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specie di pianta della famiglia Brassicaceae Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La dentaria minore (Cardamine bulbifera (L.) Crantz, 1769) è una pianta erbacea, perenne appartenente alla famiglia delle Brassicaceae.[1]
Dentaria minore | |
---|---|
Cardamine bulbifera | |
Classificazione APG IV | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Plantae |
(clade) | Angiosperme |
(clade) | Mesangiosperme |
(clade) | Eudicotiledoni |
(clade) | Eudicotiledoni centrali |
(clade) | Superrosidi |
(clade) | Rosidi |
(clade) | Eurosidi |
(clade) | Eurosidi II |
Ordine | Brassicales |
Famiglia | Brassicaceae |
Genere | Cardamine |
Specie | C. bulbifera |
Classificazione Cronquist | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Plantae |
Superdivisione | Spermatophyta |
Divisione | Magnoliophyta |
Classe | Magnoliopsida |
Sottoclasse | Dilleniidae |
Ordine | Capparales |
Famiglia | Brassicaceae |
Genere | Cardamine |
Specie | C. bulbifera |
Nomenclatura binomiale | |
Cardamine bulbifera (L.) Crantz, 1769 | |
Nomi comuni | |
Dentaria bulbillifera |
La famiglia delle Brassicaceae (assieme alle Asteraceae) è una delle più numerose delle Angiosperme, diffusa principalmente nella fascia temperata e fredda del nostro globo. Il genere Cardamine comprende fino a 150 specie, una trentina delle quali sono presenti spontaneamente sul territorio italiano. Il Sistema Cronquist assegna la famiglia delle Brassicaceae all'ordine Capparales mentre la moderna classificazione APG la colloca nell'ordine delle Brassicales. Sempre in base alla classificazione APG sono cambiati anche i livelli superiori (vedi tabella a destra). Nelle classificazioni più vecchie la famiglia del genere Cardamine era chiamata anche Crociferae e a volte Cruciferae.
Il genere Cardamine appartiene alla tribù delle Arabideae le cui specie sono caratterizzate dall'avere una radichetta “accombente”, ossia che rimane ancorata ai cotiledoni e quindi si sviluppa lungo la linea di separazione degli stessi[2], mentre all'interno del genere Cardamine bulbifera fa parte del “sub-genere” (o sezione) Dentaria.
Questo genere non ha sempre avuto l'attuale struttura tassonomica. Inizialmente, con Linneo, furono formati due generi distinti chiamati Dentaria e Cardamine poi in seguito riuniti in un unico genere (Cardamine) considerandolo comunque abbastanza polimorfo. Le due sezioni (Cardamine e Dentaria) differiscono in quanto le seconde hanno i semi provvisti di una largo ed alato funicolo o peduncolo (cotiledoni peduncolati); si distinguono inoltre per l'habitat abbastanza caratteristico (frequentano i boschi di latifoglie – soprattutto faggete su un substrato abbastanza ricco di sostanze nutrienti) e per la precoce fioritura. In realtà solo nelle specie europee, le due sezioni, presentano dei caratteri morfologici abbastanza riconoscibili, mentre non altrettanto avviene per le specie del Nuovo Mondo dove presentano una notevole convergenza strutturale. In effetti la spinta ad unificare i due generi è venuta proprio dagli Autori americani. È da aggiungere inoltre che anche attualmente le specie spontanee della flora americana sono pressoché ignote all'Europa, questo significa che nonostante i grandi traffici commerciali non è avvenuto un gran scambio di semi o piantine fra i due continenti[3][4].
Nell'elenco che segue sono indicate alcune varietà e sottospecie (l'elenco può non essere completo e alcuni nominativi sono considerati da altri autori dei sinonimi della specie principale o anche di altre specie):
La specie di questa scheda ha avuto nel tempo diverse nomenclature. L'elenco che segue indica alcuni tra i sinonimi più frequenti:
Alcune specie dello stesso genere (o meglio sub-genere Dentaria) sono abbastanza simili ad un primo sguardo distratto, in realtà ognuna ha una sua caratteristica ben distinguibile:
In tutti i casi la pianta di questa scheda è l'unica a possedere i bulbilli.
Il nome del genere (Cardamine) potrebbe derivare da due parole greche: Kardia (=cuore) e Damào (=addomesticare), questo in riferimento ad alcune proprietà medicinali (cardiotoniche) che anticamente si credevano possedere le piante di questo genere. In effetti nella Grecia antica con Kardamine si indicavano diverse piante che noi oggi possiamo identificarle con il crescione (probabilmente si tratta del Cardamine pratensis – Billeri dei prati) comune in tutta Europa e anche nel nord della Grecia.[3]
L'epiteto specifico (bulbifera) è stato dato per la presenza di bulbilli preposti per la moltiplicazione vegetativa situati nella parte aerea della pianta.
Il nome di Dentaria (la prima denominazione in senso cronologico del genere di queste piante) venne definito dal botanico francese Joseph Pitton de Tournefort (5 giugno 1656 - 28 dicembre 1708). Questo nome venne scelto per la somiglianza di certe protuberanze del rizoma simili a denti. Ma altre dizioni fanno pensare ad una derivazione dal latino (Dens=dente) con riferimento alle sue presunte capacità di cura dal mal di denti.
L'attuale binomio scientifico ("Cardamine bulbifera") è stato definito dai botanici
Carl von Linné (biologo e scrittore svedese, Rashult, 23 maggio 1707 – Uppsala, 10 gennaio 1778) e dal botanico e fisico Heinrich Johann Nepomuk von Crantz (Roodt, Lussemburgo, 25 novembre 1722 – Judenburg, Austria, 18 gennaio 1799) in un lavoro pubblicato nel 1769.
In lingua tedesca questa pianta si chiama Zwiebelchen-Zahnwurz; in francese si chiama Dentaire à bulbilles; in inglese si chiama Coral-root.
È una pianta dall'aspetto eretto di altezza media dai 30 ai 60 cm. La forma biologica è geofita rizomatosa (G rhiz) : ossia piante perenni erbacee che portano le gemme in posizione sotterranea. Durante la stagione avversa non presentano organi aerei e le gemme si trovano in un organo sotterraneo chiamato rizoma, un fusto sotterraneo dal quale, ogni anno, si dipartono radici e fusti aerei.
Radici secondarie da rizoma.
Le foglie sono pennate (composte da 3 a 7 lobi o segmenti, normalmente sono 5) quelle inferiori, e semplici e più piccole quelle superiori; in tutti i casi le foglie sono a disposizione alterna lungo il fusto (quelle inferiori a volte sono sub-verticillate). Il margine delle foglie è dentato (o seghettato). Quelle inferiori sono lungamente picciolate, mentre quelle superiori hanno un picciolo molto breve. La forma delle foglie o dei lobi (nel caso delle foglie composte) e lanceolata (o sub-rotonda o bislunga) con base cuneata, sono inoltre inodori. Di particolare interesse è la presenza all'ascella delle foglie superiori di bulbetti globosi, piriformi, violacei scuri che a fine infiorescenza diventano neri: questi sono veri e propri organi di propagazione vegetativa. Dimensione dei lobi delle foglie composte: larghezza 1 – 3 cm; lunghezza 5 – 8 cm. Dimensione delle foglie semplici: larghezza 5 – 15 mm; lunghezza 25 – 50 mm. Dimensione del bulbillo: larghezza 3 mm; lunghezza 5 mm.
L'infiorescenza è terminale di tipo corimboso o brevi racemi peduncolati. Lunghezza dei peduncoli: 10 – 15 mm.
I fiori sono ermafroditi, dialipetali, attinomorfi e tetrameri (calice e corolla composti da 4 parti). Dimensione del fiore completo: 10 – 20 mm.
Il frutto è una siliqua (molto più lunga che larga) eretta, semplice (non è articolata) a due valve piane. Queste (le valve) sono disposte longitudinalmente, sono strette e senza nervature (è presente un nervo ma quasi indistinto). In fase di deiscenza si aprono di scatto, a volte attorcigliandosi su sé stesse. All'interno del frutto si trovano, disposti linearmente, alcuni piccoli semi. Non sempre sono presenti i frutti sulla pianta. Dimensione delle silique: larghezza 2,5 mm; lunghezza 20 – 30 mm.
Dal punto di vista fitosociologico la specie di questa scheda appartiene alla seguente comunità vegetale[6]:
Le giovani foglie possono essere consumate in salata oppure cotte o in minestra (ricorda l'aroma del crescione). Si possono mangiare pure i bulbilli (si cucinano come le lenticchie).
L'unico impiego di un certo valore, per le specie di questa scheda, si ha nel giardinaggio. Generalmente le Cardamine bulbifera vengono coltivate nei giardini rocciosi, in zone ombreggiate e fresche come il sottobosco, ambiente naturale tipico per queste piante.
La conoscenza moderna della Dentaria bulbifera si può far risalire al XVII secolo (questo secondo le prime documentazioni scritte). John Parkinson (1567 – 1650), considerato l'ultimo grande erborista inglese prima dei grandi botanici inglesi, nel suo Theatrum Botanicum del 1640, descrive con molta precisione questa pianta, che chiama Toothed Violets, propria dei boschi della parte meridionale dell'Inghilterra[3].
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