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creatura mitologica con il tronco di donna e la coda di pesce Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La sirena (dal latino tardo sirēna[1], classico sīrēn – pl.: sīrēnes[2], trascrizione del greco Σειρήν, Seirḗn – pl.: Σειρῆνες, Seirênes) è una creatura favolosa della mitologia classica, raffigurata con la parte superiore del corpo di donna, e quella inferiore di uccello, o, in epoca successiva, di pesce.[3] Il canto melodioso delle sirene ammaliava i naviganti e provocava naufragi.[4]
Deriva dal latino tardo sirena, classico siren, dal greco Seirén. Secondo alcuni dalla radice del sanscr. svar (= cielo), gr. seírios (= splendente). Altri, partendo dal mito, hanno proposto il gr. syro (= io attraggo) o seiráo (= io incateno); altri ancora sono ricorsi all'ebr. sir (= canto); inoltre si è pensato a una radice indoeuropea svar- (= suonare), da cui lit. svirati (= suonare il flauto), anglo-sass. sarian (= parlare), gr. syflrincs (= flauto, zampogna) e syrízein (= suonare il flauto).[5]
L'origine letteraria, nell'antichità classica, della figura delle sirene è nell'Odissea di Omero dove vengono presentate come cantatrici marine abitanti un'isola presso Scilla e Cariddi, le quali incantavano, facendo poi morire, i marinai che incautamente vi sbarcavano. Le Sirene tentano Odisseo con l'invito "a sapere più cose"[6]. L'invito alla conoscenza "onnisciente" che fa perdere i propri legami familiari e civili interrompendo il proprio viaggio nella vita è condannato da Omero. La loro isola mortifera era disseminata di cadaveri in putrefazione. Odisseo, consigliato da Circe, la supererà indenne.
«Σειρῆνας μὲν πρῶτον ἀφίξεαι, αἵ ῥά τε πάντας
ἀνθρώπους θέλγουσιν, ὅτίς σφεας εἰσαφίκηται.
ὅς τις ἀϊδρείῃ πελάσῃ καὶ φθόγγον ἀκούσῃ
Σειρήνων, τῷ δ' οὔ τι γυνὴ καὶ νήπια τέκνα
οἴκαδε νοστήσαντι παρίσταται οὐδὲ γάνυνται,
ἀλλά τε Σειρῆνες λιγυρῇ θέλγουσιν ἀοιδῇ,
ἥμεναι ἐν λειμῶνι· πολὺς δ' ἀμφ' ὀστεόφιν θὶς
ἀνδρῶν πυθομένων, περὶ δὲ ῥινοὶ μινύθουσιν»
«Tu arriverai, prima, dalle Sirene, che tutti
gli uomini incantano, chi arriva da loro.
A colui che ignaro s'accosta e ascolta la voce
delle Sirene, mai più la moglie e i figli bambini
gli sono vicini, felici che a casa è tornato,
ma le Sirene lo incantano con limpido canto,
adagiate sul prato: intorno è un mucchio di ossa
di uomini putridi, con la pelle che raggrinza»
Per via del loro canto melodioso esercitavano sugli uomini un mortale incantesimo: Ulisse, ascoltando i consigli di Circe, si fece legare all'albero della nave per poterle ascoltare senza correre verso loro ché lo avrebbero in breve ucciso. Obbligò però i compagni a tapparsi le orecchie con cera. Già gli Argonauti erano sfuggiti al loro incantesimo perché Orfeo le aveva superate nel canto. Sconfitte una seconda volta, da Ulisse, si gettarono in mare dove divennero scogli, come aveva loro profetizzato un oracolo. Le Sirene, secondo Omero, erano due, ma successivamente divennero molte di più; la più famosa fra esse fu Partenope (= vergine), che diede il suo nome all'omonima città (l'attuale Napoli). Erano note anche Leucosia (= dea bianca), Aglaofeme (= voce meravigliosa), Ligea (= voce chiara), Molpe, Imeropa (= voce che suscita nostalgia), Pasinoe (= maliarda).[5]
Nella tradizione figurativa e in quella letteraria le sirene sono generalmente tre, si tratta delle sorelle Partenope, Leucosia e Ligea[8].
Secondo un racconto antico[9] le tre sirene che tentarono Odisseo si uccisero gettandosi in mare perché non erano riuscite a trattenere l'eroe. Una di esse, Partenope, si arenò sulla spiaggia di ciò che diverrà la città di Napoli e a lei vennero dedicati giochi annuali, le Lampadedromie[10]. Il corpo di Leucosia emerse nelle acque del golfo di Poseidonia (Paestum) da cui il nome di Leucosia dato a un'isoletta presso quella città, Punta Licosa[11]. Le onde del mar Tirreno avrebbero invece rigettato il corpo di Ligea sulla riva tirrenica della Calabria, presso l'antica città di Terina, dove ora sorge Lamezia Terme[12]. La sirena Ligea, raffigurata con un busto di donna con le braccia nude ed il corpo di uccello con coda e ampie ali, compare in varie monete di Terina, seduta su un cippo mentre gioca con una palla, oppure mentre riempie un'anfora con l'acqua che sgorga dalla bocca di un leone.
Omero non descrisse l'aspetto fisico delle sirene; a tal proposito si è presupposto[6] che ciò sia dovuto al fatto che sia il cantore che l'uditore conoscessero bene le forme di queste creature grazie ad altri racconti mitici già diffusi, come le avventure di Giasone e degli Argonauti[13].
Come Odisseo anche Orfeo, nelle Argonautiche riportate da Apollonio Rodio, salva il suo equipaggio composto dagli Argonauti. Arrivati nei pressi di Antemoessa, l'isola delle sirene, gli eroi avvistarono questi esseri "simili a fanciulle nel corpo ed in parte uccelli". Il canto delle sirene stava spingendo gli eroi a gettare gli ormeggi sulla riva, quando Orfeo prese la cetra Bistonia e risvegliò dalla malía i suoi compagni, intonando una canzone allegra e veloce[14]. Omero riporta il canto delle sirene, intonato per causare la morte di Odisseo e del suo equipaggio:
«Δεῦρ᾽ ἄγ᾽ ἰών, πολύαιν᾽ Ὀδυσεῦ, μέγα κῦδος Ἀχαιῶν,
νῆα κατάστησον, ἵνα νωιτέρην ὄπ ἀκούσῃς.
Οὐ γάρ πώ τις τῇδε παρήλασε νηὶ μελαίνῃ,
πρίν γ᾽ ἡμέων μελίγηρυν ἀπὸ στομάτων ὄπ᾽ ἀκοῦσαι,
ἀλλ᾽ ὅ γε τερψάμενος νεῖται καὶ πλείονα εἰδώς.»
«Vieni, celebre Odisseo, grande gloria degli Achei,
e ferma la nave, perché di noi due possa udire la voce.
Nessuno è mai passato di qui con la nera nave
senza ascoltare con la nostra bocca il suono di miele,
ma egli va dopo averne goduto e sapendo più cose»
Apollonio Rodio riprende la narrazione delle sirene figlie di Acheloo (in altre fonti di Forco[15]) che, come ricorda Károly Kerényi[16], era la divinità fluviale e marina, figlia di Teti e di Oceano[17] ma che Omero[18] pose una volta davanti allo stesso Oceano "origine di tutte le cose".
Libanio, nella Progymnasmata IV, ricorda che Eracle aveva staccato un corno al dio acquatico quando lottò con lui per conquistare l'affascinante Deianira e dalle gocce di sangue cadute dalle ferite provocate al dio erano nate le sue figlie, le sirene[19].
Un'altra tradizione, riportata da Pseudo-Apollodoro, le vuole figlie di Acheloo e di Melpomene, una delle Muse e dà loro la forma di uccello, dalle cosce in giù. Con il suono della cetra, dell'aulo e del canto, persuadevano i navigatori a fermarsi. Lo stesso racconto narra di una profezia per la quale le sirene sarebbero morte se una nave fosse riuscita a sfuggirgli[20].
Seirênes (Σειρῆνες), nome plurale femminile nella antica lingua greca, nella sua forma maschile significa "vespe" o "api", è collegato quindi alla figura di Penfredo: una delle Graie, le "vergini simili a cigni"[16]. I pittori vascolari rappresentavano le sirene anche come esseri maschili con la barba e sia se fossero di forme maschili o femminili, si può individuare la loro natura per il corpo che richiama sempre quello di un uccello (con le parti inferiori a volte a forma di uovo) con una testa umana, a volte con braccia e mammelle, quasi sempre con artigli ai piedi, artigli non aventi però la funzione del rapimento, funzione propria delle Arpie, in quanto, altra caratteristica loro fondante, le sirene sono strettamente collegate al mondo della musica, suonando la lira o il doppio flauto (aulos) e accompagnandosi con il canto[21].
Nel primo periodo greco, le sirene erano raffigurate con il volto di donna e il corpo di uccello, ma dal periodo classico i Greci iniziarono sporadicamente a raffigurarle anche come fanciulle con la coda di pesce al posto delle gambe: Susan I. Rotroff e Arthur Waugh riportano di una ciotola di Megaride trovata nell'agorà di Atene nel 1947 e risalente al II secolo a.C. Su di essa è raffigurata la scena dell'incontro tra Ulisse e le sirene, ma queste ultime hanno inequivocabilmente la coda di pesce.[22][23][24] Jane Ellen Harrison cita una lampada di Canterbury, sempre del II secolo: è conservata al Royal Museum della città di Kent e raffigura la celebre scena dell'Odissea con una sirena dalla coda di pesce.[25]
Il loro corpo per metà donna e metà uccello sarebbe frutto di un incantesimo vendicativo da parte di Afrodite disprezzata dalle vergini sirene per i suoi amori[26]. Un'altra tradizione le vuole punite da Demetra per non aver impedito il ratto della figlia Persefone da parte di Ade mentre insieme coglievano dei fiori. Le vergini sirene chiesero agli dei, secondo Ovidio, di essere trasformate in uccelli per poter meglio cercare la perduta amica Persefone[27].
Le sirene sono anche onniscienti e in grado di placare i venti, forse con il loro canto[28], cantando le melodie dell'Ade[29].
Il rapporto tra le sirene e il mondo dell'Ade è presente anche in Euripide quando, nell'Elena, la protagonista invoca le "piumate vergini" affinché la consolino con la musica del flauto e della cetra.[21] Questo canto è in relazione con il ruolo delle sirene nei culti funerari: esse stazionavano alle porte dell'Ade con il compito di consolare le anime dei defunti con il loro dolce canto e di accompagnarle negli inferi. Questo stretto collegamento con il mondo dei morti, testimoniato dalla ricorrente presenza delle loro immagini nel corredo delle tombe, fa supporre ad alcuni autori che le sirene fossero in origine degli uccelli in cui trovavano dimora le anime dei defunti[30]. Ciò senza contare il ruolo che gli uccelli avevano nell'antichità come tramite fra il mondo dei morti e quello dei vivi[31].
Esemplificativi di tale tradizione sono 2 askos del V sec. a.C. provenienti dalla chora meridionale di Kroton e dalle Murgie di Petelia da ambienti funerari; nell'askos di Petelia è raffigurata una sirena con il corpo di uccello e la testa di fanciulla, con le braccia distese con in mano un melograno ed un flauto di Pan (syrinx) a simboleggiare rispettivamente il legame l'oltretomba e lo strumento che la sirena usa per accompagnare il defunto, rappresentato come un giovane portato sulle spalle della sirena (si tratta del manico del vaso)[33].
L'identificazione delle loro sedi, non determinata nei poemi omerici, fu stabilita successivamente nelle regioni prossime allo stretto di Messina, per via della creduta vicinanza di sede fra le Sirene e Scilla e Cariddi. Dunque, si riteneva che le Sirene abitassero presso l'Etna, Catania e Capo Posidonio, dov'era localizzato il culto della sirena Leucosia, Terina, dove si venerava sirena Ligea. Un noto centro del loro culto era anche il tempio delle Sirene, che era ubicato nella penisola di Sorrento, in correlazione probabilmente con le difficoltà della navigazione delle bocche di Capri: le vicine isolette erano denominate Sirene o Sirenuse, identificate con gli scogli detti li Galli.[34] Strabone, in Gheographikà I,22, ci dice che i popoli marinari di Napoli, Sorrento, della Calabria e della Sicilia, le veneravano.
Vi sono due tradizioni apparentemente contraddittorie, quindi, su queste figure mitiche: una le vuole mortifere e dannose per gli uomini, mentre l'altra le indica come consolatrici per gli stessi rispetto al proprio destino e, soprattutto, alla morte. Da notare, tuttavia, che nel primo caso nulla indica una loro natura volutamente crudele, bensì è il loro destino e la loro funzione di cantatrici/incantatrici ad essere disastroso per gli uomini.
Nel V secolo d.C., le Argonautiche orfiche riassumono il mito arricchendolo di particolari: Minii e Aneo, volendo conoscere il canto delle sirene, dirigevano la nave verso il promontorio funesto. Orfeo intona allora un canto a Zeus, accompagnato dalla sua lira e mette così a tacere le sirene che si gettano dalla rocca nell'abisso del mare, mutando il loro corpo in pietra[35].
L'origine del termine sirena è dubbio. Tra le molte ipotesi Alessandra Tarabochia Canavero[36], collegandosi alle osservazioni di Kurt Latte[37] secondo le quali cessando il vento all'approssimarsi della loro ierofania e quindi con l'approssimarsi dell'ora meridiana, sostiene che esse potrebbero indicare dei demoni del calore meridiano (daemones meridiani) indicazione che potrebbe suggerire un collegamento con l'aggettivo séirios (incandescente, splendente) da cui Sirio, a sua volta collegato al sanscrito Sūrya (il deva del Sole). Altra ipotesi lega tale termine al verbo syrízo ("fischiare", "sibilare") quindi demoni della tempesta, collegati ai vedici Marut. Oppure da seirà ("corda", "fune", da cui anche éiro, "legare"), riprendendo il fatto che le sirene "legano" a sé i naviganti, li irretiscono[38]. O più semplicemente da un semitico sir ("cantare").
Le sirene in Omero sono due, infatti il poeta greco utilizza il duale Seirḗnoiïn, ma senza nominarle. Alcuni tardi commentatori ne suggeriscono i nomi in Aglaophḗmē e Thelxiépeia[39], nomi che ne indicano la "voce" (phoné/*óps) come "splendida" (agláe) e "incantatrice" (thélgo). Pseudo-Apollodoro, attribuisce loro i nomi di Pisinoe, Aglaope e Telsiepia[20].
Tradizioni successive di matrice "pseudo-esiodea" portano il numero delle sirene da due a tre indicando la terza con il nome di Peisinóē (da peítho, "persuadere" e noús "mente").
Le sirene sono parte della filosofia classica sin da Platone nel Cratilo. Lì Socrate osservava che le sirene partecipano al desiderio delle anime dei morti, spoglie dei loro corpi, di permanere nel regno dell'Ade. Questo desiderio corrisponde al desiderio della virtù e alla figura del "filosofo".[40]
Nella Repubblica, Platone narra il mito di Er figlio di Armenio soldato della Panfilia che, morto in combattimento, torna tra i vivi e racconta ciò che ha visto nell'aldilà. Alla luce delle indicazioni teologiche di Platone, il medioplatonico Plutarco scrive di come Ammonio l'Egiziano rese coerenti le Sirene platoniche con quelle omeriche. Guida delle anime nell'aldilà, Sirene suonano una musica il cui incantesimo ha il potere di portare l'oblio dei ricordi mortali alle anime, avvicinandole al Cielo. Gli echi della musica delle Sirene, sulla Terra, porta ai mortali i ricordi delle vite passate[41][42].
Il canto delle Sirene nei cieli è senza parole, è l'armonia, la musica delle sfere. Il neoplatonico Giamblico, scrive che queste stesse armonie Pitagora faceva ascoltare ai suoi allievi per purificarli e portare loro bei sogni[43]. Lo stesso Giamblico riporta del ruolo importante delle Sirene per la scuola pitagorica degli acusmatici, per la quale esse fanno parte dell'armonia, ossia la tetrade e l'oracolo di Delfi[44].
Nell'antica mitologia greca, le Sirene (Σειρῆνες Seirénes) erano creature dal volto di donna e il corpo di uccello, ma dotate di una voce dolcissima e ammaliante. Come testimonia la celebre statuetta di epoca preromana della Sirena di Canosa, è del tutto infondata la tesi che l'iconografia delle sirene sia mutata solamente a partire dal Medioevo, raffigurandole con l'aspetto di belle fanciulle con la coda di pesce al posto delle gambe in luogo di donne con corpo di uccello.
Secondo Edmond Faral, il Liber monstrorum de diversis generibus, scritto in ambiente anglosassone nell'VII secolo, è il primo testo nel quale le sirene vengono esplicitamente descritte come donne-pesce:[45]
«Sirenae sunt marinae puellae quae navigantes pulcherrima forma et canto mulcendo decipiunt et capite usque ad umbilicum sunt corpore virginali et humano generi simillimae; squamos tamen piscium caudas habent, quibus semper in gurgite latent.»
«Le sirene sono fanciulle marine che seducono i marinai con la bellezza del corpo e la dolcezza del canto. Dalla testa fino all'ombelico hanno aspetto di vergine, del tutto simili a creature umane. Hanno però code squamose di pesce, che nascondono sempre sott'acqua.»
Nel folclore, la sirena è una creatura acquatica con la testa e la parte superiore del corpo di donna e la coda di pesce.[46] La sirena appare principalmente nel folclore europeo, ma trova figure affini in quasi tutte le culture del mondo.[47]
In lingua inglese le fanciulle con la coda di pesce sono dette mermaid, mentre le originali sirene greche siren.[48] Tuttavia nei secoli passati i due termini vennero frequentemente usati come sinonimi e durante il Rinascimento inglese erano intercambiabili.[49]
Gli studiosi hanno dibattuto a lungo sul significato delle numerose raffigurazioni di sirene realizzate nel corso del Medioevo, soprattutto nelle costruzioni religiose. Assenti nella Bibbia, la loro origine affonda le sue radici nel paganesimo, non solo greco-romano, ma anche in quello etrusco, celtico e orientale. Deve la sua presenza nelle chiese a solide credenze popolari, più che ad insegnamenti religiosi.[50]
Le sirene nell'iconografia medievale apparivano ammaliatrici, grazie al loro bel corpo femminile (seppur terminante in una coda di pesce), canto ed arte seduttoria, ma allo stesso tempo false, tentatrici ed ingannevoli, pronte ad uccidere dopo aver incantato. Sono quindi simbolo di peccato che porta a morte e con l'avvento del Cristianesimo sono diventate sempre più simbolo di lussuria, tentazione che allontana da Dio e porta alla condanna divina.[51] Le sirene furono quindi l'emblema della lussuria per la morale cristiana medievale, e secondo alcuni studiosi le comuni raffigurazioni di sirene sui capitelli e all'interno delle chiese romaniche, sono un monito contro i peccati carnali.[51][52] Inoltre sono spesso raffigurate con in mano un pettine e uno specchio, l'uno a indicare la sensualità (nel gesto del pettinarsi i lunghi capelli, un tempo potente strumento di seduzione), l'altro a sottolinearne la vanità.[53]
Secondo un paganesimo più antico e di origine più incerta, la sirena rappresentava la dea madre, colei che dà e toglie la vita, guida, guarisce, nutre, custodisce, vede, sente e sa, ama, tesse e collega.[54] Secondo altri studiosi la sirena è quindi simbolo positivo di fertilità e protezione negli edifici religiosi. In particolare, la sirena bicaudata rappresenta la madre che spalanca il ventre per generare ed immortalare il genere umano, la famiglia, la comunità.[54]
Il duplice significato delle immagini nell'arte medievale è assai ricorrente e talvolta è il contesto delle immagini vicine che fornisce il giusto simbolismo dato da un dato artista in una data chiesa.[50]
Nel corso della storia si sono verificati diversi presunti avvistamenti di sirene.
Nel 1493 Cristoforo Colombo dichiarò di aver avvistato tre sirene mentre navigava.[76][77] Secondo la trascrizione del suo diario di bordo, ad opera di Bartolomé de Las Casas:
«Quando l'ammiraglio è andato a Río de Oro, ha detto di aver visto distintamente tre sirene, che sono balzate fuori dal mare; ma non erano belle come si racconta, poiché i loro volti avevano alcuni tratti maschili»
Durante il secondo viaggio di Henry Hudson, il 15 giugno 1608, i membri del suo equipaggio riferirono di aver avvistato una sirena nell'Oceano artico, nel Mare di Norvegia o nel Mare di Barents.[78][79]
«Questa mattina, uno dei nostri, guardando fuori bordo, ha visto una sirena. Il seno è come quello di una donna, il corpo grande come il nostro, la pelle molto bianca e i capelli neri, quando si è immersa abbiamo visto la coda, ed era simile a un maccarello»
Due avvistamenti di sirene furono segnalati in Canada vicino a Vancouver e Victoria, uno tra il 1870 e il 1890, l'altro nel 1967.[80][81]
Nel giugno 1881 un pescatore della Pennsylvania riferì di ben cinque avvistamenti di una sirena nel fiume Susquehanna, vicino a Marietta.[82]
Nel corso dell'Ottocento si diffuse in Europa e poi in America il fenomeno delle "sirene delle Figi", ibridi artificiali e mostruosi creati per soddisfare il gusto per il bizzarro ed il grottesco dell'epoca e spacciati come prova dell'esistenza delle sirene. Per realizzare questi eclettici collage, che spopolarono all'interno dei sideshow americani e delle collezioni pubbliche e private di mezzo mondo, si utilizzavano parti di diversi animali mummificati e altri materiali, come cartapesta e legno. La "sirena delle Figi" fu resa famosa per la prima volta da Phineas Taylor Barnum, che la mostrò all'interno dei propri spettacoli.[83]
Nel 1962 il pescatore genovese Colmaro Orsini riferì di essersi appostato per la pesca su una scogliera a Bocca di Magra, quando udì una dolce melodia provenire dal mare e poi vide emergere una testa di donna dai capelli verdi che lo fissava; dopo pochi istanti l'essere - che mostrava una coda di pesce azzurrognola - si allontanò, lasciando una sottile scia, verso Punta Bianca di Spezia.[84]
Nell'agosto del 2009, Natti Zilberman, portavoce del consiglio comunale di Kiryat Yam, promise un milione di dollari a chi fosse riuscito a dimostrare con prove tangibili l'esistenza delle sirene.«Molte persone ci dicono che sono certe di aver visto una sirena e si tratta di persone che non hanno alcun rapporto tra loro», dichiarò ai giornalisti. «La gente dice di aver visto una figura femminile, metà giovane donna e metà pesce che salta come un delfino e compie diverse acrobazie prima di scomparire». Zilberman negò che l'offerta del premio fosse un espediente pubblicitario, ma ammise di sperare in un massiccio aumento del turismo a Kiryat Yam.[85]
I principali parametri scientifici rendono impossibile l'esistenza delle sirene.[86] Una delle spiegazioni più plausibili agli avvistamenti è che i marinai scambiassero la sagoma di alcuni mammiferi acquatici, come i dugonghi o i lamantini, per un corpo femminile dalla metà di pesce.[87] Non a caso Sirenia, il nome dato ai mammiferi marini a cui appartengono i lamantini, è in riferimento alle sirene della mitologia[88] (dal latino tardo Sirēna, trascrizione del greco Σειρήν Seirḗn).
La sirenomelia, conosciuta anche con il nome di sindrome della sirena, è una rara malformazione congenita nella quale gli arti inferiori sono fusi insieme, assumendo così le sembianze della coda di una sirena.[89]
Il problema della sirena è un paradosso a volte citato in letteratura[90][91], in psicologia o in altri contesti,[92][93][94][95] sull’incompatibilità dei rapporti sessuali tra un essere umano ed una sirena. Benché infatti le sirene siano spesso dipinte come attraenti e affascinanti donne (almeno nella loro parte fisicamente umana) e benché presentandosi sempre nude accrescano ulteriormente il potere seducente della loro bellezza, accettando l'anatomia tramandata in tutti i miti delle sirene, esse sono prive di organo riproduttivo femminile e quindi inadatte a soddisfare il desiderio che creano in chi le vede.
Per estensione il problema è un paradosso che si ripete tutte le volte che una creatura mitica o di fantasia genera curiosità o interesse sessuale per alcune sue caratteristiche secondarie, ma manca della possibilità di una compatibilità con gli esseri umani normali.
Se la sirena è, come pare, un pesce al di sotto della vita, teoricamente essa si riprodurrà come fa gran parte dei pesci ovvero con inseminazione esterna che prevede che il maschio della sua specie sparga il suo sperma sulle uova da essa deposte. Paradossale allora parrebbe la presenza di un ombelico e di un seno sulle sirene che non avrebbero motivazioni evolutive e pratiche nell'atto delle riproduzione.
In alcuni casi il paradosso è sciolto dal suggerimento che le sirene abbiano un apparato riproduttivo simile a quello dei delfini (mammiferi, come gli esseri umani) e questo farebbe pensare che anche le sirene appartengano a questa classe tassonomica di animali.
La femmina del delfino ha una apertura sotto la vita che contiene sia l'ano che la vagina, questo permetterebbe teoricamente un rapporto completo tra uomini e sirene.
Altra teoria è che le sirene siano solite trasformarsi in forma umana, specificatamente la coda di pesce si trasformerebbe, se asciugata, in due gambe che, se bagnate, tornerebbero ad essere una coda di pesce.
Ad ogni modo è bene ricordare che, trattandosi di un antico mito, le spiegazioni di carattere scientifico non sono da prendersi in considerazione.
La sirena è frequentemente ripresa in vari ambiti della cultura popolare, specie nel fantasy.
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