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L'area archeologica di Poggio Sommavilla è un sito archeologico che si trova a Poggio Sommavilla frazione del comune di Collevecchio nella valle del Tevere.
Area archeologica di Poggio Sommavilla | |
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Localizzazione | |
Stato | Italia |
Comune | Collevecchio |
L'entità morfologica del terrazzo fluviale di Poggio Sommavilla-Grappignano alla confluenza del Tevere e del Torrente Aia di fronte al Treja (paleotevere), geologicamente costituito da depositi ghiaioso sabbiosi, costituisce senza dubbio la zona che vanta la maggiore densità e i giacimenti più rilevanti della valle del Tevere a sud della confluenza con il Nera, durante la Preistoria nel periodo paleolitico. La rilevanza delle risorse naturali dell'area, che coniuga estesi pianori coltivi con abbondanza di risorse idriche identificabili con la presenza di due corsi d'acqua di rilevante portata come il Tevere e L'Aia di fronte al fiume Treja (Paleotevere), oltre che con i fossi di Colle Rosetta e di Grappignano, ha certamente inciso in modo determinante sulle scelte dell'habitat in epoca preistorica. I giacimenti del periodo Paleolitico, con stratificazione in tutte e tre fasi del periodo, individuati nelle località di Grappignano e di Colli Oti a Poggio Sommavilla i giacimenti di industria litica, si possono considerare un unico ambito insediativo.[4] Ai Colli Oti di Poggio Sommavilla è attestata un'area di industria litica, cronologicamente rappresentante tutte le fasi del Paleolitico, localizzata prevalentemente sul pianoro di sommità dell'altura più occidentale dei Colli Oti, con una superficie stimata di ca. mq 1000. Si rinvengono sul terreno strumenti litici finiti, molti dei quali classificabili come raschiatoi, punte di lancia, frecce, matrici di lavorazione, nonché schegge di scarti di lavorazione.[5] Strumenti litici e schegge di lavorazione relativi al paleolitico medio sono stati rinvenuti in un'area di ca. 100 m² di estensione localizzata alle pendici meridionale del colle su cui sorge attualmente il centro storico di Poggio Sommavilla, sul fondo di proprietà Moreschi, che si estende lungo l'attuale via La Valle.[6][7]
Nell'età del bronzo si intensificano insediamenti di cultura protovillanoviana[8] nei costoni in località "i Grotti", ritrovamenti di aree necropolari sono attestati nella proprietà Moreschi all'incrocio di via La Valle con via S. Antonio, e nei pianori sopra la fascia che sovrasta i terrazzi fluviali della valle del Tevere, si consolida una costante attività di scambio con le popolazioni dell'opposta sponda con il guadi del fiume Tevere a Campo Rampone e alla zona di confluenza del Torrente Aia opposto al Treja con il Tevere.[9][10][11][12]
Nell'età del ferro si insediano nuclei sparsi di capanne intervallate ad ampi spazi destinati alla coltivazione, nei pianori dei terrazzi fluviali che sovrastavano la valle del torrente Aia e quella del Tevere formando un triangolo abitativo con le zone di Grappignano Ponte del Peccato e i Colli Oti a Poggio Sommavilla. Inizia la fase proto arcaica del centro che si svilupperà a Poggio Sommavilla[13][14]
Il completo silenzio delle fonti classiche sul centro di Poggio Sommavilla, del quale non conosciamo neppure il nome originario, è un dato che di certo osta con la ricostruzione storica esaustiva di questo territorio, e che parallelamente ne rende difficile una lettura interpretativa sulle modalità della genesi. È possibile ipotizzare, sulla base della sola cultura materiale, uno stretto rapporto di collegamento e di scambi con Veio, che esercita nel periodo arcaico una funzione egemone sui traffici della valle del Tevere[15] e l'area falisco-capenate.
Il centro arcaico di Poggio Sommavilla si sviluppava sui terrazzi fluviali del Tevere. L'abitato principale si ipotizza comprendesse un'area di circa 30 ettari, pressappoco nella quale insiste l'insediamento moderno che secondo gli studi dei dati raccolti ebbe vita e sviluppo quanto meno dall'età preistorica fino all'età ellenistica, verosimilmente fino all'epoca della distruzione da parte dell'esercito romano guidato dal tribuno consolare Marco Furio Camillo di Veio, Capena e di Falerii Veteres, città con le quali ebbe intensa continuità di rapporti nel corso della sua storia culturale.[17]
L'avvento del periodo orientalizzante, nell'ultimo quarto dell'VII sec a.C., coincide per l'abitato con l'adozione di un modello urbano come conseguenza di un processo di organizzazione socio-economica sollecitato dal contatto con il mondo etrusco. Dal punto di vista logistico l'insediamento di Poggio Sommavilla sulle sommità dei pianori ricopre un ruolo di controllo strategico del corso del Tevere in un tratto di particolare importanza perché interessato dal collegamento con Falerii Veteres e con l'area Capenate.[15]
La necropoli venne indagata in tre periodi differenti a partire dal 1836, sebbene si fosse già a conoscenza della presenza di resti antichi.[18] Le ultime campagne di scavo, condotte tra il 1983 e il 1986 dalla Soprintendenza archeologica del Lazio e dell'Etruria meridionale, hanno consentito il recupero di 48 tombe di tipo a fossa, a camera, a fossa con dromos e a incastro. Il numero rilevante delle sepolture, oltre che la presenza della tipologia architettonica della tomba a camera, individuano un'organizzazione urbana già evolutasi secondo gli schemi culturali delle coeve società falische, etrusche, capenate e latine del periodo orientalizzante.[19] Gli scavi della Necropoli furono intrapresi a marzo del 1837 in seguito alle scoperte fortuite di tre tombe avvenute da febbraio a dicembre dell'anno precedente presso i terreni della famiglia Piacentini e terminati nel 1839. Le esplorazioni furono condotte da Benedetto Piacentini in società con l'imprenditore di scavi archeologici Melchiade Fossati.[20] Molti materiali rinvenuti nei sepolcreti sono stati trafugati e venduti, oggi si trovano in tutto il mondo. La descrizione dello scavo nella proprietà Ara dei Gelsi, contiene una puntuale descrizione della zona interessata e l'ipotesi dell'ubicazione dell'insediamento sulla cima del colle occupata dal borgo di Poggio Sommavilla.[21]
Una seconda relazione del Fossati[22] contiene annotazioni sulla topografia interna della necropoli; la descrizione dei materiali recuperati, oggi in parte dispersi e in parte reidentificati in musei stranieri, si trova in Fossati 1838.[23] A maggio del 1896 riprendono gli scavi dopo una nuova scoperta casuale di una tomba a camera in località Grotti avvenuta l'anno precedente[20]. Le esplorazioni nei terreni della famiglia Piacentini, affidate a Fausto Benedetti, consentono di rintracciare numerose tombe a camera, delle quali solo cinque e con diversi errori, furono presentate in Pasqui 1896.[24] Molti reperti trovati dal Benedetti sono stati venduti dallo stesso e si trovano in molte parti del mondo. È proprio in questi scavi che è venuta alla luce la nota fiaschetta con iscrizioni conservata al Museum of Fine Art di Boston. Disegni di alcuni ipogei messi in luce in quello stesso intervento sono pubblicati in Martelli 1977.[25] In base ai vecchi dati catastali si nota che la dizione "i Grotti" comprende sia l'odierno sito Casale Tosti sia la contigua proprietà fondo Scucchia, ed è in questa zona che gli scavi ripresero nel 1980 nell'ambito della ricerca del Centro Studi per l'archeologia etrusco italica, dal 1983 la Soprintendenza Archeologica del Lazio e dell'Etruria meridionale ha intrapreso un corso di scavi regolari sulla collina più orientale interessata dagli scavi del Fossati, oggi fondo Stallone.[26][27] Ancora oggi aree necropolari dei terrazzi fluviali relative al centro arcaico di Poggio Sommavilla non sono state soggette a scavi archeologici e rimangono ancora in gran parte inediti i risultati degli scavi più recenti.
La viabilità antica è caratterizzata dall'assetto viario connesso in modo diretto con l'ambiente falisco-etrusco-capenate attraverso la valle del Tevere accogliendo l'ipotesi che l'area abitata acropolare del pagus sorgesse sullo stesso terrazzo fluviale oggi occupato da quello moderno, la sua posizione apparirebbe leggermente arretrata rispetto al fiume. La strada che ancora oggi scende diretta a sud al Tevere a Campo Rampone segue la direttrice più corta e agevole per il fiume e induce ad ipotizzare un approdo al suo sbocco, e il ricongiungimento con la viabilità oltretevere attraverso un ponte di connessione alla zona di Monte Ramiano dove era presente un abitato arcaico, a Coste di Manone[28] dove è attestata una necropoli[29] e in località Brecceto dove è stata trovata un'iscrizione arcaica con dedica a una divinità, dal quale si può ipotizzare l'intersezione con la viabilità Tiberina[30][31] e del Soratte dove si trovava il centro del culto di Soranus[32]. Nell'area di Campo Rampone sono presenti resti di basolati e frammenti fittili, ceramica tegole arcaiche, materiali in bucchero, e materiale di epoca romano imperiale connessi all'area portuale. Le comunicazioni con Falerii Veteres e l'Etruria meridionale interna appaiono invece aperte poco a monte della foce del torrente L'Aia e dalla valle del Treja attraverso la sella di via del sacramento, contigua all'area archeologica di Grappignano.[33] La posizione geografica di Poggio Sommavilla posta sulle direttrici che sfruttano i corsi d'acqua legati al Tevere e i tratturi di origine preistorica aperti e battuti per la transumanza, collegavano il centro arcaico in un flusso di scambi culturali commerciali, dall'area tirrenica all'area adriatica. Oltre che nell'affine cultura falisco-capenate, la diffusione degli oggetti materiali ritrovati è stata riscontrata nell'area Etrusca di Chiusi, l'Alto Fiora, il distretto Vulcente Orvietano e attraverso la valle del Nera e la conca Velina nell'area Osco-Sannita-Sabellica-Sabina, sino all'area medio-adriatica picena.
Durante il periodo romano repubblicano, il centro arcaico di Poggio Sommavilla rimase attivo, verosimilmente, fino all'epoca della distruzione, da parte dell'esercito romano guidato dal tribuno consolare Marco Furio Camillo, di Veio, Capena e di Falerii Veteres, città con le quali ebbe intensa continuità di rapporti nel corso della sua storia culturale[17]. In questo periodo si genera una nuova organizzazione sociale ed urbana del territorio. Nelle parti più alte nascono strutture abitative più complesse, le villae, residenze estive dei patrizi, con abitazioni organizzate all'attività produttiva pars rustica che comprendeva un fondo generalmente in relazione agli schiavi posseduti. La distribuzione delle terre meno fertili veniva assegnata alla popolazione locale. Nella Valle del torrente Aia, in località fontanile Madonna del Piano, dove sono visibili i resti della costruzione a Torre romana[22][34][35][36], si suppone sia stato parte di un insediamento a pianta militare romana poi trasformato in un Foro romano[37] dopo la distruzione del centro arcaico di Poggio Sommavilla.
In epoca romana imperiale, nella seconda metà del I sec d.C. l'area fu assoggettata al municipio romano di Forum Novum assegnato alla tribù Crustumina, regio IV Samnium et Sabina, che cessa la propria funzione nella media età imperiale nel III d.C. Ipotesi indicano il nome "Novum" in relazione al Foro romano di età repubblicana sorto dopo la distruzione da parte dei romani del centro arcaico di Poggio Sommavilla.[38] L'area si presume venne accorpata tra il 365 e il 399 d.C. circa, alla provincia romana Flaminia et Valeria della Dioecesis Italiciana imperiale suburbicaria. Nel 420 nella provincia Valeria della Prefettura del pretorio diocesi d'Italia romana imperiale.[39] Singolare è l'assetto catastale romano che accomuna ancora in età alto medioevale l'agro foronovano all'agro falisco[40] direttamente collegato attraverso la valle del torrente Aia con l'asse viario della via Tiberina e del Treja alla Flaminia.[41]
Il Materiale proviene dalla tomba III. Al medesimo complesso appartengono la grande anfora n. 144 al Museo Archeologico di Firenze e una fiasca lenticolare con iscrizione, oggi perduta. Tomba a pianta trapezoidale con calatoia. Complesso piuttosto omogeneo. Gli aryballoi con decorazione a squame nn. 168 e 169 riportano ad una classe piuttosto nota, largamente attestata in molti centri dell'Etruria e del Lazio arcaico in complessi databili all'orientalizzante recente: esemplari simili sono presenti a Caere Cerveteri nella camera degli alari. Ricollegabili al Gruppo a Squame, databili tra il 630-610. Inseribili nel medesimo arco cronologico gli aryballoi con decorazione a giri di petali e a fasce orientalizzanti. Il notevole numero di impasti documentati riportano al repertorio tipico della produzione falisca, sia per le forme, sia per il modulo decorativo. Tipico elemento è il cavallo fantastico equide alato, con ali variamente disposte. Il corredo in questione è il più antico scoperto nella necropoli di Poggio Sommavilla. Può essere inquadrato cronologicamente all'ultimo trentennio del VII secolo A.c.[183]
Dagli animali fantastici incisi nei reperti della necropoli del centro arcaico di Poggio Sommavilla, emergono analogie strettissime con i materiali di area capenate e falisca. Con questi condividono chiari contatti con la ceramica etrusca, quella geometrica – databile a una fase più antica – e la coeva etrusco-corinzia: elementi comuni appaiono sia nella scelta dei soggetti che nella resa dei fregi zoomorfi. La tomba 3 di Poggio Sommavilla ha rilasciato un corredo caratterizzato da unità di impianto decorativo e attribuibile a una sola officina Locale, prevalgono figure equiniformi, simili sono state ritrovate su olle nella necropoli del Giglio.[212]
Ceramografo a cui vengono attribuite opere attiche a figure rosse in stile etrusco-falisco-"sommavillano" del V sec a.C.
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