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frazione del comune italiano di Palermo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Baida è un'antica borgata collinare ed oggi area periferica in espansione della città di Palermo in Sicilia.[1]
Baida frazione | |
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La piazza di Baida nel 1970. | |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Sicilia |
Città metropolitana | Palermo |
Comune | Palermo |
Territorio | |
Coordinate | 38°07′05″N 13°17′16″E |
Altitudine | 195 m s.l.m. |
Abitanti | 1 500 |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 90136 |
Prefisso | 091 |
Fuso orario | UTC+1 |
Patrono | San Giovanni Battista |
Giorno festivo | 24 giugno |
Cartografia | |
Baida è connessa alla rete di trasporto pubblico tramite le linee bus 462 che parte dal parcheggio Emiri e dalla linea 534 che fa capolinea a piazzale John Lennon.
Il gruppo occidentale dei monti di Palermo, geologicamente triassico, è in massima parte formato di dolomia norica. Ne fa parte il monte Cuccio, anticamente detto acuto, per la sua forma che lo differenzia dalle altre montagne. Un dilavamento secolare dovuto alle acque meteoriche ha fatto accumulare, in alcuni luoghi della sua ampia base, una dolomia farinosa molto pura e bianca, comunemente chiamata "terra di Baida" , dal nome dell'amena borgata che si sviluppa alle falde del monte, a 167 metri sul livello del mare ed a circa 5 km in linea d'aria dal centro di Palermo.
Baida fu un antico casale saraceno. Nel X secolo, tra il 973 e il 976 circa, Ibn Hawqal, mercante di Baghdad che visitò Palermo, la chiamò “Al Bayda”, cioè la bianca, certamente per la presenza della chiara terra magnesiaca che vi abbondava nelle vicinanze.
Nel 1177 il villaggio fu donato da Guglielmo II all'arcivescovo di Palermo Gualtiero Offamilio. L'arcivescovo Matteo Orsino lo cedette nel 1377 a Manfredi Chiaramonte che vi costruì un monastero benedettino sotto il titolo di Santa Maria degli Angeli. Di quest'epoca è pervenuta la chiesa di San Giovanni Battista la cui facciata presenta un leggiadro portichetto, in alto è scolpito lo stemma della famiglia Chiaramonte. Dopo la morte di Andrea, figlio di Manfredi, il re Martino restituì il casale di Baida, ancora esistente, a Giliforte Riccobono, successore di Orsino. In seguito il casale venne distrutto. Dopo varie vicende, nel 1499, il monastero con tutti i beni di sua pertinenza fu concesso all'arcivescovo di Palermo, con l'obbligo di mantenervi i monaci. Nel 1510 al monastero venne annessa la mensa arcivescovile e in quella circostanza l'arcivescovo Giovanni Paternò, dopo averne restaurato la Chiesa ed il chiostro, lo dedicò a S. Giovanni Battista.
Nel 1567 fu ulteriormente migliorato dall'arcivescovo Ottaviano Preconio che ne arricchì la dotazione d'acqua, sistemando una vicina sorgente e costruendo alcune fontane. Nel 1596, i monaci benedettini lasciarono la Chiesa e, nel monastero, dimorarono, per un certo tempo i Carmelitani ed infine, nel 1596, l'arcivescovo Diego de Hajedo lo diede in uso ai frati minori osservanti di San Francesco che ancora oggi lo posseggono. Contigua al monastero, gli arcivescovi di Palermo vi possedettero una “casa di delizie” che, dopo essere rimasta in abbandono per molti anni, venne trasformata da Francesco I delle Due Sicilie in ospedale, mantenuto a spese regie.
Nella Chiesa è degna di nota la statua di San Giovanni Battista di Antonello Gagini collocata nel primo altare a sinistra.[2] Intorno a questo complesso conventuale ha gravitato il villaggio di Baida che, soltanto da pochi anni, si è notevolmente sviluppato, anche se in modo alquanto disordinato.
Per molti secoli la bianca “terra di Baida” ebbe grande rinomanza e fu compresa nella farmacopea ufficiale.[3] Lo Scinà, che per primo vi notò la presenza di carbonato di magnesio, ci riferisce che sin dal XVII secolo questa polvere venne divulgata in Italia come “atta a guarire qualunque morbo” e fu conosciuta con i nomi di elixir vitae, polvere magistrale e polvere cattolica. Il Villabianca aggiunge che questa polvere, chiamata anche panacea in quanto rimedio di ogni male, fu scoperta da un certo Vincenzo Albamonte e veniva venduta al pubblico da un tale di nome Anzalone a seguito di specifica autorizzazione del pretore. L'uso in medicina fu introdotto dal medico lentinese Girolamo Chiaramonte. Riferisce anche lo Scinà che, successivamente, la polvere cadde in discredito come rimedio universale, ma che ritornò poi in auge con alcune limitazioni nell'uso. La prescrivevano i trattati medici ottocenteschi come “antiacida speciale, alquanto sulfurea, diuretica ed eccellente per piaghe putride, maligne e velenose”. Anticamente, in prossimità della Chiesa, scaturiva, come abbiamo già detto, un'abbondante sorgente ed altre polle erano anche nei terreni a valle. Secondo il Villabianca, anche queste acque erano ritenute “minerali” in quanto attingevano, nel loro corso, speciali virtù “dalla celebre terra di Baida ch'è salutifera è purgante”. Il progresso della farmacologia fece completamente cessare l'uso della bianca “terra di Baida”, medicina universale ed economica anche se, a conti fatti, non era altro che un buon lassativo. Ma quelli erano altri tempi, non erano ancora state inventate le cosiddette “specialità” medicinali, e la gente, dopotutto, riusciva a morire in eguale maniera, ma certamente in modo più economico.
La frazione o borgata rappresenta oggi l'area in cui la ormai metropoli di Palermo si sta espandendo. Ed è così che, oggi, sempre più colorati agrumeti spariscono per lasciare spazio a nuovi palazzi e ville.
In passato la borgata fu centro di vicende mitologiche. I poeti favoleggiarono di due valorosissimi cavalieri, Nixo e Gabriele, che si scontrarono in cruenta battaglia per la bellissima Baida e che, combattendo, si uccisero a vicenda; il loro sangue, sparso abbondantemente, diede origine alle due omonime fonti, così come pure in fonte venne tramutata Baida, la bella ninfa contesa.
Carl Morgenstern, nel 1840, disegnò, su tela, il convento di Baida: "link tela".
Altre fotografie le trovate al seguente link.
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