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La storia dell'architettura in Abruzzo è un saggio critico del 1927 scritto da Carlo Ignazio Gavini, pubblicato in due volumi, più un terzo delle tavole di disegno delle opere descritte, dalla casa editrice romana Bestetti e Tumminelli. Il saggio si propone come il primo completo studio sulle vicende storiche delle costruzioni monumentali abruzzesi dal VI secolo al XVI secolo.
Storia dell'architettura in Abruzzo | |
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La Basilica di San Bernardino a L'Aquila in un'incisione del 1898 | |
Autore | Ignazio Carlo Gavini |
1ª ed. originale | 1927 |
Genere | saggio |
Sottogenere | arte |
Lingua originale | italiano |
Gavini fu il secondo principale critico d'arte ad aver realizzato un'opera monumentale di oltre 1 000 pagine sull'architettura abruzzese, dopo il lavoro Monumenti storici ed artistici degli Abruzzi. del professore abruzzese Vincenzo Bindi; nei primi anni del '900 anche lo storico dell'arte Émile Bertaux, con l'aiuto del sulmonese Antonio De Nino apportò un contributo alla catalogazione e classificazione dei monumenti abruzzesi, tuttavia le campagne di scavi e lavori dentro le abbazie, le cattedrali, le basiliche, e soprattutto il progetto di risanare l'architettura medievale dalle superfetazioni rinascimentali e barocche, di cui nei primi anni del XX secolo lo studioso teramano Francesco Savini ne fu promotore nella sua città e nel contado della provincia, distruggendo le aggiunte barocche alla cattedrale di Teramo, alle chiese di San Domenico, Santa Maria delle Grazie con convento, a San Francesco, ecc., fecero sì che il Gavini con studi più aggiornati, ricompilasse un'opera di studio critico.
Infatti l'opera monumentale del Bindi si era posta come la prima, a detta nell'introduzione scritta da Ferdinad Gregorovius, a rappresentare in un'unica monografia, e non in appendice a studi di storia dell'arte nell'Italia Meridionale durante il Medioevo, e ancora oggi è un manuale di studio di riferimento per quanto riguarda soprattutto la ricerca e il confronto delle fonti storiche inerenti al monumento descritto: documenti, diplomi, citazioni di altri autori o storici che ne parlano, ecc. mentre appare ancora troppo evidente il tono confidenziale e non impersonale, soprattutto senza la rigidità critica e analitica dello storico, del commento sull'aspetto architettonico dell'opera, sui periodi dell'arte che si sono intercorsi tra loro, longobardo, romanico, gotico, ecc.
Il Gavini da qui ambì a un progetto di confronto dei monumenti tra loro, anche perché rilevò che il Bindi si concentrò solo sui monumenti più rappresentativi dell'Abruzzo, e non catalogò tutte le architetture medievali presenti nella regione, ragion per cui lo studio dell'architettura medievale in Abruzzo necessitava di un aggiornamento. Egli come si vede nell'elenco dei capitoli delle opere descritte, rifacendosi per la ricostruzione storica alle fonti del Bindi, distinse la realizzazione delle opere in "scuole", la scuola dell'Aquila per il romanico, la scuola di Teramo per il gotico, la scuola di Lanciano per il tardogotico trecentesco ecc. spesso e volentieri, come gli criticò il Moretti, arrogandosi il diritto di una distinzione arbitraria del tutto personale, senza l'apparato di fonti o altri confronti.
Ragion per cui già negli anni '60 del Novecento questa distinzione in scuole per le varie opere sparse nella regione Abruzzo, fu vista come una decisione del tutto personale, basata sul confronto delle opere minori della macroregione o della provincia con l'opera maggiore, un'abbazia, un duomo, una basilica. Da un lato, se come fece anche Moretti, si facesse un confronto rileggendo l'opera del Gavini di modelli con opere derivate, soprattutto per quanto riguarda L'Aquila e le sue chiese, il Gavini avrebbe in un certo senso ragione, anche perché nelle chiese aquilane perfino di recente (Orlando Antonini, Architettura religiosa aquilana (2 voll.), Tau editore, 2010), si è stabilito che in seguito alle varie fasi ricostruttive dell'arte romanica dopo il terremoto del 1349, ci furono alcuni modelli duecenteschi rimasti intatti, quali la basilica di Santa Maria di Collemaggio o la chiesetta di Sant'Antonio abate, che funsero da modello per l'opera di ricostruzione delle maggiori chiese dei quartieri (Santa Maria Paganica, il cui portale stesso datato 1308 fu un modello per le altre, San Silvestro, San Pietro Coppito, Santa Maria d'Assergi, San Marciano, San Domenico, Santa Giusta, San Flaviano, ecc.).
L'opera fu pubblicata nel 1927 in due tomi, riscosse subito un immediato successo, e si presentò come il completamento di altri lavori di ricerca, critica e filologia eseguiti alcuni decenni prima da studiosi abruzzesi, quali Vincenzo Bindi per o studio degli artisti abruzzesi, raccolti in un Dizionario storico, e Francesco Savini, per i numerosi studi sulle chiese di Teramo e della sua provincia, come le badie di Santa Maria di Propezzano, San Giovanni ad Insulam e Santa Maria a Vico.
Ancora oggi la Storia dell'architettura di Gavini è una delle principali fonti di ricerca e di studio della storia dell'arte abruzzese, pur rimanendo consapevoli della vetustà dell'opera in sé, e di nuove scoperte e nuovi restauri apportati alle architetture da lui descritte, per non parlare di alcune architetture pesantemente modificate da eventi naturali o dalla mano umana (le guerre, i bombardamenti). L'opera si divide in questi indici:
Mario Moretti, soprintendente all'Archeologia e Belle Arti d'Abruzzo e Molise negli anni '60, nel 1968 pubblicò in due tomi una revisione della Storia dell'architettura gaviniana, con un'introduzione in cui esponeva il suo programma analitico e aggiornato delle opere abruzzesi.
La critica a Gavini è dovuta al fatto che nel corso del Novecento, già dagli anni '30, molti sono stati i cambiamenti che le abbazie, le chiese, le basiliche, ecc. hanno subito, soprattutto dovuti a restauri, ad esempio i restauri arbitrari saviniani delle chiese di Teramo, a cominciare dal duomo, per eliminare le aggiunte barocche, oppure ai restauri delle chiese abbaziali di Sant'Angelo a Pianella (PE), di Santa Maria delle Grazie a Civitaquana (PE), di Santa Maria Maggiore di Lanciano (CH), la facciata della chiesa di San Marciano a L'Aquila, restaurata negli anni '40, ecc. Dunque lo stato in cui questi monumenti erano stati descritti tra Otto e Novecento da Bindi e Gavini, era profondamente cambiato, e di fatto le opere di studio risultavano ormai obsolete, ma comunque necessarie per un confronto storico-artistico dello stato del monumento prima dei restauri.
La seconda guerra mondiale in Abruzzo arrecò nuovi cambiamenti dovuto a distruzioni e saccheggi, in particolar modo la cattedrale di San Tommaso a Ortona, lo sfondamento del tetto del Duomo di Penne a causa dei bombardamenti, ecc., sicché necessitava una nuova critica a queste opere. Oltretutto la Soprintendenza dei Beni d'Abruzzo negli anni '60 e '70 promosse una campagna di recupero totale di molte abbazie medievali e basiliche situate in grave stato di degrado, come la chiesa di Santa Maria di Cartignano a Bussi, la chiesa di Santa Maria del Lago di Moscufo, la chiesa abbazia di San Liberatore alla Majella, la chiesa di Santa Maria ad Cryptas a Fossa (AQ); lo stesso Moretti afferma di aver raccolto più che altro degli appunti per la sua Architettura medioevale in Abruzzo: dal VI al XIV secolo, soffermandosi soltanto sul confronti delle lapidi e dell'architettura stesso nel suo stile di uno specifico monumento con un altro, limitandosi, per quanto riguarda la ricostruzione della storia del monumento, a rimandare a ogni pagina in bibliografia agli studi di Giovanni Pansa, Carlo I. Gavini, Vincenzo Bindi, Francesco Savini e Giacinto Pannella.
Moretti rifiuta la classificazione gaviniana in scuole e modelli, poiché non esistono abbastanza fonti, almeno nel periodo in cui redasse il progetto, per avvalorare questa tesi, inoltre lamentava il fatto che l'opera gaviniana parlasse di un singolo monumento spezzettandone la trattazione in diversi capitoli proprio per la sua tesi di divisione in scuole, così una chiesa che era di origine longobarda, e che subì modifiche durante il romanico, il gotico, ecc. veniva riproposta nella trattazione ogni qualvolta si passava nell'opera dalla sezione delle architettura romaniche a quelle gotiche, rendendone difficile la consultazione.
Mario Moretti fu nel suo periodo apprezzato per l'opera di restauro, anch'essa tuttavia veicolata dal suo pensiero di liberazione delle chiese dalle superfetazioni barocche e no, nel tentativo di riportarle allo stato originario; tuttavia proprio questa sua scelta arbitraria, nei restauri, di eliminare le tracce sei.sette-ottocentesche delle aggiunte artistiche, in tempi recenti gli ha procurato numerose critiche, in particolare dagli studiosi Alessandro Tomei e Francesco Gandolfo, massimi studiosi contemporanei di arte medievale abruzzese. Infatti tra la fine degli anni '60 e la prima metà del '70, soprattutto a L'Aquila, Moretti avviò una campagna devastatrice verso le aggiunte barocche nelle chiese, sventrando il soffitto ligneo intagliato e dorato dei maestri pescolani, che si trovava presso la navata centrale della basilica di Santa Maria di Collemaggio, l'interno della chiesa di San Silvestro, distrusse l'esterno e l'interno della chiesa di San Pietro a Coppito per eliminare le aggiunte barocche dovute ai restauri del dopo terremoto del 1703, ricostruendo la facciata basandosi sul modello delle altre chiese aquilane a facciata romanica quadrata con coronamento orizzontale, oculo centrale e portale romanico strombato, e così via. Lo stesso fece per il duomo di Teramo e le due piazze antistanti (piazza Orsini, ex Cavour, e piazza Martiri della Libertà, ex Vittorio Emanuele), demolendo tutte le abitazioni che si erano nei secoli accalcate attorno alla chiesa, soprattutto nell'ex piazza Vittorio Emanuele, dove le case basse occupavano il secondo ingresso, venendo dal corso San Giorgio. Tra queste case andate perdute ci fu quella dove nacque la poetessa risorgimentale Giannina Milli.
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