Rotondella
comune italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Rotondella (A' Rëtúnnë in dialetto lucano[4]) è un comune italiano di 2 385 abitanti[1] della provincia di Matera in Basilicata.
Rotondella comune | |
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Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Basilicata |
Provincia | Matera |
Amministrazione | |
Sindaco | Gianluca Palazzo (Fare comunità) dal 27-5-2019 (2º mandato dal 9-6-2024) |
Territorio | |
Coordinate | 40°10′N 16°31′E |
Altitudine | 576 m s.l.m. |
Superficie | 76,72 km² |
Abitanti | 2 385[1] (31-5-2024) |
Densità | 31,09 ab./km² |
Frazioni | Mortella, Rotondella Due, Trisaia |
Comuni confinanti | Colobraro, Nova Siri, Policoro, Tursi, Valsinni |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 75026 |
Prefisso | 0835 |
Fuso orario | UTC+1 |
Codice ISTAT | 077023 |
Cod. catastale | H591 |
Targa | MT |
Cl. sismica | zona 2 (sismicità media)[2] |
Cl. climatica | zona D, 1 925 GG[3] |
Nome abitanti | rotondellesi |
Patrono | sant'Antonio di Padova |
Giorno festivo | 13 giugno |
Soprannome | il balcone dello Jonio |
Cartografia | |
Posizione del comune di Rotondella nella provincia di Matera | |
Sito istituzionale | |
La città è nota come "il balcone dello Jonio", da cui è possibile ammirare il tratto costiero del golfo di Taranto, che va dalla Puglia alla Calabria.[5]
Sorge su un monte a 576 m s.l.m. nella zona sud-occidentale della provincia. Il territorio confina a nord con il comune di Tursi (26 km), ad est con il comune di Policoro (22 km), a sud con il comune di Nova Siri (7 km), mentre ad ovest con i territori di Valsinni (14 km) e Colobraro (22 km).
La stazione meteorologica più vicina è quella di Nova Siri. Secondo i dati medi del trentennio 1961-1990, la temperatura media del mese più freddo, gennaio, si attesta a +9,4 °C, mentre quella del mese più caldo, agosto, è di +26,7 °C[6].
Il territorio fu abitato sin dal Neolitico, in cui erano presenti villaggi sotto l'influenza delle antiche città di Siris ed Heraclea per la sua strategica posizione geografica. Rotondella viene citato nel 1261 col nome di Rotunda Maris, termine derivato, probabilmente, dalla sua particolare posizione di fronte al mar Jonio. L'attuale agglomerato urbano risale gli inizi del XVI secolo, sotto il dominio di Ferrante Sanseverino, che fece costruire il Palazzo Baronale e il castello, del quale oggi è rimasta solamente la cosiddetta "Torre del Carcere".
Sul finire del XVI secolo, subì l'invasione ottomana, che fece numerosi prigionieri di guerra. Nel XVII secolo vi fu un aumento demografico, dovuto all'arrivo di popolazioni limitrofe che sfuggivano alla malaria. Sotto il decennio napoleonico, nel 1806 entrò a far parte del Distretto di Lagonegro, divenendo capoluogo circondario di Rocca Imperiale, Favale, Colobraro e Tursi. In questo periodo, Rotondella subì la piaga del brigantaggio, divenendo oggetto di saccheggi, come nella notte del 30 agosto 1807, quando fu messa a ferro e fuoco dal brigante Nicola Abalsamo, detto "Pagnotta".
Tuttavia né l'eversione della feudalità attuata dai francesi e né la restaurazione borbonica sortirono effetti positivi sulle condizioni del comune e della Basilicata in generale, che non vedeva ancora una quotizzazione delle terre demaniali, oltre ad essere vessata dalla tassa sul macinato. Anche le aspettative che si ebbero con l'unità d'Italia andarono deluse, cosa che generò un forte malcontento popolare che diede vita al cosiddetto brigantaggio postunitario, del quale anche Rotondella fu vittima. In seguito, i cittadini seguirono la sorte dell'emigrazione. Escluso un breve periodo di aumento demografico tra gli anni cinquanta e sessanta, oggi Rotondella, come gran parte dei centri lucani, soffre ancora di un forte e, apparentemente, irreversibile spopolamento.
Lo stemma comunale e il gonfalone sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica dell'8 maggio 1996.
«D'azzurro, al monte all'italiana di tre colli, di verde, fondato sulla pianura d'argento, fluttuosa di azzurro, esso monte accompagnato nel canton destro del capo della cometa d'argento, con cinque raggi e con la coda ondeggiante in banda incorporante il sesto raggio. Ornamenti esteriori da Comune.»
Il gonfalone è un drappo di bianco.
Abitanti censiti[7]
Insieme a Nova Siri e Montalbano Jonico, a Rotondella è diffuso il mito della "Monachella", una versione femminile del più noto monachicchio. La leggenda popolare la descrive come una piccola donna dispettosa dai lunghi capelli che nasconde gli oggetti in casa, disturba gli ignari nel sonno e annoda le criniere dei cavalli. Si racconta che, se saputa prendere, porta fortuna alla casa, al lavoro e alla famiglia.[8]
La cucina locale rispecchia i canoni della tradizionale cucina lucana, basata perlopiù su carni ovine e suine, legumi, mollica di pane come condimento e vegetali come il peperone crusco. Un tipo di pasta molto utilizzato sono i frizzùli, un formato lavorato al ferretto, a cui vengono spesso aggiunti sugo di carne e mollica fritta di pane raffermo (fruzz'ul c'a muddica). Rotondella ha una lunga tradizione legata al calzone; tipico del luogo è u' pastizz rtunnar (comunemente noto come pastizz), farcito con carne di maiale, formaggio e uovo, le cui origini risalgono tra il XVIII e il XIX secolo, riconosciuto come prodotto Arca del Gusto Slow Food.[9] Altra variante è il falagone (o falahon in dialetto locale), con diversi ripieni come patate tagliate a fette con peperoni e cipolla; purè di patate con pezzetti di salsiccia o verdura di bietole e spinaci.[10] Entrambi sono iscritti nel registro dei prodotti agroalimentari tradizionali lucani.[11] Tipico è anche il Sospiro rotondellese, preparato con pan di spagna, crema pasticcera, glassa e decorato con una spirale di cioccolato.
A Rotondella è presente il centro ricerche Trisaia dell'ENEA, sede tra le altre cose dell'impianto ITREC (oggi di proprietà della SOGIN).
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