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religioso, teologo e santo italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Bernardino da Siena, al secolo Bernardino degli Albizzeschi (Massa Marittima, 8 settembre 1380 – L'Aquila, 20 maggio 1444), è stato un francescano, teologo e predicatore italiano, appartenente all'Ordine dei frati minori. Fu proclamato santo nel 1450 da papa Niccolò V, appena sei anni dopo la morte.
San Bernardino da Siena | |
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Religioso | |
Nascita | Massa Marittima, 8 settembre 1380 |
Morte | L'Aquila, 20 maggio 1444 (63 anni) |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Canonizzazione | Roma, 24 maggio 1450 da papa Niccolò V |
Santuario principale | Basilica di San Bernardino |
Ricorrenza | 20 maggio |
Attributi | IHS (Cristogramma diffuso da Bernardino), tre mitrie ai piedi, libro |
Patrono di | Predicatori, pubblicitari, lanaioli, tessitori, preghiere, ammalati ai polmoni, pugili. |
San Bernardino nacque a Massa Marittima in provincia di Grosseto l'8 settembre 1380 dalla nobile famiglia degli Albizzeschi (famiglia di origine senese), dove il padre Tollo era governatore, e lo stesso giorno venne battezzato nella cattedrale. Rimasto orfano (a 3 anni della madre Nera e a 6 del padre) si trasferì a Siena dove frequentò gli studi e visse agiatamente, curato dalle zie.
Dopo aver vestito l'abito a ventidue anni, iniziò un'intensa attività come predicatore girando e predicando con forbito linguaggio per tutta l'Italia settentrionale.
La sua predicazione fu così incisiva da essere sprone di forte rinnovamento per la Chiesa cattolica italiana e per tutto il movimento francescano. Nelle sue prediche insisteva sulla devozione al Santissimo Nome di Gesù. Si ritiene che grazie a lui il Cristogramma JHS sia entrato nell'uso iconografico comune e sia divenuto familiare alla gente. Infatti, ai fedeli che ascoltavano le sue prediche venivano fatte baciare delle tavolette di legno incise con il monogramma JHS sormontato da un Crocifisso e attorniato da un sole. Il simbolo disegnato sulle tavolette: un sole d'oro in campo azzurro,[1] al centro del cerchio del sole le tre lettere JHS. Il sole ha dodici raggi che san Bernardino, in relazione al nome Gesù così descrive:
L'uso di baciare un simbolo religioso durante la celebrazione era diffuso nel Medioevo; il simbolo religioso, solitamente la croce, rappresentava la pace e come tale veniva presentato.[2]
Bernardino non mancò di attenzione agli aspetti pratici della vita dei fedeli, con un'analisi innovativa e decisamente moderna.
Il suo pensiero è ricordato nella storia del pensiero economico poiché fu il primo teologo, dopo Pietro di Giovanni Olivi, a scrivere un'intera opera sull'economia intitolata Sui contratti e l'usura. Nel libro egli, come già Sant'Antonio di Padova, condanna aspramente l'usura e affronta i temi della giustificazione della proprietà privata, dell'etica del commercio e della determinazione del valore e del prezzo.
Analizza, inoltre, con grande profondità la figura dell'imprenditore e ne difende il lavoro onesto. Fa notare, infatti, che il commercio può venire praticato in modo lecito o illecito come tutte le altre occupazioni e non è necessariamente fonte di dannazione. Se onesto, un mercante fornisce servizi utilissimi a tutta la società: riappiana la scarsità di beni in una zona trasportandone da zone in cui sono abbondanti, custodisce beni limitando i danni di eventuali carestie, trasforma in prodotti lavorati le materie altrimenti grezze e inutili.
Per essere onesto, sostiene Bernardino, l'imprenditore dev'essere dotato di quattro grandi virtù: efficienza, responsabilità, laboriosità, assunzione del rischio. I guadagni che derivano ai pochi che hanno saputo attenersi a queste virtù sono la giusta ricompensa per il duro lavoro svolto e i rischi corsi.
Per contro, condanna senza mezzi termini i nuovi ricchi, che invece di investire la ricchezza in nuove attività, preferiscono prestare a usura e strangolano la società anziché farla crescere. Bernardino riteneva, infatti, che la proprietà non "appartenesse all'uomo", quanto piuttosto "fosse per l'uomo" come uno strumento per ottenere un miglioramento nell'insieme della società. Uno strumento che veniva da Dio e che l'uomo doveva meritare, applicare e far fruttare come saggio amministratore.
Come già ad altri importanti predicatori, a Bernardino fu particolarmente caro il tema della riconciliazione e della risoluzione di contese.
Fu molto assiduo nella predicazione e molto tagliente ed esplicito nei contenuti, il che gli procurò diversi nemici.
Nel 1425 predicò tutti i giorni per sette settimane nella città di Siena. Gli ambienti degli usurai e quello delle case da gioco gli si dimostrarono particolarmente ostili, tanto da far intentare contro di lui un processo per eresia sostenuto a Roma nel 1427.
Durante il 1427, Bernardino subì il processo al vaglio della Santa Inquisizione. Fu completamente prosciolto dall'accusa grazie all'intervento del frate francescano Giovanni da Capestrano e del teologo Paolo da Venezia, che scrissero un trattato di difesa in suo favore.
Papa Martino V che lo conobbe durante il processo, ne fu molto impressionato, apprezzandone spiritualità ed eloquenza, e gli chiese di predicare anche a Roma. Bernardino predicò per 80 giorni consecutivi nell'Urbe, dedicando un impegno particolarmente attento a questa attività: scriveva e riscriveva i suoi discorsi prima di arrivare sul pulpito, sino ad essere certo della loro validità. Il Pontefice fu talmente colpito dalle sue prediche da volerlo nominare Predicatore della Casa Pontificia. Bernardino però rifiutò per umiltà.
Le Prediche volgari sono una raccolta delle quarantacinque prediche che il Santo, su richiesta dei Signori del Comune, tenne a Siena, in piazza del Campo, per 45 giorni a partire dal 15 agosto 1427.[3]
Quando il Santo giunse a Siena nell'agosto del 1427, era stanco dei suoi viaggi ed avrebbe desiderato riposare, ma per l'insistenza dei Signori iniziò a predicare il 15 agosto. Si deve notare che i Senesi avrebbero desiderato che il Santo ritornasse a Siena da Vescovo, ma il Santo per ben tre volte nella sua vita rifiutò il vescovado.[4]
Poiché non vi erano, a Siena, chiese capaci di contenere tutta la popolazione, fu deciso che predicasse nella piazza del Campo. Fu poi deciso che iniziasse all'alba, per permettere a tutti di ascoltarlo. Fu alzato un altare per la Messa tra due finestre del Palazzo Comunale; successivamente fu costruito un pulpito su quattro gambe di legno. A sinistra del pulpito fu posta una tribuna per i Priori della Signoria. A destra stavano le donne e a sinistra gli uomini, separati da un tendone affinché gli uomini non "si balestrassero" con gli occhi. Il santo iniziava prestissimo a dire Messa: la piazza incominciava a riempirsi e, a Messa finita, iniziava subito la predicazione, che finiva intorno alle sette, quando aprivano i negozi e la piazza si riempiva di persone che andavano al mercato, che si teneva intorno alla stessa.
Il santo scriveva anche in latino, ma predicava in dialetto.
Vi era a Siena un tal Benedetto di maestro Bartolomeo, cimatore di panni, sposato con figli, che tralasciò il lavoro per scrivere - come si legge nel Prologo - le presenti prediche, de verbo ad verbum man mano che Bernardino le pronunciava. Tali trascrizioni sono testimone fondamentale sia della predicazione in sé, sia dell'arte oratoria di san Bernardino da Siena. Benedetto doveva conoscere un mezzo di scrittura abbreviata, ma gli esperti escludono che nel Quattrocento si potesse parlare di stenografia. Altri sistemi - note tironiane e tachigrafia - o non erano adatte alla lingua volgare o non se ne ha più notizia. Probabilmente si tratta di una brachigrafia da lui inventata.
Egli non scriveva sulla carta: inchiostro e penna d'oca mal si adattavano ad una scrittura veloce, per non parlare dei costi. Adoperava invece delle tavolette cerate su cui scriveva con lo stilo a sgraffio: con enorme risparmio perché le tavolette cerate potevano essere rispalmate e pareggiate con la parte opposta dello stilo (a forma di spatola).
Benedetto si recava al Campo con tante tavolette, preparate la sera prima, le scriveva, le riportava a casa, le ricopiava su carta pecora, rispalmava le tavolette ed era pronto per il giorno dopo; e così per quarantacinque giorni. Egli scriveva tutto, anche le esclamazioni, come ad esempio: Doh!, Ca, ca, ca, uh, uh, uh ecc. e risulta che spesso il santo non solo interloquiva con gli astanti ma parlava direttamente con essi invitandoli, per esempio, a stare attenti a trascrivere bene un certo discorso (indubbiamente fu un'opera meritoria perché, altrimenti, le prediche e quindi il pensiero del Santo sarebbero andate totalmente perduti).
A più riprese rifiutò la carica di vescovo, per dedicarsi appieno alla sua vocazione di predicatore e missionario: nel 1427 per la città di Siena, nel 1428 per quella di Viterbo, nel 1431 per quella di Ferrara e nel 1435 per quella di Urbino. Nel 1430 si recò a cercare pace e riposo al Santuario di San Francesco sul Monteluco. A lui si devono importanti ampliamenti del santuario stesso; dopo 10 anni dalla sua morte venne eretta nel cortile una cappella a lui dedicata.
Durante la permanenza nella terra dei Montefeltro, ebbe la simpatia e la stima di Federico, futuro Duca d'Urbino, che frequentandolo ne rimarrà segnato nella spiritualità per tutta la vita.
Nel 1437 divenne vicario generale dell'ordine degli osservanti. Nel 1438 venne nominato vicario generale di tutti i francescani italiani.
Non smise mai di dedicarsi, nonostante questi incarichi, all'evangelizzazione. Nel 1444, pur essendo molto malato, su invito del vescovo Amico Agnifili, si recò all'Aquila, anche per tentare di riconciliare due fazioni che in città si affrontavano apertamente. Morì il 20 maggio in questa città. In seguito il suo corpo fu sepolto nella basilica di San Bernardino dell'Aquila, fatta costruire dal confratello Giovanni da Capestrano, all'interno del omonimo mausoleo.
Si racconta che la bara continuò a gocciolare sangue fino a quando le due fazioni non si furono riappacificate.
Fu canonizzato nel 1450 per opera di papa Niccolò V. In occasione del suo processo di canonizzazione, il giurista lodigiano Martino Garrati scrisse il primo trattato del diritto medievale su questo tema.[5]
La memoria liturgica ricorre il 20 maggio.
Negli anni successivi tutto l'ordine francescano fu impegnato in un'opera di diffusione del culto e del messaggio religioso e politico di Bernardino. Venne ritratto in numerose opere d'arte dai più grandi pittori italiani dell'epoca, come Piero della Francesca, Andrea Mantegna, Perugino e Pinturicchio. Numerosi furono poi le chiese e gli oratori a lui dedicati, tra cui spiccava l'oratorio a Perugia, vero capolavoro del Quattrocento italiano.
Il corpo è conservato all'Aquila, nella basilica a lui consacrata. L'ultima ricognizione canonica delle spoglie mortali intatte risale al 20 agosto 1968.[6]
Nella città il culto si manifesta soprattutto con la diffusissima presenza del monogramma IHS sulle porte degli edifici. Dal 1958 ogni anno, il 20 maggio, una scuola dalla diocesi di Siena porta in dono l'olio per tenere accesa la lanterna tutto l'anno.[7]
Già prima della canonizzazione si diffusero voci sulle gesta miracolose a lui attribuite, alcune delle quali trovarono spazio in un'edizione di quegli anni della Legenda Aurea.
Le prediche tenute da Bernardino nei suoi viaggi furono raccolte da un suo fedele discepolo e pubblicate dopo la sua morte. Esse sono un esempio di grande interesse di letteratura sacra e testimoniano le tensioni di rinnovamento spirituale che ebbero luogo nel XV secolo.
La spiritualità di Bernardino da Siena influenzò personaggi provenienti dai più diversi luoghi ed ambienti: oltre al già citato Federico da Montefeltro si possono citare l'ex pirata albanese Pietro Bianco da Durazzo, fondatore, presso Forlì, del Santuario di Santa Maria delle Grazie di Fornò (1450), e il beato Bernardino Caimi, fondatore del Sacro Monte di Varallo.
San Bernardino da Siena è patrono di alcuni comuni italiani:
Per l'invenzione del "logo" del Nome di Gesù è considerato il patrono dei pubblicitari.
Dopo la morte di san Bernardino, l'ordine dei Francescani volle subito promuoverne la figura come campione di testimonianza della fede in Cristo e del potere salvifico di tale fede. La figura del santo – rappresentata per lo più mentre regge una tavoletta con il "monogramma di Cristo" - è seconda solo a quella del fondatore, san Francesco, nei dipinti destinati ai luoghi di culto francescani o in quelli commissionati dai tanti devoti che egli subito ebbe.
È probabile che i ritratti che abbiamo di lui siano più accurati rispetto a quelli di altri personaggi storici dell'epoca. Infatti sappiamo che, subito dopo la morte, circolava a Siena un suo ritratto. Questo venne successivamente confrontato con un calco mortuario eseguito all'Aquila e si rivelò essere molto somigliante. È probabile che sia servito, negli anni successivi, come prototipo delle innumerevoli rappresentazioni di Bernardino. I tratti somatici del santo - con la testa calva ed il volto fortemente emaciato - appaiono quasi sempre simili tra loro.
Una delle prime raffigurazioni di Bernardino pervenutaci, datata 1447, tre anni prima della sua canonizzazione, è data da un affresco strappato e riportato su tela proveniente dalla chiesa di San Francesco di Vercelli e conservato al Museo Francesco Borgogna.
Nel 1454 Giorgio di Matteo scolpisce una statua rappresentante San Bernardino nel portale della chiesa di San Francesco alle Scale di Ancona, città nella quale il santo aveva predicato. Erano trascorsi appena dieci anni dalla morte.
Al 1455-56 risale la realizzazione del retablo di San Bernardino per la chiesa cagliaritana di San Francesco di Stampace (oggi custodito presso la Pinacoteca Nazionale di Cagliari) ad opera dei due pittori catalani, Rafael Thomàs e Joan Figuera.
Nel 1460 (vale a dire 16 anni dopo la sua morte) san Bernardino viene affrescato nel Santuario della Madonna del Carmine in San Felice del Benaco (Brescia).[8]
Tra le tante opere va menzionato, per la elevata qualità artistica, il ciclo di affreschi sulla Vita di San Bernardino eseguito nel 1486 da Pinturicchio a Roma nella cappella Bufalini della Basilica di Santa Maria in Aracoeli.
Va aggiunta un'opera finora occultata, la cui foto è archiviata nel catalogo fondazione Federico Zeri, Università Bologna, che illustra una "Madonna con bambino e San Bernardino", attribuito da Federico Zeri a Leonardo da Vinci; vi è di più la simiglianza della cornice del dipinto con il mausoleo del santo, che comprova la visita del Maestro nella città della Basilica, per la realizzazione del dipinto.[9]
Di grande importanza per l'Abruzzo la tela presente nel Convento di S. Antonio di Palena (CH) con la insolita presenza della mitra ai piedi del santo, come segnalato dallo studioso di abruzzesistica Alessandro Morelli.
I titoli delle prediche del ciclo senese del 1427 di San Bernardino da Siena sono:
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