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Dimensioni o strati sottili in cui si ritiene suddivisa la totalità dell'essere nell'esoterismo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Nell'ambito della cosmologia religiosa ed esoterica, si parla di piani della realtà in riferimento ai livelli o alle stratificazioni in cui si ritiene suddivisa la realtà nel suo complesso,[1] corrispondenti a diverse modalità o categorie dell'essere, che non si riducono semplicemente al tipico binomio spirito-materia, o mente-corpo, ma che includono varie forme ed energie intermedie tra queste due.[2]
Si tratta di una concezione presente in genere nelle teologie emanatiste,[3] basate su una serie di mondi, regni, o dimensioni sottili, che irradiandosi da un centro, si compenetrano tra loro, oltre a densificarsi progressivamente.[4] Questa interpenetrazione di piani culminerebbe nell'universo fisico, pensato come un'espressione strutturata, derivante da un'evoluzione dinamica di stadi precedenti meno complessi.[5]
Da intendere più che altro come differenti stati o condizioni di esistenza, anziché come luoghi spazialmente diversi, tali livelli pur essendo paralleli e indipendenti ognuno rispetto all'altro, sarebbero comunque collegati tra loro e si influenzerebbero in maniera non causale, bensì nel senso sincronico junghiano, in quanto emanazione di un'unica realtà originaria secondo il motto ermetico «come in alto così in basso»:[6]
«Gli inaspettati parallelismi di idee in psicologia e fisica suggeriscono, come ha sottolineato Jung, una possibile unità ultima di entrambi i campi della realtà studiati dalla fisica e dalla psicologia. [...] Il concetto di un'idea unitaria della realtà (che è stata seguita da Pauli ed Erich Neumann) è stato chiamato da Jung unus mundus.[7]»
La speculazione filosofica su più piani trascendenti della realtà è rintracciabile già in Platone, per il quale il primo di essi, secondo la cosiddetta teoria della linea, era costituito dal mondo delle idee (o iperuranio), raggiungibile solo per via intuitiva (noesis); sotto di esso vi erano poi gli oggetti della matematica, conoscibili dalla ragione discorsiva (dianoia), e situati a un livello intermedio ma comunque separato rispetto ai più bassi enti sensibili.[10] Al di sotto di quest'ultimi, che davano luogo alle opinioni e alle false credenze (pistis), vi era infine il non-essere, regno delle ombre e degli inganni (eikasia).[11]
In maniera diversa, anche Aristotele strutturava la realtà secondo una gerarchia che andava da un massimo di essere (puramente in atto) a livelli progressivamente inferiori, i quali possedevano l'essere sempre più in potenza. Da questa concezione aristotelica, che resterà prevalente nella filosofia e nella scienza medievali, scaturisce la visione di una scala ontologica della natura, ascendente dai minerali alle piante, agli animali e agli uomini, fino a un ordine cosmologico costituito da progressive sfere concentriche, animate da un supremo motore immobile, dentro le quali orbitavano i vari pianeti e le stelle (zodiaco).
Nella successiva cosmologia cristiana, ad ognuna di queste sfere, chiamate anche «cieli», talora enumerate in sette, corrispondeva non solo un livello nello spazio cosmico, ma anche uno stato esistenziale di coscienza, progressivamente più elevato quanti più erano i cieli, come in una scala di Giacobbe. Dante ad esempio le associerà ai cerchi del Paradiso e alle gerarchie degli angeli descritte da Dionigi Areopagita.[12]
La differenza ontologica tra la dimensione trascendente spirituale e quella immanente sensibile si rifletteva così in ambito cosmologico nella distanza tra le sfere del cielo, costituite dalla sostanza sottile dell'etere, e il mondo sublunare, stratificato a sua volta nei quattro elementi, disposti anch'essi concentricamente dal più denso al più leggero: terra, acqua, aria e fuoco. Quest'ultimo era distribuito nella sfera del fuoco, sede del calore che segnava il confine dell'atmosfera terrestre, e corrispondeva a uno stato di coscienza più elevato e sottile rispetto a quello materiale più basso.
Si trattava in ogni caso di concezioni in cui confluiva anche la dottrina neoplatonica della processione dall'Uno di stadi subordinati denominati «ipostasi». Plotino ne aveva enumerate tre, ma i suoi discepoli le divisero al loro interno in più sotto-livelli, ad esempio Proclo e soprattutto Giamblico aggiunsero centinaia di esseri ed emanazioni intermedie tra Dio e l'umanità. A Proclo è da attribuire inoltre l'uso originale del termine «piano» (in greco πλάτος, plàtos, cioè «ampiezza», «superficie») in riferimento al piano psichico o astrale.[13]
Concezioni di un universo stratificato ricorrevano inoltre nei miti tradizionali di un albero o asse verticale del mondo, come l'Yggdrasil, o il Monte Meru, nelle teologie gnostiche articolate nel sistema degli Eoni, cioè le varie emanazioni divine del Principio primo, e inoltre nella cabala ebraica, basata sulla cosmologia biblica, che vedeva le 10 sephirot irradiate in cinque mondi.[14]
Orientato in senso cristiano era il cabalismo di Pico della Mirandola della filosofia rinascimentale, in cui analogamente la luce divina, degrandando di intensità, diventava più densa creando i vari piani dell'essere, fino a quello materiale.[4] Anche Marsilio Ficino, da una diversa prospettiva, componeva l'universo di cinque livelli gerarchici:[15] Dio, gli angeli, le anime umane, le qualità, la materia. Essendo situate nel posto mediano, le anime umane avevano la funzione di copula mundi, cioè di collegare e riunire in sé gli estremi opposti dell'universo.[16]
Se fino allora i diversi piani della realtà erano stati intesi come espressione comunque di un unico principio, in quanto appartenenti a una medesima sostanza che poteva presentarsi in una maniera più o meno condensata (unus mundus),[7] Cartesio distinse invece nettamente la res cogitans (piano mentale) dalla res extensa (piano esteso, cioè della realtà fisica), ipotizzando un loro collegamento nella ghiandola pineale all'interno del cervello umano.[17]
La successiva filosofia moderna cercherà di risolvere questo dualismo mente-corpo, in particolare con Spinoza che sostenne un loro parallelismo senza interazione: pensiero ed estensione sono per lui due attributi diversi ed eterogenei di una medesima realtà.[18] Analogamente per Leibniz gli eventi mentali e corporei sono perfettamente coordinati, pur non essendoci alcuna relazione diretta di causa ed effetto tra loro: come due orologi sincronizzati sulla stessa ora, ma che non abbiano alcun rapporto tra di loro, sono accordati da un'armonia prestabilita in anticipo da Dio.[19]
L'idealista Friedrich Schelling, nell'età romantica, dirà che la Natura è Spirito pietrificato, o congelato, mentre lo Spirito a sua volta è una natura invisibile:[20] ma entrambi sono i due poli in cui si esprime l'Assoluto. Altri tentativi di correlazione tra la dimensione spirituale e quella materiale sono venuti nell'ambito della fisica quantistica da parte di Wolfgang Pauli,[21] per il quale «sarebbe qualcosa di assolutamente soddisfacente se fisica e psiche potessero essere viste come aspetti complementari della stessa realtà».[22]
Fritjof Capra nel Tao della fisica esprime l'idea che i vari livelli del reale, dalla mente alla materia, corrispondano a frequenze diverse a cui vibra l'energia primordiale (qi), che costituisce dunque un tutto perfettamente continuo.[23] Da una prospettiva occulta ne consegue che più elevata è la frequenza, più spirituale sarà la sua vibrazione, viceversa se più lenta sarà più materiale.[24] Anche l'approccio conoscitivo risulterebbe diverso a seconda che un fenomeno sia spiegabile sulla base della fisica quantistica oppure della fisica classica.[25]
Oggi inoltre la fisica teorica chiama multiverso la possibile compresenza di altri universi oltre lo spaziotempo conosciuto.
In ambito esoterico è prevalsa una concezione settenaria dei piani della realtà, a partire dal movimento teosofico sorto sul finire del XIX secolo. Secondo la relativa dottrina, ognuno di questi piani ha un corrispettivo nell'anatomia occulta dell'essere umano, il quale, come un microcosmo che riflette il macrocosmo, alla nascita riceve le proprie componenti sottili dai loro rispettivi piani, per poi restituirveli alla morte.[26]
Questi sette piani o strati possono essere concepiti anche come sette sfere (sapta samudra) che circondano il Logos da cui sono emanate.[27] Ognuno di essi viene a sua volta suddiviso in sette sotto-piani, la cui denominazione si ripete per tutti e sette, dal più sottile al più denso, ossia: Atomico; Sub-atomico; Super-eterico; Eterico; Gassoso; Liquido; Solido.[26] Si hanno così in tutto 49 sottopiani, dati da . I piani sono i seguenti:[28]
Tale suddivisione in sette piani viene talvolta ridotta a tre, corrispondente alla più comune tripartizione in spirito-anima-corpo, dei quali il primo elemento è quello monadico, il secondo costituito a sua volta dalla triade Atman-Buddhi-Manas,[31] e il terzo inteso come un riflesso di quest'ultimo ma rovesciato, come lo sono le immagini riflesse,[31] sicché il Manas superiore si rispecchia nel manas inferiore, il Buddhi nel piano astrale, e l'Atman nel piano fisico.[31]
Altre concezioni similari si ritrovano nella citata antroposofia di Steiner, in particolare nella sua opera Teosofia riguardo alla suddivisione settenaria dei tre mondi,[50] o nella cosmogonia rosacrociana di Max Heindel, che si proponeva di stabilire un ponte tra scienza e religione.[51]
L'esistenza di diversi piani di esistenza è addotta inoltre dai proponenti dei fenomeni anomali per descrivere ciò che essi chiamano spostamento della realtà, ossia cambiamenti enigmatici che costoro ritengono verificarsi talora nella realtà fisica, spaziale o temporale.[52]
Sebbene il termine sia usato marginalmente, questi casi comprenderebbero l'apparizione o la sparizione non spiegabile di oggetti di qualsiasi dimensione, guarigioni spontanee, e forme di sincronicità.[8]
I proponenti degli spostamenti di realtà credono in una realtà dinamica malleabile e soggetta ad alterazioni dinamiche rispetto al suo "stato normale".
Tra coloro i quali sostengono questa ipotesi c'è lo scienziato informatico statunitense Rudy Rucker, che ha attribuito gli spostamenti di realtà ad "una sequenza di universi possibili, simili alle bozze di un romanzo". Nel suo libro La scatola della vita, la conchiglia e l'anima ("The Lifebox, the Seashell")[53] paragona ogni "lenzuolo della realtà" rigorosamente deterministico con un'enorme trama di "coinvolgimenti" sincronici le cui cause ed effetti fluttuano avanti ed indietro attraverso il tempo in modo che cambiando qualcosa si cambia tutto attorno ad esso, nel futuro e nel passato.
Similmente, Michael Talbot, che ha scritto su questo argomento in diversi libri tra cui L'universo olografico (1991) ha proposto l'ipotesi che la realtà sia flessibile e capace di una grande scala di alterazioni, così come l'apparizione e la sparizione di intere file di alberi.[54] In particolare ha utilizzato la frase spostamenti nella realtà ("shifts in reality") per descrivere le sue opinioni sugli spostamenti della realtà che considera alterazioni radicali nel mondo, e include nel libro presunti miracoli ed eventi psicocinetici come esempi.
Talbot basa la maggior parte delle sue idee sui lavori del fisico David Bohm e del neurofisiologo Karl Pribram, i quali hanno entrambi proposto teorie olografiche o modelli dell'universo. Talbot ha sostenuto che gli esempi paranormali della realtà "suggeriscono che la realtà, in un senso prettamente reale, è un ologramma, un'idea complessa (construct).[54]
Un esempio personale che Michael Talbot ha condiviso ne L'universo olografico fu l'esperienza in cui lui ed il suo professore furono testimoni del caso di una donna la quale gettò in terra ai loro piedi un ombrello che emise strani e sfrigolanti suoni e si trasformò in un ramo nodoso.[54]
Naturalmente la teoria di Talbot dell'universo proposta come essenza in forma olografica in natura è solo una spiegazione per come tali alterazioni radicali siano possibili. Altri proponenti dell'ipotesi hanno presentato opinioni differenti.
Nel 1993 il sociologo David Erlandson ed un suo collega hanno posto le basi per condurre una ricerca alternativa, con uso di tecniche di indagine naturalistiche, e con menzione del significato del ruolo che gli spostamenti di realtà possono assumere nella ricerca naturalistica.[55] Erlandson mette in evidenza che il ricercatore naturalistico crede che l'instabilità osservata possa essere attribuita non solo ad un errore di misura, ma anche a spostamenti di realtà.
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