gruppo di individui connessi tra loro da diversi legami sociali Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
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Citazioni sul social network.
Chi interviene in un blog, è osservatore e osservato. I suoi gusti sono monitorati sempre. La tua personalità viene trasferita interamente in Rete, fino al caso micidiale di Facebook. A quel punto non avrai più difese: c'è un'area del pudore che Internet violenta costantemente. Baudelaire diceva che l'artista è sempre quello che mantiene viva la sua vulnerabilità, la sua sensibilità. Quello che non viene ottuso dall'alienazione. Se non ti proteggi, ti offri alla violenza. Il web diventa uno spazio molto impudico. (Daniele Luttazzi)
Con i social abbiamo l'illusione che le nostre vite siano interessanti per gli altri. Siamo tutti diventati registi di questa splendida sceneggiatura che è la nostra vita e ci adoperiamo per renderla intrigante agli occhi del pubblico. Questo crea un meccanismo frustrante: quando scorri la bacheca di Instagram, pensi: "Ammazza oh, sono l'unica sfigata che le va tutto male?". Sembra infatti che il resto dell'umanità viva appassionanti relazioni d'amore, vacanze da sogno, per non parlare dei successi lavorativi... Tutti, tranne te. (Emanuela Fanelli)
Essere stato taggato sui social con Roberto[Saviano] mi ha fatto capire cosa significhi ricevere insulti tutti i giorni, avere un corpo mediatico trafitto come quello di San Sebastiano: le frecce arrivano da tutte le parti. Non ci si può più limitare a prendere posizione solo una volta. E questo significa sporcarsi. Perché, se combatti nel fango, che tu vinca o perda alla fine qualche schizzo lo becchi comunque. (Sandro Veronesi)
[«Per te personalmente qual è la sfida più grande?»] Forse la ricerca di un'identità in una società in cui c'è praticamente l'obbligo di condividere pezzi di sé online. È complicato vivere nell'epoca dei social, ma al tempo stesso per le persone della mia età è normale, inevitabile, e se fai un lavoro artistico non utilizzarli può diventare controproducente. [...] Diciamo che cerco di essere il più possibile me stessa, il problema è che le nostre vite sono filtrate così tanto da queste piattaforme che a volte ti ritrovi a pensare di fare delle cose per condividerle più che per viverle, e questo mi turba. (Ditonellapiaga)
I social divulgano solo un sentimento: l'indignazione. [...] È l'impulso che meno mi appartiene e più mi interessa, inafferrabile come è. Ogni giorno, ci sono centinaia di cose al mondo per cui varrebbe la pena incazzarsi e nessuno è ancora riuscito a capire perché i social scelgano, sistematicamente, la cosa più cretina. E, quando la scelta cade su una cosa giusta, la mobilitazione collettiva fa leva sulle ragioni sbagliate. È una legge dei social. Uno spettacolo strepitoso, che fa spavento. [«Perché?»] Perché l'indignazione social segue la dinamica della folla manzoniana, è capace di tutto, per i più futili motivi. Addita una persona per una leggerezza, una sbavatura, una smorfia, oppure un malinteso. E non c'è niente con cui, chi è messo alla gogna, può difendersi. Osservare questo movimento è come spiare, periodicamente, l'inferno. (Nadia Terranova)
I social lasciano il tempo che trovano. Io faccio sempre una battuta: Gesù aveva solo dodici follower e uno ha abbandonato il gruppo. Guardate un po' che ha fatto! (Pino Insegno)
I social network, ad esempio, fanno sì che tu resti a casa nella tua stanzetta a comunicare apparentemente con tutti gli altri, ma in realtà internet non è un qualcosa di esterno da te. Quando spegni internet spegni anche te stesso, o quantomeno una parte di te stesso. Magari una proiezione ideale di te stesso. Tutto questo comporta una forte dipendenza fisica, psicologica e la creazione di una realtà parallela. (Daniele Luttazzi)
I social sono il linguaggio della mia generazione, ci siamo nati e lì abbiamo vissuto gran parte della nostra vita. C'è un lato di questo che mi fa malinconia: per troppe persone, l'accettazione di sé e del proprio corpo, passa da quello che si mostra sullo schermo di un telefono. (Benedetta Porcaroli)
I social sono un grande mezzo, una grande cassa di risonanza per chi ha tanti seguaci. Nel mio caso mi sento un peso, una responsabilità. Ma dico sempre che molto dipende dal senso civico, da come si utilizzano i social. Sono un potere incredibile, in mano hai veramente uno strumento di comunicazione che se utilizzato nel modo giusto può portare solo dei benefici e può essere di aiuto. [...] È un mezzo utilissimo ma va utilizzato con senso della misura. Non per mercificare o per lanciare messaggi sbagliati, soprattutto perché i social sono rivolti e utilizzati principalmente a un pubblico sempre più giovane. (Ludovica Martino)
I social sono una maschera, un luogo dove ti mostri non esattamente per quello che sei. (Mr. Rain)
La popolarità e la capillarità dei social network è pervasiva. Le conseguenze sono devastanti. [...] questi strumenti hanno dato la possibilità a chiunque, cattivi maestri in primis, di inquinare con informazioni distorte e negative il nostro spazio, i nostri luoghi di vita e la convivialità. I risultati pessimi sono sotto gli occhi di tutti. (Percival Everett)
Non ho mai capito questi social network | per me servono solo a fare i porci a letto. | Ogni volta che nasce una nuova piattaforma | mi fa l'effetto | di un libro che ho già letto | e poi non ho tutti 'sti amici ma molti meno, | mi danno affetto ma poi m'affettano come Goemon. (Caparezza)
Oggi i mezzi di comunicazione sono tanti, ma non riesco proprio a farmeli piacere. Ho un rapporto diretto con i tifosi e non amo il protagonismo a cui ti spingono i social. Capisco di essere fuori dal mondo, che i social possono essere utili, ma spesso li si usa in maniera sbagliata. Preferisco i rapporti occhi negli occhi. (Eleonora Lo Bianco)
[«Si orienta nel mondo social?»] Ogni tanto mi diverto. Mi dicono che dovrei postare con più continuità, ma io me ne fotto: se non ho niente da dire non posto. Mi viene difficile fare una foto del culo solo per far vedere che ci sono. La mia vita è fuori da lì. (Victoria Cabello)
[«I social aiutano?»] Permettono di capire, ma illudono: quello che si vede non è reale e non è un mondo per chiunque. Le ragazze non devono pensare che sia tutto una favola. (Silvia Dellai)
Rifuggo dai social. Il cosiddetto privato per me significa ancora privato, mi fa strano che ogni battito di ciglio venga comunicato a tutti. Non riesco a capirlo. (Fabrizio Bentivoglio)
Scegli Facebook, Twitter, Snapchat, Instagram e mille altri modi per vomitare la tua bile contro persone mai incontrate. Scegli di aggiornare il tuo profilo, dì al mondo cos'hai mangiato a colazione, spera che a qualcuno da qualche parte freghi qualcosa. (T2 Trainspotting)
Serve un approccio ecologico anche ai social. Perché evidentemente c'è chi non sa starci senza sfociare nella diffamazione e nell'incitazione alla violenza. Giornalisti (o sedicenti) inclusi. (Marianna Aprile)
Il guaio non è che i nuovi strumenti ci abbiano resi arroganti, o vanitosi, o scemi. È che ci hanno liberati dalla vergogna di esserlo.
Mi sono rotta i coglioni della vita che imita i social e induce gli sconosciuti che t'incontrano in luoghi dove prima l'avrebbero dato del lei – i bar, i negozi, gli ospedali – a darti del tu come se fossi un nomignolo social, a darti del tu come prima avrebbero fatto solo con Maria De Filippi o con Lino Banfi e come oggi farebbero con Paperina76.
Mi sono rotta i coglioni d'uno strumento che ha avuto il merito di rendere superflui gli uffici stampa ma il demerito di far sentire a ogni calciatore, cantante, valletta il dovere di dirci senza filtri la sua sull'emergenza climatica e sull'evacuazione di Kabul, sui diritti civili e sul razzismo, sul costo del lavoro e su quello di lettini e ombrelloni.
Nei momenti di malumore, sempre più frequenti, ho l'impressione che i social siano diventati quei matrimoni in cui giuri che lo lascerai dopo Natale, dopo l'estate, dopo che i bambini avranno finito questo ciclo scolastico, poi non lo lasci mai e l'amante pensa che tu abbia sempre mentito e in realtà quel marito lo ami, e tu non sai come spiegare che è invece inerzia, pigrizia, tirchieria (con quel che costano i divorzisti), ma che non menti quando dici che ti sei rotta i coglioni, quando lo diciamo tutti, quando poi restiamo tutti lì, in una specie di sindrome di Stoccolma collettiva.
[«Da chi diceva: "In Tv guardo solo classici e documentari" a chi dice: "I social? Ce li ho ma li uso solo per lavoro", cosa è cambiato?»] Niente: mentono entrambi. Ci sono, da sempre, forme d'intrattenimento di cui ci vergogniamo: ai tempi di Gramsci erano i romanzi di Carolina Invernizio, ai nostri tempi sono le storie Instagram di Elisabetta Franchi.
Ormai hanno vinto loro, quelli delle polemiche dei social, e non c'è modo di sottrarsi. Perché oggi o ti scusi, ti spieghi, e fai tutte quelle cose che la Casa Reale inglese ordinava di non fare, ovvero mai scusarsi mai spiegarsi ("Never complain, never explain, never say I'm sorry"), oppure sei un mostro che non tiene conto dello spirito del tempo, del sentimento popolare.
Se stai sui social oggi non puoi non rispondere. Decidere di fregarsene è una scelta possibile ma non per chi fa un mestiere che dipende dal consenso popolare, come l'attrice, il politico, o il marito dell'influencer.
[«[...] abbiamo tutti qualcosa da vendere nell'economia del sé?»] Sì e chi non ce l'ha è pericolosissimo: chi non è sui social per piazzare il suo libro, il suo salone di manicure, il suo studio dentistico, sarà sui social per mettere in vetrina i suoi lutti, le sue opinioni sull'universo, le sue malattie, i suoi amori.
Una delle mie cose preferite dei social – luoghi dove alla plebe viene data la possibilità di leggere gratis gente che altrimenti dovrebbe pagare per leggere: il minimo che ci si aspetti in cambio è educato silenzio – è la sincera indignazione del cretino allorché bloccato.