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monetazione di Venezia Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La monetazione veneziana è l'insieme delle monete coniate e utilizzate dalla Repubblica di Venezia dalla seconda metà del XII secolo[3] fino alla sua caduta avvenuta nel 1797. Con l'avvento del Regno d'Italia nel 1866 la zecca assolse funzioni di stabilimento di affinazione e fu definitivamente chiusa nel 1870[4][5].
Michele Steno (1400-1413): ducato | |
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S M VENET[1] MICAEL STEN. A sinistra San Marco stante che offre uno stendardo al Doge. | Cristo stante di fronte, in "mandorla" ellittica. Intorno SIT T XPE DAT Q T REGIS ISTE DVCAT[2] |
AV 21mm, 3,50 g |
Sebbene non si abbiano notizie certe sull'inizio della pratica di coniazione nel Ducato di Venezia, storici antichi come Andrea Dandolo o Marin Sanudo facevano risalire la concessione del privilegio di battere moneta ai re d'Italia Rodolfo (nel 921) e Berengario II (nel 950), anche se è probabile che tale diritto fosse già in precedenza stato concesso dagli imperatori bizantini[6] e già circolavano denari con i nomi di Venezia e degli imperatori carolingi Ludovico I (814-840) e Lotario I (840-855). Notizie si hanno poi, attorno al 1031 di monete coniate dal doge Ottone Orseolo, mentre nel 1193-1202 Enrico Dandolo imprimeva certamente per la prima volta a Venezia la moneta d'argento detta Matapan, dall'omonimo promontorio greco.
Grazie ai suoi commerci la repubblica di Venezia era uno dei più ricchi stati europei ed ebbe una ricca produzione monetaria che esercitò notevoli influenze nel bacino del Mediterraneo ed in Europa.
Il tipo più ricorrente era quello che recava al dritto l'immagine del doge che riceveva da San Marco lo stendardo.
Questo tipo era usato nel ducato d'argento ed in particolare in quello d'oro, che prese in seguito il nome di zecchino.
Nello zecchino al rovescio era raffigurato Cristo in un ovale, detto "mandorla", contenente nove stelle. I tipi dello zecchini rimasero assolutamente immutati dalla prima coniazione del 1284 all'ultima, lo zecchino di Ludovico Manin, cinque secoli dopo. Anche le emissioni battute dagli austriaci, a nome dell'imperatore Francesco II usarono gli stessi tipi.[5]
Le più importanti monete coniate dalla Serenissima sono:
La coniazione veniva effettuata a Venezia, nel Palazzo della Zecca, e tale attività veniva rigidamente sorvegliata dalla Quarantia, assemblea con funzioni di indirizzo economico-finanziario e di Tribunale Supremo.
Denaro | |
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+hlvdovvicvs imp, piccola croce potenziata | +ven/ecias• in due linee nel campo. |
819-822, Ag 1,61 g |
Grazie alla loro intraprendenza i primi mercanti della Repubblica di Venezia furono costretti a doversi interfacciare con tre sistemi monetari differenti. Da una parte l'Impero carolingio che adottava una monetazione basata su moneta d'argento e frazioni di essa, dall'altra l'Impero Bizantino che ancora si basava sul solido d'oro introdotto da Costantino il Grande e infine gli Arabi, con un proprio sistema fondato sul dinaro. La pace di Aquisgrana conclusa tra franchi e bizantini nell'812 confermava almeno formalmente l'appartenenza della città di Venezia ai domini bizantini, questo avrebbe dovuto inserire Venezia nel sistema monetario bizantino, il più diffuso nell'ambito dei commerci marittimi, ma ciò non avvenne.
I primi conî a riportare l'iscrizione venecias sono denari d'argento e recano anche il nome dell'imperatore d'Occidente Ludovico il Pio. La zecca locale, attiva tra l'819 e l'822, adottò quindi i modelli occidentali e produsse denari del valore di 1/12 di solido d'argento e 1/240 di lira, entrambe monete di conto. In questo modo il governo veneziano non intendeva emanciparsi dall'autorità bizantina, né tanto meno sottomettersi all'imperatore d'Occidente. Si trattò semplicemente di una scelta pratica per facilitare gli scambi con l'entroterra da cui Venezia traeva sostentamento.
Il sistema monetario carolingio unificò l'economia europea solo sulla carta poiché sia gli imperatori, sia i governi locali, trovavano vantaggioso svalutare arbitrariamente le monete coniate. Sin dai primi tempi anche i denari veneziani subirono una rapida svalutazione e per tutto il X secolo il loro valore corrispose ai tre quarti di quello della moneta franca per poi passare alla sua metà sul finire del secolo. Tra l'XI il XII secolo, quando circolavano le cosiddette monete "Enrico" (dal nome dell'imperatore impresso sul recto), il denaro veneziano perse ancora valore, passando da 250 a 220/1000 d'argento nel titolo e da 0,828 a 0,414 grammi nel peso.
Tra il 1125 e la metà del secolo pare che la zecca veneziana abbia interrotto la sua attività. Attorno al 1150 si cominciò ad abbandonare il denaro veneziano in favore della monetazione di Verona che si stava ormai imponendo in tutto il Veneto. Anche in questa città era in uso il consueto standard carolingio basato su lire, soldi e denari; questi ultimi erano piccole monete di forma concava in lega di rame e argento.
Nel medioevo acquisti, affitti e prestazioni lavorative venivano pagati non solo in moneta da conto ma soprattutto in natura. I proprietari terrieri ricevevano dagli affittuari sale e vino, ma anche galline, grano, carne di maiale, olio per l'illuminazione, incenso, legname, tela di lino. D'altra parte, gli affitti per case erano preferibilmente fissati in denaro. Per i pagamenti all'estero si usavano sovente lingotti d'oro e d'argento dal peso misurato in marchi. Sappiamo che nel XIII secolo le verghe venivano analizzate e certificate dai funzionari della zecca prima di essere immesse nel commercio internazionale. Per il resto, i mercanti veneziani utilizzavano il sistema monetario in uso nei territori in cui viaggiavano[7][8].
Alla metà del XII secolo Venezia aveva sostanzialmente smesso di battere moneta propria per fare largo uso di valute straniere anche se negli ultimi trent'anni del secolo le zecche ripresero l'attività e i veneziani cominciarono lentamente a costituire un proprio sistema monetario. La prima moneta prettamente veneziana fu l'albulus o blanco del doge Vitale II Michiel, pesava 0,517 grammi e conteneva solo il 70‰ di argento. Si trattava quindi di un mezzo denaro (o, meglio, di un terzo di denaro) ed era adatta a pagamenti di piccola entità. In ogni caso, imprimendo il nome del proprio governante e non quello dell'imperatore germanico, per la prima volta Venezia si autoproclamava indipendente anche dal punto di vista monetario.
Con ll'ascesa di Sebastiano Ziani si tornò a coniare denari, ma anche in questo caso recavano sul recto il nome del doge e sul verso quello di San Marco. Analogamente ai denari "Enrico", essi avevano un peso di 0,362 g e il 270‰ di argento. La cosiddetta libra denariorum venetiarium ebbe un grande successo non solo a Venezia, è attestato tra il 1172 e il 1184 che le lire veneziane e le lire veronesi erano ugualmente accettate nei mercati in cui operavano commercianti veneziani, ma in seguito assunsero valori differenti e dal 1194 non furono più interscambiabili. Dopo il 1172 nel mercato di Rialto non si hanno più notizie di denari veronesi. Questo repentino cambiamento fa pensare all'emissione di un decreto del governo del quale, tuttavia, non resta traccia. Con il successore Orio Mastropiero venne recuperato il mezzo denaro del Michiel: i commercianti veneziani ebbero quindi a disposizione due monete per i pagamenti[7][8].
Grosso | |
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+·h·dandol’ ·s·m·vєnєti in verticale dux tra il doge Enrico Dandolo e San Marco. | Cristo in trono tra l'acronimo ic xc. |
1192-1205, Ag 1,89 g |
La svolta decisiva si ebbe sotto il dogado di Enrico Dandolo, quando venne attuata in quattro tempi una drastica riforma monetaria. Dopo una leggera svalutazione sia del denaro che del mezzo denaro, fu introdotto il grosso, una moneta di grande valore, del peso di 2,2 grammi e del titolo di 965‰ di argento; essa equivaleva a 2 soldi, ovvero a 24 denari. Il grosso divenne un simbolo della potenza veneziana e fu imitata in seguito da molti altri comuni italiani.
Terzo stadio della riforma fu la fine dell'emissione del denaro dato che, in realtà, il grosso conteneva l'11% di argento in meno di una lira, quindi non corrispondeva esattamente a 240 denari. Solo sessant'anni dopo, con l'elezione del doge Lorenzo Tiepolo, si procedette al conio di nuove monete di questo tipo; nel frattempo i vecchi denari non vennero ritirati dalla circolazione e continuarono ad essere impiegati.
Ultima decisione fu il conio del quartarolo, una frazione del denaro. Secondo Martino da Canal questa moneta fu necessaria per pagare gli operai dell'Arsenale impiegati nella costruzione della flotta da destinare alla Quarta crociata.
All'inizio del XIII secolo Venezia poteva quindi contare su un efficiente sistema monetario. Continuavano a circolare i vecchi denari e altre monete italiane, mentre gli affitti erano ancora pagati in natura e in denaro[7][8].
Indice |
Giovanni II Corner: Ducato d'argento | |
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S.M.V. IOAN CORNELIO D. - doge in ginocchio davanti a san Marco. In esergo le iniziali del massaro | DVCATVS VENETVS - leone di san Marco. |
AR 22,49 g. Massaro AM (Alvise Minotto).
CNI VIII pg. 391, 61; Papadopoli 40; Scarfea 1268; Davenport 1533. |
Francesco Dandolo: Matapan (ca. 1328) | |
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Alvise I Mocenigo: Giustina da 40 soldi (1572) | |
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MEMOR ERO TVI*IVSTINA VIRGO, Santa Giustina di fronte, la spada infilata nel petto, che tiene palma e libro, *40* in esergo. | S•M•VENETVS ALOY•MOCE, San Marco Evangelista che consegna lo stendardo al Doge inginocchiato; *B*P* in esergo |
AR 8,28g; massaro Benetto Pisani. Battuta 1574 (o 1572 ?). |
Nicolò Tron (1472) Lira Tron | |
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Busto. Intorno TRONUS DVX NICOLAVS | Leone di San Marco. Intorno SANCTVS MARCVS |
AR 28mm, 6,43 g |
Repubblica di Venezia: Lira | |
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REPUBLICA VENETA* 22 MARZO 1848. Leone di San Marco; sul libro la scritta PAX/TIBI/MAR/CE// EVAN/CELI/STA/MEUS | UNIONE ITALIANA intorno ad una corona di alloro e quercia, 5/LIRE dentro. |
AR 5 Lire (37mm, 25.07 g, 5h). Zecca di Venezia. Datata 1848 V. |
Pietro Mocenigo (1474-1476): Marcello (1/2 lira) | |
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S.M.VENETI[1] MOCENIG Doge inginocchiato davanti a San Marco; P-M nel campo | GLORIA TIBI SOLI - Cristo in trono di fronte, IC - XC I[esou]C X[pisto]C ai lati. |
AR Marcello (1/2 Lira) (3,24 g). |
Pietro Lando (1539-1545): Lira Mocenigo | |
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S ·M·VENET[1] Doge inginocchiato davanti a San Marco, con stendardo. Intorno: ·PETRVS·LANDO· | ·TIBI·SOLI· ·GLORIA· - Cristo stante su piedistallo; le iniziali (V S) del magistrato monetario. |
AR 6,48 g |
Pietro Grimani: Osella (1715) | |
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(rosette) S • M • V (rosette) (rosette) P • GRIMA • D, San Marco, leone e doge inginocchiata davanti ad una scena dell'Annunciazione. | PETRI / GRIMANI / PRINCIPIS / MVNVS / A • XI • MDCCLI in cinque linee |
AR 9,82 g, 9h. Alvise Barbaro, massaro. Datata 1751. |
Andrea Gritti (1523-1538): Mezzo scudo | |
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Stemma di Venezia (Leone di San Marco in moeca) | Croce ornata |
AV 1,67 g |
Ludovico Manin: tallero per il Levante (1791) | |
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RESPUBLICA*VENETA*, figura femminile | LUDOVICO MANIN DUCE* *, leone di San Marco |
AR 40mm, 28.43 g |
Zecchino di Ludovico Manin, ultimo doge di Venezia | |
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