Tomba di Jacopo Sannazaro
monumento funebre di Napoli Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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La tomba di Jacopo Sannazaro è un monumento funebre che accoglie le spoglie mortali del poeta Jacopo Sannazaro ed è custodita all'interno della chiesa di Santa Maria del Parto a Mergellina, a Napoli.
Tomba di Jacopo Sannazaro | |
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La tomba | |
Autori | Giovanni Angelo Montorsoli e Bartolomeo Ammannati |
Data | Metà XVI secolo |
Materiale | Marmo di Carrara |
Ubicazione | Chiesa di Santa Maria del Parto a Mergellina, Napoli |
Come conseguenza dell'assedio francese a Napoli del 1528, l'anno successivo, Jacopo Sannazaro, donò ai Servi di Maria un podere a Mergellina nel quale aveva edificato la sua abitazione e due chiese, una delle quali ancora in costruzione[1]: proprio nella zona absidale di questa, in origine dedicata a san Nazario, per poi prendere il nome di Santa Maria del Parto, il poeta chiese di essere sepolto alla sua morte, e, per terminare i lavori, stanziò una quota di 600 ducati annui in favore i frati[2]. La morte del Sannazaro arrivò nel 1530 e i lavori di realizzazione della tomba cominciarono nel 1536[3]: secondo alcuni fu lo stesso poeta a disegnare il proprio sepolcro, tant'è che Benedetto Croce nel 1892 scriveva:
«Quella mescolanza di sacro e profano ch'è tanto caratteristico della poesia del Sannazaro, quella pienezza di fede religiosa nel Cristianesimo e di fede estetica del paganesimo, raggiungono un'espressione plastica in questo monumento sepolcrale[4].»
L'opera venne commissionata allo scultore Giovanni Angelo Montorsoli, la cui firma è presente nella zoccolatura del sacello, avvalendosi della collaborazione di Bartolomeo Ammannati e Francesco del Tadda e realizzata tra Genova e Carrara[3]: il monumento fu in seguito restaurato più volte, in particolare nel 1683, secondo uno scritto ritrovato nell'archivio storico del Banco di Napoli[5], e alla fine del XX secolo, quando si provvide a rimuovere abrasioni, graffi, scheggiature, strati di vernice, polvere e incrostazioni da fumo[5].
La tomba è ospitata in una cappella nella parte absidale della chiesa di Santa Maria del Parto a Mergellina, sul retro dell'altare maggiore, ricordando nelle forme il colombarium in cui si narra fosse ospitata la tomba di Virgilio, a cui il Sannazaro viene paragonato[3]: la cappella è decorata con un ciclo di affreschi opera di Nicola Russo del 1699. Il monumento, in cui si risente fortemente l'influsso della scultura di Michelangelo Buonarroti[6], è ricavato da blocchi di marmo di Carrara e lucidato al termine della sua realizzazione con cera d'api; il basamento, che in origine si ritenne essere stato eseguito da un collaboratore di Giovanni da Nola, venne realizzato dai fratelli Pietro e Bartolomeo Ghetti, scultori di Carrara ed operanti a Napoli tra il 1663 ed il 1728, come testimoniato dal ritrovamento di un documento del 1683[6]: questo presenta nella parte centrale un epitaffio, retto da due putti, scritto da Pietro Bembo che così recita:
«Da sacro cineris flores: hic ille Maroni Sincerus Musa proximus ut tumulo.»
«Spargi fiori sulle sacre ceneri: qui giace Sincero vicino a Marone nella poesia come sepolcro[3].»
Sulla parte superiore del basamento poggia, al centro, un bassorilievo, attribuito o all'Ammannati o a Silvio Cosini, nel quale sono scolpiti Marsia e Nettuno ed alcune muse, sormontate della scritta DOM, unico elemento cristiano in un contesto fortemente pagano[6]; ai due lati le statue scolpite dall'Ammannati raffiguranti Apollo e Minerva[6], le quali, durante la Controriforma, rischiarono, per volere di un viceré, di essere distrutte, ma vennero salvate grazie alle incisioni sulle loro basi dei nomi biblici David e Giuditta[2]. Sempre sul basamento, ai lati del bassorilievo, si innalzano due colonne sulle quali è posta l'urna cineraria del poeta[2]: su di essa si completa l'opera con il busto del poeta, ritratto dalla sua maschera funeraria e che alla base porta il nome di Actius Sincerus[7], ed, ai lati, due putti, il tutto opera del Montorsoli. L'intero sepolcro tende quindi a mettere in risalto la poesia araldica ed epica sia in lingua volgare che latina del Sannazaro, oltre a dimostrare le sue virtù da gentiluomo avute in vita[6].
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