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drammaturgo, attore e regista teatrale italiano (1911-2001) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Alessandro Fersen, nato Aleksander Kazimierz Fajrajzen (Łódź, 5 dicembre 1911 – Roma, 3 ottobre 2001), è stato un drammaturgo, attore e regista teatrale italiano.
Fersen nacque a Łódź, nell'allora Polonia sotto dominazione russa, nel 1911 in una famiglia ebraica ashkenazita, ma crebbe in Italia, a Genova, dove vi si era stabilito coi genitori all'età di due anni. Allievo di Giuseppe Rensi, nel 1934 si laureò in filosofia all'Università degli Studi di Genova con una tesi pubblicata poi col titolo L'Universo come giuoco[1]. A causa delle leggi razziali del 1938 fu costretto a trasferirsi in Francia, a Parigi, dove frequentò il Collège de France[2], e, successivamente, nell'Europa orientale. Ritornato in Italia, partecipò alla Resistenza in Liguria nel 1943, militando nelle formazioni partigiane legate al Partito Socialista Italiano[3], prima di riparare in Svizzera, dove conobbe Emanuele Luzzati, Aldo Trionfo, Guido Lopez e Giorgio Colli, con i quali portò in scena Salomone e la regina di Saba a Losanna (1944), a Genova e Milano (1945).
Rientrato stabilmente in Italia alla fine della seconda guerra mondiale, dopo un periodo in cui si dedicò all'attività politica (segreteria del CLN per Genova e la Liguria) e al giornalismo (collaboratore de Il Lavoro e del Corriere del Popolo), nel 1947, con Emanuele Luzzati e Vittore Veneziani fondò la Compagnia del Teatro Ebraico[4] e portò in scena Lea Lebowitz[5], un testo che egli stesso aveva tratto da una leggenda chassidica. La ricerca sul teatro ebraico proseguì con Golem (1969)[6], ispirato al folklore yiddish, e con Leviathan (1974)[7], basato sulle tecniche del mnemodramma.
Nel 1950, con Walter Cantatore ed Emanuele Luzzati, aprì a Roma, in via Veneto, il cabaret teatrale I nottambuli[8], ma il ritiro della licenza degli alcolici portò l’iniziativa al fallimento.
Il 14 settembre 1954, presso il Teatro Alfieri di Torino, debuttò Crazy Show, rivista da camera scritta da Alessandro Fersen, Guido Stagnaro e Federico Caldura, con Federico Caldura scenografo, costumi di Emanuele Luzzati, musiche di Luciano Berio, coreografie di Marise Flash e Sandra Mondaini sul palcoscenico. Secondo Paola Bertolone Crazy Show «può a pieno titolo rientrare nella tipologia dell’Assurdo, sia per l’impianto ludico dello spettacolo, sia per la vocazione al rovesciamento del banale quotidiano, destinato a far emergere il vacuum»[9].
Dal 1952 al 1960 lavorò per il Teatro Stabile di Genova (inizialmente Piccolo Teatro della Città di Genova), dirigendo importanti attori come Enrico Maria Salerno, Tino Buazzelli e Valeria Valeri. Curò le regie di testi, tra gli altri, di Shakespeare, Pirandello, Molière, Anouilh, Lope de Vega.
Alla fine degli anni cinquanta si occupò, per la televisione, di commedia dell’arte con un ciclo di tre spettacoli da lui scritti e diretti: Le fatiche di Arlecchino (1957)[10], Pierrot alla conquista della luna (1957)[11], Sganarello e la figlia del re (1960)[12]. I relativi testi furono pubblicati postumi nel 2009.
Nel 1957 iniziò l'attività di insegnante di recitazione a Roma con la scuola per attori Studio di Arti sceniche, improntata sul metodo Stanislavskij (tra i suoi allievi anche la cantante Nada[13]). Nel 1958, durante la tournée sudamericana del Teatro Stabile di Genova, conobbe a Rio de Janeiro l’antropologo José de Carneiro, tramite il quale entrò in contatto con una comunità afrobrasiliana che praticava i riti candomblé; in conseguenza di questi incontri elaborò il concetto di mnemodramma.[14]
«Il mnemodramma è nato fra il 1960 e il '62, dopo due anni di sperimentazione della "tecnica psicoscenica dell'attore". Quest'ultima è una tecnica psicologica che si serve in modo rudimentale e periferico anche dello psicodramma, però a fini solo teatrali.
Nel 1962, il mnemodramma fu presentato alla Université du Théâtre des Nations di Parigi. L'elemento fondamentale, la base del mnemodramma è una ricerca interdisciplinare, che privilegia soprattutto l'antropologia. Antropologia come ricerca della forma primordiale di teatro, della ritualità. Nel rito ci si immedesima nel dio, si diventa altro da sé: si effettua un'operazione che è, già di per sé, teatrale.»
Nel frattempo, nel periodo 1962-1974, preparò spettacoli che furono presentati al Teatro Stabile di Roma, al Festival dei Due Mondi di Spoleto ed al Maggio Musicale Fiorentino, finché nelle stagioni 1975-1978 gli venne conferito l'incarico di direttore artistico del Teatro Stabile di Bolzano.
Fu attivo anche in campo lirico, in particolare Il Dibuk, musica di Lodovico Rocca su libretto di Renato Simoni, tratto dal dramma Tra due mondi: Il dibbuk di Semën An-skij, uno dei grandi classici della letteratura yiddish. Lo presentò in due versioni: nel 1962 (direttore Bruno Bartoletti, scenografia di Nicola Benois) e nel 1982 (direttore Bruno Martinotti, scenografia di Emanuele Luzzati).
Fu inoltre attivo come attore cinematografico e autore di saggi critici e teorici, volti a un teatro interdisciplinare, sulla rivista Sipario e nel libro Il teatro, dopo (Laterza, 1980).
Nel 2005, su iniziativa della figlia Ariela Fajrajzen, viene costituita la Fondazione Alessandro Fersen con lo scopo «di curare la divulgazione, lo studio e l’approfondimento delle opere, del pensiero e della ricerca di Alessandro Fersen, attraverso la pubblicazione di testi e l’organizzazione di eventi»[16]. La biblioteca personale di Fersen è stata riunita nel Fondo Fersen, riconosciuto come Archivio Storico dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, e donato dalla figlia Ariela al Museo Biblioteca dell’Attore di Genova[17].
Il 27-28 ottobre 2011, in occasione delle celebrazioni per il centenario della nascita di Alessandro Fersen, presso la Biblioteca Vallicelliana di Roma è stato organizzato il convegno Fersen. Itinerario ininterrotto di un protagonista del Novecento[18]. Gli atti del convegno sono stati pubblicati nel 2012. A latere del convegno veniva organizzata una mostra nella quale erano esposti documenti inediti attinti dal Fondo Fersen[19].
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