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film del 1976 diretto da Marino Girolami Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Italia a mano armata è un film del 1976, diretto da Marino Girolami (con lo pseudonimo Franco Martinelli).
Italia a mano armata | |
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I titoli di testa del film | |
Titolo originale | Italia a mano armata |
Paese di produzione | Italia |
Anno | 1976 |
Durata | 100 min |
Genere | poliziesco |
Regia | Marino Girolami |
Soggetto | Vincenzo Mannino |
Sceneggiatura | Vincenzo Mannino |
Produttore | Edmondo Amati, Maurizio Amati |
Casa di produzione | New Film Production s.r.l. |
Distribuzione in italiano | Fida Cinematografica |
Fotografia | Fausto Zuccoli |
Montaggio | Vincenzo Tomassi |
Musiche | Franco Micalizzi |
Scenografia | Antonio Visone |
Costumi | Silvana Scandariato |
Trucco | Pietro Tenoglio |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori originali | |
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Il film, del genere tutto italiano del poliziottesco, costituisce l'ultimo capitolo della cosiddetta Trilogia del commissario.
Il commissario Betti, stavolta in servizio a Torino, ben coadiuvato dal maresciallo Ferrari, è sulle tracce di una banda composta da quattro banditi, che nel capoluogo piemontese ha sequestrato un piccolo scuolabus su cui viaggia una mezza dozzina di bambini, diretti a scuola. A seguito di una telefonata fatta da uno dei rapitori alla madre di uno dei bambini rapiti, si scopre che tale chiamata proviene dalla periferia di Milano. Betti quindi si reca nel capoluogo lombardo, dove ritrova il commissario Arpino, suo amico e figura più saggia e prudente, che lo aiuterà nelle indagini.
Un membro della banda, Mancuso, tenta grossolanamente di stuprare una ragazza nei pressi del nascondiglio dove i banditi si sono rifugiati con i bambini, venendo così denunciato e rintracciato e consentendo alla polizia di scovare la banda e quindi facendo fallire il piano.
Qualche tempo dopo questi è rinvenuto carbonizzato nella propria macchina; intanto due banditi (Torri e Luzzi) vengono catturati da Betti, al termine di uno spettacolare inseguimento che ha inizio all'Ortomercato, passando per il Naviglio e conclusosi all'Idroscalo, non prima che, dalla macchina dei banditi in fuga, Luzzi indirizzi a una pattuglia della polizia che si era aggiunta all'inseguimento una raffica di Sten che, colpendo gli agenti a bordo, fa finire macchina ed equipaggio in acqua, mentre il terzo, rintracciato presso il suo alloggio, per sfuggire alla cattura, si schianta con un'auto rubata contro un albero, morendo sul colpo. Convinto, pur non avendone le prove, che ad organizzare il sequestro dei bambini sia stato l'uomo d'affari milanese nonché trafficante di droga Jean Albertelli, concentra le sue attenzioni su quest'ultimo. Si reca perciò a Genova, dove però finisce in carcere a causa di un tranello tesogli dal boss Albertelli. Uscito di prigione riesce a catturare il milanese; questi tuttavia riesce a scappare e a raggiungere l'aeroporto, dove viene tuttavia ucciso da malavitosi rivali, che vengono a loro volta presi nella retata del commissario.
Il film si conclude con il Betti che si incontra con la sorella dell'unico bambino morto durante il sequestro ma viene colpito da una raffica di mitra.
Il film è stato distribuito nei cinema italiani il 27 novembre 1976, con la censura che impose il divieto alla visione ai minori di 14 anni.
Il film risultò il 60° miglior incasso registrato in Italia nella stagione cinematografica 1976-1977.[1]
«L’obiettivo del poliziesco all’italiana si allarga. Esaurita ormai la serie dedicata alle grandi città il campo d’azione abbraccia questa volta mezza Italia spostandosi rapidamente fra le grandi metropoli del nord con relativi hinterland. Protagonista il solito aitante, spregiudicato commissario cui presta le sue sembianze il non meno solito Maurizio Merli, al quale diede gloria il Garibaldi televisivo. Sceso da cavallo Merli si è specializzato nel ruolo del poliziotto americaneggiante sia pure in una cornice tipicamente nostrana. […] Violenza e ritmo concitato sono gli accorgimenti ai quali ricorre il regista Franco Martinelli per nascondere le incongruenze della incredibile vicenda […]"»
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