A ragione del suo talento e della sua fama Callido come allievo superò presto il proprio maestro, il frate studioso di matematica e fisica di origini dalmate Pietro Nacchini. Nel 1742 iniziò la sua formazione presso quest'ultimo. Nel 1762 prese la decisione di terminare il suo rapporto di lavoro e di intraprendere la libera professione; tuttavia rimase in stretta amicizia con Nacchini. Callido fu stimato tanto dal suo maestro quanto dai suoi contemporanei.
Già nel 1763 si trovava in buona posizione, con sei organi (di cui uno con due manuali) da costruire. Nel corso di alcuni anni allargò il suo raggio d'azione non solo all'interno della Signoria di Venezia, bensì anche nell'Emilia-Romagna, nelle Marche (cui destinò circa un quarto della sua produzione) e perfino ad Istanbul, l'antica Costantinopoli (capitale dell'Impero ottomano).
Nelle scritture che il Callido stipulava con le varie committenze soleva definirsi "Professor d'Organi".
Nel 1766 ricevette l'onorevole incarico del rifacimento dei tre organi della Basilica di San Marco a Venezia. La sua instancabile attività - con un ritmo di costruzione medio di dieci organi l'anno - fu apprezzato anche dal senato veneziano, il quale prese la decisione di concedergli dal 27 marzo 1779 l'esenzione dei dazi doganali per il trasporto dei suoi strumenti al di fuori dei territori della repubblica, tanto era il prestigio che le sue opere arrecavano a Venezia.
Gli eventi politici e i mutamenti socio-economici della fine del XVIII secolo, specialmente in riferimento al decreto emanato dall'amministrazione napoleonica con il quale si sopprimevano le varie corporazioni religiose, sembra che non abbiano intaccato più di tanto il suo lavoro, il quale perdurò con lo stesso ritmo fino al 1806, quando la direzione dell'attività passò ai figli Antonio ed Agostino, che continuarono per alcuni anni l'attività paterna con un volume di realizzazioni sempre più contenuto. In seguito la bottega organaria di Callido fu rilevata dai Bazzani, già suoi lavoranti.
Le opere del Callido rappresentano nel migliore dei modi la classica tipologia organaria neo-classica veneta, ovvero un tipo di strumento particolarmente "razionale" sia dal punto di vista strutturale che fonico, particolarmente "maneggevole" e semplice da usare. Le trasmissioni dei comandi sono integralmente meccaniche, "sospesa" quella dei manuali ed "indiretta" quella del pedale, indiretta a spinta quella dell'eventuale secondo organo od "eco". Solitamente un organo Callido ha un singolo manuale di 45 o 47 tasti (do1-do5 o do1-re5, ricoperti in legno di bosso ed ebano e con i cromatici variamente intarsiati a seconda dell'epoca di costruzione), con la prima ottava corta (o scavezza), o 57 tasti (do-1 - do5), o 62 tasti (do-1 - fa5, con prima ottava corta); più rari gli organi "doppi", dotati di due manuali ed altrettanti corpi fonici, di cui il secondo o Organo Eco è una versione ridotta dell'Organo Grande, spesso usata appunto per effetti di "eco". Le canne di prospetto sono quasi sempre disposte secondo il classico modulo della cuspide centrale con ali laterali. Per quanto concerne i registri, la disposizione fonica in genere include: principale (diviso in "bassi" e "soprani"), Ottava, Quintadecima, Decimanona, Vigesimaseconda, Vigesimasesta, Vigesimanona, (talvolta, negli strumenti maggiori, Trigesimaterza e Trigesimasesta), Voce Umana (nei soprani, accordata calante), Flauto in Ottava, Flauto in Duodecima, Cornetta (ovvero Flauto in XVII - nei soprani), uno o due registri ad ancia della famiglia dei regali a tuba corta (ad esempio Tromboncini 8' e/o Violoncello 8') e i più grandi presentano la Viola (o Violetta) 4'. Alla pedaliera - sempre unita al manuale - sono presenti Contrabassi, Ottave di Contrabbassi e Tromboni ad ancia 8' (o Serpentoni 8'), talvolta Duodecime di Contrabbassi. I somieri adottati - realizzati con essenze lignee di prima qualità e ben stagionate - sono sempre del tipo "a tiro". La firma del Maestro organaro di Este solitamente consiste in un logo impresso a fuoco su varie parti lignee dell'organo che contiene le lettere "G+C" (le iniziali del suo nome e cognome). Pedaliera: a leggio. Accessori: Tiratutti del Ripieno a manovella e a pedale, più raro, oltre al Tamburo acustico (a 3 o 4 canne). Il corista callidiano risulta di poco inferiore a quello moderno, mentre il tipo di temperamento adottato è leggermente inequabile, accostabile talvolta al "Vallotti" e talvolta al "Riccati".
Il suono degli strumenti di Gaetano Callido o dei suoi più diretti allievi costruttori d'organi si definisce per alcune caratteristiche indiscutibili. Alcune di queste sono:
l'intonazione generale cristallina e "spiccata";
il Principale, dal suono delicatissimo ed avvolgente, leggero ma al tempo stesso corposo, grazie alla taglia abbondante delle sue misure;
la purezza dei suoi Flauti (con canne generalmente "a cuspide"), che danno un suono pulito e penetrante;
il Ripieno che, nonostante dia il massimo volume sonoro dello strumento, è ascoltabile senza alcun disturbo anche a pochi metri dalla cassa: ciò è dovuto alla pressione piuttosto bassa a cui "lavorano" i suoi registri, dell'ordine di 50/60mm in colonna d'acqua. Non mancano tuttavia casi in cui si sono rilevate pressioni più alte, fino a 75mm;
l'intonazione decisa, ma mai sovrastante, dei bassi aperti alla pedaliera, che portano il nome di Contrabassi 16' e Ottava 8' (di rinforzo), solida base armonica dell'edificio sonoro. Negli strumenti di 12' è spesso presente anche la Duodecima 5 e 1/3'.
Amandola, Ss. Trinità, 1794-98 (smontato in cantoria)
Chiesa di San Francesco alle Scale, 1796, realizzato per il Santuario Mariano di Loreto e inglobato nello strumento di Pacifico Inzoli costruito per lo stesso Santuario.[1]
Chiesa di San Giuseppe. L'organo fu costruito nel 1805 (op. 420) e venne collocato nella chiesa precedente a quella dove attualmente funziona. Nel 1883 il parroco Gio.Battista Munaretti, spinto da un grande interesse per l'organo, decise di ampliarlo e affidò il lavoro all'organaro Gio.Batta Zordan, il quale aggiunse 12 registri da concerto e costruì molte parti dello strumento. Nel 1897 Francesco Zordan (figlio di Gio.Batta) smontò l'organo dalla vecchia chiesa e "ne riponeva in bell'ordine le parti, per poterlo successivamente trasferire e rimontare nel nuovo tempio". Sette anni più tardi, lo stesso Francesco, rimontò lo strumento nella nuova chiesa. Successivamente l'organo subirà ulteriori modifiche, per renderlo "più aderente alle nuove idee Ceciliane", ma il restauro completo ultimato nel 2018 riporta questo prezioso strumento all'antico splendore e quindi alle sonorità del 1883.
Chiesa di Altichiero in Padova Maternità della Beata Vergine Maria (proveniente da Chiesa di Sant' Eufemia di Altichiero), 1802, op. 387, (ricostruito da G. B. Zordan 1865, op. 41, restaurato da G. F. Paccagnella 2005)
San Cipriano: op.69 del 1773, sono conservate tutte le canne e la storica cassa nell'organo della nuova chiesa parrocchiale, nell'organo Tamburini Girotto del 1971
Basilica della Misericordia, 1785 (op. 214 proveniente da San Francesco, collocato in presbiterio nella cantoria di sinistra di fronte al Nacchini del 1757, op. 328)
S. Filippo, 1794 (op. 319, anno di costruzione e numero d'opera riportati sulla "legenda")
Sul listello frontale della tastiera si legge l'iscrizione a inchiostro "OPUS REV. i D. PETRI NACCHINI CUM CAJETANO CALLIDO TUM EIUS FAMULO ANNO DOMINI 1755"
Renato Lunelli, Studi e documenti di storia organaria veneta, Firenze, Leo S. Olschki editore, 1973 (Studi di musica veneta, 3), pp.132–144 (doc. LVII: Catalogo originale degli organi costruiti da Gaetano Callido), 165-167, tavv. 21-23.
Oscar Mischiati, Callido, Gaetano, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. XVI, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1973, pp.747–750.
Sara Sbordone, Contributo per un regesto degli organi di Gaetano Callido sulla base del catalogo redatto dall'autore, in «Rassegna Veneta di Studi Musicali», XI-XII (1995-96), pp.269–347.
Mauro Ferrante - Fabio Quarchioni, Gli organi di Gaetano Callido nelle Marche, Villa Maina, Abbadia di Fiastra-Urbisaglia, 1989.
Dal 1995 al 2005, con cadenza annuale, sulla rivista di storia locale marchigiana «Studia Picena» (edita dall'Istituto teologico marchigiano di Ancona), è stata pubblicata, coordinata dallo studioso Paolo Peretti e affidata a nove diversi autori specialisti del settore, una serie di regesti degli organi antichi delle Marche su base diocesana, secondo il seguente ordine di interventi e di ripartizione del territorio:
P. Peretti, Regesto degli organi antichi dell'arcidiocesi di Camerino-San Severino Marche, in «Studia Picena», LX (1995), pp.161–211;
F. Quarchioni-G. Perrucci, Regesto degli organi antichi della diocesi di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia, in Ibid., LXI (1996), pp.217–359;
G. Spaziani, Regesto degli organi antichi delle diocesi di Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto, in Ibid., LXII (1997), pp.199–237;
P. Peretti, Regesto degli organi antichi dell'arcidiocesi di Fermo, in Ibid., LXIII (1998), pp.245–281;
R. Sabatini, Regesto degli organi antichi delle diocesi di Pesaro e del Montefeltro, in Ibid., LXIV-LXV (1999-2000), pp.211–255;
M. Martelli-P. Peretti, Regesto degli organi antichi della diocesi di Ancona-Osimo e Jesi, in Ibid., LXVI (2001), pp.233–286;
M. Ferrante, Regesto degli organi antichi della diocesi di Urbino-Urbania-Sant'Angelo in Vado, in Ibid., LXVII (2002), pp.271–314;
G. Perrucci, Regesto degli organi antichi della diocesi di Fano-Fossombrone-Cagli-Pergola, in Ibid., LXVIII (2003), pp.375–417;
S. Fraboni, Regesto degli organi antichi della diocesi di Senigallia, in Ibid., LXIX (2004), pp.265–321;
S. Argalia, Regesto degli organi antichi della diocesi di Fabriano-Matelica, in Ibid., LXX (2005), pp.159–191.