
Nel 1936 Aimone di Savoia-Aosta inventa i barchini esplosivi M.T.M., mezzi d'assalto che verranno usati dagli incursori dei MAS.
Dal marzo 1940 al maggio 1941 diventa Comandante in capo del dipartimento marittimo dell'Alto Tirreno con sede a La Spezia.
Dopo l'entrata dell'Italia nella seconda guerra mondiale, nel febbraio 1942 fu posto al comando dell'ispettorato generale delle flottiglie MAS (Generalmas), con sede prima a Livorno e poi a Lerici, fino all'8 settembre 1943.
Il 1º luglio 1939, in Santa Maria del Fiore a Firenze, sposò la principessa Irene di Grecia, figlia del re Costantino I e della regina Sofia. Da questo matrimonio nacque un solo figlio, Amedeo, nato a Firenze il 27 settembre 1943.
L'idea di un italiano sul trono di una Croazia indipendente nacque il 9 marzo 1939 quando Galeazzo Ciano ricevette Giuseppe de Bombelles, un agente segreto al servizio di Ante Pavelić. Dopo aver lamentato lo stato pietoso nel quale i serbi tenevano i croati nell'ambito del Regno di Jugoslavia dei Karađorđević, de Bombelles suggerì come "ideale per la Croazia: un regno autonomo, con un principe italiano, o, in unione personale con il Re d'Italia".[2]
Intanto si parlava anche di proposte ed intese fra alti esponenti politici ungheresi ed italiani affinché Amedeo, il fratello di Aimone, cingesse la corona d'Ungheria, rimasta vacante dopo la sconfitta degli Asburgo al termine della prima guerra mondiale (reggente era l'ammiraglio Miklós Horthy; la morte di Amedeo nel 1942, però, fece sfumare il piano di mettere un Savoia sul trono di Budapest).
Intanto il ministro degli esteri Ciano stese un verbale composto da sei punti circa i piani riguardanti la Croazia:[3]
Il 26 marzo 1941, il Regno di Jugoslavia aveva aderito al patto tripartito, divenendo di fatto una nazione amica (e quindi non attaccabile) dell'Italia, ma il giorno seguente, il generale Dušan Simović realizzò a Belgrado un colpo di Stato che capovolgeva completamente la situazione: rinnegò l'alleanza con Italia e Germania, costituì un governo favorevole agli angloamericani e dichiarò maggiorenne il re Pietro II, sovrano sostenuto dai britannici. Per tutta risposta, il 6 aprile 1941 l'aviazione tedesca effettuò un pesantissimo bombardamento su Belgrado, cui fece seguito l'invasione del Regno di Jugoslavia, il cui crollo e smembramento furono immediati. Il re Pietro II ed il governo furono costretti a lasciare il paese, costituendo a Londra un governo in esilio. Il 10 aprile 1941 venne proclamata l'indipendenza della Croazia. Il nuovo stato, però, non era altro che una nazione fantoccio controllata dall'asse italo-tedesca che comprendeva gran parte della Croazia e della Bosnia ed Erzegovina.
Poiché la Croazia indipendente era priva di una propria dinastia, in quanto l'antico Regno di Croazia era stato incorporato nel Regno d'Ungheria fin dal 1097, e, successivamente, era stato incluso nel nesso dell'Impero austro-ungarico, Ante Pavelić, leader degli Ustascia e capo del governo del nuovo Stato Indipendente di Croazia, rispolverò l'idea di un sovrano italiano e si recò in Italia per offrire ufficialmente la corona di capo dello stato ad un principe di Casa Savoia.
Le motivazioni di questa offerta non sono mai state completamente chiarite: forse Pavelić voleva mostrare gratitudine a Benito Mussolini, che lo aveva aiutato ed ospitato fra le due guerre mondiali; forse voleva sfruttare il fatto che un sovrano italiano, proveniente da una casata antichissima come Casa Savoia, avrebbe giovato al prestigio dei rapporti internazionali del nuovo stato balcanico; o forse voleva prendere le distanze in maniera visibile dalla Germania nazista, che cercava di impadronirsi materialmente del nuovo stato.[senza fonte] Secondo altri storici, invece, la decisione di nominare un principe italiano per il trono di questo nuovo stato partì dallo stesso Mussolini, che successivamente convinse Ante Pavelić ad accettare, in modo da dimostrare alla Germania che l'Italia contava ancora qualcosa.[4]
Vittorio Emanuele III fu preso alla sprovvista, in quanto l'offerta della corona di Croazia era generica e sarebbe spettato a lui stesso, secondo Pavelić individuare chi avrebbe dovuto portarla. All'epoca erano parecchi i principi maschi in Casa Savoia: escluso ovviamente il principe ereditario Umberto, rimanevano tutti i membri dei rami collaterali Savoia-Aosta e Savoia-Genova.
Fra gli Aosta venne scartato il conte di Torino Vittorio Emanuele, scapolo ed ormai troppo anziano, mentre fra i Genova venne scartato il duca Ferdinando per gli stessi motivi.
Rimasto incerto fra Aimone e Filiberto, duca di Pistoia,[5] Vittorio Emanuele III optò per Aimone. Sempre secondo i diari di Galeazzo Ciano, tale nomina costituì una vera e propria tegola in testa per Aimone, che doveva in questo modo congedarsi dalla Regia Marina, la sua vera passione, in quanto tale servizio non era conciliabile con la sua nuova funzione. Aimone, tra l'altro, dichiarò:
«Non ne voglio sapere. Non ho ambizioni politiche. Non voglio lasciare l'Italia, i miei interessi, le mie passioni. Non so nulla dei croati e della Croazia. Non desidero neppure conoscerli.»
Il 18 maggio 1941, dopo aver fermamente rifiutato il nome di Zvonimiro II, che assolutamente non gli piaceva, Aimone vinse la riluttanza iniziale, assunse il nome di Tomislavo II e fu designato re dello Stato Indipendente di Croazia. Aimone, restato in Italia, creò nel suo studio di Firenze un "ufficio per gli affari croati" allo scopo di conoscere il paese sul quale avrebbe dovuto regnare.
Le notizie che pervennero da varie fonti (ambasciata italiana a Zagabria, servizi segreti, rapporti confidenziali e informatori fidati) descrissero lo Stato Indipendente di Croazia come una realtà incompiuta non soltanto a livello istituzionale, ma anche sociale e culturale, e descrissero come spaventosa la situazione interna dello stato, caratterizzata da continue persecuzioni ed eccidi da parte degli ustascia di Ante Pavelić, che avevano avviato una vera e propria pulizia etnica contro minoranze nazionali (serbi), avversari politici (comunisti) e minoranze religiose (ortodossi, ebrei e musulmani).
Per questi motivi e per il fatto che Pavelić intendeva servirsi di Tomislavo II come di un re fantoccio, Aimone non prese mai possesso del trono di Zagabria e fu sovrano solo titolarmente, non recandosi mai in Croazia e abdicando formalmente alla corona, dopo l'armistizio italiano dell'8 settembre, il 12 ottobre 1943.
Intanto al 1942 risalgono i sondaggi effettuati da Aimone riguardanti la possibilità di una pace separata con gli alleati per rompere l'alleanza con la Germania nazista. Nella primavera di quell'anno Aimone ricevette Alessandro Marieni, viceconsole italiano a Ginevra. A questi manifestò l'idea che l'Italia dovesse uscire dalla guerra trattando con gli anglo-americani. Marieni si impegnò a tener informato Aimone degli eventuali sviluppi. A Ginevra, Marieni entrò in contatto con Victor Farrel, un colonnello inglese che operava sotto la copertura di console per la Gran Bretagna. Mediante lui le trattative entrarono nel dettaglio e ne furono informati anche statunitensi e russi.[6]
Il 18 dicembre 1942 il ministro degli esteri inglese, Anthony Eden, informò ufficialmente gli ambasciatori americano e russo a Londra che Aimone era pronto, in cambio di determinate garanzie, a guidare una rivolta per spodestare Benito Mussolini. Le garanzie richieste da Aimone erano:
Le trattative, però, si protrassero più a lungo del previsto, fin quasi alle soglie del 25 luglio 1943, senza giungere mai a conclusione poiché il governo britannico non voleva assumersi impegni precisi.[7]
Aimone divenne Duca d'Aosta il 3 marzo 1942 a seguito della morte del fratello Amedeo in un campo di prigionia inglese a Nairobi, in Kenya.
Nel settembre 1943, ammiraglio della Regia Marina, seguì Vittorio Emanuele III a Brindisi sulla torpediniera Indomito perdendo i contatti con la moglie, che, pochi giorni dopo, partorì l'unico figlio, Amedeo.
Negli ultimi mesi della seconda guerra mondiale Aimone, con il Regno del Sud, fu comandante della base navale di Taranto e dell'Ispettorato generale MAS (Mariassalto) e ricevette il grado di ammiraglio di squadra.
Dopo il referendum istituzionale del giugno 1946, abbandonò l'Italia e si trasferì in Sudamerica, morendo diciotto mesi dopo a Buenos Aires, colpito da un infarto.
La sua salma è stata riportata in Italia su interessamento del figlio Amedeo. Inizialmente inumato presso Arezzo, in seguito Aimone venne definitivamente traslato insieme alla moglie Irene (morta nel 1974) nella cripta reale della basilica di Superga, a Torino.
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