Malcesine
comune italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Malcésine (Malsésen in veneto[5]) è un comune italiano di 3 580 abitanti della provincia di Verona in Veneto. Nota località turistica sulla sponda veronese dell'alto lago di Garda, vanta il riconoscimento turistico-ambientale Bandiera arancione conferito dal Touring Club Italiano.
Malcesine comune | |
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(IT) Malcesine (VEC) Malsesen | |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Veneto |
Provincia | Verona |
Amministrazione | |
Sindaco | Giuseppe Benamati (lista civica) dal 10-6-2024 |
Territorio | |
Coordinate | 45°46′N 10°49′E |
Altitudine | 89 m s.l.m. |
Superficie | 69,29 km² |
Acque interne | 12,22 km² (17,64%) |
Abitanti | 3 580[1] (31-10-2023) |
Densità | 51,67 ab./km² |
Frazioni | Cassone, Navene[2] |
Comuni confinanti | Avio (TN), Brentonico (TN), Brenzone sul Garda, Ferrara di Monte Baldo, Limone sul Garda (BS), Nago-Torbole (TN), Riva del Garda (TN), Tignale (BS), Tremosine sul Garda (BS) |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 37010, 37018 |
Prefisso | 045 |
Fuso orario | UTC+1 |
Codice ISTAT | 023045 |
Cod. catastale | E848 |
Targa | VR |
Cl. sismica | zona 2 (sismicità media)[3] |
Cl. climatica | zona E, 2 131 GG[4] |
Nome abitanti | melsinei, malcesinesi |
Patrono | santo Stefano |
Giorno festivo | 26 dicembre |
Cartografia | |
Posizione del comune di Malcesine all'interno della provincia di Verona | |
Sito istituzionale | |
Malcesine dista circa 60 chilometri da Verona. Rispetto al capoluogo è in posizione nord-ovest ed è il comune più a nord della costa veronese del lago di Garda e della provincia stessa.
Il comune confina con altre due regioni, la Lombardia (provincia di Brescia) e il Trentino-Alto Adige (provincia di Trento).
L'area comunale presenta un forte dislivello, in quanto parte dall'altezza del lago (89 m s.l.m.) e arriva sulla cresta del Monte Baldo (2.218 m s.l.m.), coprendo una superficie di 69,29 km². Sul suo territorio, nella frazione di Cassone scorre uno dei fiumi che si possono considerare i più corti del mondo: il fiume Aril, lungo circa 175 metri.
Frazioni
Località principali
Nel periodo invernale la temperatura rimane quasi sempre al di sopra dello zero, con massimi storici di oltre 20 gradi. L'estate è calda con temperature che arrivano ai 30° alleviate dai due venti principali, l'Ora che soffia da sud e il Pelèr che soffia in senso opposto.[6] Nel complesso il clima è di tipo submediterraneo.
La prima comparsa del toponimo risale al 9 settembre 844, quando il termine Manessicelles risulta nel testamento dell'Arcidiacono Pacifico con il significato, secondo il Borsatti,[7] di ai sepolcri dei morti: tale significato sarebbe corroborato dal ritrovamento di alcune sepolture in stile etrusco nei dintorni dell'abitato. Nel corso dei secoli si succedono molte varianti documentali: Manascicines (932), Malesicine (1023), Malesisicis (1154), Malesisinum (1159), Malasilice (1225), Malsexeno (1422), Malsesene (1611) per citarne solo alcune riportate dal Maffezzoli.[8] L'etimologia del toponimo è tuttavia incerta, ruotando intorno all'interpretazione di Malae silices o Mala silex come "Pietra ostile" o "Cattiva pietra", riferendosi probabilmente alla morfologia del territorio caratterizzata da monti scoscesi che si elevano sul lago, o come "Cattiva strada selciata" di origini romane.[9]
La comunità di Malcesine ebbe un suo stemma e lo impresse anche su monete di cui facsimili sono impressi sulla campana del castello forgiata nel 1442. È riprodotto a mezzo rilievo sulla serraglia della porta d'ingresso di una casa a Porto Vecchio, oggi Piazza Magenta (1531), e dipinto sopra la nicchia della stessa abitazione nel 1797. Si trova riprodotto, altresì, in pietra sopra la porta maggiore della Chiesa della Madonna della Fontana, ricostruita nel 1600. All'interno della stessa chiesa è riprodotto sul piedistallo della coppa dell'acqua santa. Si trova poi sulla bandiera della Gardesana dell'Acqua custodita nella casa dei Conti Da Lisca.
È inserito, infine, all’interno della bandiera del comune come testimoniato dai primi documenti ufficiali che attestano l’esistenza, già a partire dal XVIII secolo, di una bandiera del comune di Malcesine a forma di drappo dal colore rosso e contenente il suddetto stemma.[10] La bandiera venne ufficialmente adottata dopo la richiesta nel 1924, anno in cui il comune chiese al capo del Governo di poter usare il proprio stemma legalmente originario, allegando un fac-simile. La Consulta Araldica, vista la richiesta, concesse l'utilizzo con questa descrizione: "di rosso; al castello merlato d'argento aperto e finestrato di nero; sormontato da un mastio pure d'argento, cimato da una bandieruola d'oro svolazzante a sinistra; il castello fondato sopra un monte di verde uscente da una riviera d'argento".[11]
La Consulta Araldica modificò dunque l'originale dello stemma nel modo seguente:
Per comprendere la realtà preromana del territorio del lago di Garda occorre ricordare che il panorama antropologico e archeologico è vario e complesso: tutto il territorio è infatti stato oggetto di intenso popolamento umano, di cui si scorge una certa continuità nel suo sostrato preindoeuropeo (culture terramaricola, villanoviana, etrusca).
Fin dall'antichità Malcesine fu abitata da diversi popoli; probabilmente i primi furono i Libui, discendenti degli Iberi, nel 1500 a.C. circa. Una prova di questi insediamenti è il ritrovamento di tre tombe nel 1924 nel campo Manesch (forse corruzione di Manes – morti), quando vennero scavate le fondamenta per la falegnameria Romani. Le tombe avevano una lunghezza e una larghezza di 0,80 m e un’altezza di 0,60 m. Ognuna di queste tombe era circondata da lastre di pietra e conteneva ossa di individui sepolti in posizione ranicchiata. Delle tombe oggi non rimane sostanzialmente nulla poiché gli sterratori erano interessati solo al reperimento di monete.[13]
Intorno al 1650-1500 a.C. è testimoniato l’uso, in taluni casi, del rituale dell’incinerazione, che andò così ad accompagnare quello dell’inumazione. L’impiego di questo nuovo rituale, nella zona, fu documentato dal ritrovamento di altre nuove tombe, per l’esattezza quattro. Tre di queste tombe erano grandi, circondate da lastre di pietra, e contenevano un individuo disteso – orientato con i piedi a est e il capo ad ovest. Su quale popolo abbia introdotto a Malcesine il rituale dell’incinerazione sono state avanzate varie ipotesi, alcuni paleontologi hanno suggerito che si trattasse di genti venute da settentrione, forse i Centiberi o i Paleoveneti.[14]
A Malcesine fu trovata anche un’antica iscrizione latina che ricordava il rifacimento di un tempio pagano dedicato alla Madre degli dèi e ad Iside. Secondo alcune fonti antichi (tra cui Pausania) il culto della Madre degli dèi si sviluppò in Asia Minore, per la precisione a Meonia. Infatti, il tempio non è una costruzione romana e la dea stessa non è di origini romane poiché il suo culto si incontra in luoghi che solo successivamente passarono sotto il dominio romano. Questo testimonierebbe perciò che l’antica gente malcesinese, che fondò il tempio in onore della dea, doveva avere qualche relazione – più o meno diretta – con la Meonia, relazione che, tra l’altro, avevano anche gli Etruschi i quali, nel corso del tempo, avrebbero dato vita ad una serie di colonie nella zona di Malcesine. L'ipotesi di una presenza etrusca, in realtà, non è unanimemente condivisa, anche se vicino all'attuale castello sono stati ritrovati resti di camere sepolcrali, dall'antico nome Lacaor, cioè "all'altura delle tombe", di tipo etrusco.[15]
Per quanto riguarda i primi insediamenti questi erano ubicati sopra una piattaforma di roccia, naturalmente difesa a nord e ad est, e difesa da una muraglia artificiale a sud e ad est. Questo rendeva l’insediamento inaccessibile ai nemici e favorevole al il controllo del territorio. Uguale usanza di realizzare le abitazioni su alture si trova a Calcata, Orte ed Orvieto, antiche sedi degli Etruschi.[16]
A confermare una possibile presenza etrusca vi sarebbero anche una serie di nomi prettamente ionici – e che esprimono esattamente la natura del luogo a cui sono apposti. Nella zona dell’abitato si incontrano:
Nella zona della campagna si trovano:
Questi toponimi preromani, alcuni dei quali sono stati classificati tali anche dal Dante Olivieri nella sua opera Studi sulla toponomastica veneta, dovettero essere apposti da genti che abitarono in quest’area e che parlavano un linguaggio ionico; e queste genti altro non sarebbero che gli Etruschi.[17]
Molto probabili furono anche i contatti con i Galli cenomani e le popolazioni retiche.[18]
Dopo il 225 a.C. e la battaglia di Talamone inizia la "romanizzazione" dell'Italia settentrionale: nel 218 a.C., con la fondazione di Piacenza e Cremona, si ha la creazione delle prime colonie in Italia settentrionale, tuttavia, questo fenomeno di colonizzazione non avrà seguito fino a che non si sarà conclusa almeno la seconda guerra punica. E così, tra 190 a.C. e 179 a.C., i Romani torneranno a inviare nuovi coloni nell’Italia settentrionale, andando a fondare colonie quali: Bologna, Parma, Modena, Aquileia ecc. Inoltre, nel 148 a.C. viene realizzata la via Postumia, strada che collegava Genova ad Aquileia passando per Piacenza e Cremona. Per quanto concerne Verona e il suo territorio – in cui si trovava Malcesine – la storia non fornisce informazioni né sull’epoca né sul modo in cui venne conquistata, per lo meno nella prima fase. Prove più consistenti vi sono solo per la fase successiva, per la precisione al 49 a.C., quando venne istituito il municipium.
Nel corso della seconda metà del I secolo a.C. si definisce progressivamente l'integrazione dei popoli che abitavano i territori veneti, come Cenomani e Veneti, nell'ambito dello stato romano. La romanizzazione fu graduale e intorno al 40 a.C. città come Brescia (Brixia) e Verona ottengono la cittadinanza romana; il territorio del lago di Garda viene diviso in pagi e Malcesine, con Riva e la sponda bresciana fino a Gardone, finiscono in mano alla tribù Fabia.[18][19] Al termine del I secolo a.C. e fino alla metà del secolo successivo la costruzione della via Claudio-Augusta permette un collegamento efficace tra le città di Verona e Trento (Tridentum) attraverso la Valle dell'Adige, tuttavia la presenza di insediamenti rilevanti in questo periodo è limitata ad alcuni pagi e vici ubicati prevalentemente lungo le coste meridionali del lago (tra Pacengo e Colà, tra Salò e Gargnano, Peschiera, Sirmione).
In questo contesto la presenza romana a Malcesine, probabilmente limitata ad alcune famiglie gentilizie, è testimoniata sia dalla lingua quanto dai monumenti. Questo sarebbe confermato da: alcune voci latine usate tuttora nel linguaggio famigliare, nomi di alcune località, alcune tombe, parecchie monete ed una lapide.
Voci vive ancora oggi nel linguaggio popolare:
Nomi toponomastici:
Le tombe romane rinvenute sono tre, tutte in prossimità dell’attuale centro storico: due di piccole dimensioni, coperte con una tegola, scoperte una nel 1909 in piazza Statuto scavando le fondamenta del complesso scolastico, l’altra nel 1860 circa a Sammasoo; la terza, di dimensioni normali, fu scoperta nel 1922. Le monete rinvenute al loro interno, insieme ad altre trovate nei dintorni, risalgono ad un periodo tra il I e il IV secolo d.C.[20]
Secondo il Borsatti[21] e il Maffezzoli[22], a Malcesine era presente, dal 1540 - anno del suo ritrovamento presso la Pieve di S. Stefano - fino al 1700, un'iscrizione romana che ricorda la presenza di un tempio dedicato a Cibele e Iside, due divinità orientali il cui culto era diffuso nell'area geografica dell'Alto Lago, probabilmente irradiatosi dalla Val di Non. Studi di anni recenti[23] attribuiscono la provenienza di tale iscrizione, risalente al I-II secolo d.C. e attualmente conservata nei sotterranei del Museo Lapidario Maffeiano di Verona, alla città di Arco, in provincia di Trento. L’iscrizione[24] recita:
«MATRI DEVM ET ISID G. MENATIVS G. FILIVS FAB. SEVERVS FANVM REFE CIT ET PRONAVM DE SVO FE CIT EX VO TO»
«ALLA MADRE DEGLI DÈI E A ISIDE G. MENAZIO FIGLIO DI G. DELLA TRIBU’ FABIA COGNOMINATO SEVERO RISTORO’ IL TEMPIO E VI FECE L’ATRIO A SUE SPESE PER ADEMPIMENTO DI VOTO»
Il Maffezoli ha infine avanzato l'ipotesi che la presenza di un tempio dedicato ad Iside sia rafforzata dal ritrovamento a ridosso della casa canonica, nel 1976, di quattro capitelli in pietra serena lavorata, che raffigurano ciascuno cinque flabelli sormontati da volti femminili a loro volta contornati da foglie.[25]
L’esistenza a Malcesine di un tempio pagano – con iscrizione romana – porterebbe ad ipotizzare all’esistenza, in età alto imperiale, di un Vicus costituito da un complesso di case, fondi, poderi e masserie. La coltivazione delle terre veniva affidata ai coloni e ai liberti i quali, durante le loro vicinie (comizi degli abitanti del vicus) eleggevano annualmente il magistrato del luogo, ovvero il magister vici. Il vico Malesisine del 1023, il magister Campi del 1193 e il nome vicinia dato alle adunanze comunali del 1611 sono i rimasugli del vicus malcesinese dell’epoca romana.[26]
A livello religioso, è attestato che il Cristianesimo attecchì – seppur in maniera lieve – anche a Malcesine, forse già dal III secolo d.C. Più certa è la sua diffusione nel IV secolo d.C. All’inizio, per compiere le pratiche religiose, dovettero riunirsi in luoghi privati e solo successivamente, quando anche il loro numero aumentò, tramutarono i templi pagani ad uso cristiano: il tempio della Madre degli dèi, ad esempio, venne convertito al culto del “vero Dio”. Per quanto riguarda le testimonianze fisiche di chiese di epoca romana, tuttavia, non resta nulla di certo. L’antica chiesa dedicata a S. Stefano, che poteva fornire informazioni in tal senso, fu infatti demolita.[27]
Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente avvenuta nel 476 d.C. inizia per Malcesine un periodo di invasione da parte dei Barbari. I primi ad arrivare furono gli Ostrogoti guidati dapprima da Odoacre successivamente da Teodorico e da una serie di re ostrogoti, per lo meno fino al 553 d.C.
Già in questo periodo il territorio di Malcesine apparteneva alla corte del Monastero di San Colombano del Priorato di Bardolino, dipendente dall’Abbazia di San Colombano di Bobbio e del suo feudo monastico[28].
L’arrivo dei barbari cambia gli assetti politici ed economici del territorio, infatti, un terzo delle terre finirà nelle mani dei barbari e sarà inserito un magistrato ostrogoto in ogni città.
Dal 553 d.C. avviene l’invasione degli Alamanni, scesi in Italia per difendere gli Ostrogoti sconfitti da Bellisario e Narsete. Si tratta di due eserciti, sconfitti uno a causa della peste e il secondo per mano del generale di Giustiniano, Narsete.
Successivamente per circa 13 anni i Greci riusciranno a governare militarmente l’Italia, ribaltando la situazione politica del territorio. Le misure messe in atto permetteranno la formulazione dei diritti dominicali del vescovo di Verona su Malcesine, che durarono quasi per tutto il Medioevo.
Intorno al 568 d.C. scesero in Italia, dalle Alpi, i Longobardi guidati dal re Alboino; questi occuparono l’Italia settentrionale e centrale imponendo i loro ordinamenti politico-militari. Si trattava di un sistema piramidale dove al vertice vi era il re (a cui andava un terzo del bottino), poi vi erano i duchi (che governavano i propri ducati). Questi creavano la propria corte nelle città, suddivise in marche o vici occupate da fare o tribù. Ognuna di queste era governata da un capo (faro o barone). Gli altri vivevano in luoghi sparsi nel bosco del Baldo di cui a volte si riesce a vedere le testimonianze ancora oggi. I luoghi ricercati erano ampi spazi di terra selvaggia dove dedicarsi alla caccia[29].
I Longobardi verranno spazzati via dai Franchi che arriveranno nel 590 d.C. La loro discesa porterà alla distruzione di molti centri, tra cui Brentonico, Volene ed Ennemase, ritenuto dalle fonti Malcesine. È Paolo Diacono che nella sua descrizione dei castelli distrutti, delinea tale percorso seguendo il corso dell’Adige e, dopo Brentonico e Volene, indica Ennemase che, quindi, corrisponderebbe geograficamente a Malcesine. Questa fonte può essere confermata da un’indagine fonetica secondo cui nel volgo locale Malcesine fosse pronunciata Malsesene. Oggi in realtà vi sono parecchi dubbi secondo cui in realtà Ennemase indicherebbe Castelfeder.
Malcesine dopo il passaggio dei Franchi si trova in uno stato di distruzione, nei suoi scritti Paolo diacono afferma che tutti i cittadini furono ridotti in schiavitù, e che molte strutture furono distrutte, tra cui il castello, probabilmente sede di una tribù longobarda e luogo di amministrazione dei beni del re, che poi divenne proprietà del comune[30].
Con Carlo Magno si ha la divisione del territorio in 20 distretti giudiziari, ciascuno dei quali era governato da un giudice, gastaldione o guarda, ed è proprio questo termine da cui deriverà il toponimo gardense. Con la divisione dell’impero di Carlo Magno ai suoi figli, l’Italia passo nelle mani di Pipino, con Verona come sede ufficiale. Secondo alcune fonti che testimoniano la devozione di Pipino verso S. Benigno, al fine di salvare la sua anima, si attesta che il re si recò spesso a Malcesine.
In questo periodo verrà eretta la cosiddetta chiesa di S. Stefano, attorno alla quale nascerà la leggenda della Merla, che bloccò il passaggio a S. Benigno nel viaggio verso la deposizione delle ossa di S. Zenone. Oggi la leggenda è ricordata attraverso la presenza di una merla in metallo fuso. Nonostante i documenti testimonino la sepoltura di S. Benigno nella chiesa di S. Stefano (IX secolo d.C.), della struttura che doveva trovarsi nella zona dell’attuale parrocchia non si conosce nulla.[29]
Con la morte di Carlo Magno nel 814 inizia un periodo di scontri per Malcesine. Si documenta un periodo in cui duchi, conti e baroni prendono possesso dei castelli ed entrano in competizione con i proprietari dei castelli dei territori vicini. Gli scontri nascono tra veronesi e popoli del lago, i primi in svantaggio marittimo chiedono aiuto ai veneziani da cui ottengono soldati e maestri navali, aggiudicandosi la vittoria dello scontro. Le fonti riportano che in questo periodo la rocca di Malcesine, che era stata distrutta dai Franchi nel 590, era stata riedificata. Berengario I, infatti, lo conferma in un documento in cui nomina la “corte nostra Meleto”, ed è chiaro che la presenza di una corte presuma la presenza di un castello. Poco successiva è l’invasione degli Ungari, che con i loro saccheggi costrinsero Berengario alla costruzione di rocche e fortificazioni[31].
Con il passaggio al feudalesimo si ha la concentrazione del potere nelle mani del re e dei suoi vassalli feudatari. I vescovi ottennero dai regnanti il dominio sul demanio. Nel 928 il vescovo di Verona, Notkerio, dispose alle pertinenze di Malcesine di stabilire il dazio nella zona tra Fossalta e Navene e le legò alla chiesa di Verona.
Un documento testimonia che nel 1023: signore di Malcesine era Giovanni, vescovo di Verona quindi colui che esercitava ordinariamente la giurisdizione civile; vicedomino era il sacerdote Bruno che aiutava il vescovo; camerario era Pietro, diacono che teneva un registro delle rendite; canevario era Zusto, colui che pagava gli impieghi. Inoltre, è attestato che anche a Malcesine esistevano uomini liberi, consorti, servi e famuli, come si legge da tre documenti datati tra 993 e 1023.
Malcesine, che si trova sotto la signoria del vescovo, gode di indipendenza e “maggior civiltà” e nel 1145, con la protezione del pontefice sul vescovo di Verona (e quindi su Malcesine), lascia intuire che il popolo malcesinese divenne ora un popolo libero, che si elevò ad uno stato di comune indipendente. Malcesine si trovava inoltre in una posizione di supremazia rispetto a tutto il lago, lo dimostra, ad esempio, la consuetudine di nominare un malcesinese come primo capitano del lago e il riconoscimento dalla Repubblica Veneta nel riscuotere il dazio[31].
Durante il periodo di Enrico II il territorio gardense e il Benaco si trovavano nelle mani di Tadona, padre dell’allora vescovo di Verona, e rimasero nelle mani della famiglia dei vescovi che giurarono di non cederlo mai alle mani del Barbarossa. Con la pace di Costanza del 1183 furono confermati diritti e libertà che il comune si era lentamente conquistato. Fu concesso da Federico di battere moneta, di avere pascoli pubblici, la pesca nei fiumi e nei laghi e, infine, fu mantenuta la giurisdizione civile e criminale. Al vescovo di Verona furono riconosciuti i diritti civili sulla provincia e su Malcesine e fu negata la costruzione di fortezze a Malcesine, Brenzone o in altre frazioni senza la disposizione del vescovo. I documenti del tempo dimostrano come le case fossero divise in tre rioni: la rocca o castello, la villa di sopra o superiore, la villa di sotto o platea (probabilmente il luogo delle adunanze consigliari).
Nel 1277 con Alberto della Scala capitano generale del Comune di Verona, Malcesine si trova sotto il dominio degli Scaligeri. Malcesine ottenne così diversi privilegi, tra cui l’esenzione dagli oneri sia reali, sia personali, imposti o da imporsi dal comune di Verona. Nel 1387 Gian Galeazzo Visconti duca di Milano, mosse guerra ad Antonio della Scala, assalito dal capitano Ubaldini. Il Visconti prese tutte le fortezze del lago, tra cui Malcesine, dominandola per circa 17 anni.
Nel 1404 il Carrarese, signore di Padova, dominò Verona e quindi Malcesine; si tratta di un periodo piuttosto corto in quanto nel 1405 i comuni del lago si posero tutti sotto il dominio della repubblica Venezia[31].
È di questo periodo l'istituzionalizzazione della Gardesana dell'Acqua, una suddivisione del territorio gardense in distretti che risale alla dominazione viscontea e che conferma gli antichi statuti di epoca Medievale con cui si reggevano le varie comunità della sponda veronese del Garda. Si tratta di una sorta di confederazione costituita dai vicariati di Torri, Garda, Lazise, Villafranca, Valeggio, Monzambano, Bussolengo, Cavaion, Caprino, Preabocco, Cisano, Castelnuovo, Cavalcaselle, Custoza, Salionze, Sirmione, Sandrà, Albarè, Fornello, Affi-Incaffi-Gaion e Pastrengo.
Nel 1517 la Gardesana si scinde in Gardesana della Terra e Gardesana dell'Acqua: quest'ultima si presenta come un organismo sovracomunale stabilmente costituito in forma di circoscrizione di tipo fiscale. Comprendeva i vicariati di Brenzone, Pai e Malcesine a nord, Torri, Albisano, Garda, Costermano al centro, Lazise, Cisano e Bardolino a sud. I comuni che facevano parte della Gardesana dell'Acqua eleggevano 18 consiglieri che si riunivano due volte l'anno a Torri; il consiglio era presieduto dal Capitano del lago, che abitualmente risiedeva a Malcesine e veniva eletto ogni cinque anni. La Repubblica di Venezia attribuiva grande importanza alla Gardesana, che era intesa come strumento di controllo e di gestione fnanziaria del lago. Il consiglio generale aveva il compito di mantenere la pace, raccogliere dazi per Venezia, mantenere le barche e i porti del lago, agire per la difesa del territorio, mantenere i privilegi e richiedere imposte straordinarie.[32]
Dal 1797, a seguito dei trattati di Campoformio prima e di Luneville (1801), il territorio malcesinese passa sotto la giurisdizione napoleonica fino al 1815 quando, con la Restaurazione, insieme al regno Lombardo-Veneto, entra a far parte dell'Impero Austriaco. A partire dal 1866, con la III Guerra d'indipendenza, Malcesine diventa italiana.
«13 settembre sera: Alle tre di stamane partii da Torbole con due barcaioli. Sul principio il vento era favorevole, tanto che poterono spiegare la vela. La mattina era splendida, bensì nuvolosa, ma, all’albeggiare, tranquilla. Passammo davanti a Limone, dagli orti ripidi disposti a terrazze e piantati a limoni, che offrono un florido e lindo panorama. Ogni orto consiste di file di pilastri bianchi quadrangolari, che, a una certa distanza l’uno dall’altro, risalgono il monte a gradinate. Sopra i pilastri sono posate robuste pertiche per proteggere d’inverno gli alberi piantati negl’intervalli. La lentezza del viaggio era propizia alla vista e all’osservazione di tutti quei bei particolari, e stavamo già oltrepassando Malcesine quando il vento cambiò brutalmente e soffiò nella direzione normalmente tenuta di giorno, cioè verso nord. I remi servivano a poco contro la violenza delle acque; dovemmo perciò approdare nel porto di Malcesine, prima località veneziana sulla sponda orientale del lago. Quando si ha a che fare con l’acqua non si può mai dire: oggi sarò qui oppure sarò là. Penso di sfruttare nel miglior modo questa sosta, soprattutto per fare un disegno del castello, elegantemente posto a specchio dell’acqua. Oggi, passandovi davanti in barca, ne ho già ripreso uno schizzo.[33]»
Nell’autunno del 1786 Johann Wolfgang von Goethe intraprese il suo primo viaggio in Italia. Dopo aver visitato Trento e Rovereto, il 12 settembre si fermò a Torbole per poi raggiungere Malcesine in barca. Qui, colpito dalla bellezza del Castello Scaligero, sostò per redigere uno schizzo della fortificazione. Colto dalle autorità veneziane nell’atto di abbozzare il disegno, il poeta fu fermato e tratto in arresto con il sospetto di essere una spia austriaca:
«14 settembre: il vento contrario che mi sospinse ieri nel porto di Malcesine mi ha procurato un'avventura pericolosa, che però ho sopportato di buon umore e che nel ricordo mi appare divertente. Come mi ero proposto, stamattina di buon’ora mi sono recato al vecchio castello, il quale è accessibile a chiunque, essendo privo di porte, custodi e di sentinelle. Mi sedetti nel cortile di fronte alla vecchia torre, costruita sulla roccia viva; avevo trovato un comodissimo posticino per disegnare: entro il vano d’una porta chiusa, alta tre o quattro gradini dal suolo, un sedile di pietra lavorata, come ancora se ne trovano anche nei nostri vecchi palazzi. Non ero lì da molto, quando varia gente entrò nella corte e prese a osservarmi andando e venendo. Il gruppo s’infittì: finalmente si fermarono e mi fecero circolo attorno. Era evidente che il mio disegno li aveva incuriositi; io però non mi lasciavo disturbare e proseguivo tranquillo. Alla fine un uomo dall’aspetto non molto rassicurante si aprì un varco fino a me e domandò cosa stavo facendo. Gli risposi che ritraevo la vecchia torre per conservare un ricordo di Malcesine. Lui replicò che non era permesso e che me ne andassi. Poiché aveva parlato in un rozzo vernacolo veneto, quasi incomprensibile per me, gli risposi che non avevo inteso. Allora, con flemma tutta italiana, egli afferrò il mio foglio, lo strappò e poi lo mise sul cartone. (...) Io me ne stavo sugli scalini, appoggiando la schiena alla porta, e guardavo dall’alto il pubblico che si andava accalcando sempre più. (...) La cosa mi mise di buon umore, talché, quando arrivò il podestà col suo attuario, lo salutai affabilmente e, avendomi egli chiesto perché disegnavo la loro fortezza, gli risposi con modestia che non avevo riconosciuto una fortezza in quelle quattro mura. Richiamai l’attenzione sua e dei presenti sullo stato di decadenza delle torri e dei muri, sulla mancanza di porte, in breve sul fatto che era in abbandono, e gli assicurai di non aver voluto fare altro che vedere e ritrarre una rovina. (...) L’attuario ribattè che le mie erano belle parole, ma l’imperatore Giuseppe era un sovrano poco pacifico, che senza dubbio macchinava qualche altro brutto tiro contro la Repubblica di Venezia; e io potevo magari essere un suo suddito, con l’incarico di spiare intorno ai confini[34]»
Confermata la sua identità lo scrittore fu poi rilasciato e, nonostante la disavventura, decise di posticipare la sua visita a Verona e di trattenersi a Malcesine anche il giorno successivo, affittando una stanza affacciata sul lago alla locanda Aquila Nera, che oggi porta il nome di hotel San Marco. A ricordare questo breve ma accidentato soggiorno sul lago di Garda, oltre alle pagine dell’opera Viaggio in Italia, che Goethe pubblicò nel 1816 al termine del suo Gran Tour italico, a Malcesine sono state apposte due targhe, una indicante il luogo in cui il poeta sostò per disegnare e l’altra che segnala l’albergo nel quale egli alloggiò le notti del 13 e 14 settembre. Nel 2004, inoltre, il Comune di Malcesine, avvalendosi della collaborazione del museo “Casa di Goethe” di Roma, ha dedicato al poeta tedesco una sala del castello che tanto lo affascinò e che oggi, per omaggiarne il passaggio, custodisce su una delle sue terrazze un busto in bronzo con l'effigie del suo volto.[35]
Lo scrittore Raffaello Brenzoni commenta così il ritrovamento del disegno:
«Il prezioso ritrovamento del bozzetto originale avvenne nello scorso anno (1936) da parte del Prof. Hans Wahl direttore del museo Goethiano di Weimar, e dalla riproduzione, che unisco, è ben visibile anche il segno della lacerazione subita da parte dell’incauto e ignorante popolano. (...) Il poeta trovò subito davanti un gustoso soggetto per un suo disegno: al di là dunque della porta “Siresina”, che costituiva l’accesso esterno della fortificazione, e di cui oggi, e fors’anche all’epoca di Goethe, non rimanevano che i grandi stipiti, i cardini e le incavature per le serrande, si presentava alla vista del Nostro una roccia a strapiombo su cui s’inerpicava la cortina merlata del castello. L’asprezza di quella rupe dalle cui screpolature uscivano verdi cespugli e alberelli, la forte squadratura delle merlature, corrose nel tempo, le feritoie lacerate ai bordi, e più in là, a pochi passi, il forte torrione profilantesi su un azzurro di cielo d’incanto, questo storico e pittoresco paesaggio, ripeto, posto in una così ricca e meravigliosa cornice naturale, dovette parlare profondamente al cuore del grande Poeta. Ambiente migliore e più consono all’anima dell’artista non poteva facilmente trovarsi, ed Egli, sognando trecentesche ferrigne armature dietro quelle feritoie, cominciò il suo abbozzo con animo fantasioso. Con segno fine, nitidissimo, sicuro aveva già costruito nel contorno la massa d’insieme, aveva indicato le principali screpolature della roccia, aveva visti e tratteggiati i lineamenti di un viso d’uomo; aveva inoltre, con perizia di disegnatore, segnato lo scorcio dei merli, seguenti, sulle mura, il movimento rotondo del roccione; ma, a quel punto, l’occhio vigile sospettoso dei contadini doveva fermarlo nel suo appassionato lavoro e preparargli quella sgradita avventura, ch’egli sopporto con umorismo, leggiadra e vivacità di spirito, ma che non deve mai essersi cancellata dalla sua memoria: così lo schizzo rimase incompiuto e lacerato quale si vede qui, per la prima volta riprodotto. Malcesine, 15 Gennaio 1937-XV.[36]»
Nell'estate del 1913 Klimt giunse sul Lago di Garda. A quel tempo, il lavoro di Klimt era cambiato, forse un po' più cupo. Impossibile non ridurre la creazione di ogni artista al proprio tempo e alla propria esperienza: all'inizio del 1900 fu rifiutato dall'Università di Vienna per i dipinti allegorici, per lui molto importanti. Non ha fornito l'interpretazione normativa prevista.
Nel 1913 Klimt non era più nell'età d'oro del fregio del palazzo della Secessione di Vienna. L'era del motto "Ogni epoca è la sua arte, e l'arte è la sua libertà" è finita. Ormai lontano dalla creazione del movimento separatista che nacque con altri artisti nel 1897, da quel momento in poi Klimt si concentrerà maggiormente sui ritratti di alte dame viennesi, in particolare quelle appartenenti a ricche famiglie ebraiche. Allo stesso tempo, si concentrò su paesaggi e vedute di giardini, abbandonando l'Art Nouveau.[37]
A partire dai primi anni del '900, Klimt e la sua famiglia trascorsero spesso lunghe vacanze estive al lago Attersee; qui l'artista si dedicò alla pittura di paesaggi e ancora paesaggi. Contrariamente alla sua abitudine, nel 1913 decise di recarsi sul Lago di Garda con la madre e le sorelle da luglio a settembre. In un primo momento si era pensato che alloggiasse a Tremosine dell'Hotel Morandi, dove ancora oggi è conservata una targa commemorativa ma, in realtà, secondo le pubblicazioni di Paul Bocaforio avvenute in questi anni, è stato riscontrato che avrebbe alloggiato presso Case Marche nella campagna di West Inner, a sud del paese. Il ritrovamento è correlato a una lettera e ad altre testimonianze scritte dalla sorella di Klimt a suo figlio Hermann. Questa fu l'unica vacanza che il pittore fece all'estero, e scelse il Lago di Garda.[38]
Le sue opere caratteristiche durante il suo soggiorno in Italia riguardano paesaggi, che non sono affatto realistici, infatti, anche se raffigurano soggetti concreti, non sono dei paesaggi reali quanto piuttosto dei paesaggi dell'anima. Klimt di solito iniziava ad eseguire questi lavori all'aperto, spesso con l'ausilio di un binocolo, per poi finirli nel suo studio. Si tratta di quadrati, delicati e immobili, che rappresentano l'osservazione della natura, libera da ogni ideologia.
Durante il suo soggiorno dipinse tre quadri:
Un denso mistero è associato al primo dipinto - il più venerato e noto - di cui esistono, ancora oggi, alcune fotografie. Secondo i documenti storici, Malcesine am Gardasse e Kirche in Cassone furono acquistate dall'amico di Klimt, Victor, un membro della famiglia Zukkander. Victor era un imprenditore di successo che gestiva uno dei più importanti complessi industriali ed apparteneva a una ricca famiglia ebrea viennese che per molti anni ha dominato la scena culturale della città. Aveva un forte interesse per l'arte ed era disposto ad acquistare oggetti da collezione raffinati. Victor conservò i dipinti di Klimt fino alla sua morte nel 1927.[38]
Successivamente, dopo varie vicende, il dipinto è entrato nella Collezione Lederer, considerata la più grande collezione di dipinti di Klimt. Il proprietario era un grande industriale, sposato con un'ebrea, e Klimt era un assiduo frequentatore della casa. Probabilmente, le tracce del dipinto sono scomparse poco dopo la sua incorporazione nell'impero nazista.
Fino a poco tempo fa si pensava che il primo dipinto fosse stato distrutto nel famigerato incendio del castello di Immendorf l'8 maggio 1945, quando le SS decisero di trascorrervi la notte e appiccare il fuoco all'intera serie di Lederer. Ad oggi è stata avanzata l'ipotesi che il dipinto sia stato trafugato e possa essere ancora in circolazione. Questo dipinto di Malcesine, infatti, non figurava in catalogo, ma suscitò il grande interesse del governatore nazista di Vienna Von Schilach.[38]
Il castello scaligero è un castello medievale collocato lungo la costa del lago di Garda. Sebbene le sue origini risalgono all'età longobarda, la sua denominazione deriva dal fatto che esso fu residenza degli Scaligeri tra il XIII e il XIV secolo.
Per via della sua posizione strategica nella difesa del lago e della città di Malcesine, il castello nel corso dei secoli è passato nelle mani di Longobardi, Franchi, Scaligeri, Veneziani, Visconti, Francesi ed Austriaci. La sua fama è correlata all'avventura di cui fu protagonista Goethe che nel 1768, in occasione del suo Gran Tour in Italia, tentò di ritrarlo ma venne scoperto dalla guardie che minacciarono di arrestarlo con l'accusa di essere una spia. Oggi all'interno del castello si trova la cosiddetta sala di Goethe, dove sono esposti i suoi disegni del Lago e del castello. Il castello, inoltre, è stato più volte inserito nei castelli più belli e meglio conservati d'Italia.[42]
Oggi il castello è sede sia del Museo di Storia naturale sia del cosiddetto Lacaòr (teatro all'aperto) dove si tengono spettacoli, concerti ed eventi.
Abitanti censiti[55]
Nel periodo estivo vi è una vivace attività culturale con numerosi concerti presso il Teatro Lacaor (suggestiva arena naturale ai piedi del Castello Scaligero) e mostre di pittura e scultura.
La polenta carbonera è un piatto tipico della gastronomia della Valle del Chiese, una tradizione che arriva anche a Malcesine attraverso il monte Baldo. Si tratta di un piatto sostanzioso che nasce dalla necessità dei contadini di consumare gli avanzi dei formaggi. Nella variante malcesinese si tende a utilizzare l’olio di oliva (che è un prodotto locale) al posto del burro.
Le sponde del lago, soprattutto della sua parte settentrionale, vantano una lunga tradizione di eremitaggi[58]: basti pensare ai santi Benigno e Caro, che eressero a loro dimora un antro posto a 834 metri di altitudine, sotto le vette del Baldo. Attorno a questi eremiti, il cui culto è ancora molto sentito sull’alto lago veronese, fiorirono numerose leggende, che spesso si confondono con la storia. Infatti, in un manoscritto conservato presso la Biblioteca Capitolare di Verona, dell’anno 807, si legge che il vescovo Ratoldo e il re franco Pipino, volendo traslare il corpo di San Zeno dall’antica chiesa alla nuova basilica, e non trovando in città nessuno degno di tale incombenza, mandarono dei messaggeri sul monte Baldo per convincere Benigno – Caro era solo il discepolo di quest’ultimo – a venire a Verona per spostare le reliquie del santo. L’eremita, udita l’ambasciata, non perse tempo e prese la strada della pianura, ma, poco sotto l’eremo, proprio sull’orlo della valle, una merla, nella quale si nascondeva il demonio, sbattendo le ali e svolazzando gli davanti, cercava di impedirgli di proseguire. Benigno allora le ordinò di immobilizzarsi e di stare in tale posizione fino al suo ritorno. E così fu. Il ricordo di ciò, un capitello che rappresenta appunto una merla, si trova ancora adesso sul luogo del presunto incontro, lungo il sentiero sul bordo della valle. Giunto in città, Benigno, assistito dal vescovo e dal re, pose le ossa di San Zeno nel sarcofago e poi se ne tornò a casa. Poco prima di arrivare all’eremo, trovò la merla morta: addolorato, per averne causato seppur inconsapevolmente la morte, si inflisse un severo digiuno di quaranta giorni. Secondo la tradizione Benigno e Caro morirono lo stesso giorno, il 26 luglio 808, ed ora i loro corpi riposano nella Parrocchiale di Malcesine. Ancora adesso, ogni anno, in autunno, questi santi sono ricordati con due feste distinte, una da parte degli abitanti di Malcesine ed una da parte di quelli di Cassone. Famosi eremiti furono pure sant’Ercolano, sulla sponda bresciana, e il beato Pietro Malerba a Torri, mentre romitori si trovavano anche in luoghi poi divenuti meta di pellegrinaggi, come il santuario della Madonna della Corona, sul monte Baldo, e quello di Montecastello, nel comune di Tignale.[58]
A Malcesine si praticano molte attività sportive legate al territorio e all'ambiente naturale, tra cui alcune non convenzionali. Lo sport più rappresentativo e praticato da tempo è la vela, perché il lago di Garda, in particolare alle latitudini più settentrionali, presenta condizioni di vento favorevoli e costanti: al mattino infatti soffia il Pelér da nord e al pomeriggio l'Ora da sud. La vela agonistica sul Garda è fortemente legata al territorio. Ben quattro sono stati i cittadini Melsinei a partecipare ai Giochi Olimpici in questa disciplina: Flavio Scala e Mauro Testa (classe Star Olimpiadi di Monaco 1972), Roberto Benamati (classe Star Olimpiadi di Barcellona 1982), Michele Marchesini (classe Finn Olimpiadi di Atene 2004).[59]
Malcesine è stata sede nel 2011 e nel 2013 di una tappa del Red Bull Cliff Diving, campionato mondiale di tuffi da grandi altezze.
Malcesine è anche sede italiana per i piloti di parapendio che praticano l'acrobazia vista l'alta quota sul lago che permette di effettuare le manovre acrobatiche in totale sicurezza.
Le condizioni climatiche sono perfette non solo per la vela ma anche per fare windsurf e kitesurf e questo ha portato all’apertura di scuole e servizi specifici per chi vuole praticare questi sport. Proprio a Malcesine nel 1976 ha aperto la prima scuola di windsurf d’Italia.
Nella zona sono presenti sia percorsi per gli appassionati di mountain bike sia percorsi più rilassanti per le vie ciclabili della costa. Tra i percorsi per mountain bike si ricordano in particolare:
In città, o nelle immediate vicinanze, si possono fare passeggiate o trekking più impegnativi. Il percorso a piedi più noto è il sentiero panoramico che unisce le località di Tempesta e del Parco delle Busatte: la prima si trova a circa 7 km da Malcesine, la seconda si trova invece più a nord, a meno di 2 km dal centro di Torbole. Questo sentiero lineare si estende lungo le montagne a ridosso dell’Alto Garda. In larga parte il percorso si svolge su apposite scalinate, tutte esposte, che contano in totale 400 scalini.
Malcesine è una delle poche località sciistiche del lago di Garda. Le piste da sci sul Monte Baldo comprendono piste per principianti, tracciati di media difficoltà e un paio di discese impegnative. Le piste raggiungibili in funivia da Malcesine sono quelle di Prà Alpesina, in località Passo Tratto Spino; gli impianti a quota più alta si trovano invece in località Ortigaretta alla Costabella e raggiungono i 2053 m.[60]
L'economia è prevalentemente turistica con presenza di attività agricola legata in particolare alla produzione di olio di oliva, e di allevamento.
La coltivazione dell’olivo è da molti secoli una delle attività principali di Malcesine. Il Garda orientale risulta infatti una delle più importanti aree di produzione olearia dell’alto medioevo, anche in virtù delle donazioni di terreni che gli enti ecclesiastici ottengono dall’autorità imperiale allo scopo appunto di coltivarli: si trovano attestazioni di oliveti a partire dal IX-X secolo e si registra un crescente interesse per l’olivicoltura. Ad esempio, nel 993 gli affittuari del monastero di S. Zeno si impegnano a piantare ogni anno 24 piante di olivo a Malcesine, a fornire uomini per la raccolta e ad assicurare il trasporto dell’olio fino a Bardolino lungo il lago. È da ricordare che la destinazione principale dell’olio d’oliva nel medioevo era quella di tenere accese le lampade dell’apparato rituale delle chiese, assicurandone l’illuminazione: l’olio d’oliva era infatti ritenuto l’unico combustibile degno di questi luoghi sacri. L’uso sacramentale dell’olio è confermato anche dalla confezione di olii sacri per battesimo, cresima, estrema unzione e ordinazione sacerdotale. L’utilizzo alimentare era diffuso quasi esclusivamente tra i ceti signorili[61].
A partire dalla seconda metà del XX secolo con la diffusione dell’attività turistica, il conseguente abbandono dell’attività prevalentemente agricola, e l’eccessivo costo della manutenzione dei campi coltivati, delle piante e della raccolta delle olive, la quantità di olive molite e di olio prodotto è significativamente diminuita.
Una volta gli olivi erano alti 8-10 metri e la raccolta avveniva esclusivamente con l’uso dello scalino e di attrezzi manuali. Oggi le piante sono state abbassate a 5-6 metri per favorire una raccolta più semplice e veloce con l’uso di agevolatori e raccoglitori a batteria. Inoltre la comparsa di numerose malattie dell’olio, la principale delle quali è la mosca olearia, ha compromesso negli ultimi anni il raccolto e la conseguente produzione e messa alla vendita di olio extravergine. Il responsabile di questa malattia è un insetto che in condizioni climatiche ad esso favorevoli, ad esempio temperature miti in inverno e molto umide in estate, danneggia il frutto in fase di maturazione. Infine a causa di un’intensa speculazione edilizia sono stati tagliati molti olivi passando da un totale di 70.000 olivi degli anni 80-90 a circa 50-55.000 dei nostri giorni. La media di olive molite nell’ultimo decennio è di circa 5.000 quintali all’anno, con picchi di 7000-7200 negli anni migliori, a 2.000 in quelli più problematici.
Periodo | Primo cittadino | Partito | Carica | Note | |
---|---|---|---|---|---|
ottobre 1987 | giugno 1989 | Vittorio Dapretto | Indipendente | Sindaco | Sospensione del consiglio[62] |
giugno 1989 | settembre 1989 | Gabriele Marra | Commissario prefettizio | [63] | |
settembre 1989 | novembre 1994 | Fabio Furioli | Partito Socialista Italiano | Sindaco | [64] |
novembre 1994 | luglio 1997 | Fabio Furioli | Lista civica | Sindaco | Dimissioni[65] |
luglio 1997 | novembre 1997 | Gigliola Gabos | Lista civica | Vicesindaco | [66] |
novembre 1997 | maggio 2002 | Giuseppe Lombardi | Lista civica | Sindaco | [67] |
maggio 2002 | maggio 2007 | Giuseppe Lombardi | Lista civica | Sindaco | [68] |
maggio 2007 | maggio 2012 | Valente Chincarini | Lista civica | Sindaco | [69] |
maggio 2012 | febbraio 2015 | Michele Benamati | Lista civica "Progetto Malcesine" | Sindaco | Dimissioni della metà più uno dei consiglieri[70] |
febbraio 2015 | maggio 2015 | Anna Grazia Giannuzzi | Commissario prefettizio | ||
maggio 2015 | maggio 2018 | Nicola Marchesini | Lista civica "Nuova Malcesine" | Sindaco | Deceduto durante il mandato[71] |
maggio 2018 | maggio 2019 | Claudio Bertuzzi | Lista civica "Nuova Malcesine" | Vicensindaco reggente | |
maggio 2019 | In carica | Giuseppe Lombardi | Lista civica di centro-sinistra "Per Malcesine" | Sindaco |
Il comune di Malcesine è attraversato, da sud a nord, dalla ex SS249 Gardesana Orientale, arteria che collega tutte le località rivierasche della sponda veronese fino a Riva del Garda (TN).
I caselli più vicini al comune sono quelli di Affi-Lago di Garda sud (35 km) e di Rovereto sud-Lago di Garda nord (25 km), entrambi posti sulla A22 del Brennero.
A Malcesine sono presenti 2 imbarcaderi per il servizio di Navigazione. Il primo a Malcesine centro, attivo da Marzo a Novembre, da dove partono giornalmente battelli, aliscafi e da Maggio a Settembre il traghetto che collega Malcesine a Limone. Inoltre nella località Retelino è presente il secondo imbarcadero, attivo da Maggio a Settembre, per il trasporto autoveicoli tra Malcesine centro e Limone.
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