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tipo di allergia causata dal cibo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
L'allergia alimentare è una reazione avversa che si sviluppa per una risposta immunitaria specifica e riproducibile all’ingestione di un determinato alimento[1][2][3][4][5].
«Quod aliis cibus est aliis fuat acre venenum.»
«Quello che è cibo per un uomo è veleno per un altro.»
Questa definizione che ha trovato ampio consenso viene però declinata da chi considera ipersensitizzazioni alimentari tutte le reazioni avverse non tossiche al cibo[6][7] o considera allergie alimentari solo le reazioni a componenti alimentari di natura proteica o mediate da anticorpi della classe IgE[8]. I segni ed i sintomi possono variare da lievi a gravi. Essi possono includere prurito, gonfiore della lingua, vomito, diarrea, orticaria, difficoltà respiratorie e bassa pressione sanguigna. Essi si verificano in genere da pochi minuti a diverse ore dopo l'esposizione. Quando i sintomi sono gravi, la condizione è nota come anafilassi e può avere esito letale. L'allergia alimentare è classificata come malattia cronica, può comparire ad ogni età, anche se c'è una prevalenza nei primi anni di vita, e alcune allergie dopo un certo tempo recedono, sviluppandosi naturalmente nell'individuo una tolleranza all'allergene[3][4][9].
Secondo alcune stime l'allergia alimentare interesserebbe circa il 5-8% dei bambini ed il 4-5% della popolazione adulta[3][10]. La percezione globale di "allergia alimentare" sarebbe molto più alta, intorno al 20% ed in aumento[5][11][12]. “L’allergia alimentare è molto probabilmente la patologia più comunemente auto-diagnosticata, ma spesso anche sovra-diagnosticata dal paziente, mentre è stato osservato che non raramente viene sotto-diagnosticata da medici e specialisti”[5].
Le reazioni allergiche comportano un coinvolgimento di meccanismi immunitari, IgE mediati e cellulo-mediati, che in termini fisiopatologici fanno parte delle ipersensibilità immediata di tipo I.
È opinione condivisa che questa patologia sia dovuta ad una soppressione dei normali meccanismi di tolleranza immunologica alle proteine ingerite con il cibo. Per la diagnosi occorre un'attenta anamnesi, seguita da accertamenti di laboratorio, e anche, se necessario, da test di scatenamento.
Solitamente la gestione della patologia consiste nell'educare il paziente ad evitare rigidamente l'allergene responsabile delle manifestazioni allergiche e contestualmente, in caso di ingestione non intenzionale dello stesso, iniziare una terapia antiallergica. Talvolta è anche possibile una prevenzione farmacologica.
L'allergia alimentare può essere considerata non come un singolo disordine ma piuttosto come il meccanismo immunopatologico sottostante a vari disordini e sindromi[13][14];.
Sulla base delle linee guida redatte dalla National Institute of Allergy and Infectious Diseases[3] e dalla European Academy of Allergology and Clinical Immunology[15] le reazioni avverse agli alimenti possono essere suddivise come segue:
Reazioni avverse agli alimenti | |||||
---|---|---|---|---|---|
Reazioni non tossiche | Reazioni tossiche | ||||
interessano solo alcuni soggetti, con dipendenza dalla dose molto variabile | interessano tutti gli individui, dipendono chiaramente dalla dose | ||||
reazioni immunomediate | reazioni non immunomediate | ||||
IgE mediate Orticaria, SOA, angioedema, anafilassi | Non IgE mediate Enteropatie proteine indotte, celiachia | Miste (IgE e non IgE mediate) gastroenteriti eosinofile, dermatite atopica | Cellulo mediate Sindrome di Heiner,enterocolite, proctite | Intolleranze Intolleranze metaboliche o enzimatiche (al lattosio, favismo)., |
Le reazioni non tossiche sono legate alla suscettibilità individuale nei confronti di certi alimenti e vengono suddivise in reazioni mediate dal sistema immunitario (allergia alimentare) e reazioni non mediate dal sistema immunitario (intolleranza alimentare). L’allergia alimentare, a sua volta, è ulteriormente distinguibile nelle forme IgE-mediate e non IgE-mediate. Mentre è ben conosciuto il meccanismo fisiopatologico delle prime, che devono essere prese in particolare considerazione nei casi a esordio acuto, le reazioni non IgE-mediate coinvolgono meccanismi umorali o cellulari ancora non del tutto chiariti. Di difficile collocazione la celiachia, che è stato proposto di definire "allergia IgA mediata", dal momento che vede coinvolto il sistema immunitario, ma con processi patogenetici diversi dalle tipiche allergie alimentari. Alcune reazioni non immunomediate, come quelle ai solfiti, fanno impropriamente classificare come allergeni sostanze che non sono allergeniche. Non c'è consenso scientifico sul classificare come allergie alimentari le reazioni allergiche ad alcuni apteni, proapteni e preapteni contenuti negli alimenti. Reazioni tossiche, come quelle ai funghi velenosi, a contaminazioni del cibo (insetticidi, pesticidi, ecc.) o ad additivi, e reazioni non immunomediate, come le intolleranze alimentari, non sono allergie alimentari.
I primi ad identificare le reazioni avverse agli alimenti furono Ippocrate (460-370 a.C.), il quale comprese che il cibo poteva essere causa di manifestazioni patologiche come l'orticaria e la cefalea, e successivamente Galeno (131-210 d.C.) che pare curasse malati di allergia alimentare.
Alcuni trattati, agli inizi del ottocento, attribuivano ad alcuni alimenti la causa delle dermatiti. Al medico londinese H.H.Salder nel trattato sull'asma pubblicato nel 1860 si deve il primo esplicito riferimento ad un nesso causale tra cibi, definiti da Salder, “irritanti” e asma[16].
Nei primi decenni del XX secolo sono state identificate le allergie alle proteine del latte e delle uova.
Principali allergeni alimentari, età tipica di insorgenza e di eventuale risoluzione dell'allergia. | ||
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Allergia (incidenza %) | Insorgenza | Tolleranza |
latte | 6-12 mesi | 5 anni (75%) |
uovo | 6-24 mesi | 7 anni (76%) |
arachidi | 6-24 mesi | persistente (si risolve il 20% dei casi a 5 anni) |
soia | 6-24 mesi | 2 anni (67%) |
frumento | 6-24 mesi | 5 anni (80%) |
frutta a guscio | 1-7 anni | persistente (si risolve il 9% dei casi a 5 anni) |
pesce | infanzia - età adulta | persistente |
crostacei | età adulta | persistente |
Legenda: Insorgenza: l'età tipica di insorgenza dell'allergia, Tolleranza: l'età tipica in cui emerge la tolleranza all'allergene (tra parentesi la percentuale di casi), Persistente: l'allergia è improbabile che guarisca “spontaneamente” |
Le indagini sulla prevalenza dell’allergia alimentare forniscono dati vaghi e discordanti a causa di differenze nei criteri di inclusione oltre che nelle metodologie di indagine, definizioni, popolazioni, ecc.[10][17][18]. Nei paesi sviluppati, una rilevante percentuale di persone ritiene di soffrire per qualche allergia alimentare, quando in realtà non ne soffre.[19]. Poche ricerche epidemiologiche riportano solo le allergie verificate con test di provocazione orale. In modo elusivo, una revisione sistematica delle ricerche sulla epidemiologia delle allergie alimentari conclude che "le allergie alimentari incidono sulla popolazione generale più del 1-2% e meno del 10%"[10]. L'allergia alimentare avrebbe la più alta prevalenza nei primissimi anni di vita. Questa tenderebbe a diminuire con l'età, raggiungendo a 10 anni di età l'incidenza che si riscontra negli adulti. Le variazioni nella prevalenza delle allergie alimentari sono chiaramente correlate all'età e ad alcune aree geografiche con una diversa distribuzione del tipo di sensibilizzazione, anche in relazione alle abitudini alimentari[4][17]. C'è un sostanziale consenso sul fatto che gli 8 principali alimenti allergizzanti ( latte[20], uovo[21], arachide[22], soia[23], frutta a guscio[24], crostacei[25], grano[26], pesci[27]) siano responsabili di oltre il 90% delle allergie alimentari. La maggioranza degli oltre 170 diversi allergeni alimentari individuati sensibilizzerebbero meno del 5 per 10000 della popolazione, la soglia per cui nella UE una malattia viene considerata rara[28]
In Europa sono rilevanti anche le allergia ai molluschi[29], sedano[30], lupino[31], sesamo[32], senape[33]. Recenti ricerche mostrano nei paesi avanzati un aumento di questa patologia in certi casi triplicata in una decina di anni[34][35].
Le reazioni a frutti e vegetali sarebbero in aumento, ma in genere non sono severe[36]. Viene, anche, riportato un aumento dell'allergia ai semi di sesamo, comunemente usato nei prodotti da forno[37].
In USA le allergie sono al VI posto tra le malattie croniche più frequenti[38].
Le allergie cutanee sono la tipica manifestazione dell'allergia alimentare e sono la malattia della pelle più frequente nei bambini con meno di 11 anni; queste forme sono aumentate dal 3% degli anni sessanta al 10% degli anni novanta. L'orticaria e l'angioedema che cono le manifestazioni cutanee più comuni delle allergie alimentari e colpiscono circa il 15% della popolazione ogni anno[39].
Stime della prevalenza delle principali allergie alimentari negli infanti e negli adulti (dati USA)[10][40][41] | ||||
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Bambino | Adulto | |||
totale allergie alimentari | 6 | 3,7 | ||
latte | 2,5 | 0,3 | ||
uovo | 1,3 | 0,2 | ||
arachide | 0,8 | 0,6 | ||
frutta a guscio | 0,2 | 0,5 | ||
pesce | 0,1 | 0,4 | ||
crostacei e molluschi | 0 | 2,0 | ||
grano | N.D. | N.D. | ||
soia | 0,2 | N.D. | ||
Legenda: N.D.= non determinato |
Infine 100-150 persone ogni anno muoiono negli USA per reazioni anafilattiche causate dall'ingestione di alimenti[42][43].
Secondo questi dati pubblicati nel 2010[44] il problema delle allergie alimentari, specie in età pediatrica, in Italia è molto serio; infatti si stimano:
Quali siano le allergie più diffuse dipende dal paese[3], sia per le diverse abitudini alimentari, sia per una possibile predisposizione genetica. I fattori di rischio includono una storia famigliare di allergia, deficit di vitamina D, l'obesità e alti livelli di pulizia.[3][10] Le allergie si verificano quando le immunoglobuline E (IgE), che fanno parte del sistema immunitario dell'organismo, si legano alle molecole di cibo.[3] Solitamente il problema risiede in una proteina contenuta nel cibo.[10] Questa innesca il rilascio di sostanze chimiche infiammatorie come l'istamina.[3] La diagnosi è di solito formulata in base all'analisi della storia medica, con una dieta di eliminazione, attraverso il prick test o con gli esami del sangue per gli anticorpi specifici alimentari IgE.
Una esposizione precoce ai potenziali allergeni può essere una pratica protettiva. Il trattamento comprende principalmente l'evitare l'alimento scatenante la reazione e avere delle istruzioni su cosa fare in caso che si incorra in una esposizione.[10] Queste istruzioni possono includere la consegna di un autoiniettore di epinefrina(adrenalina) e indossare particolari distintivi per il soccorso medico.[3] I vantaggi dell'immunoterapia per le allergie alimentari non sono chiari e quindi, al 2015, non è un approccio raccomandato.[45] Alcuni tipi di allergie alimentari che si presentano durante l'età pediatrica, si risolvono con l'aumentare dell'età, in particolare quelle relative al latte, alle uova e alla soia; tuttavia più raramente per le altre, come per le noci e i frutti di mare.[10]
L'assunzione di cibo può anche essere fatale in soggetti che hanno precedenti di asma (specie quelli con cattivo controllo dei sintomi), precedenti episodi di anafilassi con l'alimento incriminato, mancato riconoscimento dei sintomi precoci di anafillassi e/o ritardo nell'uso dell'adrenalina[46][47].
Gli adolescenti e i giovani adulti sembrano essere la popolazione più a rischio[43].
Le allergie alimentari causa di anafilassi potenzialmente fatale, sono dovute per l'80% dei casi ad arachidi e nocciole[48] Oltre a loro gli alimenti più frequentemente implicati sono crostacei e pesce, anche se molti altri cibi possono determinare l'anafilassi. La mortalità dovuta all'assunzione del latte è aumentata in modo notevole negli ultimi anni[49].
I sintomi più frequentemente osservati sono: prurito orofaringeo, angioedema/edema laringeo, stridore, tosse, dispnea, asma, arrossamento, orticaria e angioedema. I casi fatali presentano: edema laringeo severo, broncospasmo irreversibile, ipotensione resistente ai trattamenti (shock) o una combinazione di questi. A volte però si possono presentare problemi come nausea, vomito, diarrea o stitichezza a seconda del soggetto, ma porta anche problemi sessuali e relazionali, specialmente nei ragazzi d'età compresa tra i 14 e i 21 anni.
Un'indagine condotta presso il Dipartimento di Emergenza dell'Ospedale Maggiore della Carità di Novara (nel periodo 1º gennaio 2003-31 dicembre 2006), tra i ricoveri ospedalieri per anafilassi o per allergia alimentare; su 165.120 ricoveri in rianimazione con 6107 casi di reazione allergica sospetta; i casi sospetti di allergia alimentare sono stati: (1.4%) allergie alimentari e (0.8%) casi di anafilassi[50].
L'allergia è una patologia ad azione multifattoriale, il cui sviluppo è legato ad una combinazione di cause ereditarie ed ambientali. Viene riconosciuta una familiarità per le malattie atopiche e le allergie alimentari[37], anche se i fattori ambientali hanno un ruolo decisivo nel manifestarsi della patologia[48][51][52].
L'allergia alimentare potrebbe essere almeno in parte geneticamente determinata[53][54][55][56]. Il rischio di allergia alle arachidi, per esempio, è circa dieci volte maggiore in un bambino con un fratello anch'esso allergico alle arachidi rispetto alla popolazione generale. Così anche per le allergie alimentari non IgE-mediate[57][58], nelle quali è stata riscontrata una grande differenza etnica e familiare nell'incidenza, con la predominanza dei maschi caucasici.
Nelle famiglie ove più di un parente ha allergie, il rischio per i figli di avere allergie alimentari è molto alto, anche se non si possono predire le allergie alimentari piuttosto che altri tipi di allergia.
Un numero limitato di studi ha individuato una associazione tra specifici antigeni leucocitari (HLA) e specifiche allergie alimentari. I geni HLA-DR e HLA-DQ possono essere un fattore di rischio genetico per l'allergia alle arachidi.[59][60]
Si ritiene generalmente che qualsiasi alimento può suscitare una reazione allergica IgE mediata in un soggetto predisposto, e più di 170 alimenti sono stati segnalati per essere allergenici. Tuttavia, è ben riconosciuto, basandosi su molti studi, che l'allergia ad alcuni alimenti sembra essere particolarmente comune[61]. Le proteine ingerite sono i principali responsabili delle allergie alimentari. Qualunque proteina o frazione proteica può costituire una fonte allergenica, indipendentemente dal fatto che provenga da alimenti di origine animale o vegetale, da alimenti OGM o alimenti non modificati geneticamente. L'allegenicità degli alimenti è per lo più dipendente dalla configurazione strutturale delle loro proteine.[62][63][64][65]. Gli allergeni alimentari sono classificati come "maggiori" o "minori" in funzione della frequenza di sensibilizzazione. Gli 8 alimenti allergizzanti più comuni (latte, uova, arachidi, pesce, frutta a guscio, soia, crostacei, grano) sono anche definiti, specie nella letteratura anglosassone, allergeni maggiori. La maggiore o minore resistenza al calore, agli acidi o agli enzimi degli allergeni comporta un diverso assorbimento nel tratto gastrointestinale e diverse reazioni e disturbi.
L'istidina è il precursore dell'istamina presente in un largo numero di alimenti in una quantità intorno a 21 grammo/100 grammi parte edibile, e si degrada rapidamente in quest'ultima, a seguito dell'inappropriato trattamento del cibo durante l'immagazzinamento o la lavorazione. In questo modo, con un alimento possono essere assunte quantità importanti di istamina, che rafforza la reazione allergica ad allergeni presenti nell'alimento. Esiste un'allergia specifica all'istamina negli alimenti, ma l'antistaminico è anche il primo presidio contro le reazioni allergiche.
Le reazioni allergiche agli additivi alimentari nei cibi non proteici sono poco comuni[61][66]. Vari aromi ed additivi alimentari possono contenere impurità proteiche (es. annatto, carminio, cocciniglia) o comportarsi come apteni inducendo reazioni allergiche sia ingeriti sia nei test cutanei:
Categoria | Classificazione: E | Additivi alimentari potenzialmente allergenici |
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Coloranti | da E 100 a E 199 | Giallo crinolina, giallo-arancio S, azorubina, amaranto, eritrosina, Ponceau 4R, blue patent, indigo carminio, nero brillante, ossido di ferro rosso, cocciniglia, tartrazina |
Preservanti | da E 200 a E 299 | Acido sorbico, Benzoato di sodio, Metabisolfito di sodio, Nitrato di sodio |
Antiossidanti | da E 300 a E 321 | Butilidrossianisolo (BHA), propil-gallato, butilidrossitoluolo (BHT), tocoferolo |
Esaltatori sapore | E621 | Glutammato monosodico |
Reattività crociate Pollini-Alimenti e Lattice-Frutta[67][68][69][70][71] | |
---|---|
Pollini di betulla e ontano | sedano, prezzemolo, carota, finocchio, kiwi, fragola, lamponi, frutta secca, prugne, albicocche, ciliegie, pere, pesche, mele |
Pollini di artemisia e ambrosia | girasole, castagna, sedano, prezzemolo, carota, finocchio, banana |
Pollini di graminacee | frumento, pomodori, kiwi, anguria, meloni, ciliegie, agrumi, pesche, mandorle, prugne, albicocche |
Pollini di parietarie | gelso, basilico, melone, ciliegie |
Lattice | banana, kiwi, mango, melone, papaia, avocado, castagna, pomodoro |
L'allergia alimentare può manifestarsi anche come associazione di più allergie. Le reazioni crociate ad alimenti derivati da fonti filogeneticamente vicine, ad esempio piante o animali dello stesso genere, sono frequenti. Sono anche possibili reazioni crociate con allergeni derivati da fonti filogeneticamente distanti e con vie di esposizione che non comportano l'ingestione dell'allergene, come accade con i pollini inalati o con il lattice a contatto cutaneo. In genere nelle reazioni crociate le sensibilizzazioni da inalazione o da contatto cutaneo precedono le reazioni allergiche agli alimenti[69][72]. La reattività crociata è una delle possibili spiegazioni nel caso di reazioni allergiche ad alimenti mai consumati prima.
I meccanismi fisiopatologici dell'allergia propri delle reazioni di ipersensibilità immediata di tipo I, la cui manifestazione clinica più grave è l'anafilassi, si manifestano sia come reazioni locali che sistemiche. La reazione sistemica generalmente fa seguito alla somministrazione endovenosa di un antigene precedentemente somministrato a cui l'ospite si è precedentemente sensibilizzato; questo porta ad uno stato di shock anche fatale.
La natura della reazione locale varia in funzione della porta di ingresso dell'antigene; essa può assumere la forma di un edema cutaneo localizzato (allergia cutanea o orticaria); secrezione nasale e congiuntivite (rinite allergica e congiuntivite), febbre da fieno o asma e manifestazioni gastrointestinali (vomito, diarrea, dolori addominali).
Le reazioni da ipersensibilità di tipo I si manifestano in due fasi:
Il mastocita (vedi immagine) ha un ruolo cruciale nello sviluppo della patologia. Esso è posto anatomicamente in zone strategiche per la risposta immunitaria, come i vasi sanguigni, le mucose, i nervi. L'attivazione del mastocita avviene grazie un legame tra i recettori e le IgE.
Un'altra tappa cellulare importante nel processo di ipersensibilità immediata di tipo I è quella determinata dalle cellule Th2: esse ricevono il segnale dalle cellule presentanti l'antigene (macrofagi e cellule dendritiche), dopo di che le Th2 si differenziano e producono varie citochine; queste ultime servono per attivare la produzione delle IgE da parte delle cellule B (fase di sensibilizzazione). I mastociti insieme ai basofili esprimono i recettori di membrana FcεR, dotati di elevata affinità per le IgE. Quando i mastociti sono ricoperti di IgE sulla superficie dopo una prima fase di sensibilizzazione, il successivo contatto con gli antigeni determina il legame tra 2 molecole di IgE ed il recettore FcεR.
Questo legame (antigene + 2 IgE + recettore FcεR) determina un'attivazione dei processi di trasduzione di segnale citoplasmatici del mastocita Ca++ dipendenti, che comportano la fusione delle vescicole lisosomiali piene di mediatori, soprattutto di istamina, con la superficie interna della membrana del mastocita e conseguente liberazione dei mediatori chimici immagazzinati (fase di scatenamento). Questi mediatori sono i responsabili dei sintomi tipici delle reazioni di ipersensibilità di tipo I sia sistemiche che localizzate ed inoltre attivano anche le risposte di tipo tardivo.
Le manifestazioni della risposta immune, in corso di allergia alimentare, sono molto variabili tra gli individui, tant'è che alcuni individui, pur producendo IgE specifiche per certi apteni proteici, non manifestano alcuna sintomatologia in seguito all'assunzione dell'alimento incriminato[73], anche se l'aumento dell'assunzione è correlato ad un aumento del rischio[74].
Le caratteristiche biochimiche di un alimento da sole non riescono spiegare la sua allergenicità. Infatti la naturale conseguenza di esposizione a nuovi cibi è lo sviluppo di una fisiologica tolleranza immunologica. La tolleranza immunologica orale dipende da una barriera intatta e immunologicamente attiva dell'intero tratto gastrointestinale. Questa barriera include le cellule epiteliali unite da giunzioni strette e da uno spesso strato di muco, così come l'orletto a spazzola; inoltre gli enzimi, sali biliari, e i picchi di pH contribuiscono degradandoli a rendere meno immunogeni gli antigeni proteici.
Tra i fattori responsabili dello scatenamento di una manifestazione allergica legati all'ospite vi è l'attività della PAF acetilidrolasi, enzima che degrada la PAF; questa provoca un aumento della gravità delle reazioni anafilattoidi[75] [76] [77] [78].
Tra i fattori legati all'alimento va considerata la stabilità delle proteine contenute alla digestione e alla frammentazione chimico/enzimatica intestinale di certi semi (arachidi, cumino, anacardi). Queste proteine, infatti, rimangono integre più facilmente e possono scatenare reazioni allergiche alimentari anche molto gravi[79][80][81][82].
In modo strettamente correlato alla precedente ipotesi, l'aumento delle manifestazioni di esofagite eosinofila, una forma di allergia alimentare, che è aumentata negli ultimi anni pare debba ricondursi all'uso di IPP (inibitori di pompa protonica); ciò perché la diminuita cloridia conseguente all'uso di questi farmaci rende più difficile la digestione delle proteine da parte dell'organismo con la conseguente aumentata permeabilità delle stesse proteine nella mucosa intestinale. L'ipotesi benché ancora non confermata, da studi sull'uomo, è molto plausibile ed interessante[83].
La letteratura scientifica a supporto in tal senso è relativamente cospicua e recente: [84] [85] [86] [87] [88] e ben si correla con l'ipotesi della resistenza proteica.
Un recente studio[89] mette in relazione la quantità prodotta di IL-9 con la permeabilità intestinale alle proteine e la successiva esasperata risposta dei mastociti. L'IL-9, infatti, stimola il rilascio da parte delle mastcellule dell'istamina e delle proteasi e favorisce l'espressione del FcεRIα[90]. Anche il TNF ha un ruolo nella genesi delle enteropatie delle allergie alimentari[91].
Una cospicua e recente letteratura getta le basi molecolari per la comprensione delle cause della sensibilizzazione alimentare da parte di antigeni proteici in persone sensibili[92]. Uno dei fattori predisponenti, da tempo ipotizzato per le malattie gastrointestinali è l'alterata funzione di barriera, denominata: leaky gut[93] [94] [95].
I parenti di primo grado di pazienti con malattie infiammatorie croniche intestinali, hanno un aumento della permeabilità intestinale in assenza di sintomi clinici [94] [96] [97].
I pazienti con allergia alimentare che hanno anche un aumento della permeabilità intestinale, hanno un aumento della gravità dei loro sintomi clinici[93]. Anche se le anomalie costitutive della permeabilità intestinale non sono state osservate sempre nei pazienti con allergia alimentare, si ipotizza che gli eventi ambientali, tra cui le infezioni e lo stress, possono alterare la permeabilità intestinale e promuovere la sensibilizzazione da parte dell'antigene alimentare[94].
Un altro aspetto di recente messo in evidenza mette in relazione le allergie alimentare con l'equilibrio dell'ecositema microbico dell'intestino e i meccanismi di difesa dell'ospite[98]. Secondo autori Giapponesi, infatti, nell'evitare le eccessive reazioni infiammatorie nell'intestino assumono un ruolo le componenti microbiche regolano direttamente le funzioni dei mastociti attraverso i recettori Toll-like. Questo può spiegare il motivo con il quale le manifestazioni allergiche sono in funzione di un non corretto mantenimento della flora simbiontica intestinale[99].
Una recente ricerca mette in relazione l'infezione virale da reoviridae come causa di modifiche immunologiche tali da innescare la risposta patologica delle allergie alimentari[100].
Il ruolo protettivo dei probiotici nei confronti della salute umana si estende ad una gamma di manifestazioni patologiche e tra queste spiccano le manifestazioni allergiche[101][102].
Probabilmente tutte le ipotesi sopra descritte concorrono in varia misura nella etiopagenesi delle allergie alimentare, e tutte offrono importanti chiavi di lettura e ricerca per la comprensione e la ricerca di soluzioni per questa diffusa patologia del benessere.
Comunemente i meccanismi causa di allergie alimentare e la conseguente classificazione fatta sulla base dei meccanismi etio-patologici viene suddivisa in tre categorie:
Tipicamente i comuni e "maggiori" allergeni alimentari responsabili delle forme IgE mediate sono delle glicoproteine solubili in acqua, con dimensioni comprese da 10 a 70 kDalton, esse sono relativamente stabili al calore, agli acidi, e alle proteasi del tratto gastroenterico.
Inoltre, la presenza di altri fattori immunostimolanti nel cibo possono anche contribuire alla sensibilizzazione immunologica di genere. Ad esempio, l'allergene delle arachidi è una glicoproteina (Ara h 1) che non solo è molto stabile e resistente al calore digestivo e alla degradazione enzimatica, ma agisce anche come coadiuvante dei linfociti T-helper2 (TH2) a causa della espressione di un "glycan adduct"[104]. L'immunità innata è rappresentata nell'intestino dalle: cellule natural killer, leucociti polimorfonucleati, macrofagi, cellule epiteliali con orletto a spazzola, recettori Toll-like e l'immunità acquisita è, invece, rappresentata dai linfociti intraepiteliali e dalla lamina propria, dalle placche di Peyer, dalle IgA, e dalle citochine; insieme forniscono una barriera capace di bloccare l'ingresso degli antigeni.
È noto come l'allergia alimentare sia più comune nei bambini: infatti la maggior permeabilità della mucosa intestinale nei neonati e la precoce esposizione agli antigeni allergizzanti sono stati proposti come possibile causa di sensibilizzazione nei neonati[105]. Tuttavia è stato dimostrato che la mucosa gastrointestinale raggiunge la sua piena maturità in termini di permeabilità dopo solo 2-3 giorni dalla nascita e l'aumento della permeabilità osservato in alcuni bambini con allergia alimentare sembra essere più una conseguenza, che la causa, della risposta infiammatoria di tipo allergico[106][107][108].
Al contrario, l'esposizione precoce agli alimenti potrebbe impedire lo sviluppo di allergie alimentari in alcune condizioni. Questo fatto è suggerito da un recente studio che ha dimostrato che i bambini israeliani, che spesso consumano un popolare spuntino a base di arachidi prima del 1 anno di età, hanno una prevalenza 10 volte inferiore nello sviluppare allergie alle arachidi, rispetto ai bambini degli Stati Uniti e del Regno Unito, dove le arachidi sono consumate raramente prima dei 12 mesi di età[109]; sono stati proposti per questo motivo altri fattori aggiuntivi come necessari per superare la fisiologica tolleranza orale.
Tra i fattori in grado di ridurre la tolleranza alimentare agli allergeni alimentari vi sono:
. Ciò sembra (dovuto ad una perdita della funzionalità regolatoria determinata da CD4+, (TGF)-β, IL-10, CD25+ (queste sono T cells regolatorie), a favore della CD8+ (che è un tipo di T cells soppressoria). Le alterazioni sono dovute ad una anomalia genica che regola l'espressione del fattore FOXP3)[115]. L'IL-4 sembra avere un ruolo regolatatorio sulla suscettibilità intestinale all'infiammazione in corso di allergia alimentare[116].
Tra i fattori alimentari scatenanti sono stati recentemente ipotizzati come causa di allergie:
Le forme non IgE mediate delle allergie alimentari sono una minoranza rispetto al totale e si verificano in assenza di anticorpi IgE specifici dimostrabili per gli alimenti sulla pelle o nel siero. Esse sono meno ben caratterizzate, ma in genere sono dovute ad una infiammazione acuta o cronica nel tratto gastrointestinale, dove gli eosinofili e le cellule T sembrano svolgere un importante ruolo nella genesi della manifestazione patologica[118] [119][120] . Nei pazienti con enterocolite indotta dal cibo il TNF-α ha un ruolo importante: esso, infatti, può essere misurato in vitro nei monociti di bambini con enterocolite indotta da alimenti proteici[121]. Chung e colleghi hanno anche trovato un aumento della colorazione per il TNF-α in biopsie duodenali dei bambini con enterocolite indotta dal cibo[122].
Per le forme miste come l'esofagite eosinofila, gli eosinofili e fattori chemiotattici svolgono un ruolo fondamentale. In questi soggetti l'Eotaxin-3 è del 50% sovraespressa nel tessuto esofageo rispetto ai controlli con esofagite cronica[123].
Il risiedere delle cellule T stabilmente negli organi bersaglio può spiegare perché alcune malattie allergiche alimentari sono localizzate, e non hanno caratteristiche sistemiche come è il caso della dermatite atopica[124] e della esofagite eosinofila[110] [125] [126]. Le manifestazioni e la prevalenza delle allergie alimentari sono il risultato di un complesso, non del tutto conosciuto, meccanismo di relazioni tra ospite, ambiente, cause genetiche e alimentari; cosa, questa, che rende tra l'altro difficile lo sviluppo di terapie causali[127] [128] [129].
La complicanza più temuta delle allergie alimentari è lo shock di tipo allergico.
I quadri clinici tipici delle allergie alimentari, si distinguono in quattro tipi di manifestazioni principali e due occasionali, che possono essere presenti anche in varia combinazione tra loro nelle reazioni IgE mediate:
Considerando l'allergia alimentare un meccanismo immunopatologico sottostante a vari disordini e sindromi, l'inquadramento nosografico delle manifestazioni patologiche mediate dagli alimenti conseguenza di reazioni allergiche è complesso ed oggetto di ricerche in continua evoluzione.
Manifestazioni immunopatologiche mediate dagli alimenti[1][10][48][103] | |||||
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Patologia | Patogenesi | Manifestazioni cliniche | Immunopatologia | Alimenti scatenanti più comuni | |
Orticaria, Angioedema, | -IgE | Cutanee, gastrointestinali, sintomi respiratori | Reazione crociata con IgE che provoca il rilascio dei mediatori | latte, uovo, frumento, soia, arachidi, nocciole, pesce e crostacei | |
Anafilassi | IgE | Reazione sistemica, rapida e progressiva su più organi; può comportare il collasso cardiovascolare | Massivo rilascio di istamina | Arachidi, frutta a guscio, latte, uova, frutti di mare, pesce | |
Sindrome orale allergica (SOA) | IgE | Sintomi orofaringei moderati, primariamente: prurito, -angioedema | Sensibilizzazione primaria alle proteine omologhe alle proteine del cibo di certi tipi di frutta/verdura | Frutta e vegetali crudi | |
Anafilassi esercizio indotta cibo-dipendente (FDEIA) | IgE | Anafilassi scatenata dal cibo solo se l'ingestione è seguita dall'esercizio fisico | Incremento del rilascio dei mastociti e alterazione della permeabilità intestinale quando l'assunzione del cibo è seguita dall'esercizio fisico | Frumento, crostacei e sedano sono i cibi più comunemente scatenanti | |
Rinite, asma | IgE | sintomi che possono accompagnare la reazione allergica al cibo, possono essere scatenati dall'inalazione di cibo, in polvee o aerosol. | Dipende dagli alimenti | ||
-Dermatite atopica / Eczema | Mista: IgE/ non-IgE | Infiammazione cronica della pelle con prurito | Attivazione IgE mediata dai mastociti (-mast cell) cutanei; fase ritardata: infiltrazione di cellule infiammatorie, inclusi gli -eosinofili e -cellule T | Uova, frumento, latte, soia e altri | |
Gastroenteropatia Eosinofila | Mista: IgE/ non-IgE | Disfagia, crescita modesta, disturbi addominali: -nausea e -vomito | Infiltrazione Eosinofila del tratto gastrointesinale, giocano un ruolo cruciale i mediatori degli eosinofili, p.e.: IL-5 e eotassina | Diversi cibi | |
Enterocoliti indotte dalle proteine alimentari (FPIES) | non-IgE | Emesi ritardata, -diarrea 2 ore dopo l'ingestione, nei casi severi: nel 15% -ipertensione | Incremento del -TNFα, decremento del TGFα | Latte, soia, cereali | |
Proctocoliti indotte dalle proteine alimentari | non-IgE | Strie di sangue nelle feci dei bambini | Infiltrazione eosinofila del -colon | Latte, e soia, insorge anche assumendo il latte materno | |
Sindrome di Heiner | non-IgE | Infiltrati polmonari, anemia | Latte | ||
Celiachia/allergia IgA mediata | non-IgE | Disordine autoimmune che comporta enteropatie e malassorbimento | può manifestare crescita ridotta, anemia, dermatiti erpetiformi, anormalità ossee. | Cereali con glutine | |
Dermatite allergica da contatto | Cellulo-mediata T-cell | eczema come risposta ad apteni contenuti negli alimenti | Vari |
Per porre una diagnosi di certezza di allergia alimentare verso uno o più alimenti, occorre eseguire in sequenza una serie di accertamenti diagnostici:
-NB: altri tipi di accertamenti diagnostici sono prospetticamente interessanti, ma non sono validati in modo univoco dalla comunità scientifica; per cui vanno considerati un complemento dei test e accertamenti sopraindicati.
Per riconoscere un'allergia alimentare rispetto ad un'intolleranza alimentare, occorre fare una diagnosi differenziale.
Sono usati correntemente per la diagnosi delle allergie alimentari, sono i test di screening più comuni per le allergie alimentari e possono anche essere eseguite sui neonati nei primi mesi di vita (sono però affidabili dopo i 3 anni). Tuttavia, l'affidabilità dei risultati dipende da molteplici fattori, quali l'utilizzo opportuno degli allergeni da testare insieme ad una precisa tecnica di somministrazione, nonché la contemporanea assunzione di farmaci che possono interferire con i test come per esempio gli: antistaminici o i cortisonici
Quando questi test vengono utilizzati con opportuni controlli standard, per esempio un test con un campione positivo a base di istamina ed uno negativo a base di soluzione salina; forniscono criteri precisi per la diagnosi facilmente riproducibili con un costo minimo e con rischi per i pazienti trascurabili. Questo metodo è generalmente affidabile per escludere le allergie alimentari immediate; con precisione predittiva del 90% se il risultato è negativo; mentre questa precisione scende al 50% se positivo. Ciò limita l'interpretazione clinica del risultato, e quindi insieme ai testi in vitro occorre valutare attentamente anche l'anamnesi.
Il risultato va confermato sempre da un test di risomministrazione dell'alimento incorminato, a meno che il paziente abbia già una storia certa di allergia alimentari.
I test intradermici sono:
Questi sono usati sia per le allergie alimentari che per le allergie respiratorie.[144]
Per l'interpretazione dei test è richiesta esperienza e competenza; i risultati ottenuti, infatti, vanno sempre correlati ai sintomi e all'anamnesi del paziente e spesso sono necessari ulteriori test per porre una diagnosi di certezza.
Durante l'esecuzione di tali esami è necessario tenere a portata di mano un kit d'emergenza; si possono infatti, seppur raramente, manifestare reazioni gravi, fino allo shock anafilattico.
Il prick test, se ripetuto più volte con lo stesso allergene, può determinare a sua volta sensibilizzazione.
Il prick by prick viene usato solo per le allergie alimentari; in questa metodica la lancetta utilizzata per scalfire la cute del paziente viene inoculata preventivamente nell'alimento che si vuole testare (frutta o verdura).
Lo scratch test è simile al prick test ma è meno sensibile e di più lunga esecuzione, perciò poco usato. Dopo la pulizia della cute si pratica con uno strumento acuminato un leggero graffio (in inglese, scratch) di 2 mm di lunghezza evitando il sanguinamento, dopo di che una goccia della soluzione contenente l'allergene viene posta al di sopra della lesione provocata e delicatamente si effettua uno sfregamento sull'area graffiata per farla penetrare la soluzione nella lesione; la lettura viene eseguita dopo 10-30 min.
Il patch test è indicato nella diagnosi delle dermatiti allergiche da contatto. Consiste nell'applicazione sulla cute della schiena di cerotti medicati con l'allergene; sono testati routinariamente 31 allergeni. Il cerotto si rimuove dopo 24-72 ore, e si controlla se nella zona della cute di applicazione si è verificato un arrossamento. Questo test viene usato nelle allergie alimentari per verificare la reattività ad alimenti in caso di esofagite eosinofila[145], enterocolite[146] e dermatite atopica[147]. Il valore di questo test è però incerto e andrebbe confermato da studi più oggettivi rispetto a quelli fin qui effettuati[148].
In generale questi test si utilizzano su soggetti di età non inferiore a 3 anni. Non vanno però effettuati nei seguenti casi:
I test sierologici in vitro sono di semplice esecuzione, alcuni però sono fatti con una metodica radioimmunologica che complica alquanto il test e fa aumentare i costi. Alcune linee guida considerano alcuni test sierologici di non provata utilità per la diagnosi di allergia alimentare, definendoli "inappropriati"[7][149].
Consigliato per confermare casi dubbi ai test cutanei e soprattutto per la valutazione in bambini piccoli o soggetti con gravi dermopatie.
Si utilizza un test detto RAST (Radio Allergo Sorbent Test, test di radio-allergo-assorbimento) che ha qualche analogia con il PRIST. L'allergene è legato covalentemente ad un dischetto di carta e reagisce con l'anticorpo IgE specifico eventualmente presente nel siero in esame. Dopo che le IgE non specifiche sono state eliminate con lavaggi, si aggiungono anticorpi anti-IgE marcati con 125I, i quali si legano al complesso disco-allergene-IgE. Si legge a questo punto la radioattività in un contatore per emittenti gamma. Questa sarà proporzionale alla quantità di IgE specifiche presenti.
Il RAST è meno sensibile ma è più specifico del test cutaneo, oggi poi le nuove tecniche laboratoristiche come il CAP Sistem FEIA o UniCAP, ne hanno elevato la sensibilità e la praticità d'uso.
Per poter fare la conta degli eosinofili va fatta prima una diagnosi differenziale con: le infezioni (causa di elevato numero di neutrofili), con le anomalie congenite delle ossa turbinate, con l'irritazione da agenti irritanti, ed altre eziologie di natura non allergiche.
Benché il numero degli eosinofili si possa ottenere come conta differenziale rispetto al numero dei leucociti totali, si usano per il conteggiosi degli stessi metodiche più sofisticate che colorano gli eosinofili in modo specifico (soluzioni di Pilot o Tannen). Il numero totale degli eosinofili per mm 3 va da 0 a 450 nell'adulto, da 50 a 700 nel bambino e da 20 a 850 nel neonato.
Un elevato livello di IgE sieriche può avvalorare il sospetto diagnostico di una malattia allergica. Poiché, però, esiste un certo grado di sovrapposizione tra i valori di IgE nei soggetti normali e negli allergici, una quantità normale di IgE non esclude una diagnosi di allergopatia.
Le IgE vengono valutate con una metodica radioimmunologica: il cosiddetto PRIST (Paper Radio Immuno Sorbent Test o test di radio-immuno-assorbimento su carta). Questo test utilizza un substrato solido di carta; cui sono legati gli anticorpi anti-IgE. dopo opportuni lavaggi, se sono presenti IgE nel siero in esame, queste vengono legate dagli anticorpi attaccati al dischetto di carta. Si usano anticorpi anti-IgE marcati con 125I. che fissano le IgE legate al dischetto e quindi, dopo un ulteriore lavaggio, si effettua la lettura del dischetto di carta in un contatore per emissioni gamma. La radioattività del complesso sarà direttamente proporzionale alla concentrazione delle IgE nel siero in esame. Nell'adulto i valori normali di IgE sieriche sono inferiori a 0,025 mg/dl.
Point of care test Di recente si sono affermati per la loro praticità i metodi di auto indagine domiciliare (point of care testing); tra questi in ambito allergologico merita una segnalazione l'apparecchiatura ImmunoCAP Rapid (ICR). Questo strumento simile ad un glucometro per l'analisi domiciliare della glicemia, analizza una goccia di sangue periferico ed è utile per la diagnosi di primo livello di: asma, eczemi e riniti. Tra gli allergeni alimentari testati vi sono: uova, latte, insieme ad altri comuni allergeni non alimentari.
La riproducibilità del dato è buona, con una percentuale di falsi positivi dell'1%[150]. Lo strumento risulta quindi utile per una prima diagnosi ambulatoriale delle più comuni allergie, soprattutto in ambito respiratorio [151].
La prova da scatenamento orale è utilizzata per confermare la diagnosi di allergia alimentare ad un alimento.
Essa viene condotta sotto controllo medico, consiste nella somministrazione del cibo sospetto per via orale in modo graduale; con una valutazione attenta degli eventuali sintomi subentranti. In caso di presentazione di questi si deve sospendere la somministrazione ed eventualmente si somministrano farmaci sintomatici. Le prove da scatenamento sono preceduta da un opportuno periodo di eliminazione del cibo sospettato, il test è condotto a condizione che il paziente non usi farmaci che possono interferire; inoltre la prova va effettuata in ambiente ospedaliero ed è una buona norma prudenziale che il paziente abbia già effettuato un accesso venoso (catetere già inserito in vena), per un eventuale rapida somministrazione di farmaci di emergenza in caso di shock subentrante.
La metodica più affidabile è quella condotta in doppio cieco (né il paziente né il medico devono conoscere quale è il campione con il cibo incriminato); ma spesso si accetta il singolo cieco, in questo caso solo il paziente non conosce quale è il campione con il cibo incriminato.
Le prove da scatenamento non si effettuano quando c'è il sospetto di una reazione anafilattica o quando i test già effettuati permettono una certezza diagnostica nei confronti dell'alimento incriminato dell'allergia alimentare.
Le varie tipologie di prove da scatenamento orale sono:
La prima differenza va fatta tra allergia alimentare vera e intolleranza alimentare, nella tavola seguente sono mostrate le differenze:
Allergia alimentare | Intolleranza alimentare |
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Il sistema immunitario è coinvolto (con reazioni di tipo anafilassi) | Il sistema immunitario non è coinvolto (con reazioni di tipo anafilassi) |
Ha un ristretto numero di cause | Le cause sono diverse |
La reaziona in genere si verifica poco dopo l'ingestione del cibo, (da min a ore) | I sintomi di solito si verificano dopo qualche tempo la ingestione del cibo (giorni) |
Un singolo ed una piccola quantità di allergene è sufficiente a scatenare una reazione rapida e violenta, dopo l'avvenuta sensibilizzazione | Sono necessarie grandi quantità o un'assunzione regolare dell'alimento |
I sintomi sono inequivocabilmente riconducibili all'allergia in genere | I sintomi non sono di solito così facilmente riconducibili ad una causa particolare; il perché non è chiaro. |
Può essere pericolosa per la vita | Non pericolosa per la vita |
Le manifestazioni cliniche rimangono costanti all'esposizione dello stesso allergene | La reazione alla sostanza che la provoca spesso può variare a seconda di condizioni e/o circostanze della persona |
La diagnosi differenziale va anche posta con le seguenti patologie:
La diagnosi di allergia alimentare si basa ancora principalmente sulla storia clinica dettagliata e un completo esame fisico del soggetto. Test clinici o di laboratorio servono solo come strumento aggiuntivo per confermare la diagnosi. Le indagini standard comprendono i test cutanei come il prick test e test in vitro per gli anticorpi IgE specifichi, e le prove orali da scatenamento alimentari. Queste ultime quando correttamente eseguite continueranno ad essere il gold standard nell'iter diagnostico. Recentemente, i metodi diagnostici non convenzionali vengono sempre più frequentemente utilizzati, ma non possono sostituirsi ai precedenti; per il rischio che i risultati non siano correlati con l'alimento causa di allergia.
La mancanza di opportuni strumenti di indagine sull'impatto psicologico delle allergie alimentari nei pazienti e nei loro familiari, rende difficile quantizzare le implicazioni psicopatologiche di questa patologia di frequente risconttro nella popolazione specie giovanile [152]. Fermo restando che i fattori psicologici non permettono di prevedere la severità dei sintomi nei pazienti ipersensibilità da allergia alimentare [153].
Il primo studio che conferma la presenza di un'associazione tra allergie e disturbi dell'umore e d'ansia secondo i criteri del DMS IV è lo studio canadese di Patten SB, e Williams JV del 2007[154]. Lillestøl K, et al. 2010[155] valuta la depressione e l'ansia, con opportune scale e questionari, in soggetti con diagnosi di IBS e allergia alimentare (auto segnalata); rilevando con i criteri del DSM IV un aumento della patologia ansiosa del 34% e del 16% per quella depressiva.
Herbert LJ, et al. nel 2008 rileva che in soggetti con allergia alimentare, che hanno esperito un episodio di anafilassi rispetto a soggetti allergici che non hanno avuto episodi, i livelli di autostima sono più bassi e sono rilevabili tratti ansiosi e depressivi, indicando così come un episodio di anafillassi può essere un indicatore affidabile di stress psicologico[156]
Nella celiachia si riscontrano tassi elevati di depressione[144].
L'uso di farmaci per le allergie (specie respiratorie, FDEIA compresa) come i cortisonici sistemici o gli inibitori dei lucotrieni, sono associati ad alti tassi di insonnia, depressione e anche di rischio di suicidio; cosa che impone un'attenta vigilanza in tal senso da parte dei clinici[139]. La FDA di nell'agosto del 2009 ha emanato un'avvertenza (box warning) riferito al rischio di suicidio indotto da inibitori dei lucotrieni: Montelukast, Zafirlukast e Zileuton[144].
La strategia per evitare l’esposizione ai cibi allergenici è basata su: • identificazione precisa dell’alimento che ha causato la reazione • riconoscimento degli allergeni cross-reattivi presenti in altri cibi • educazione del soggetto allergico e di chi ne ha cura sulle misure precauzionali necessarie ad evitare la esposizione ad allergeni nascosti • educazione alla lettura delle etichette • attenzione nel mangiare fuori casa[4].
Il diario dietetico consiste nel tenere un registro degli alimenti assunti in ordine cronologico e dei relativi aventi avversi e sintomi correlati con l'assunzione dell'alimento.
Viene comunemente usata per fare diagnosi e per finalità terapeutiche.
Il suo uso per fini diagnostici consiste nell'eliminare tutti gli alimenti o gruppi di alimenti sospetti per un certo periodo di tempo (circa 7-10 giorni) contemporaneamente ad un controllo della diminuzione dei sintomi. La dieta di eliminazione è più utile nel valutare le situazioni croniche. Il successo di questa dipende dalla certezza di aver eliminato dalla dieta l'alimento sospetto. Le limitazioni di questo metodo sono legate solo ai pregiudizi del medico e del paziente, specie se nel tempo il paziente non sopporta la limitazione che questa dieta comporta.
Una volta individuati gli allergeni, questi vengono rimossi dalla dieta del paziente a tempo indeterminato, salvo la risoluzione della patologia nel tempo, caso nel quale spesso si prescrive comunque una dieta di mantenimento che permette l'assunzione di cibi contenenti l'allergene in determinate quantità e giorni della settimana.
Adulto
Pediatrico
Nella esofagite eosinofila[160] il sodio cromoglicato mostra una certa efficacia[161] [162] [163] [164] [165]. Inoltre, in bambini con dermatite atopica l'uso per os dello stesso è in grado di ridurre la permeabilità intestinale patologica alle macromolecole allergizzanti;[166] [167]; mentre è controverso, a tutt'oggi, l'uso per via topica[168] [169].
Il Sodio Cromoglicato o Cromolyn sodico per uso orale (sotto forma di fialoidi) negli USA è indicato nella mastocitosi sistemica, grave patologia rara, riuscendo in questa patologia a alleviare i sintomi gastrointestinali associati.
L'obiettivo della immunoterapia è di indurre la desensibilizzazione o la tolleranza all'allergene riducendo la sua capacità di attivare la produzione di IgE. I soggetti allergici sono desensibilizzati attraverso la somministrazione di dosi crescenti di allergene che diminuisce gradualmente la risposta IgE-mediata.
Varie ricerche hanno cercato di individuare il sistema più pratico e con minor incidenza di reazioni avverse per esporre il soggetto allergico a dosi crescenti di allergene. Le più esplorate sono[170]:
L'immunoterapia specifica segue un approccio diametralmente opposto all'evitamento: è una immunoterapia, per l'allergia alimentare, che consiste nella esposizione a dosi crescenti dell'allergene e di un periodo di mantenimento, in modo da sviluppare una tolleranza o iposensitizzazione e da eliminare la reazione allergica. Per le allergie alimentari si può utilizzare come allergene l'alimento stesso a cui viene imputata l'allergia. Chiamata anche Desensibilizzazione Orale per Alimenti, con una dieta alimentare variata, bilanciata ed organizzata. L'assunzione avviene in ospedale e a domicilio, sotto stretto controllo medico, per alcuni mesi uno-due pasti a settimana adeguatamente intervallati, partendo da dosi molto piccole dell'allergene: i vari protocolli variano il periodo di dose crescente e di mantenimento a dose costante, da due settimane ad alcuni mesi. Ai pazienti selezionati può essere prescritto l'autoiniettore di epinefrina da utilizzare a domicilio in caso di reazione grave.
Maggiore rischio è presente nei pazienti con elevate IgE sieriche e altri fattori di rischio, come ricongiuntivite allergica e asma. Se mancano reazioni allergiche in condizioni normali, un secondo test viene effettuato per verificare l'assenza di reazioni in condizioni di stress, perché studi evidenziano reazioni anafilattiche (FDEIA) in pazienti che hanno effettuato sforzi fisici alcune ore dopo l'assunzione dell'alimento adoperato per la immunoterapia specifica[171][172].
Altre condizioni che possono aumentare la reattività dell'individuo sono infezioni, riacutizzarsi di allergie ai pollini, la concomitante assunzione di lipidi e alcuni farmaci[173].
Pur essendo considerata promettente, in assenza di studi che ne validino adeguatamente l'efficacia clinica e considerando il rischio di reazioni avverse, al 2014, la immunoterapia non è consigliata per le allergie alimentari[7][61][174].
Molte ricerche di nuove terapie per l'allergia alimentare sono nella fase degli studi preclinici e clinici[10], fra queste sono considerate promettenti:
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Mancano prove certe che dimostrerebbero come l'evitamento di allergeni durante la gravidanza abbia un effetto protettivo; tuttavia, alcune evidenze sostengono che si ha una riduzione della dermatite atopica quando gli allergeni sono stati evitati dalla madre durante l'allattamento.
L'allattamento al seno evita l'allergia alle proteine del latte vaccino fino allo svezzamento.
Le raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) suggeriscono di ritardare questa fase di diversificazione alimentare[187]; ritenendo che un'eventuale immaturità del sistema immunitario dei bambini, può essere causa di allergie in futuro. Non vi è, però, alcuna prova sperimentale che ciò sia in grado di ridurre i problemi delle allergie in età pediatrica[188]. Al contrario, modelli animali tendono a mostrare che l'esposizione precoce ad allergeni alimentari riesce ad indurre meglio la tolleranza orale e ridurre quindi il rischio di sviluppare allergie in età pediatrica[189]. Ciò sembra confermato anche da alcuni studi osservazionali[190].
Il problema, pertanto, della scelta tra lo svezzamento precoce o ritardato nel tempo resta a tutt'oggi irrisolto.
Vi sono dati scientifici che suggeriscono la somministrazione routinaria della dose unica di vaccino per il morbillo-parotite-rosolia a tutti i pazienti con allergia all'uovo, anche quelli con gravi reazioni anafilattiche dopo l'ingestione di uova[191].
Nel bambino con una storia precedente di reazione al vaccino morbillo-parotite-rosolia, va considerata la possibilità di un'allergia alla gelatina, neomicina, o un altro componente presente nel vaccino. Se il paziente ha una storia clinica di allergia all'uovo ed ha avuto reazioni sistemiche (ad esempio: anafilassi) in seguito all'ingestione di uovo, la somministrazione del vaccino dell'influenza necessita di speciali esami diagnostici[191].
Dopo aver esaminato i rischi e i benefici, la pelle del paziente può essere testata con preparati diluiti del vaccino influenzale (prove intradermiche cutanee). Se i risultati al test cutaneo con il vaccino diluito sono positivi, il vaccino può essere somministrato in modo graduato nel tempo, con un regime multidose; se viceversa il risultato della prova cutanea è negativo, il vaccino può essere somministrato in modo routinario con dose unica.
Le linee guida tra tutti i tipi di lavori scientifici prodotti danno: raccomandazioni di comportamento clinico; esse, infatti, sono prodotte con un processo di revisione sistematica periodica della conoscenza scientifica al fine di assistere clinici e pazienti, nei confronti delle problematiche valutate.
Le Linee Guida internazionali pubblicate al maggio 2010 sono: 43; di seguito alcune delle Linee Guida Internazionali più autorevoli e recenti in materia di:
L'evitamento del cibo allergenico è possibile solo se il soggetto allergico e chi ne ha cura sono informati della sua presenza. Molti stati hanno adottato norme che comportano l'obbligo di etichettatura nei cibi preconfezionati degli alimenti o ingredienti classificati come allergeni. Le norme si riferiscono a liste di cibi allergenici che possono variare da nazione a nazione, ma che quasi sempre includono gli 8 maggiori allergeni alimentari: latte, uovo, arachide, grano, soia, frutta con guscio, crostacei, pesci. Le norme sull'obbligo di comunicazione si riferiscono solo a alimenti o loro ingredienti allergenici, inseriti volontariamente nel prodotto. Per ridurre il rischio di allergeni occulti, l'industria alimentare da qualche anno ha introdotto il concetto di etichettatura precauzionale. Sul prodotto viene comunicato, a discrezione del produttore, che esiste il rischio di una presenza involontaria dei più comuni allergeni alimentari, dovuto in genere a contaminazione nei processi di produzione. La comunicazione precauzionale con frasi tipo:
se da una parte mostra l’intento benevolo di avvertire il consumatore allergico che quell’alimento potrebbe veicolare, per varie ragioni, tracce degli allergeni indicati, dall’altra produce un vero e proprio ribaltamento di responsabilità che passa dal produttore al consumatore[5].
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