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dramma di Luigi Pirandello Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Così è (se vi pare) è un'opera teatrale di Luigi Pirandello, tratta dalla novella La signora Frola e il signor Ponza, suo genero. Fu rappresentata per la prima volta il 18 giugno 1917, per quanto l'autore ne avesse comunicato la conclusione al figlio Stefano due mesi prima. Pirandello ne presentò una nuova edizione arricchita nel 1925, adattandola alla rappresentazione teatrale e modificandola quasi completamente[1][2].
Così è (se vi pare) | |
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Opera teatrale in 3 atti | |
Luigi Pirandello nel 1932 | |
Autore | Luigi Pirandello |
Lingua originale | |
Genere | dramma |
Composto nel | 1917 |
Prima assoluta | 18 giugno 1917 Teatro Olimpia, Milano |
Personaggi | |
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All'interno del testo si fa più volte riferimento al terremoto della Marsica, realmente avvenuto nel 1915, durante il quale sarebbero morti tutti i parenti della signora Frola e il suo paese sarebbe stato raso al suolo[3].
L'opera è incentrata su un tema molto caro a Pirandello: l'inconoscibilità del reale, di cui ognuno può dare una propria interpretazione - che può non coincidere con quella degli altri. Si genera così un relativismo delle forme, delle convenzioni e dell'esteriorità, un'impossibilità di conoscere la verità assoluta che è ben rappresentata dal personaggio di Laudisi.
Che la verità assoluta esista o meno è cosa tantomeno irrilevante: è questo il messaggio finale di lettura dell'opera, dove Pirandello mette lo spettatore di fronte a una sorta di "barriera sul palcoscenico", costringendolo a interrogarsi sul significato stesso di ciò che ha appena visto e sull'assenza stessa di significato. Protagonista assoluto della scena è il dramma esistenziale della vita umana nella sua infinita complessità, e, in virtù del teorema, il fatto che la verità assoluta e imprescindibile non esiste. A seguito dell'acceso dibattito tra i personaggi di questo piccolo ambiente provincial-borghese, infatti, la verità è per ciascuno "come pare"[4].
La scenografia di Così è (se vi pare) è rappresentata con un grande buco, quasi come un occhio che campeggia sul fondo della scena; una sorta di riflettore puntato sul piccolo mondo di pettegoli nella ricerca assetata di un'unica verità che possa garantire un po' di sicurezza: dalla parte opposta del buco i protagonisti, il signor Ponza e la signora Frola, con le loro "verità", in opposta antitesi alla visione dei pettegoli e del pubblico stesso, separato a sua volta dalla barriera del palcoscenico[5].
La commedia è suddivisa in tre atti, articolati a loro volta in sei scene.
La vita di una tranquilla cittadina di provincia viene scossa dall'arrivo di un nuovo impiegato, il Signor Ponza, e della suocera, la Signora Frola, scampati ad un terribile terremoto nella Marsica. Si mormora, tuttavia, che assieme ai due sia giunta in città anche la moglie del Signor Ponza, anche se nessuno l'ha mai vista. I coniugi Ponza alloggiano all'ultimo piano di un caseggiato periferico, mentre la Signora Frola vive in un elegante appartamentino. Il trio viene così coinvolto nelle chiacchiere del paese, che vedono il signor Ponza come un "mostro" che impedisce alla suocera di vedere la figlia tenuta chiusa a chiave in casa. Il superiore del signor Ponza, il consigliere Agazzi, si reca perciò dal prefetto affinché metta in luce la verità e chiarisca la vicenda. Questa richiesta, comunicata alla moglie e ad altri conoscenti riuniti in casa del consigliere, provoca l'ilarità dello scettico cognato Laudisi, che difende i nuovi arrivati dalla curiosità del paesino affermando l'impossibilità di conoscere gli altri e, più in generale, la verità assoluta.
La signora Frola diventa quindi oggetto di un vero e proprio interrogatorio sulla vita della sua famiglia. Per sottrarsi dall'inchiesta che la colpisce direttamente, giustifica l'esagerata possessività del genero nei confronti della moglie. Anche il signor Ponza è sottoposto al medesimo interrogatorio, durante il quale dichiara la pazzia della suocera. A suo dire essa è impazzita a causa della morte della figlia Lina, sua prima moglie, e si è convinta che Giulia (sua seconda moglie) sia in realtà la figlia, ancora viva. Per questo lui e la moglie, per tener viva l'illusione della donna, hanno dovuto prendere quella serie di precauzioni che hanno insospettito gli abitanti del paese.
Sconcertati dalla rivelazione, i presenti sono tuttavia rassicurati dalle parole del signor Ponza. Successivamente, però, entra la signora Frola che, resasi conto di essere stata trattata come una pazza, rivolge la stessa accusa al genero: lui è pazzo, almeno nel considerare Giulia come seconda moglie. Afferma che, dopo la lunga assenza della moglie in una casa di cura (rivelatasi necessaria per sottrarla alle eccessive attenzioni del marito), egli non l'avesse più riconosciuta, e non l'avrebbe più accettata in casa se non si fossero svolte delle seconde nozze, come se si trattasse di una seconda donna. Tutti sono sbalorditi, non sapendo più cosa pensare, eccetto Laudisi che prorompe in una sonora risata.
La ricerca delle prove per determinare la verità è in realtà l'occasione per Laudisi di svelare il senso di quest'opera: egli polemizza con la fiducia affidata ai "dati di fatto" e rivendica uguale realtà al "fantasma" della costruzione soggettiva, affermando in questo modo l'insolubilità dell'enigma. Può essere di esempio il dialogo di quest'ultimo con la propria immagine riflessa nello specchio:
«Eh caro! chi è il pazzo di noi due? Eh lo so: io dico TU! e tu col dito indichi me. Va là che, a tu per tu, ci conosciamo bene noi due. Il guaio è che, come ti vedo io, gli altri non ti vedono... Tu per gli altri diventi un fantasma! Eppure, vedi questi pazzi? senza badare al fantasma che portano con sé, in se stessi, vanno correndo, pieni di curiosità, dietro il fantasma altrui! e credono che sia una cosa diversa.»
Nel tentativo di risolvere l'enigma il consigliere Agazzi organizza un incontro tra suocera e genero: ne derivano scene di concitata violenza, in cui il signor Ponza aggredisce la suocera urlandole in faccia la verità. Dopo si scuserà per questo suo atteggiamento, dicendo che era necessario fare la parte del pazzo per mantenere viva l'illusione della signora Frola.
Nell'ultimo atto, dopo una vana ricerca di prove certe tra i superstiti del terremoto, viene condotta a casa di Agazzi la moglie del signor Ponza, l'unica in grado di risolvere la questione mettendo a conoscenza di tutti la verità. Quest'ultima, con il viso coperto da un velo nero, afferma di essere al contempo sia la figlia della signora Frola che la seconda moglie del signor Ponza, mentre di sé afferma di non essere nessuna: "io sono colei che mi si crede". Interviene così Laudisi, dopo una risata, che dice, con uno sguardo di sfida derisoria: "Ed ecco, o signori, come parla la verità! Siete contenti?"[6]
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