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divisione amministrativa dei Regni di Napoli (1287-1816) e delle Due Sicilie (1816-1860) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il Principato Ultra (o Principato Ulteriore) fu una divisione amministrativa del regno di Napoli e in seguito del regno delle Due Sicilie, sorta nel 1287 in seguito alla suddivisione del precedente giustizierato di Principato e Terra Beneventana in Principato Ultra e Principato Citra.
Principato Ultra | |||||
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(dettagli)
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Veduta di Montefusco, capoluogo del Principato Ultra dal 1581 al 1806 | |||||
Informazioni generali | |||||
Nome ufficiale | Justitiaratus Principatus ultra serras Montorii (dal 1287 al 1581) Principatus ulterior (dal 1581 al 1860) | ||||
Nome completo | Giustizierato di Principato Ultra (dal 1287 al 1581) Provincia di Principato Ultra (dal 1581 al 1860) | ||||
Capoluogo | Montefusco (dal 1581 al 1806) | ||||
Altri capoluoghi | Avellino (dal 1806 al 1861) | ||||
Superficie | 1205 miglia quadrate[1] (1788) | ||||
Popolazione | 335 915[2] (1788) | ||||
Dipendente da | Regno di Napoli Regno delle Due Sicilie | ||||
Suddiviso in | 3 distretti 34 circondari 135 comuni 13 villaggi | ||||
Evoluzione storica | |||||
Inizio | 1287 | ||||
Fine | 1860 | ||||
Causa | Occupazione garibaldina e annessione al Regno di Sardegna | ||||
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Cartografia | |||||
Il territorio del Principato Ultra corrispondeva approssimativamente alla regione storico-geografica dell'Irpinia,[3] benché non sia configurabile alcuna continuità sociopolitica tra l'antica comunità tribale degli Irpini (totalmente integratasi nella civiltà romana fin dall'epoca imperiale) e la nuova circoscrizione giudiziario-amministrativa, istituita per decisione sovrana al tempo degli Angioini.
Nel 1287 re Carlo II d'Angiò deliberò la scissione in due entità del preesistente giustizierato federiciano di Principato e Terra Beneventana: nacquero così il Principatus ultra serras Montorii ("Principato al di là delle montagne di Montoro", a nord) e il Principatus citra serras Montorii ("Principato al di qua delle montagne di Montoro", a sud).[4] Il confine tra i due nuovi giustizierati, poi passati alla storia rispettivamente con i nomi di Principato Ultra (o Principato Ulteriore) e Principato Citra (o Principato Citeriore), era segnato dai monti Picentini.
Il territorio del nuovo giustizierato di Principato Ultra comprendeva gran parte delle attuali province di Avellino e Benevento (con l'esclusione della stessa città di Benevento, in quanto enclave dello Stato Pontificio) nonché qualche comune appartenente alle moderne province di Foggia e Potenza.
In considerazione del silenzio delle fonti primarie, si ignora quale fosse la sede originaria del giustizierato di Principato Ultra; ciò ha determinato l'insorgenza di una lunga disputa tra studiosi locali, volta alla ricerca di quale fosse il "primo" capoluogo. La moderna storiografia, dopo aver raccolto tutti i dati disponibili per ognuno dei giustizierati dell'antico regno, ha però permesso di inquadrare la questione da una diversa prospettiva.
In occasione del primo centenario del trasferimento ad Avellino (1906), l'allora presidente della provincia Michele Capozzi pubblicava uno scritto ("Avellino e il centenario della legge 8 agosto 1806") in cui sosteneva, con una certa enfasi, che l'attuale capoluogo sarebbe stato sempre tale "di diritto o di fatto". La sua tesi si poggiava sulle affermazioni, peraltro discordanti e fugaci, dei due eruditi avellinesi Scipione Bellabona e Serafino Pionati e dello storico napoletano Camillo Porzio. Per Bellabona, in particolare, Avellino sarebbe stata capoluogo prima che l'acquisto da parte di Marino Caracciolo comportasse, per privilegio, l'impossibilità per la Regia Udienza di risiedervi; solo allora, Montefusco sarebbe divenuta capoluogo (restando tale fino al 1806). Francesco Scandone[5] fece propria questa ipotesi, acriticamente ripresa da studi più recenti[6][7][8][9]. D'altra parte tali ricostruzioni non fanno i conti con i vari documenti riportati dallo storico e giurista montefuscano Eliseo Danza che attestano la presenza della Regia Udienza a Montefusco almeno a partire dal 1496 (anno in cui Ferdinando II di Napoli concede alcune grazie all'Universitas di Montefusco, l'ultima delle quali definisce esplicitamente "Montefuscolo capo della Provincia")[10]. Va riconosciuto, però, che lo stesso Danza testimonia una tendenza dei "prèsidi" (governatori) a spostarsi temporaneamente ad Avellino o Montemiletto, dalle quali vennero comunque prontamente richiamati[11]. Oltretutto, un documento di epoca sveva lascerebbe pensare che già il giustiziere di Principato e Terra Beneventana si fosse stabilito a Montefusco[12][13], almeno per un certo periodo. Comunque, in occasione dell'occupazione aragonese del 1440, la sede del questore (o tesoriere) del Principato Ultra risultava essere Benevento, all'epoca temporaneamente annessa al regno di Napoli[14].
Chiedersi dove fosse situata la sede della Regia Udienza prima della seconda metà del XVI secolo rischia, tuttavia, di rivelarsi una questione mal posta, inevitabilmente influenzata da miopi vedute campanilistiche. Infatti per tutto il Medioevo il potere pubblico si immedesimava nella giustizia, ma quest'ultima era amministrata in modo itinerante[15][16][17]. L'idea stessa di una "capitale" locale (ossia di un capoluogo) è sostanzialmente estranea alla mentalità medievale, a maggior ragione se si fa riferimento a una dimensione provinciale come quella di un giustizierato. Del resto, prima che si affermasse lo Stato moderno, le istituzioni non necessitavano di grandi spazi in cui insediarsi, perché il loro stesso apparato era ridotto all'osso; finanche nella Montefusco dei secoli XVII e XVIII, la presenza della Regia Udienza si sostanziava semplicemente in due strutture: il tribunale (con annesso carcere) e la caserma della Compagnia di Campagna. Occorre infine notare che a quei tempi la scelta del capoluogo era dettata da motivazioni essenzialmente geografiche o politiche, nel difficile tentativo di conciliare le esigenze della popolazione con le pretese dei feudatari, mentre non si teneva alcun conto delle dimensioni demografiche dei centri abitati: così, ad esempio, da un censimento del 1622 si evince che Montefuscolo, sede della Regia Udienza, contava appena 300 fuochi, mentre Ariano, a quel tempo la città di gran lunga più popolosa del Principato Ultra, annoverava ben 1899 fuochi.[18]
A partire dall'epoca aragonese il giustizierato prese il nome di "provincia", senza però mutare sostanzialmente le sue funzioni; la figura del giustiziere scompare, sostituita dalla règia udienza.
Dal 1581 al 1806 il preside della provincia e gli ufficiali della regia udienza risiedettero stabilmente (salvo brevi interruzioni) a Montefusco. Il feudo di Avellino era stato infatti acquistato nel 1581 da Marino Caracciolo, II duca di Atripalda; tra le condizioni poste dall'acquirente figurava anche il divieto di residenza di ufficiali regi nel feudo[19][20]. In quello stesso periodo Ariano era invece soggetta ai Gesualdo, dai quali si sarebbe riscattata soltanto nel 1585, allorquando entrò a far parte del demanio e divenne città regia, l'unica in tutto il Principato Ultra[21]; nel 1647-48, al tempo della rivolta di Masaniello, fu proprio Ariano ad ospitare il preside della provincia e l'intera delegazione del tribunale del Principato Ultra[22].
Con la venuta dei francesi (8 agosto 1806) e la conseguente riorganizzazione amministrativa, venne creata l'Intendenza di Principato Ultra, avente quale capoluogo Avellino. Con la legge 132 del 1806 Sulla divisione ed amministrazione delle province del Regno, varata l'8 agosto di quell'anno, Giuseppe Bonaparte riformò la ripartizione territoriale del Regno di Napoli sulla base del modello francese. Negli anni successivi (tra il 1806 ed il 1811), una serie di regi decreti completò il percorso d'istituzione delle province con la specifica dei comuni che in esse rientravano e la definizione dei limiti territoriali e delle denominazioni di distretti e circondari in cui veniva suddivisa ciascuna provincia.
Dal 1º gennaio 1817 l'organizzazione amministrativa venne definitivamente regolamentata con la Legge riguardante la circoscrizione amministrativa delle Provincie dei Reali Domini di qua del Faro del 1º maggio 1816.
La sede degli organi amministrativi venne allora trasferita da Montefusco ad Avellino, ove l'ex convento domenicano sarebbe stato destinato a ospitare la nuova prefettura[23].
La provincia, con le innovazioni napoleoniche, era suddivisa in successivi livelli amministrativi gerarchicamente dipendenti dal precedente. Al livello immediatamente successivo alla provincia individuiamo i distretti che, a loro volta, erano suddivisi in circondari. I circondari erano costituiti dai comuni, l'unità di base della struttura politico-amministrativa dello Stato moderno, ai quali potevano far capo i villaggi[24], centri a carattere prevalentemente rurale.
La provincia comprendeva i seguenti distretti:
Ogni distretto era suddiviso in circondari per un totale di 34
Elenco degli intendenti della provincia di Principato Ultra durante il Regno di Napoli ed il Regno delle Due Sicilie[25]:
Il 25 ottobre 1860 il prodittatore di Napoli, Giorgio Pallavicino, emanava il decreto costitutivo della provincia di Benevento, sebbene al momento si rimandasse il progetto ad una futura legge che determinasse la "nuova circoscrizione, nel fine di ampliarne il territorio proporzionatamente alle altre Provincie".
"Accolto con soddisfazione in Benevento, il decreto prodittatoriale consacrava di fatto la natura tutta garibaldina della neonata Provincia, lasciando per il momento insoluto il complesso problema circoscrizionale. Per ovviare a una simile lacuna e realizzare insieme il massimo consenso popolare, erano state avviate sin dal 14 ottobre apposite consultazioni nei comuni, di cui si ipotizzava l'aggregazione. Il successivo 13 novembre fu richiesta al governatore una nuova pianta topografica, insieme con un ragionato progetto illustrativo, da sottoporre all'esame d'una commissione incaricata per la circoscrizione territoriale della Provincia di Benevento".[26]
Con il decreto del 25 ottobre 1860, il prodittatore proclamava la provincia beneventana rispolverando l'antica denominazione "Ducato di Benevento". Il Ministro dell'interno Liborio Romano affidava al governatore Torre “il mandato di elaborare un progetto, che dichiarasse quali delle limitrofe province dovessero mettersi a contribuzione, perché si creasse la nuova Provincia”.[27]
Per Torre era fuori dubbio che la capitale territoriale dovesse essere Benevento, "città di antiche memorie, di generosi fatti, di patite sventure". A capoluoghi di distretto, perse le speranze su Ariano, erano stati destinati Cerreto e San Bartolomeo in Galdo, "i soli comuni che dopo Benevento meritino il nome di città".
Il 17 febbraio 1861 il principe Eugenio di Savoia-Carignano, Luogotenente generale del Re nelle Provincie Napoletane, su proposta dell'incaricato di Liborio Romano al Consiglio di Luogotenenza, decretava i definitivi distacchi dei circondari e di alcuni comuni sottratti qua e là: con l'articolo 3 si stabilivano le compensazioni per le province che perdevano paesi, ad eccezione della Terra di Lavoro che, nonostante le cessioni, contava 727.000 abitanti.[28]
I confini vennero più volte modificati, con il circondario di Paduli ora fuori ora dentro il territorio beneventano, strappato poi definitivamente al Principato Ultra quando quest'ultimo venne compensato con il Vallo di Lauro e il Baianese.[26]
La provincia di Principato Ultra perdeva così 29 comuni (18 dei quali sottratti al distretto di Avellino) ricadenti nei circondari di:
Non mancarono le proteste del consiglio provinciale di Avellino, il cui comune incaricò di occuparsene l'avvocato Nicola Montuori. Questi aveva pubblicato il volumetto Avellino e Benevento al cospetto d'Italia, in cui, per l'antica appartenenza al medesimo ceppo dei Liguri, chiedeva l'intervento dei deputati genovesi: “Alla Città di Genova / La capitale del Principato Ulteriore / memore / che gli abitanti della Provincia / hanno sangue e tradizioni / comune coi Liguri / dedica ed offre / perché innanzi al Parlamento Italiano i suoi Deputati / possano appoggiare le ragioni / che espone / e vieppiù raffermare i vincoli / dell'antica fratellanza.[31]
Ma fu Liborio Romano a decidere anche questo, visto il successivo decreto del 17 febbraio 1861, sempre a spese delle province di Principato Ultra, Terra di Lavoro, Molise e Capitanata. Quella che definì una nuova provincia “il meglio possibile terminata e configurata”, comprese 20 circondari con 74 comuni e una popolazione globale di 244.275 abitanti.
Il comune di Apice, unitamente a tutto il circondario di Paduli, venne strappato, dopo quasi ottocento anni, al distretto di Ariano e al comune gemello di Montemiletto, a cui era stata legato da secoli, per antica appartenenza ai principi Tocco, nella contea di Montaperto. Come rilevava Torre nella Notificazione del decreto, c'era il problema di affratellare popolazioni tra sé lontane e talora discordi per inveterate tradizioni civili e amministrative, "per guisa da costituire quella compattezza di morali e materiali rapporti nella quale sta la provinciale autonomia". Per il Principato Ultra e per le altre province non ci fu modo di recuperare i territori perduti, sebbene i deputati locali, il 15 aprile 1861, capeggiati dall'onorevole Beniamino Caso di Piedimonte, presentarono una proposta di legge per sospendere gli effetti del decreto luogotenenziale rimandando il tutto ad una ridefinizione delle circoscrizioni provinciali nell'ambito dell'Organamento amministrativo generale del Regno.[30]
Esaurito l'entusiasmo iniziale, la nascita della provincia di Benevento suscitò molte proteste da parte dei deputati delle province chiamate a contribuire alla formazione del nuovo territorio. In modo particolare furono quelli di Terra di Lavoro a lamentarsi durante la seduta del 15 maggio 1861 presso la Camera di Torino.
Sotto la presidenza di Rattazzi, iniziò la discussione di un progetto di legge dei deputati Caso, Cardente, Tari, Pallotta, Leopardi, Amicarelli, Moffa, per la sospensione del decreto luogotenenziale, già avanzata il 3 aprile da Caso, Massari, Conforti e Cardente per annullare quella conferma ad un atto della Dittatura Garibaldi del 25 ottobre 1860. La proposta abrogativa sottolineava che la circoscrizione territoriale non era stata fatta con giusti criterii.[26]
Il risultato fu un acceso contrasto con i deputati che ne difendevano la validità e la necessità dell'esecuzione, tra i quali l'ex ministro al ramo, Liborio Romano, che concluse un eloquente discorso a favore dei Beneventani, senza nulla riconoscere alle popolazioni annesse.
«Benevento ha un'importanza storica e può vantarsi di un fatto moderno. Al primo sventolare della bandiera Sabauda si sottrasse al giogo clericale, e contribuì, potentemente, al movimento unitario delle provincie limitrofe. Questa eroica città ci schiude le porte del seggio della città eterna, e ci mena in Campidoglio.»
Dopo Macchi, Grella, Massari e Ciccone, decisivo fu il secondo intervento di Federico Torre il quale affermò come 50 comuni avessero espresso per iscritto il desiderio di far parte della nuova provincia di Benevento. Questi, all'unisono con il Governo, contrastò in maniera forte l'idea di sospendere la ripartizione ed esultò quando la proposta di Beniamino Caso fu respinta a larga maggioranza parlamentare, quel 15 maggio 1861, restando così approvato l'assetto varato col decreto del 17 febbraio, anche per non disturbare le prime votazioni dei consiglieri provinciali e il loro insediamento.
Al termine della discussione, infatti, il ministro agli Interni Marco Minghetti richiamò i deputati perché "compito del Parlamento era quello di deliberare, non di sospendere", rimandando alle elezioni locali che avrebbero potuto trattare meglio la delicata questione delle circoscrizioni. La legge Caso fu respinta e il Consiglio di Luogotenenza stabilì i comizi municipali per le elezioni comunali di domenica 9 giugno (scheda rossa) e quelli per le provinciali del giorno 16 (scheda verde).[30]
In effetti Benevento, prima dell'unità d'Italia, aveva lottato da sempre per entrare a far parte del Regno di Napoli, ma ciò non giustificava la ridisegnazione della nuova provincia con la quale, secondo alcune interpretazioni, venivano annesse popolazioni tradizionalmente diverse al fine di aumentare il numero degli abitanti necessari solo a nuovi seggi elettorali.[32]
Dopo la nascita della provincia si passò, con decreto del Luogotenente del 17 luglio del 1861, alla legittimazione delle nuove amministrazioni comunali e relativi sindaci. Ad Apice fu eletto primo cittadino Francesco Falcesti. Non restava che annunciare le votazioni dei componenti del primo consiglio provinciale. Da qui l'indizione dei comizi elettorali per eleggere 40 consiglieri, di cui 18 del Circondano di Benevento (5 Benevento, 2 Vitulano, 2 Montesarchio, 3 Airola, 1 San Giorgio la Montagna, 2 Pescolamazza, 2 Paduli, 1 Arpaise e Ceppaloni), 12 del Circondano di Cerreto (2 Cerreto, 1 Cusano, 1 Guardia, 1 Morcone, 2 Pontelandolfo, 2 Solopaca, 2 S. Agata dei Goti), 10 del Circondano di San Bartolomeo (1 San Bartolomeo, 2 Santa Croce di Morcone, 2 San Giorgio la Molara, 2 Baselice, 2 Colle, 1 Castelfranco). Apice e Buonalbergo rientrarono nel Mandamento di Paduli i cui due rappresentanti erano già presenti nella seduta inaugurale del 2 luglio, quando vennero eletti Presidente Michele Ungaro, Vicepresidente Pietro Montella, Segretario Onofrio Parente e membro della deputazione provinciale Marco Bifani.[33]
La circoscrizione territoriale venne ridiscussa ancora una volta nella seduta del 7 dicembre, alla presenza del prefetto Gallarini, tentando di distaccare nuovamente Airola in cambio dei mandamenti di Cervinara, Altavilla e Montefusco, cosa che non avvenne per opposizione del professor Parente di Ceppaloni che preferì Airola, considerandola parte integrante della “centralità” di un non meglio certificato Sannio Beneventano.[32]
La provincia portava quale suo stemma uno scudo troncato di rosso e d'argento con, nella metà rossa, una corona mentre lo scudo è a sua volta timbrato da una corona da principe.
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