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manifestazione religiosa di Catania Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La festa di Sant'Agata (A fest’ ‘i sant’Àjita in siciliano) è la più importante festa religiosa della città di Catania. Si celebra in onore della santa patrona della città, ed è la terza festa religiosa cattolica più seguita al mondo, proprio per il numero di persone che coinvolge e attira.[1][2][3] Si svolge tutti gli anni dal 3 al 6 febbraio, il 12 febbraio e il 17 agosto. La ricorrenza di febbraio è legata al martirio della santa catanese,[4] mentre la data di agosto ricorda il ritorno a Catania delle sue spoglie, dopo che queste erano state trafugate e portate a Costantinopoli dal generale bizantino Giorgio Maniace quale bottino di guerra e dove rimasero per 86 anni.[5] Dal 3 al 6 febbraio giungono a Catania un gran numero di fedeli e turisti per partecipare a questa festività.[6]
Festa di Sant'Agata | |
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Tipo | religiosa locale |
Periodo | Dal 3 al 6 febbraio; 12 febbraio; 17 agosto |
Celebrata a | Catania, Malta, San Marino, Berchem-Sainte-Agathe, Santhià |
Religione | Cattolicesimo |
Oggetto della ricorrenza | Martirio di sant'Agata; rientro delle sue spoglie |
Tradizioni religiose | Offerta della cera, processioni |
Tradizioni profane | Luminarie, cerei, altre |
Tradizioni culinarie | minnuzzi 'i vìrgini o ''i sant'Àjita, alivetti, calia e simenza |
Data d'istituzione | 1200 |
La giovane Agata visse nel III secolo. Esponente di una famiglia patrizia catanese, sin da giovane consacrò la sua vita alla religione cristiana. Venne notata dal governatore romano Quinziano che decise di volerla per sé.[7] Agata fuggì a Palermo nella sua villa al quartiere Guilla, ma Quinziano la scovò e la fece tornare forzatamente a Catania, dove tentò di blandirla e sedurla in ogni modo.[8] Al rifiuto deciso di Agata, la perseguitò in quanto cristiana e, perdurando il rifiuto della giovane, la fece martirizzare e mettere a morte il pomeriggio del 5 febbraio 251. Subito dopo la morte cominciò a essere venerata da gran parte della popolazione anche di religione pagana. Da qui si sviluppò il culto di Agata che si diffuse anche fuori dalla Sicilia e ben presto papa Cornelio la elevò alla gloria degli altari.
«Memoria di sant’Agata, vergine e martire, che a Catania, ancora fanciulla, nell’imperversare della persecuzione conservò nel martirio illibato il corpo e integra la fede, offrendo la sua testimonianza per Cristo Signore.»
Le origini della venerazione di sant'Agata si fanno risalire all'anno seguente il martirio, ovvero al 252. Il popolo nutrì subito una grande devozione per la vergine Agata che si era votata al martirio pur di difendere il suo onore e per non abiurare alla sua fede. I catanesi furono orgogliosi di questa giovane che si rivoltò contro il volere del proconsole romano.
Per quanto attiene alla festa vera e propria, è molto difficile stabilire quale fu l'anno d'inizio delle celebrazioni. Secondo alcune testimonianze, ancora prima della nascita di Agata veniva celebrata una festa pagana durante la quale un simulacro di una vergine veniva portato in processione per le vie della città.
Un'altra tradizione viene riportata da Apuleio ne Le metamorfosi, secondo la quale la festa della dea Iside nella città greca di Corinto avrebbe molti punti di contatto con la festa catanese. In particolare il popolo, vestito di una tunica bianca, che partecipava ai festeggiamenti viene accostato al saccu, la tunica di cotone bianco indossata in processione dai devoti, che tirano i cordoni del fercolo per trainarlo lungo il percorso.
Sicuramente i primi festeggiamenti a sant'Agata, anche se non programmati, avvennero spontaneamente il 17 agosto 1126 quando le spoglie della Santa catanese, trafugate nel 1040, furono riportate in patria da due soldati, Gilberto e Goselino, dalla città di Costantinopoli. Il vescovo di Catania, Maurizio, si recò al castello di Jaci per accoglierle.[9] Sparsa la voce, nel corso della notte i cittadini si riversarono nelle strade della città per ringraziare Dio di aver fatto tornare, dopo 86 anni, le spoglie dell'amata martire Agata.
I festeggiamenti erano per lo più di natura liturgica e si svolgevano all'interno della cattedrale. Ciò sarebbe dimostrato in maniera indiretta da quanto avvenne il 4 febbraio 1169, quando un tremendo terremoto rase al suolo la città di Catania seppellendo sotto le macerie il popolo di fedeli che si trovava all'interno della cattedrale, in preghiera, per la celebrazione del martirio di sant'Agata. In quell'occasione, secondo alcune cronache dell'epoca, perirono oltre 80 monaci e alcune migliaia di fedeli sotto le volte del tempio crollato.
Soltanto nel 1376, anno di costruzione della vara[10][11] (“fercolo”), in legno, si presume che siano iniziati i festeggiamenti con la processione per le vie della città.[12] Dal 1209 al 1375 avvenivano processioni con il velo della santa. Il fercolo attuale, tutto in argento su di un telaio in legno, fu ricostruito nel 1946 dopo che nel corso di un intenso bombardamento da parte dell'aviazione britannica, avvenuto il 17 aprile del 1943, era stato seriamente danneggiato quello preesistente, inaugurato nel 1519.
È grazie all’interessamento del cardinale Camillo Astalli, vescovo di Catania, che il pontefice Alessandro VII autorizzò nel 1662 la celebrazione con rito doppio dell'ufficio di Sant'Agata in tutta la Sicilia.[13][14]
Verosimilmente la festa dovette subire delle interruzioni negli anni successivi a due eventi drammatici che distrussero la città: nel 1669, in seguito a una eruzione catastrofica dell'Etna che ricoprì di lava gran parte del territorio all’esterno delle mura medievali, rendendo impraticabile oltre il 50% della viabilità cittadina, e nel 1693, per un terremoto di enorme magnitudo che sconvolse il Val di Noto distruggendo completamente la città. Fino al 1692 la festa si svolgeva in un giorno solo, il 4 febbraio. In seguito a quest'ultimo evento Catania venne ricostruita attuando una pianta ortogonale che rese la viabilità più facile con strade più larghe e ordinate. Per questo e perché di fatto la città si era molto allargata e il giro dei quartieri cittadini non poteva più essere effettuato in un solo giorno, dal 1712 la festa fu strutturata su due giornate di festeggiamenti, il 4 e 5 febbraio.
Alla festa puramente religiosa si affiancò una festa più popolare, voluta dal Senato della città e anche dalla popolazione. A questo punto, per evitare problemi di ordine pubblico, venne creato un regolamento al quale dovevano attenersi gli organizzatori dei festeggiamenti. Pertanto, in abbinamento alla processione della vara per le vie cittadine, si inserirono spettacoli di natura diversa per intrattenere i fedeli che arrivavano da ogni parte della Sicilia.
Nel XVI secolo e forse ancora prima, era invalsa l'abitudine, da parte di molte persone per lo più appartenenti alla borghesia, di andare in giro mascherate al punto da essere irriconoscibili. Non è chiaro il motivo di questa usanza che poi degenerò in alcuni casi di comune delinquenza. Infatti celati dalle maschere, molti malintenzionati approfittavano della situazione per mettere in atto azioni violente e delittuose. La motivazione di queste mascherate può essere messa in connessione con la festa del Carnevale che solitamente coincide con le feste agatine.
Analoga a questa usanza è la presenza, dal Cinquecento e fino a metà Ottocento, delle ntuppateḍḍi,[15][16] donne, appartenenti a varie classi sociali, che nei pomeriggi del 4 e 5 febbraio, si avventuravano da sole in giro per la città avvolte in un grande mantello e con il volto completamente celato per non farsi riconoscere. In un tempo in cui la donna, sia sposata che nubile, non usciva di casa senza essere accompagnata, esse andavano in giro per la città accettando dolci e regali da corteggiatori occasionali.
I festeggiamenti si svolgono nella città di Catania dal 3 al 6 di febbraio.
La giornata del 3 febbraio si apre con la processione per l'offerta della cera a cui sono presenti oltre che cittadini e turisti, le più alte cariche religiose ed istituzionali della città, concludendosi la sera in Piazza Duomo con il caratteristico e molto atteso spettacolo pirotecnico dei fuochi del 3 febbraio.
La vera festa religiosa ha però inizio la mattina del 4 febbraio con la messa dell'Aurora, quando il busto reliquiario di sant'Agata dopo un anno di attesa per tutta la città viene portato fuori dalla stanza che lo ha custodito, e "consegnato" ai devoti che lo porteranno in processione lungo un percorso esterno della città che si concluderà con il rientro nella Basilica Cattedrale in tarda notte, spesso alle prime luci dell'alba.
Nella mattina del 5 febbraio, presso la basilica cattedrale ha luogo la messa pontificale celebrata dalle più alte cariche religiose locali e non. Durante tutta la giornata il busto reliquiario di sant'Agata rimane esposto presso la Cattedrale e infine nel pomeriggio dopo la santa messa viene nuovamente affidato ai devoti per un'ultima processione lungo un percorso interno della città che lo vedrà concludersi nella tarda mattinata del giorno successivo 6 febbraio.
In tutte le strade principali del centro storico di Catania vengono approntate delle illuminazioni artistiche che danno una particolare luce di festa a tutta la città. Tutti gli anni vengono variati i motivi ornamentali ma l'effetto è sempre molto coinvolgente e suggestivo.
Il culmine di queste luci si ha alla sommità di via Di Sangiuliano, dove viene realizzato un enorme pannello, largo quanto tutta la strada, che, come un grande mosaico di luci colorate, raffigura una scena della vita di sant'Agata. Esso, per le sue dimensioni, è visibile da lontano e rappresenta un grande affresco sullo sfondo del cielo stellato. Il tema di tale fondale cambia tutti gli anni e rappresenta come una storia a puntate della epopea di sant'Ajituzza, vezzeggiativo con cui è chiamata dai catanesi la vergine e martire Agata.
Molto antica è la tradizione delle cannalori[17][18] (“cerei” o “candelore”). In principio, forse già nel XV secolo erano quasi dei carri allegorici di Carnevale cambiavano foggia ogni anno ed erano più di trenta.
Al giorno d'oggi sono quattordici e rappresentano le corporazioni delle arti e dei mestieri della città. Si tratta di grosse costruzioni in legno riccamente scolpite e dorate in superficie, costruite, generalmente, nello stile del barocco siciliano, e contenenti al centro un grosso cereo. Questi imponenti ceri dal peso che oscilla fra i 400 ed i 900 chili, vengono portati a spalla, a seconda del peso, da un gruppo costituito da 4 a 12 uomini, che le fa avanzare con un'andatura caracollante molto caratteristica detta “a ’nnacata”.[19] Nel 2017 è stato annunciato il futuro ingresso di una 13ª candelora, per il 2018, e visibile quest'anno soltanto la mattina del 5 febbraio in piazza Duomo, insieme alle altre 12. Si tratta del cereo dei Mastri Artigiani. Inoltre nel 2022, è stata presentata una 14° candelora, partecipante alla processione dal 2023, che costruita proprio dai devoti, prende il nome di "Cereo dei Devoti di S. Agata". Nel 2024 viene aggiunta la Candelora numero 15 dedicata a S.Agata dall'associazione Luigi Maina.
I cannalori (“le candelore”), oltre a precedere la processione di sant'Agata nei giorni 4 e 5 febbraio, già dieci giorni prima iniziano a girare per la città portandosi presso le botteghe dei soci della corporazione a cui appartengono, scortate da una banda che suona allegre marcette.
I quindici cerei hanno una posizione ben codificata nell'ordine da tenere nel corso della processione alla quale partecipano.[20]
Il fercolo di sant'Agata (in siciliano “a vara”), prima del 1379 era in legno dorato molto pregiato, è un tempietto di argento che ricopre una struttura in legno, riccamente lavorato, che trasporta il busto-reliquiario della santa catanese e lo scrigno, in argento, entro cui sono custodite tutte le reliquie di sant'Agata. Costruito nel 1518, in puro stile rinascimentale, è finemente cesellato e ornato, sul tetto di copertura, da dodici statue raffiguranti gli apostoli. Ha forma rettangolare ed è coperto da una cupola, anch'essa rettangolare, poggiata su sei colonne in stile corinzio. Fu costruito dall'artista orafo Vincenzo Archifel operante a Catania dal 1486 al 1533. Il fercolo è d'argento massiccio. Si muove su quattro ruote (rulli cilindrici in acciaio con battistrada in gomma piena) e viene trainato – tramite due cordoni lunghi entrambi circa 130 metri, al cui capo sono poi collegate quattro maniglie – dai “cittadini”[21]. Ogni cordone presenta in testa un sistema di quattro corde con maniglia che permette di tenerlo costantemente e regolarmente in tensione.
I devoti catanesi indossano il caratteristico saccu, cioè un camice bianco che rappresenta le storiche vesti notturne indossate dai catanesi durante la notte in cui, si racconta, sant'Agata li protesse dai pirati saraceni.
Dall'addobbo floreale della vara si può riconoscere se si è alla processione del giorno 4 o a quella del giorno 5 febbraio. Infatti, i fiori che addobbano il fercolo, sempre garofani, sono di colore rosa, simbolo della passione per Gesù e del martirio, nella processione del giorno 4 febbraio e di colore bianco, segno della fede in Dio, della purezza di cuore e della sua verginità di donna consacrata al Signore, nel giro interno del giorno del martirio che si tiene il 5 febbraio.
Tuttavia il fercolo che oggi devoti e turisti ammirano con grande curiosità non è quello originale; infatti i bombardamenti alleati del 17 aprile 1943 distrussero - oltre a numerosi edifici laici e religiosi - anche la Casa Vara e con essa il Fercolo originale. Esso fu ricostruito nel 1946 da Giuseppe Barresi[senza fonte] tramite disegni, fotografie e progetti che ritraevano quello ormai perduto. Recandosi nella vicina Lentini, fortunatamente, fu possibile analizzare e prendere spunto dall'ammaliante Fercolo argenteo di Sant'Alfio realizzato tra il 1852 e il 1854 dall'argentiere etneo Emanuele Puglisi il quale a suo tempo, per la creazione della vara lentinese, si era proprio ispirato a quella originale della Santa catanese. Il nuovo fercolo, comunque, si poté utilizzare soltanto dall'edizione 1947 della Festa. Per la festa del 1946 - che tra l'altro fu l'ultima sotto lo stemma sabaudo - i catanesi chiesero l'aiuto dei paesi vicini e che qualcuno di questi prestasse a Catania un fercolo, che potesse portare in trionfo le reliquie di Sant'Agata. E fu così che Acicastello - che già nella storia del culto agatino era ricordata come punto in cui le reliquie stesse ritornarono in patria il 17 agosto 1126 - prestò ai Catanesi la vara di San Mauro, gesto che sottolineò ancor di più il rapporto stretto fra queste due città.
Lo scrigno che contiene le reliquie di sant'Agata è una cassa d'argento in stile gotico,[22] realizzata intorno alla fine del XV secolo dall'artista catanese Angelo Novara.[23] Il coperchio anch'esso in argento fu realizzato dallo stesso artista che costruì la vara. Esso è riccamente istoriato con immagini della vita di sant'Agata e contiene le sue reliquie racchiuse in diversi reliquiari. Esse sono costituite dalle due braccia con le mani, dalle due gambe con i piedi, dai due femori e dalla mammella oltre al santo velo. I reliquiari che le contengono sono tutti di diversa fattura in quanto costruiti in epoche differenti.
Il busto della santa,[22] completamente in argento, è stato realizzato nel 1376 e contiene anch'esso delle reliquie di sant'Agata. Infatti nella testa, ricoperta da una corona donata dal re inglese Riccardo Cuor di Leone di passaggio a Catania di ritorno da una Crociata, è stato inserito il teschio della santa catanese, mentre nel busto è inserita la cassa toracica. Il busto fu realizzato in Francia dall'artista Giovanni di Bartolo e da maestranze francesi, su incarico del vescovo di Catania, Marziale che esaudì un desiderio di Papa Gregorio XI, ed è ricoperto da oltre 300 gioielli ed ex voto. Oltre alla già menzionata corona, si possono citare alcuni dei più importanti gioielli donati alla santa: due grandi angeli in argento dorato che sono posti ai lati del busto di Sant'Agata; una collana del XV secolo incastonata di smeraldi, donata dal popolo di Catania anche se molti attribuiscono questo dono al viceré Ferdinando De Acuna; una grande croce riccamente lavorata del XVI secolo; il collare della Legion d'Onore francese appartenuto al musicista catanese Vincenzo Bellini; croci pettorali appartenute a vescovi di Catania, Dusmet, Francica Nava, Ventimiglia; un anello appartenuto alla regina Margherita che lo donò nel 1881 nel corso di una visita a Catania.
I devoti che trainano il fercolo vestono un saio di cotone bianco detto saccu, un copricapo di velluto nero detto scuzzitta,[24] un cordone monastico bianco intorno alla vita, dei guanti bianchi e un fazzoletto, anch'esso bianco, che viene agitato al grido «Semu tutti divoti, tutti. Cittadini, cittadini! Viva sant'Àjita!».[25]
L'origine e il significato di questo saio bianco sono molto dibattuti. Alcuni li fanno risalire al fatto che nel 1126 al ritorno delle spoglie della santa a Catania, la cui notizia si sparse durante la notte, il popolo si riversò per le strade in camicia da notte. Ma questa versione cozza contro la storia in quanto l'invenzione della camicia da notte risulta essere successiva a quell'epoca. Altri sostengono che si riferisca al culto di Cerere di cui si è detto prima.
Probabilmente nessuna di queste ipotesi è quella vera, e occorre dar conto alle testimonianze di alcuni cronisti del tempo. Nel XVI secolo la vara veniva trasportata dagli ignudi.[26] Nel seicento, Pietro Carrera scriveva quanto secondo lui era accaduto la notte del 17 agosto 1126:
«imperoché all'hora gran parte de' cittadini (intendo dei maschi) andò ignuda a ricevere il santo corpo […]; al che ciascun si mosse sull'esempio del vescovo Maurizio, che vi andò a piedi scalzi e ciò fu fatto per volontaria afflizione e penitenza presa per puro affetto e devotion della Santa»
Ma lo stesso Carrera ci dice che ai suoi tempi i portatori indossavano un camice di stoffa bianca che arrivava fino alle ginocchia e avevano le gambe nude e i piedi scalzi. Evidentemente questa usanza si è andata evolvendo nei secoli fino ad arrivare all'abbigliamento odierno.
Il giorno 3 febbraio si ha l'inizio dei festeggiamenti religiosi con la processione dell'offerta della cera a sant'Agata, detta anticamente la processione della luminaria.[27] La processione, alla quale partecipano il clero, le autorità cittadine con in testa il sindaco e la giunta comunale, gli antichi ordini militari e cavallereschi, parte dalla Chiesa di Sant'Agata alla Fornace in piazza Stesicoro, detta a carcareḍḍa,[28] ovvero la fornace in cui sarebbe stata martirizzata sant'Agata, per raggiungere, attraverso la via Etnea e piazza Duomo, la Cattedrale di sant'Agata.
La processione ha inizio con la sfilata in corteo delle dodici cannalori, questa volta non seguite dalla banda. Seguono l'arcivescovo metropolita, i capitoli delle basiliche Cattedrale e Collegiata, il sindaco con la giunta comunale, autorità civili e militari oltre al clero dell'arcidiocesi. Il sindaco si reca alla chiesa di San Biagio su di una carrozza settecentesca del Senato catanese assieme ad alcuni membri della giunta mentre altre autorità prendono posto in una seconda carrozza più piccola. Da alcuni anni le due carrozze sono esposte in permanenza nell'atrio del Palazzo degli Elefanti, la sede del municipio di Catania.
I festeggiamenti del giorno 4 hanno inizio con la messa dell'aurora.[29][30] Essa rappresenta la prima funzione religiosa in onore della santa e anche il primo incontro, molto intimo, fra la santa e i suoi devoti. Alle 03:30 il portone della cattedrale viene violentemente aperto dalla calca dei fedeli che con il camice bianco invadono le navate correndo freneticamente verso il sacello di sant'Agata (usanza ormai non più reiterata da quando sono previste misure antiterroristiche). Sono momenti caratterizzati da forte attesa spasmodica nella quale i devoti esprimono tutta la loro devozione con grida e canti. Così, una volta arrivate in cattedrale le alte autorità comunali che custodiscono le chiavi del sacello, si procede all'apertura dello stesso, potendo così assistere prima all'uscita del mezzobusto reliquiario e dello scrigno dalla stessa camera in cui vengono conservati. Ancora una breve attesa e poi finalmente sant'Agata si mostra, venendo fuori dai cancelli in ferro battuto e rivolgendo il suo sguardo prima alla navata destra e poi a quella centrale. La scena è molto toccante e suggestiva con migliaia e migliaia “cittatini” (“cittadini devoti”) che sventolando il fazzoletto bianco esplodono nell'urlo:
«E chiamàmula cu 'razzia e cu cori,
pi sant'Àjituzza beḍḍa, ca sta niscennu,
Cittatini!
semu tutti divoti, tutti?
Cittatini, cittatini!
evviva sant'Àjita
cittatini!
Evviva sant'Àjita.
Tutti divoti, tutti?
Cittatini, cittatini!»
«Chiamiamola con grazia e con cuore,
per sant'Agatuccia bella, che sta uscendo,
cittadini!
Siamo tutti devoti, tutti?
Cittadini, cittadini,
evviva sant'Agata,
cittadini!
Evviva sant'Agata.
Tutti devoti, tutti?
Cittadini, cittadini!»
Il mezzobusto contenente le reliquie è posto sull'altare maggiore e ha inizio la messa detta dell'aurora, mentre fuori la vara viene posizionata per l'imminente uscita. Sono le ore 06:00. Durante il tragitto dalla camera del tesoro all'altare maggiore viene intonato l'inno di sant'Agata:
«Inneggiamo alla martire invitta
Rifulgente di luce divina
Inneggiamo alla grande eroina
Presso l'ara cosparsa di fior
Anelante di palpiti sacri
Si diffonda la gioia nel cielo
Ed all'ombra del mistico velo
Sorga l'inno festoso dei cuor
Esultante nei duri tormenti
Luminosa nel carcere oscuro
Ella affronta con animo puro
Le minacce di un uomo crudel
Non ascolta le vane lusinghe
Le promesse di un sogno radioso
Vince il fuoco e del cielo armonioso
L'innamora l'eterno splendor
Per i secoli vola il Suo nome
E risuona pei monti e sul mare
Circonfuso di sole è l'altare
Il suo corpo conserva fedel
Su! leviam cittadini l'evviva
Al valor centenario possente
Di colei che pregava morente
Il signor della vita immortal
Alla fine della messa,[31] Sant'Agata viene portata in trionfo al fercolo, salutata da fuochi d'artificio e, preceduta dalle cannalori, inizia il giro esterno della città. Ma prima che la processione cominci, il parroco della Basilica Cattedrale con un breve discorso affida alla popolazione etnea le Sante reliquie della Vergine Agata. La prima parte del percorso si snoda uscendo da Porta Uzeda verso gli archi della marina, qui fino XIX secolo il mare arrivava fin sotto i bastioni delle mura di Carlo V. La processione prosegue lungo via Dusmet costeggiando il tracciato delle mura cinquecentesche, qui fino agli anni settanta avveniva un lancio di fettucce colorate da parte dei seminaristi.[32] I platani sottostanti, spogli di foglie data la stagione, si rivestivano così di nastri colorati.
Il fercolo prosegue per le altre strade del giro, esterno alle antica mura della città, secondo un tracciato percorso in senso antiorario, sempre accompagnato da due ali di folla. Nel corso del giro effettua una sosta in piazza Carlo Alberto davanti al Santuario della Madonna del Carmine, durante la quale la Patrona riceve l'omaggio del Terz'Ordine Carmelitano. Il giro esterno raggiunge poi la piazza Stesicoro dove si trovano i luoghi che ricordano il martirio di sant'Agata. Qui infatti sorgono la Chiesa di Sant'Agata al Carcere e la Chiesa di Sant'Agata alla Fornace in cui la vergine Agata subì il martirio. Segue una piccola sosta, dedicata a un messaggio dell'Arcivescovo Metropolita di Catania. A questo punto c'è l'avvenimento più caratteristico della giornata. Lungo â 'cchianata dê Cappuccini,[33] il fercolo di sant'Agata viene trainato di corsa fino al culmine della stessa, giungendo così dinanzi alla Chiesa di san Domenico, nella omonima piazza. Negli ultimi anni tuttavia la salita non viene più percorsa di corsa.
Raggiunta la Chiesa di Sant'Agata la Vetere,[34] la prima cattedrale di Catania, la processione si ferma qui per alcune ore. Verso sera, dopo una messa nella piccola Chiesa di Sant'Agata la Vetere, riprende il giro esterno della città che attraversa i quartieri dell'antico corso, dei cappuccini, dô furtinu,[35] di san Cristoforo e degli Angeli custodi, per rientrare in cattedrale, alle prime luci dell'alba o addirittura la mattina del giorno 5 intorno alle 9:00 dando luogo a spettacoli di fuochi pirotecnici.
La festa ha inizio con il solenne pontificale, concelebrato dai vescovi di tutta la Sicilia, in presenza del legato pontificio che è solitamente un cardinale. Partecipano il clero catanese al completo, le autorità civili e militari ed il popolo dei fedeli. Nel pomeriggio, verso le diciotto, ha inizio il giro interno della città.[36] Il fercolo percorre la via Etnea fino al Giardino Bellini, per deviare poi in via Caronda che percorre fino ad arrivare in piazza Cavour o, come dicono i catanesi, ‘u burgu[37] dove, davanti alla Chiesa di Sant'Agata al Borgo, ha luogo uno spettacolo pirotecnico.
Alla fine la processione scende, lungo la via Etnea, verso la cattedrale fino ai Quattro canti dove gira a destra per effettuare di corsa a 'cchianata 'i Sangiulianu.[38] In passato la vara veniva trainata di corsa dai cittadini, lungo la via Di Sangiuliano, fino a raggiungere la sommità della salita fra due ali di folla plaudente.[39] Dopo un incidente mortale avvenuto nei primi anni del XXI secolo, nel quale perse la vita un giovane, la salita viene fatta velocemente ma non più di corsa per motivi precauzionali. Per via dei Crociferi, la più bella strada barocca di Catania, il fercolo si avvia verso la cattedrale. Viene effettuata l'ultima sosta davanti al convento delle suore benedettine che, da dietro i cancelli del sagrato del loro monastero, intonano dei canti a sant'Agata. Sant'Agata fa quindi rientro in cattedrale il 6 febbraio. Un tempo alle prime luci dell'alba, oggigiorno invece la durata della festa fa protrarre la processione anche fino alle 10-11 del mattino.
Questa festa è forse la più antica nel tempo, in quanto si rifà ai festeggiamenti spontanei che si verificarono nella notte del 17 agosto 1126 quando le spoglie della santa martire catanese vennero riportate a Catania da Costantinopoli, dai due soldati Gilberto e Goselmo.
La festa si svolge in maniera ridotta rispetto ai grandiosi festeggiamenti di febbraio, ma attira comunque nel centro storico migliaia di fedeli, turisti e curiosi. Oltre alla messa in onore di Sant'Agata, nel tardo pomeriggio si svolge una breve processione con lo scrigno contenente le reliquie e il mezzobusto reliquiario, nei dintorni della Cattedrale, in Via Dusmet procedendo per Piazza San Placido e facendo ritorno in chiesa per Via Vittorio Emanuele con straordinari giochi pirotecnici in un'area riservata al Porto di Catania e, cosa molto particolare, sul tetto della chiesa di San Placido.
La sera del 3 di febbraio (nota come a sira ‘ô tri) si svolge in piazza del Duomo, davanti alla Cattedrale, un concerto lirico-sinfonico, il quale prevede l'esecuzione della Cantata in onore di sant'Agata e di alcuni fra i pezzi operistici più famosi al mondo. A questo concerto partecipa una banda musicale o un'orchestra di fiati con un coro cittadino. La Cantata (provvista di tre brani: "Lo ionico mare", "Preghiera" e "Cabaletta") è stata composta tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del secolo scorso dal musicista catanese Michele Giarrusso. In passato vi era una tradizione, secondo la quale la città nei giorni della festa si divideva in partiti (come accade anche oggi in alcuni paesi), che prendevano nome di San Nicola (corrispondente all'Antico Corso), Santa Chiara (corrispondente al Castello), San Gaetano (corrispondente alla Civita) e Santa Nicolella (corrispondente alla Collegiata), ognuno dei quali la sera del 3 eseguiva sul palco la propria Cantata dedicata alla "santuzza", esecuzione accompagnata da uno strumento (che solitamente era il trombone). Questa usanza è andata ormai perduta, ma in compenso ha lasciato il posto a un'esibizione molto sentita dal popolo etneo. Davanti ad una folla festante questo rappresenta un momento di omaggio alla vergine catanese. Alla fine del concerto ha luogo uno spettacolo piromusicale che per durata e bellezza non ha eguali. A questo proposito quando si vuol citare un evento fuori dal comune, i catanesi dicono «mancu a sira ‘ô tri» ("nemmeno la sera del tre") ad indicare la grandiosità dell'evento. Una grandiosità di certo cambiata, non tanto per le novità tecnologiche, quanto per la riduzione dei botti dal punto di vista propriamente "uditivo", poiché era tradizione fino a qualche decennio a questa parte che durante la festa si sparassero i cosiddetti "masculara", dal calibro notoriamente più grande rispetto a quelli moderni, che invece sostituiscono il rumore assordante con uno spettacolo di luci, colori e suoni dal sapore prettamente mediterraneo.
Il pomeriggio del 3 febbraio, nelle strade del centro storico di Catania ha luogo il Trofeo Sant'Agata, un giro podistico sulla distanza di 10.000 m che nel corso degli anni ha assunto una notevole importanza in campo internazionale. La gara ha spesso laureato come vincitori atleti che avrebbero poi vinto grandi manifestazioni internazionali.
In passato si disputavano gare di altri sport, tra cui il calcio. Ne fu protagonista l'Unione Sportiva Catanese, che negli anni venti organizzava ogni anno una partita (di solito contro squadre messinesi) in cui veniva messo in palio il Trofeo. Nel 1992 il Catania tentò di riproporre l'evento, ma lo scarso interesse del pubblico fece desistere gli organizzatori.[40]
La fiera di sant'Agata risale a molti secoli addietro quando dava l'avvio ai festeggiamenti agatini con un grande mercato che si rifaceva alle tradizioni delle fiere medioevali quando re e principi concedevano l'esenzione da dazi e gabelle, indulti ai condannati e concessioni di giochi non consentiti nel corso dell'anno. Era visitata da un notevole numero di persone che venivano attratte, oltre che dalla festa, dalla possibilità di fare acquisti a prezzi più bassi.
Ai giorni nostri la fiera di sant'Agata è un grande mercato all'aperto che si svolge durante i festeggiamenti alla santa patrona catanese. Rimane aperta per circa otto giorni durante i quali accoglie i visitatori fino a notte fonda. Nel corso degli anni ha cambiato aspetto e sede (di solito si svolgeva al Giardino Bellini), mantenendo comunque il suo aspetto di calda allegria apportata da grandi e piccoli visitatori.
Negli anni sessanta era famoso il concerto, che si teneva nel piazzale centrale del Giardino Bellini, nel quale un complesso bandistico composto da tre grandi bande militari scelte, di volta in volta fra quelle dei (Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Esercito, Marina e Aeronautica), eseguiva musiche operistiche e marce alla presenza di circa cinquantamila spettatori. Il complesso bandistico, composto da oltre 300 elementi, veniva diretto, a turno, dai direttori delle singole bande.
In tempi recenti, per ben quattro volte, la festa di sant'Agata è stata sospesa a seguito di avvenimenti che hanno colpito la sensibilità popolare.
Nel 1991, a seguito dell'invasione dell'Iraq (Prima guerra del golfo), venne deciso di non effettuare la festa e le uniche manifestazioni furono le funzioni religiose in onore di sant'Agata. Davanti alla delusione e alle proteste dei catanesi l'arcivescovo Luigi Bommarito decise di permettere il 4 febbraio una breve processione del busto reliquiario, portato a spalla, nel tratto di via Etnea da Piazza Duomo a Piazza Stesicoro.
Nel 2007, a seguito degli incidenti scoppiati al termine della partita di calcio di serie A Catania-Palermo svoltasi il 2 febbraio, veniva ucciso l'ispettore capo della Polizia di Stato, Filippo Raciti. A seguito di questo fatto, le autorità cittadine e l'arcivescovo di Catania, decisero di effettuare la festa apportando alcune modifiche in segno di lutto: tutte le manifestazioni extra religiose (illuminazione, candelore, carrozze del Senato, fuochi artificiali e Trofeo sant'Agata podistico) vennero annullate.
Nel 2020 la festa estiva del 17 agosto è stata annullata a causa della pandemia di COVID-19. A seguito di ciò sono state annullate anche le processioni religiose del mese di febbraio per gli anni 2021 e 2022.
Non possono mancare, in periodo di festa per la Santa catanese, i dolci legati alla tradizione della santa catanese: oltre alla calia e simenza (ceci secchi, semi di zucca, arachidi), presente in ogni festa a Catania, vengono realizzati per la ricorrenza alcuni dolciumi che hanno un riferimento a sant'Agata, come i cassateddi di sant'Aita e le alivetti (pasta di zucchero fragrante di colore verde a forma di olive). Si tratta di dolci caratteristici della festa di sant'Agata e sono simbolici e attinenti alla vergine catanese. Le cassateddi fanno riferimento alle mammelle, per questo detti anche minnuzzi ri sant'Àjta, che furono strappate alla santa durante i martirii a cui venne sottoposta per obbligarla ad abiurare la sua fede. Le alivetti, invece, si riferiscono ad una leggenda che vuole sia stato un albero di ulivo, sorto improvvisamente, a nascondere la vergine Agata mentre era ricercata dai soldati del console romano Quinziano.
Secondo le indagini della Procura di Catania e in base alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, l'antico cerimoniale sarebbe stato contaminato dall'ombra di infiltrazioni di Cosa nostra, tra il 1995 e il 2005,[42] «finalizzate ad ottenere il controllo di fatto della gestione dell’associazione cattolica denominata “Circolo cittadino S. Agata”».[43] La festa avrebbe subito interferenze che in qualche caso ne avrebbero alterato la scelta di tempi e luoghi della sosta.[42]
Finora due sono stati i processi già conclusi, nel tentativo di fare chiarezza, senza prove. Nel 2009 iniziò il processo per le presunte infiltrazioni,[44] poi finito con l'assoluzione degli imputati nel 2013,[45] malgrado le successive contestazioni della Procura.[46][47]
Il secondo processo, con una nuova assoluzione in appello, è terminato nel 2015.[48]
Un terzo processo per incidente, conclusosi nel 2011, condannò in prima istanza il capovara per omicidio colposo di un devoto, perito durante la mattina del 6 febbraio 2004,[49] calpestato in via Di San Giuliano dagli altri fedeli, dopo essere caduto rovinosamente davanti al fercolo.[50]
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