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strumento musicale a corde e tastiera Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
I clavicembali (detti anche gravicembali o cembali) sono una famiglia di strumenti a corde dotati di tastiera, tra questi anche i più piccoli virginale e spinetta. Chi suona il clavicembalo è chiamato clavicembalista, mentre i costruttori di clavicembali e strumenti simili sono detti cembalari.[1]
Clavicembalo | |||||
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Un clavicembalo di stile francese, copia moderna di uno strumento costruito nel 1707 da Nicolas Dumont | |||||
Informazioni generali | |||||
Origine | Europa | ||||
Invenzione | XV secolo | ||||
Classificazione | 314.122-6-8 Cordofoni a tastiera, a corde pizzicate | ||||
Uso | |||||
Musica rinascimentale Musica barocca Musica galante e classica Musica contemporanea | |||||
Genealogia | |||||
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Ascolto | |||||
François Couperin, quinto preludio da L'art de toucher le clavecin (info file) |
Questi strumenti generano il suono pizzicando una o più corde, anziché colpirle come avviene nel pianoforte o nel clavicordo. La famiglia del clavicembalo ha probabilmente avuto origine quando una tastiera è stata adattata a un salterio, fornendo così un mezzo per pizzicare le corde. Il termine stesso, che compare per la prima volta in un documento del 1397,[2] deriva dal latino clavis, chiave (intesa come il meccanismo che utilizza il movimento del tasto per azionare il leveraggio retrostante), e cymbalum, termine che designava nel Medioevo gli strumenti musicali con corde parallele tese su una cassa poligonale e senza manico, come il salterio o la cetra. La più antica descrizione nota del clavicembalo risale al 1440 circa.[3]
Verso la fine del XVIII secolo, con lo sviluppo del fortepiano e il successivo crescente utilizzo del pianoforte, il clavicembalo scomparve progressivamente dalla scena musicale (eccetto nell'opera, dove continuò ad essere utilizzato per accompagnare i recitativi). Nel XX secolo c'è stata una riscoperta dello strumento, dove viene utilizzato in esecuzioni storicamente informate di musica antica, in nuove composizioni e, in rari casi, in alcuni stili di musica popolare (p.e. il pop barocco).
L'età del clavicembalo copre un arco temporale di circa tre secoli (dal XVI al XVIII secolo), periodo in cui sono sorte scuole di costruttori in tutta Europa, sequenzialmente:
Nei secoli XVII e XVIII, il clavicembalo fu uno degli strumenti più utilizzati nella prassi musicale. I maggiori compositori di quei secoli hanno scritto opere specificamente destinate al clavicembalo come strumento solista (particolarmente famose, già all'epoca, le opere di William Byrd, Girolamo Frescobaldi, Jan Pieterszoon Sweelinck, François Couperin, Jean-Philippe Rameau, Johann Sebastian Bach, Georg Friedrich Händel, Alessandro e Domenico Scarlatti), ma l'impiego più frequente dello strumento era quello della realizzazione del basso continuo, presente nella quasi totalità delle composizioni musicali strumentali e vocali fino alla seconda metà del secolo XVIII. Nello stesso periodo il clavicembalo - come avverrà nei secoli successivi per il pianoforte - fu lo strumento più diffuso anche fra i musicisti dilettanti, ai quali furono destinate innumerevoli edizioni a stampa di una vasta letteratura. Il celebre matematico Eulero (1707-1783), ad esempio, amava rilassarsi suonando il suo clavicembalo.[4]
Strumento in posizione di trasporto, posato sulla fascia dorsale. Il fondo non è stato ancora montato, per poter vedere l'interno della cassa | |
A: Somiere |
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Strumento (ancora senza fondo) in posizione normale | |
A: Somiere |
Tutti i tipi di clavicembalo hanno un funzionamento simile:
Se lo strumento possiede due tastiere si può azionare un dispositivo che permette di far suonare una tastiera insieme all'altra. I meccanismi possono essere di due tipi:
Questi due tipi di meccanismo, i cui scopi musicali sono differenti, per principio non possono trovarsi contemporaneamente sullo stesso strumento.
Nei secoli XVII e XVIII esistevano numerosi tipi di clavicembalo diversi per dimensioni, forma della cassa, posizione della tastiera rispetto alle corde, numero di tastiere ed estensione delle medesime. Queste differenze corrispondono a esigenze musicali diverse. Si deve notare che, a parte le differenze più evidenti (fra una spinetta italiana e un clavicembalo francese a due manuali, ad esempio), anche fra strumenti di forma apparentemente simile (come un clavicembalo italiano e uno fiammingo del XVII secolo) vi è differenza nel modo in cui la lunghezza delle corde varia dalle note più gravi alle più acute: ad esempio, in un clavicembalo italiano, in confronto agli strumenti fiamminghi e francesi, le corde più gravi sono più lunghe e quelle più acute sono più corte. Questo è determinato dalla forma dei ponti dal lato opposto a quello dei salterelli, e produce sensibili differenze nel timbro degli strumenti, anche perché lunghezze diverse rendono necessario l'uso di materiali diversi per le corde (ferro, ottone giallo, ottone rosso).
Nell'accezione moderna, il termine clavicembalo può indicare sia tutti gli strumenti della famiglia, sia - più specificamente - lo strumento più grande della famiglia, con una cassa di forma poligonale (con un solo lato curvo) in cui la tastiera è posizionata sul lato corto, perpendicolarmente alle corde. La cassa è più stretta (circa 90–100 cm) e più allungata (anche 272 cm) di quella di un pianoforte moderno, particolarmente negli strumenti di scuola italiana. Un clavicembalo ha generalmente una o due corde per ciascun tasto. Negli strumenti a due manuali, è possibile accoppiare questi ultimi in modo che un solo tasto faccia suonare tre corde; in questo caso, una delle tre è da quattro piedi, ossia è accordata un'ottava più in alto di quella normale da otto piedi. Le tastiere a singolo manuale sono la regola negli strumenti di fattura italiana, mentre negli altri paesi europei si producevano anche numerosi strumenti a due manuali.
Virginale è il nome generico di una famiglia di strumenti dalla forma genericamente rettangolare, più piccoli e semplici rispetto al clavicembalo e dotati di una sola corda per ciascuna nota, disposta parallelamente (virginale) o angolata (spinetta) rispetto alla tastiera, lungo il lato più esteso dello strumento. L'origine del termine non è chiara, ma spesso viene collegata al fatto che lo strumento fosse suonato di frequente dalle donne giovani in ambito famigliare. Un'altra ipotesi vedrebbe il nome virginale come un'abbreviazione di clavicordo virginale, ossia un clavicordo dotato di verghe, cioè di salterelli, identificando nello stesso tempo l'origine dello strumento nel clavicordo, da cui sarebbe derivata anche la forma rettangolare[7].
Si noti che la parola "virginale" nel periodo elisabettiano era utilizzata per designare qualsiasi tipo di clavicembalo. Così i capolavori di William Byrd e dei suoi contemporanei erano spesso concepiti per clavicembali di grandi dimensioni, di fattura italiana, e non solamente su quelli che oggi chiamiamo virginali.
Una classificazione moderna più precisa è data nel New Grove Dictionary of Music and Musicians, che definisce virginale «uno strumento in cui le corde sono disposte ad angolo retto rispetto ai tasti, piuttosto che parallelamente (clavicembalo) o angolate (spinetta)».
I virginali possono essere suddivisi in spinetta (il tipo più diffuso, soprattutto in Italia) e muselar o muselaar.
Strumento di dimensioni ridotte, chiamato così forse dal nome del costruttore veneziano J. Spinetus. Questo è il tipo più diffuso di virginale e consiste in uno strumento a corde con le corde impostate a un angolo con la tastiera di circa 30°. In questo strumento le corde sono troppo vicine per avere un attuatore normale: le corde sono gestite a coppia, con gli attuatori che pizzicano l'una o l'altra con un movimento in direzioni opposte.
Le spinette vengono classificate in base alla forma della cassa: sono inoltre possibili classificazioni che prendono in considerazione differenze nella meccanica, quali la lunghezza dei legni dei tasti (leve) e altri particolari.
Il nome "spinetta" è più spesso riservato alla spinetta inglese, di forma triangolare, mentre il virginale più comune in Italia è il virginale napoletano o veneziano di forma rettangolare: questi strumenti venivano chiamati spesso spinette, ma la disposizione delle corde fa sì che essi siano in realtà da classificare come virginali.
Costruttore di spinette e virginali fu Bartolomeo Cristofori, la cui fama è soprattutto associata all'invenzione del pianoforte. Notevole una sua spinetta ovale (costruita attorno al 1690) di forma del tutto particolare: la cassa, riccamente intarsiata, è resa ovale aggiungendo, ai lati di un corpo rettangolare, due cuspidi a forma di arco gotico; anche in questo caso la disposizione delle corde dovrebbe far classificare lo strumento come virginale.
Nel virginale di tipo muselar la cassa è rettangolare e la disposizione della tastiera solitamente è a destra. Inoltre la disposizione delle corde è leggermente obliqua e queste vengono pizzicate al centro della loro lunghezza. Ciò rende il suono più caldo e ricco, ma con alcune importanti limitazioni: l'azione della mano sinistra è al centro della cassa di risonanza, quindi anche i rumori meccanici vengono amplificati, inoltre la resa sonora delle corde più lunghe e dal suono basso è penalizzata. Un commentatore del XVIII secolo scrisse che il muselar "grugnisce nei bassi come un maialino". Nonostante tutto i muselar furono popolari, soprattutto nei paesi di lingua fiamminga.
Non è una sorpresa che uno strumento costruito in un certo numero di esemplari nell'arco di oltre tre secoli, presenti delle variazioni e modifiche anche di una certa importanza.
Oltre alla varietà nelle forme e nelle dimensioni, si registrano anche disposizioni o regolazioni differenti nella meccanica e quindi anche nella resa sonora.
Generalmente i primi clavicembali hanno minore estensione, più avanti nel tempo l'estensione aumenta, anche se esistono ovviamente delle eccezioni. Abbiamo così clavicembali con appena quattro ottave, mentre quelli più grandi ne hanno cinque o poco più. Spesso, alle tastiere più corte, veniva adattato il sistema dell'"ottava corta".
Si associa facilmente l'idea del clavicembalo a quella di una tastiera dove i tasti diatonici sono neri e quelli cromatici bianchi, cioè colori invertiti rispetto a quelli del pianoforte. Questa pratica di colorazione appartiene soprattutto alla scuola francese e si ritrova anche in molti esemplari della scuola fiamminga rimodernati o riadattati dagli artigiani francesi.
Nelle altre scuole non ci furono regole precise in tal senso e si possono trovare antichi strumenti con i tasti dello stesso colore di tutto lo strumento oppure con tasti fabbricati in legno di colore più o meno chiaro. Occasionalmente sono state usate per la fabbricazione dei tasti anche materie più pregiate come la madreperla.
Quando i tasti cromatici sono bianchi è solo la loro parte superiore che riceve un placcaggio in avorio o in osso; i tasti integralmente in detti materiali sono molto rari. I tasti diatonici sono invece generalmente ornati, nella parte anteriore rivolta allo strumentista, di ricopertura in legno duro finemente cesellato o intarsiato.
Molte delle modifiche che si tentò di apportare alla struttura originaria dello strumento nel corso dei secoli ebbero vita breve, e produssero strumenti curiosi, di diffusione limitata. Di questi strumenti sopravvivono oggi pochissimi o nessun esemplare.
Fra gli strumenti a tastiera, se si eccettua l'organo, il clavicembalo era certamente il più diffuso in Europa prima dell'avvento del pianoforte. Nell'Encyclopédie di Diderot e d'Alembert, ad esempio, il clavicembalo è definito semplicemente come "strumento musicale in cui le corde sono fatte suonare mediante una tastiera, simile a quella dell'organo" (a questa definizione segue una dettagliatissima descrizione della costruzione di un tipico clavicembalo francese a due manuali del XVIII secolo)[10]. Tuttavia nei secoli XVI-XVIII coesistevano con il clavicembalo altri strumenti a corde dotati di tastiera, con un diverso meccanismo di produzione del suono.
Il più diffuso era il clavicordo, esteriormente simile a una spinetta, in cui però le corde erano percosse da lamelle metalliche (dette tangenti, le quali al tempo stesso fungevano da capotasto[11]), anziché essere pizzicate. Un significativo confronto delle caratteristiche del clavicordo rispetto al clavicembalo si trova nel trattato di Carl Philipp Emanuel Bach (1753), dove si legge:
«Fra i vari tipi di strumenti a tastiera, alcuni dei quali rimangono sconosciuti perché difettosi e altri perché non ancora introdotti dappertutto, due in particolare hanno riscosso finora il maggior plauso: il clavicembalo e il clavicordo. Il primo si adopera generalmente per composizioni complesse, l'altro da solo. [...] Ogni cembalista dovrebbe avere un buon clavicembalo e un buon clavicordo per poter suonare entrambi gli strumenti alternativamente. Chi suona bene il clavicordo riuscirà bene anche al clavicembalo, ma non viceversa. Si deve quindi usare il clavicordo per raffinare l'interpretazione e il clavicembalo per rinforzare le dita. Chi suona esclusivamente il clavicordo incontra molte difficoltà se suona il clavicembalo. Gli riesce perciò faticoso accompagnare altri strumenti al clavicembalo, cosa che è peraltro impossibile sul clavicordo, data l'esile voce. [...] L'uso esclusivo del clavicembalo, invece, abitua a suonare in un colore uniforme; e quelle varietà di tocco che può produrre un buon clavicordista vengono a mancare. Ciò sembrerà strano, poiché si crede che un clavicembalo debba produrre sempre lo stesso tipo di suono con qualsiasi tocco. Si può facilmente fare una prova: chiedete a due persone, di cui una suoni bene il clavicordo e l'altra sia un semplice clavicembalista, di suonare a turno su quest'ultimo strumento lo stesso pezzo con i medesimi abbellimenti, e giudicate poi se entrambi hanno ottenuto lo stesso effetto.»
Una terza modalità di produzione del suono si incontra in uno strumento a tastiera di scarsissima diffusione, il Geigenwerk, in cui le corde sono sfregate da ruote di legno messe in rotazione da un pedale. Come nella ghironda, quando si preme un tasto la corda corrispondente viene avvicinata alla ruota, producendo un effetto analogo agli strumenti ad arco. Questo strumento fu descritto per la prima volta da Leonardo da Vinci, ma ne furono prodotti esemplari anche nel XVII secolo.
Il clavicembalo continuò a essere usato come strumento di accompagnamento nell'opera lirica fino alla prima metà del XIX secolo, ma come strumento solista fu abbandonato dai compositori in favore del pianoforte.
Nel XX secolo, con il crescente interesse per la musica antica e la ricerca di diverse sonorità, alcuni nuovi pezzi sono stati scritti per questo strumento. Alcuni concerti furono scritti da Francis Poulenc (il Concert champêtre), Manuel de Falla e Henryk Górecki. Bohuslav Martinů ha scritto sia un concerto sia una sonata, mentre il Concerto Doppio di Elliott Carter è per clavicembalo, pianoforte e orchestra da camera. György Ligeti ha composto un certo numero di opere per lo strumento solo (tra cui Continuum). Tra i compositori italiani, Goffredo Petrassi ha scritto diverse composizioni per clavicembalo, tra le altre la Sonata da Camera, per clavicembalo e dieci strumenti, e la Serenata, per cinque strumenti. Nel 1958 Ennio Porrino compone Sonar per musici, visionario Concerto per orchestra d'archi e clavicembalo. Tra gli otto dialoghi di Gian Francesco Malipiero, il sesto è dedicato al clavicembalo, quasi a rendere omaggio all'antica civiltà strumentale italiana del Seicento e Settecento tanto amata dal compositore veneziano. Da ricordare anche Doubles (1961) e Portrait per clavicembalo e orchestra (1977) di Franco Donatoni, oltre a Mordenti di Ennio Morricone. Più di recente, il clavicembalista Hendrik Bouman ha composto in stile barocco 32 assoli, un Concerto per clavicembalo e due composizioni di musica da camera con clavicembalo obbligato.
Un primo recupero del clavicembalo nell'esecuzione del repertorio originariamente destinato a questo strumento (nel corso del XIX secolo le opere per tastiera di Bach, Haendel e Domenico Scarlatti erano eseguite al pianoforte) si ebbe all'inizio del Novecento, soprattutto per iniziativa della clavicembalista polacca Wanda Landowska (1879-1959). La Landowska utilizzava un clavicembalo costruito da Pleyel, piuttosto somigliante a un pianoforte. Strumenti come questo, anche se oggi considerati non appropriati per la musica del XVII e del XVIII secolo, conservano un'importanza per la musica che è stata composta, nella prima metà del Novecento e fino agli anni 1960, appositamente per quel tipo di clavicembalo.
Una svolta si ebbe negli anni Sessanta del Novecento con la nascita, in Europa e nel Nordamerica, di una nuova prassi esecutiva basata sulla ricerca filologica, per la quale l'uso di strumenti d'epoca (o di copie di strumenti originali), a fianco della conoscenza diretta delle fonti trattatistiche e delle partiture originali, costituisce un elemento irrinunciabile per l'interpretazione della musica del passato. I primi strumenti realizzati secondo le tecniche costruttive antiche e copiando fedelmente strumenti originali si ebbero grazie alla pionieristiche iniziative di costruttori del mondo anglosassone, come Frank Hubbard e William Dowd, e tedesco, come Martin Skowroneck, seguiti in anni più recenti da un gran numero di costruttori. Negli stessi anni, interpreti come Gustav Leonhardt, Kenneth Gilbert, Ralph Kirkpatrick sono stati i capostipiti di generazioni di esecutori, sempre più numerose nei decenni successivi, che hanno ulteriormente approfondito lo studio della prassi esecutiva e delle fonti dell'epoca e hanno riportato in luce un repertorio sempre più vasto.
Anche se il suo impiego nella musica leggera, come quello di tutti gli strumenti antichi, è piuttosto limitato, viene usato con una certa frequenza nel baroque pop (chiamato anche baroque rock), genere che, derivando da una fusione tra il rock e la musica classica barocca, utilizza strumenti tipici di quest'ultima (un esempio è Because dei Beatles).
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