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gioco da tavolo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il go è un gioco da tavolo di tipo strategico per due giocatori, che collocano alternativamente pedine (dette pietre) nere e bianche sulle intersezioni vuote di un tavoliere detto goban formato da una griglia 19 × 19. Lo scopo del gioco è il controllo di una zona del goban maggiore di quella controllata dall'avversario; a questo scopo i giocatori cercano di disporre le proprie pietre in modo che non possano essere catturate, ritagliandosi allo stesso tempo dei territori che l'avversario non possa invadere senza essere catturato.
Go | |
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Un goban (tavoliere per il go) di una partita a tempo | |
Luogo origine | Cina |
Data origine | almeno VI secolo a.C. |
Regole | |
N° giocatori | 2 |
Requisiti | |
Età | 4+ |
Preparativi | nessuno |
Durata | da 10' a 2h |
Aleatorietà | ininfluente |
Il go ebbe origine in Cina, dove è giocato da almeno 2500 anni; è molto popolare nell'Asia orientale e si è diffuso nel resto del mondo negli anni recenti. È un gioco molto complesso strategicamente malgrado le sue regole semplici; un proverbio coreano dice che nessuna partita di go è mai stata giocata due volte, il che è verosimile se si pensa che ci sono 2,08×10170[1] diverse posizioni possibili.
A parte la dimensione del goban e delle posizioni di partenza le regole sono state mantenute nei secoli, cosicché può essere considerato, anche in virtù dei ritrovamenti di goban 17 x 17 della Dinastia Han (terzo secolo a.C.) scoperti nel 1954 nel Wang-Du, nella provincia di Hebei, il gioco più antico ancora praticato.[2][3]
In Cina viene chiamato 圍棋T, 围棋S, wéiqíP, wei-ch'iW, da wei (圍), "accerchiare", e qi (棋), "pedina". Il termine cinese più antico per questo gioco è yi 弈. Fino alla dinastia Tang la grafia di qi rimase incerta, in seguito la variante con il radicale di pietra rimase nel kanji giapponese 碁 mentre in cinese il radicale di legno, precedentemente scritto sotto la parte fonetica, fu scritto alla sua sinistra.
Il gioco è noto in Giappone come 碁 (go) o 囲碁 (igo), in Corea come 바둑?, 圍棋?, badukLR, padukMR e in Vietnam come cờ vây.
Malgrado il fatto che il go sia un gioco di origine cinese è comunemente noto in Occidente con questo nome che, in realtà, il suo nome giapponese, in quanto i primi giocatori occidentali lo impararono da fonti giapponesi. Di conseguenza, molti concetti del go per i quali non esiste un equivalente in italiano sono noti con il nome giapponese.
Alcune leggende fanno risalire il gioco al leggendario imperatore cinese Yao (2337–2258 a.C.), che lo fece inventare dal suo consigliere Shun allo scopo di insegnare a suo figlio Danzhu la disciplina, la concentrazione e l'equilibrio. Altre teorie vogliono il go derivato dall'abitudine dei signori della guerra e generali tribali cinesi di usare pezzi in pietra per pianificare gli attacchi; è anche possibile che il materiale del gioco del go fosse inizialmente utilizzato per predire il futuro.[4] Ancora gli antropologi hanno dato altre interpretazioni, analizzando il mito da un punto di vista strutturale,[2] mentre secondo altri studiosi il go non sarebbe che una rappresentazione simbolica della terra, con le pietre che bloccano e rilasciano il qi lungo le linee.[2]
La prima testimonianza scritta del gioco è ritenuta quella presente negli annali intitolati Zuo Zhuan,[5] risalenti probabilmente al IV secolo a.C.,[6] in cui è riferito un evento del 548 a.C. Esistono menzioni del gioco anche nel libro XVII dei Dialoghi di Confucio, risalente al III secolo a.C. circa,[6] e in due dei libri di Mencio[7] (III secolo a.C.).[6] In tutti questi casi il gioco è chiamato yì (弈), una parola che oggi significa "giocare (a go)"[8]. Il primo trattato completo sul go fu scritto tra il 1049 e il 1054 con il titolo di 棋经十三篇 (Qijing Shisanpian, "Classico del Weiqi in tredici capitoli")[9].
Inizialmente il gioco era giocato su una griglia 17 × 17, ma la griglia 19 × 19 divenne quella più comune all'epoca della dinastia Tang (618-907).[10]
In Cina il go era considerato il gioco dell'aristocrazia, mentre lo xiangqi (gli scacchi cinesi) era il gioco del popolo. Il go era anche considerato una della quattro arti dello junzi (il gentiluomo cinese), assieme alla calligrafia, alla pittura e a suonare lo guqin.[11]
In Corea il go è conosciuto come baduk, o come wongi o hyeokgi, ed era un passatempo per la classe alta già ai tempi di Goguryeo, come riportato nel Libro dei Tang. Nel Samguk sagi si racconta che il re Jangsu di Goruryeo si avvalse del monaco Dorim come spia inviandolo a giocare a baduk con il suo avversario, il re Gaero di Baekje. Nel regno di Silla, il gioco era ugualmente conosciuto, come racconta l'aneddoto di un vassallo chiamato Shin Chung, che prima dell'incoronazione del re Hyeoseong giocava a baduk con lui per assicurarsi una posizione a corte; il talento della gente di Silla nel baduk era riconosciuto dalla gente della Cina Tang. I prodigi del baduk a Goryeo erano chiamati guksu ("le mani che rappresentano il paese").[12]
Alla fine del XVI secolo, il baduk diventò popolare tra gli yangban (la più importante classe sociale); inoltre era incluso tra quattro arti nobili (musica, baduk, pittura e calligrafia) da studiare.[2]
In Giappone nell'VIII secolo il gioco era molto popolare alla corte imperiale;[13] entro l'inizio del XIII secolo era diffuso anche tra il popolo.[14]
Nel 1603 Tokugawa Ieyasu ricreò un governo nazionale unificato in Giappone. Nello stesso anno nominò Godokoro («Ministro del go») il miglior giocatore di go giapponese, il monaco buddhista Nikkai (nato con il nome di Kano Yosaburo nel 1559); Nikkai assunse il nome di Hon'inbō Sansa e fondò la scuola di go Honinbo, mentre diverse altre scuole furono fondate in competizione poco dopo.[15] Queste scuole, ufficialmente riconosciute e finanziate pubblicamente, incrementarono enormemente il livello di gioco e introdussero il sistema di classificazione dan/kyu dei giocatori.[16] I giocatori delle quattro scuole (Honinbo, Yasui, Inoue, Hayashi) gareggiavano nelle annuali "partite del castello", giocate alla presenza dello shōgun.[17]
Alla fine del periodo Edo assistiamo alla fine del patrocinio dello shogunato a favore del rinnovamento del potere imperiale, ma pure alla inesorabile caduta delle grandi scuole goistiche: il go rinascerà grazie alla libertà di stampa che porterà a una forte competizione tra i quotidiani, ma pure alla nascita delle prime rubriche sul go.[2]
Malgrado la sua ampia popolarità nell'Asia orientale il go si è diffuso lentamente nel resto del mondo, a differenza di altri giochi di origine asiatica come gli scacchi. Schadler[18] ipotizza che gli scacchi abbiano un fascino più diffuso in quanto nel gioco si utilizzano pezzi che possono essere resi congruenti con la cultura dei giocatori (si pensi alla Regina e all'Alfiere degli scacchi occidentali e al Consigliere e all'Elefante di quelli cinesi) e in quanto il go ha una fine anti-climatica, a differenza degli scacchi e del loro scacco matto, tanto che giocatori neofiti di go hanno difficoltà a capire quando una partita è terminata.
Benché ci fossero già state delle menzioni del go, a incominciare dal "De Christiana Expeditione apud Sinas suscepta ab Societate Iesu" di Matteo Ricci,[2] la prima descrizione dettagliata del go in una lingua occidentale fu il De circumveniendi ludo Chinensium ("Del gioco dei Cinesi dell'accerchiamento"), scritto in latino da Thomas Hyde e incluso nel suo trattato sui giochi da tavolo del 1694 De ludis orientalibus ("Dei giochi orientali"). Malgrado ciò, la diffusione in Occidente del go inizia verso la fine del XIX secolo, quando lo scienziato tedesco Oskar Korschelt scrisse un trattato sul gioco;[19] per l'inizio del XX secolo il go si era diffuso negli imperi tedesco e austriaco. Nel 1905 Edward Lasker imparò il gioco mentre era a Berlino; quando si trasferì a New York, Lasker fondò il New York Go Club assieme (tra gli altri) ad Arthur Smith, che aveva imparato il gioco mentre viaggiava in Oriente e aveva pubblicato il libro The Game of Go nel 1908.[20] Il libro di Lasker Go and Go-moku (1934) aiutò la diffusione del gioco per tutti gli Stati Uniti,[20] cosicché nel 1935 fu fondata la American Go Association; due anni dopo, nel 1937, nacque l'Associazione tedesca di go.
La seconda guerra mondiale ostacolò la maggior parte delle attività goistiche, ma la diffusione del gioco riprese dopo la fine della guerra.[21] Per gran parte del XX secolo la Nihon Ki-in, la federazione goistica giapponese, giocò un ruolo fondamentale nella diffusione del go al di fuori dell'Asia orientale, pubblicando la rivista in lingua inglese Go Review negli anni sessanta, fondando centro goistici negli Stati Uniti, in Europa e in America meridionale, e inviando spesso insegnanti professionisti in viaggio nelle nazioni occidentali.[22] Nel 1982 fu fondata la International Go Federation ("Federazione internazionale di go"), che oggi raccoglie 71 paesi membri;[23] alcune statistiche rivelano che nel mondo una persona su 222 gioca a go.[24]
Sebbene vi siano delle piccole differenze tra le regole usate in diversi paesi,[25] principalmente tra le regole cinesi e quelle giapponesi per calcolare il punteggio,[26] queste non influenzano praticamente la tattica e la strategia del gioco.
Due giocatori, Nero e Bianco, dispongono alternatamente una pietra (il pezzo del gioco) del proprio colore in un punto (intersezione) vuoto della griglia disegnata sul goban (la scacchiera del go). Normalmente Nero muove per primo; in caso di partita con handicap, quando uno dei due giocatori è molto più forte dell'altro, il più debole prende Nero e dispone due o più pietre di handicap sul goban, e Bianco muove per primo. Le regole si applicano a tutte le griglie: goban con griglie 13×13 e 9×9 sono quelli più diffusi nell'insegnamento ai neofiti, la griglia ufficiale è composta da 19×19 linee e meno frequentemente vengono usate anche goban con griglie 32×32[27] Una volta giocata, una pietra non può essere spostata in un punto differente.[28]
Pietre dello stesso colore che siano adiacenti orizzontalmente o verticalmente formano un gruppo, le cui libertà sono la somma delle libertà delle pietre da cui è composto e che non può essere diviso successivamente, formando a tutti gli effetti una pietra unica più grande.[29] Solo le pietre che siano connesse una all'altra da linee disegnate sul goban formano un gruppo; le pietre vicine diagonalmente non sono connesse. I gruppi possono essere ingranditi giocando altre pietre su intersezioni loro vicine o connessi insieme giocando una pietra su un'intersezione che sia adiacente a due o più gruppi dello stesso colore.
La maggior parte delle regole non permette a un giocatore di giocare una pietra in modo che uno dei suoi gruppi rimanga senza libertà, una sorta di "suicidio", con un'unica eccezione:[30] se la nuova pietra cattura una o più pietre avversarie, queste sono rimosse per prime, lasciando la pietra appena giocata con almeno una libertà.[31] Si dice che questa regola "proibisca il suicidio".
I giocatori non possono effettuare una mossa che riporti il gioco alla posizione immediatamente precedente a quella dell'avversario; questa regola, detta "regola del ko" (dal giapponese 劫, kō, "eone"), serve a prevenire ripetizioni infinite delle stesse mosse.[32] Un esempio tipico dell'applicazione di questa regola è il caso in cui una prima pietra A cattura una seconda B e in cui rigiocare la pietra B farebbe ricatturare la pietra A: si avrebbe così una sequenza infinita di catture. Ciò che avviene in pratica è che se il secondo giocatore è interessato a catturare A, gioca la propria pietra altrove in modo da obbligare il primo a non rimuovere il ko per poi ricatturare A. La ripetizione di questo tipo di scambi (cattura del "ko", minaccia lontana, risposta alla minaccia, cattura del "ko") prende il nome di "combattimento ko".[33] Tutte le varianti delle regole concordano nella formulazione della regola del ko che impedisce di tornare alla posizione immediatamente precedente, ma si comportano differentemente nel caso in cui una mossa riporti a una posizione ancora precedente.
Invece di giocare una pietra, un giocatore può passare: questo avviene, di norma, quando il giocatore ritiene che non gli restino altre mosse utili da giocare. Quando entrambi i giocatori passano consecutivamente, la partita termina e si calcola il punteggio.
Ci sono due metodi di calcolo del punteggio per la determinazione del vincitore di una partita; solo occasionalmente questi due metodi portano a risultati differenti e ciascuno di questi metodi di conteggio ha vantaggi e svantaggi.[34] Il primo metodo (detto conteggio giapponese) calcola il territorio controllato, ed è quello diffuso in Giappone e Corea, e, probabilmente, quello originariamente utilizzato in Cina; il secondo metodo (detto conteggio cinese), che calcola l'area occupata, è quello utilizzato in Cina a partire, si ritiene, dal XV secolo.[35]
Nei paesi occidentali si utilizzano di norma le regole giapponesi, sebbene vi siano delle differenze tra paese e paese, specie a livello ufficiale. Se la Nuova Zelanda usa da parecchio tempo regole basate sull'area, le federazioni nazionali di go degli Stati Uniti, della Francia e del Regno Unito si sono orientate verso questo tipo di conteggio solo recentemente,[36] adottando un tipo di conteggio che assomiglia molto a quello territoriale pur dando risultati uguali a quello basato sull'area, allo scopo di minimizzare i disagi del cambiamento.
Dopo che entrambi i giocatori hanno passato consecutivamente le pietre ancora sul goban ma che non potrebbero evitare la cattura, le cosiddette pietre morte, sono rimosse. Di norma i giocatori esperti concordano sulle pietre che sono morte.
Con il conteggio basato sull'area il punteggio di un giocatore è il numero di pietre del suo colore presenti sul goban più le intersezioni vuote circondate da queste.
Il punteggio basato sul territorio richiede che i giocatori conservino le pietre catturate, dette prigioniere, alle quali aggiungono le pietre morte alla fine della partita. Il punteggio è pari al numero di intersezioni vuote circondate dalle pietre del giocatore più il numero di pietre prigioniere. In base alle regole giapponesi e coreane esistono punti vuoti, anche circondati da pietre dello stesso colore, che sono considerati neutrali: si tratta di una situazione particolare in cui quelle pietre sono dette "vive in seki".
Se i due giocatori non concordano sulle pietre morte, nel caso del conteggio basato sull'area riprendono semplicemente a giocare fino a risolvere la disputa. Nel caso del conteggio territoriale, ciò che avviene praticamente è che si segna la disposizione finale delle pietre e si riprende a giocare fino a risolvere la disputa, per poi tornare alla situazione finale e rimuovere le pietre morte; in realtà esistono regole complesse per risolvere la situazione.
Considerato il fatto che il numero di pietre che un giocatore ha sul goban è pari al numero di mosse effettuate meno i prigionieri che l'avversario ha preso, il risultato "netto", cioè la differenza tra il punteggio del Nero e quello del Bianco, è spesso uguale in entrambi i sistemi di conteggio e raramente differisce di più di un punto, infatti, considerando il caso ideale in cui i giocatori passino un'unica volta uno dopo l'altro al termine della partita, le pietre giocate da ciascuno potranno al più differire di un'unità a vantaggio di chi ha mosso per primo (il Nero). (Per esempio, al solo scopo di fissare le idee, se Nero ha giocato dieci pietre, Bianco ne ha giocate dieci e ha fatto tre prigionieri, si ha (tralasciando la parte comune ai due tipi di conteggio, cioè il numero di intersezioni vuote circondate dalle pietre di un certo giocatore, che ovviamente non può influire essendo lo stesso criterio in entrambi i casi): per area Nero totalizza 7 (10-3) e Bianco 10 con un differenziale tra i due di 3 (10-7); per territorio Nero totalizza 0 e Bianco 3 con differenziale ancora di 3 (3-0)).[37] Ci sono stati tentativi di concordare un insieme di regole internazionale; le regole normalmente riconosciute dalla International Go Federation sono quelle utilizzate nel World Amateur Go Championship, basate sulle regole giapponesi, e quelle dei primi World Mind Sports Games dell'ottobre 2008, basate essenzialmente sulle regole cinesi, con qualche elemento di compromesso preso dalle regole giapponesi e coreane.[38]
Sebbene non sia menzionato nelle regole del go, per lo meno in quelle più semplici come quelle in vigore in Nuova Zelanda e negli Stati Uniti, il concetto di "gruppo vivo" è essenziale per una vera comprensione del gioco del go.[39]
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Alcuni esempi di "occhi". Tutte le intersezioni con i circoletti sono "occhi". I due gruppi neri superiori sono "vivi", in quanto hanno almeno due occhi, mentre i due inferiori sono morti, in quanto hanno solo un occhio. Il gruppo in basso a sinistra sembrerebbe avere due occhi, ma l'intersezione vuota senza circoletto non è un occhio, e Bianco può giocarvi per catturare la pietra nera; questi punti sono detti "occhi falsi".[39] | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Quando un gruppo di pietre è quasi circondato e non ha la possibilità di connettersi con altre pietre dello stesso colore, può trovarsi in tre condizioni: "vivo", "morto" o in una condizione non ancora determinata. Un gruppo di pietre è "vivo" se non è possibile catturarlo anche se l'avversario può muovere per primo; al contrario, il gruppo è morto se è catturabile anche se il giocatore proprietario del gruppo ha la prima mossa. Nel caso in cui il destino del gruppo dipenda da quale giocatore ci giochi per primo, il gruppo è considerato né vivo né morto: in tal caso il giocatore che muove per primo può rendere il gruppo "vivo", se si tratta del possessore del gruppo, o "ucciderlo" se si tratta dell'avversario.[39]
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Un esempio di seki (vita reciproca). I circoletti sono le libertà condivise, in cui nessun giocatore gioca perché permetterebbe la cattura all'altro. | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Affinché un gruppo sia vivo, deve essere in grado di creare almeno due "occhi" se minacciato. Un "occhio" è un'intersezione libera circondata da pietre di quel giocatore in cui l'avversario non può giocare per la regola del "suicidio". Se un gruppo possiede almeno due occhi, l'avversario non potrà catturarlo, in quanto esso avrà almeno due libertà che non possono essere occupate da pietre avversarie. Un solo occhio non è sufficiente a garantire la vita di un gruppo, in quanto l'avversario può rimuovere prima tutte le altre libertà del gruppo e poi riempire l'occhio rispettando la regola del suicidio in quanto cattura l'intero gruppo.
La regola dei due occhi ha una rara eccezione, detta seki o "vita reciproca". Se due o più gruppi di diversi colori sono tra loro adiacenti e condividono le stesse libertà, è possibile che si verifichi una situazione in cui nessuno dei due giocatori rimuova per primo una libertà, in quanto questo permetterebbe all'avversario di catturare; il risultato è che i due gruppi, "vivi in seki", rimangono sul goban. Le situazioni più frequenti per un seki sono quella in cui ciascun giocatore ha un gruppo senza occhi e i due gruppi condividono due libertà o quella in cui ciascun gruppo ha un occhio ed entrambi coindividono la stessa libertà. I seki sono molto infrequenti e di norma sono il risultato del tentativo di invasione di un giocatore in un gruppo avversario quasi stabilizzato.[39]
Sebbene sia possibile giocare a go con una scacchiera di carta e monete o pedine di plastica come pietre l'equipaggiamento economico più diffuso consiste di goban in compensato o truciolato e pietre in plastica o vetro. Più costosi sono i goban e le pietre in materiali tradizionali, sebbene siano ancora diffusi tra i giocatori.
Il goban tradizionale è in legno massiccio, spesso tra i 10 e i 18 cm.[40] Il legno più pregiato tra quelli tradizionalmente impiegati in Giappone è la Torreya nucifera, detta Kaya in giapponese, caratterizza da una tinta dorata: i goban più costosi sono costruiti con legname proveniente da alberi vecchi fino a 700 anni. Più recentemente si sono diffusi esemplari costruiti in Torreya californica, il cui successo è dovuto al colore chiaro, agli anelli più sbiaditi, al suo prezzo inferiore e alla maggiore disponibilità. Tra i legni utilizzati per goban di qualità ci sono il Thujopsis dolabrata (Hiba in giapponese), il Cercidiphyllum japonicum (Katsura), l'Agathis (Kauri) e i Picea; quest'ultimo ha il nome commerciale di Shin Kaya ("nuovo Kaya"), sebbene le due specie non siano imparentate.[41] Nella tradizione giapponese, le pietre sono contenute in coppe di legno massiccio, sono lenticolari e sono fatte di conchiglia (quelle bianche) e ardesia (le nere).[42] La dotazione è di solito di 181 pietre nere e 180 bianche. Tradizionalmente l'ardesia per le pietre da go è ricavata dalle miniere della prefettura di Wakayama, mentre la conchiglia è quella della varietà Hamaguri, ma, dato il ridotto numero di pietre ottenibili da questa fonte, recentemente si utilizzano conchiglie che si trovano in Messico.[42] Come conseguenza della diffusione del gioco, le risorse naturali giapponesi non sono più in grado di provvedere alla fornitura di un numero sufficiente di equipaggiamenti da gioco: sia le conchiglie che il legno di kaya richiedono molto tempo per crescere fino alla dimensione necessaria, e stanno diventando rare, incrementando così fino a valori molto elevati il prezzo dei prodotti finiti.[41]
In Cina il gioco è giocato tradizionalmente con pietre yunzi, che hanno un lato convesso e l'altro piatto, e provengono dalla provincia dello Yunnan. Storicamente le pietre più prestigiose erano fatte di giada, spesso date in dono dall'imperatore.[42]
Nelle associazioni e durante i tornei, quando è necessario avere disponibile un gran numero di goban e di pietre, normalmente non si usano gli equipaggiamenti tradizionali. In queste circostanze si usano di solito goban alti appena 1–5 cm, senza gambe, pietre in plastica o vetro e contenitori delle pietre in plastica, se quelli in legno non sono disponibili.
I goban giapponesi sono ricoperti da una griglia larga 1,5 e lunga 1,4 shaku (455×424 mm) con dello spazio ulteriore per permettere di giocare le pietre sul bordo e agli angoli. Il goban non è quindi un quadrato, ma un rettangolo i cui lati sono nel rapporto 15:14, in modo che quando il giocatore vi si siede davanti, il suo punto di vista angolato accorci la griglia tendendo a renderla quadrata.[40] Inoltre le pietre nere sono tradizionalmente un po' più larghe di quelle bianche, di modo da contrastare l'illusione ottica che porta le pietre bianche a sembrare un po' più grandi di quelle nere di uguale dimensione.[42]
I contenitori per le pietre sono di forma semplice, tipicamente sferica con la parte inferiore appiattita; il coperchio è fatto in modo che non chiuda ermeticamente e normalmente è rovesciato sul tavolo prima della partita, di modo da appoggiarvi le pietre avversarie catturate. Sebbene i contenitori siano normalmente di legno lavorato al tornio, esiste l'alternativa economica di origine cinese di contenitori in paglia intrecciata.[43]
Il modo tradizionale di giocare una pietra a go consiste nel prelevarla dal contenitore, tenendola tra indice e medio (il medio sopra la pietra, l'indice sotto), e di porla nella intersezione libera desiderata.[44] Le abitudini di rigirare le dita nel contenitore o di tenere più pietre contemporaneamente in mano non sono molto apprezzate, in quanto sono rumorose e possono disturbare l'avversario; è quindi ritenuto educato prendere una sola pietra alla volta e solo dopo che si è deciso dove giocarla.
È assolutamente accettato giocare con fermezza la pietra sul goban in modo che faccia un suono secco; le proprietà acustiche del goban sono infatti considerate importanti.[41] I goban tradizionali, costruiti con un certo spessore, sono tradizionalmente dotati di un incavo piramidale detto heso sulla faccia inferiore. La tradizione vuole che per mezzo di questo incavo il goban abbia una migliore risonanza quando si gioca una pietra; la spiegazione più verosimile, però, è che l'heso permette al legno del goban, che è comunque sensibile all'umidità, di non deformarsi e di rispondere in maniera elastica alle pietre giocate.[41]
Una partita di go può essere cronometrata utilizzando un orologio da go. Le prime misurazioni del tempo in partite professionistiche furono introdotte negli anni 1920 e furono controverse.[45] Le interruzioni delle partite e le mosse registrate furono regolamentate negli anni 1930. Oggi i tornei di go utilizzano regole per la gestione del tempo molto differenti; tutti i metodi principali prevedono un ammontare di tempo principale che il giocatore può gestire a proprio piacimento, ma si differenziano per la gestione del tempo supplementare. Nelle partite professionistiche i giocatori hanno dei collaboratori che tengono traccia del tempo impiegato, per non distrarsi dalla partita.
Il sistema più diffuso per la gestione del tempo supplementare prende il nome di byoyomi (in giapponese "lettura dei secondi"). Le due varianti principali del byoyomi sono i seguenti.[46]
La registrazione delle partite di go avviene attraverso il kifu, un diagramma raffigurante il goban con sopra le pietre giocate numerate in ordine di mossa; se una mossa è stata giocata nello stesso punto di una precedente, si appone un'annotazione a fianco del diagramma del tipo "57 in 51", per indicare appunto che la mossa 57 è stata giocata nel punto occupato dalla mossa 51. Un'altra notazione è simile alla notazione algebrica degli scacchi. Comunemente si usano numeri per entrambi gli assi, invece che numeri per uno e lettere per l'altro, in modo che il punto "3-4" sia quello sulla terza riga e quarta colonna dall'angolo. Poiché il goban è simmetrico, non c'è bisogno di specificare l'origine del sistema di riferimento.
Il formato digitale più diffuso per la registrazione delle partite di go è lo Smart Game Format (estensione: sgf); sono disponibili più di 50.000 file sgf di partite tra professionisti e i principali server di go permettono di salvare le partite in questo formato.
Nel go esistono dei gradi che indicano la bravura del giocatore, che tradizionalmente sono divisi in gradi kyu e dan,[47] un sistema recentemente adottato anche nelle arti marziali; più recentemente hanno iniziato a diffondersi sistemi basati su punteggi calcolati matematicamente, simili al sistema Elo.[48] Questi sistemi di punteggio sono spesso accompagnati da una formula che permette di convertire il punteggio di un giocatore nel suo grado kyu o dan.[48] I gradi kyu, abbreviati con 'k', sono considerati livelli per studenti, e decrescono al crescere della forza del giocatore, con 1k (primo kyu) corrispondente al livello più alto. I gradi dan, abbreviati con 'd', sono considerati i gradi dei maestri, e crescono da 1d (primo dan) a 7d. Il grado di shodan ("primo dan" professionale) corrisponde alla cintura nera delle arti marziali orientali. I giocatori professionisti hanno una serie di gradi dan loro riservata, che va da 1p (primo dan professionista) a 9p. A livello amatoriale, una differenza di un grado corrisponde a una pietra di handicap; a livello professionistico, la pietra di handicap corrisponde, grossolanamente, a tre livelli di differenza. Per esempio in una partita tra un 1k e un 5k sarebbero necessarie quattro pietre di handicap per rendere uguali le possibilità di vincita.[49]
Durante i tornei sono utilizzate delle regole che possono influenzare il gioco senza fare parte delle regole del gioco, e che possono essere diverse a seconda del torneo. Le regole del torneo che possono influenzare il gioco riguardano il valore del komi (il punteggio di compensazione per il giocatore bianco), la disposizione delle pietre di handicap e i parametri delle norme sul tempo. Le norme dei tornei che non influenzano il gioco riguardano il sistema del torneo, le strategie di accoppiamento e i criteri di formazione della classifica.
I sistemi più diffusi per l'organizzazione di tornei di go sono il sistema McMahon,[50] il sistema svizzero, il sistema a gironi all'italiana e quello a eliminazione diretta; in alcuni tornei si usa una combinazione di più sistemi, come nel caso dei tornei professionistici, in molti dei quali si adotta un sistema a gironi all'italiana seguito da un sistema a eliminazione diretta.[51]
Le regole del torneo determinano anche:
Diversi aspetti del gioco, anzitutto il numero elevato di mosse possibili nelle fasi iniziali del gioco (circa 1,67×1010 solo per le prime quattro mosse, ovvero i primi due turni) che impediscono il metodo della forza bruta, fanno sì che più a lungo che al gioco degli scacchi, non si sia riuscito a far giocare un computer con tale metodo a un livello superiore a quello di un buon dilettante. Ciò ha dato vita a un ramo di ricerca collegato all'intelligenza artificiale. Il primo software capace di battere un maestro umano è stato AlphaGo, sviluppato da Google DeepMind, che nell'ottobre 2015 ha sconfitto il campione europeo Fan Hui.[54]
Il 9 marzo 2016 si è tenuta la prima di una serie di cinque partite fra Lee Se-dol (vincitore di 18 titoli internazionali) e AlphaGo con in palio $1.000.000. La partita è stata trasmessa in diretta su youtube.com[55]. AlphaGo ha vinto la prima partita.[56] Ha poi vinto la seconda e la terza, venendo battuto nella quarta. AlphaGo ha vinto la sfida per 4 a 1.
Elwyn Berlekamp e David Wolfe hanno sviluppato una teoria matematica dei finali basata sulla teoria dei giochi di John Horton Conway. Benché non abbia generalmente un'utilità nella maggior parte delle partite, aiuta notevolmente l'analisi di alcune classi di posizioni.
Esistono vari proverbi sul go che descrivono delle pratiche utili a ottenere vantaggi, ma non costituiscono in alcun caso regole assolute (a parte alcuni, legati soprattutto alle problematiche di gioco di vita e morte).
È rimasta celebre una partita di go giocata a Hiroshima il giorno in cui fu sganciata la bomba atomica sulla città.
Wang Fei 王菲 nel suo disco del 1994, 天空 Cielo, canta la canzone 棋子 Qizi, tradotta per il mercato internazionale come Chess. In realtà il titolo significa pedina (termine cinese generico sia per i pezzi degli scacchi sia per le pietre del go) e dal contesto della canzone, e dai termini tecnici impiegati, si può desumere che tratti del gioco del go. Wang Fei utilizza la metafora della pedina nella mano del giocatore come immagine dei suoi sentimenti in balia della volontà dell'amato.
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