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gens romana Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La gens Claudia fu un'importante famiglia romana, di stirpe sabina proveniente della città-stato di Inregillum secondo le fonti dei Romani, secondo alcuni archeologi moderni era invece etrusca e proveniente da Caere in base a recenti scoperte archeologiche.[1].
Ebbe due rami, uno patrizio — caratterizzato dai cognomina Caecus, Caudeoe, Centho, Crassus, Pulcher, Regillensis, Marcellus, Sabinus —, e uno plebeo — caratterizzato dai cognomina Asellus, Canina, Centumalus, Cicero, e Flamen. Il praenomen Lucius fu evitato, dopo che due membri della gens che lo portavano lo disonorarono uno commettendo una rapina e l'altro divenendo assassino. Per tutta la durata della Repubblica, nessuno dei Claudii, che passavano per essere una famiglia dal cuore duro e sprezzante della plebe, adottò mai un membro di un'altra gens: il primo a rompere questa usanza fu Claudio, quarto imperatore romano, che adottò Lucio Domizio Enobarbo, poi noto come Nerone.
Nel settimo libro dell'Eneide è menzionato Clauso, il principe sabino capostipite dei Claudii. Egli combatté al fianco di Turno contro i troiani di Enea.
Secondo l'illustre studioso Theodor Mommsen già in epoca arcaica la gens Claudia si sarebbe stanziata con la propria tribù nella zona dell'Aniene, ma è soltanto nei primi anni della repubblica (504 a.C.) che il nobile sabino Attius Clausus (poi romanizzato in Appius Claudius, o Appio Claudio Sabino Inregillense) dalla originaria Inregillum[2] o Regillum[3] (città di ubicazione attualmente ignota, che si suppone poco distante dal centro di Cures), si trasferì a Roma con il proprio seguito di parenti, amici e ben 5.000 clientes, a ciascuno dei quali vennero assegnati due iugeri di terreno (equivalenti a circa mezzo ettaro). Allo stesso Appio Claudio, che venne subito accolto nel patriziato romano, vennero assegnati venticinque iugeri.[4][5]
All'inizio del V secolo a.C. la gens Claudia diede il proprio nome ad una delle tribù rustiche di Roma[6], che comprendeva località assai vicine a Roma, come Fidene, ma anche vari territori italici come Bari, Celia, Lucera e Taranto nelle Puglie, Miseno nel Golfo di Napoli, la comunità intera degli Equicoli, località del Veneto come Acelum, a settentrione della Via Postumia, Treviso a sud della stessa via, ed infine località del Piemonte come Novara.
La famiglia si distinse in due rami principali: uno patrizio, i Claudii Pulchri, a cui apparteneva l'importante ramo distinto dal cognomen "Nero" (che in lingua sabina significa "forte", "coraggioso" e che fa riferimento alla "virilità"), cioè i Claudii Neroni, ed uno plebeo, i Claudii Marcelli ("bellicosi"). Ad alcuni membri di questa gens venne anche attribuito il nome di Clodius, variante grafica conforme alla pronuncia popolare del nome gentilizio Claudius.
La gens Claudia a Roma divenne in breve tempo potentissima, ed i suoi membri ricoprirono le più alte magistrature; in particolare durante la repubblica ascesero al consolato per ben 43 volte. I Claudii strinsero alleanze con altre importanti gentes, quali i Fabii (contro i Cornelii Scipiones o Scipioni), i Fulvii ed i Servilii, al fine di mantenere un ruolo egemone nel Senato, che conservarono per tutto il periodo repubblicano.
La gens Claudia intrecciò stretti e complessi rapporti di parentela con la potente gens Iulia; l'ascesa di quest'ultima al principato con Augusto venne a determinare alla sua morte la successione del ramo dei Claudii Neroni, nella persona di Tiberio Claudio Nerone, con il quale ebbe inizio la dinastia giulio-claudia, proseguita con Caligola e Claudio, e destinata a concludersi con Nerone. In questo modo la gens Claudia, da antica ed illustre famiglia patrizia, raggiunse l'apice della sua potenza, assurgendo al rango di prima dinastia imperiale di Roma.
Alla gens Claudia si deve anche la costruzione di tre importanti strade:
Legato alla gens è anche un acquedotto, l'Aqua Appia: voluto dal censore Gaio Plauzio Venoce, esso fu concluso dal successore Appio Claudio Cieco, che gli diede illegalmente il proprio nome, essendo rimasto in carica più a lungo di quanto la censura permettesse per legge (oltre i diciotto mesi previsti).
Tra gli esponenti dei Claudii Pulchri vi furono:
Dei plebei Claudii Marcelli si ricordano:
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