filosofo, geografo, zoologo e anarchico russo Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
Pëtr Alekseevič Kropotkin (1842 – 1921), militante e teorico dell'anarchia, uno dei primi sostenitori dell'anarco-comunismo russo.
Al posto della frase codarda, 'Obbedire alla legge', il nostro grido è 'Rivolta contro tutte le leggi!'[1]
L'operaio, le cui mansioni sono diventate univoche e ripetitive a causa della divisione permanente del lavoro, ha perduto ogni interesse intellettuale nel proprio lavoro, e ciò è avvenuto soprattutto nelle grandi industrie. Di conseguenza ha perso le sue capacità creative.[2]
Lo sviluppo economico mondiale [...] oggi tende sempre più a spingere ogni nazione, o meglio ogni regione geografica, a produrre internamente quanto serve a soddisfare i suoi principali fabbisogni alimentari. Non tende a ridurre, sia chiaro, gli scambi internazionali (questi possono ancora aumentare di volume), ma a limitarli soltanto a ciò che va veramente scambiato, e nello stesso tempo ad accrescere immensamente lo scambio di novità, di prodotti dell'arte locale o nazionale, di nuove scoperte o invenzioni, di conoscenze e di idee.[2]
L'umanità ha assai progredito da quelle remote età in cui l'uomo, tagliando nella selce rozzi strumenti, viveva degl'incerti prodotti della caccia e non lasciava in eredità a' suoi figliuoli che un ricovero sotto le roccie e dei poveri utensili di pietra, nonché la Natura immensa, incompresa, terribile, colla quale essi dovevano entrare in lotta per mantenere la loro meschina esistenza.
[Pietro Kropotkine, La conquista del pane, traduzione di Giuseppe Ciancabilla, Libreria internazionale d'avanguardia, Bologna, 1948.]
Citazioni
[...] produrre la maggior quantità di beni necessari per il benessere di tutti con il minor spreco possibile di energia umana. (1948)
Quante ore al giorno deve lavorare l'individuo per produrre una quantità sufficiente di nutrimento, una casa confortevole, e indumenti necessari per la sua famiglia? [...] Alla fine del secolo scorso [1700], Benjamin Franklin fissò quel limite a cinque ore al giorno; e se il bisogno di comodità è adesso più grande, la capacità produttiva è anch'essa aumentata, e di gran lunga più rapidamente. (1948)
Il lavoro potrebbe essere ridotto a quattro o persino tre ore al giorno, pur producendo tutti i beni che sono ora prodotti. (1948)
[...] coloro che svolgono attività intellettuali disprezzano il lavoro manuale, che viene davvero svolto in condizioni penose; ma una comunità che offre in abbondanza a tutti i suoi membri una educazione filosofica e scientifica, saprebbe come organizzare il lavoro manuale in maniera tale che sarebbe il vanto dell'umanità. (1948)
Si sono dette belle cose sulla necessità di spartire quello che si possiede con coloro che non hanno niente. Ma chiunque pensi di mettere questo principio in pratica è subito avvertito che tutti questi grandi sentimenti sono buoni nei libri di poesia – non nella vita. "Mentire è avvilire, abbassare", e tutta l'esistenza civilizzata diviene una immensa menzogna. E ci abituiamo, abituiamo i nostri figli, a vivere con una moralità a due facce, da ipocriti! (2014)
"Si ha bisogno dei nostri servizi, ci sono là degli esseri umani – tanto basta, il loro diritto è stabilito – Salviamoli!". Ecco la tendenza, essenzialmente comunista, che si fa largo dappertutto, sotto tutti gli aspetti possibili, in seno alle nostre società che predicano l'individualismo.
[...] ebbene, alla base di questo ragionamento c'è un grosso errore. Quello per cui non ci si è mai chiesti da dove vengono le fortune dei ricchi. Un po' di riflessione è sufficiente a mostrare che l'origine di queste fortune è la miseria dei poveri. Là dove non ci saranno più miserabili non ci saranno più ricchi per sfruttarli. (2014)
Lavorando per abolire la divisione fra padroni e schiavi noi lavoriamo per la felicità degli uni e degli altri, per la felicità dell'umanità. (2014)
La Rivoluzione è più che la demolizione di un regime. È il risveglio dell'intelligenza umana, lo spirito inventivo decuplicato, centuplicato; è l'alba di una nuova scienza – la scienza di Laplace, di Lamarck, di Lavoisier. – È una rivoluzione negli animi, più ancora che nelle istituzioni. (2014)
Due grandi correnti prepararono e fecero la Rivoluzione [francese]. Una, la corrente d'idee – cioè il complesso delle nuove idee sulla riorganizzazione politica degli Stati – veniva dalla borghesia. L'altra, quella dell'azione, veniva dalle masse popolari – dai contadini e dai proletari delle città che volevano ottenere degli immediati e tangibili miglioramenti delle loro condizioni economiche. E allorquando queste due correnti s'incontrarono, dirette a uno scopo comune, sul principio comune, e s'aiutarono per qualche tempo reciprocamente, la Rivoluzione scoppiò.
Citazioni
I Girondini non sono soltanto i duecento membri raggruppati intorno a Vergniaud, Brissot e Roland. È un'immensa parte della Francia: quasi tutta la borghesia agiata; tutti i costituzionali, resi repubblicani dalla forza degli avvenimenti; ma che temono la Repubblica, perché hanno paura della dominazione delle masse. E dietro questi, pronti a sostenerli, in attesa del momento di schiacciarli a profitto della monarchia, si trovano tutti coloro che tremano per le loro ricchezze e per i loro privilegi, tutti quelli che la Rivoluzione ha colpiti e che invocano l'antico regime. (vol. II, cap. XXXIX, p. 76)
Ciò che importava ai Girondini era d'impedire lo scatenarsi del popolo, di costituire un governo forte e far rispettare la proprietà. Non avendo capito questo carattere fondamentale del «girondismo», gli storici hanno cercato tante altre circostanze secondarie per spiegare la lotta che s'impegnò tra la Montagna e la Gironda. (vol. II, cap. XXXIX, p. 77)
Nel momento in cui si riuniva la Convenzione, nessuno si rendeva ben conto dell'abisso che separava i Girondini dai Montagnardi. Non si scorgeva che un disaccordo personale tra Brissot e Robespierre. La signora Jullien, per esempio, una vera Montagnarda di sentimento, fa appello nelle sue lettere, ai due rivali per far cessare le lotte fratricide. Ma era già una lotta tra due principii opposti: il partito dell'ordine e quello della Rivoluzione. (vol. II, cap. XXXIX, p. 80)
La storia del pensiero umano ricorda le oscillazioni del pendolo, e queste oscillazioni durano già da secoli. Dopo un lungo periodo di sonno avviene un istante di risveglio. Allora il pensiero si libera dalle catene, con cui tutti gli interessati – governanti, magistrati, clero – l'avevano accuratamente avvinto, e le spezza.
Citazioni
Lo spirito del fanciullo è debole: è facile sottometterlo col terrore. Ed è quello che fanno. Lo rendono timido.
Autorità e servilismo vanno sempre di pari passo.
Ma la Bibbia non è che una collezione di tradizioni babiloniche e giudaiche.
Non chinarsi davanti a NESSUNA autorità, per quanto rispettata; non accettare nessun principio, finché non sia stabilito dalla ragione.
Ricercare il piacere, evitare la pena è il fatto generale (altri direbbe la legge) del mondo organico. È l'essenza stessa della vita.
Un giorno torneremo su questo argomento, e potremo allora dimostrare con abbondanza di prove in che modo, nel mondo animale e umano, la legge del mutuo appoggio sia la legge del progresso, e come la solidarietà, insieme al coraggio e all'iniziativa individuale che ne derivano, assicuri la vittoria della specie che sa meglio metterla in pratica.
Noi non vogliamo essere governati ma, per lo stesso motivo, non dichiariamo anche di non voler governare nessuno? Non vogliamo essere ingannati e vogliamo che ci si dica sempre la verità, ma proprio per questo, non dichiariamo di non voler ingannare nessuno e di impegnarci a dire sempre la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità? Non vogliamo che ci venga rubato il frutto delle nostre fatiche, ma appunto per questo, non dichiariamo di rispettare i frutti del lavoro altrui? Con che diritto, infatti, potremmo chiedere di essere trattati in un certo modo, qualora ci riservassimo di trattare gli altri diversamente?
Colui che viene governato, ingannato, sfruttato, prostituito, ferisce in primo luogo il nostro sentimento di uguaglianza. Ed è in nome di esso che non vogliamo più né prostitute, né sfruttati, né ingannati, né governati. Ci si obietterà "Ma se la pensate così, con quale diritto farete uso della forza, qualunque sia la circostanza? Con che diritto punterete i cannoni contro i barbari o contro i civili che invadono il vostro paese? Con che diritto caccerete lo sfruttatore? Con che diritto ucciderete non tanto un tiranno, quanto una semplice vipera?" Con quale diritto? Ma cosa intendete con questa parola barocca, presa a prestito dalla legge? Mi state chiedendo se mi sentirei nel giusto avendo agito in tale modo? Se coloro che io stimo giudicheranno bene quel che ho fatto? Questo volete sapere? In tal caso la risposta è semplice. Sì, certamente! Perché noi chiediamo di essere uccisi, come bestie velenose, qualora ci rendessimo colpevoli di un'invasione nel Tonchino o presso gli Zulù che non ci hanno fatto nulla di male. Noi diciamo ai nostri figli, ai mostri amici: "Uccidimi se mi metto dalla parte degli invasori!". Sì, certamente! Perché noi chiediamo di essere cacciati, se un giorno, rinnegando i nostri princìpi, ci impadronissimo di un'eredità – foss'anche caduta dal cielo*usandola per sfruttare gli altri. Sì, certamente! Perché ogni uomo di cuore chiederebbe di essere ucciso se mai diventasse vipera, e che gli venisse conficcato un pugnale nel cuore nel caso prendesse il posto di un tiranno detronizzato.
Tutto quello che possiamo fare è dare un consiglio, aggiungendo: "Questo consiglio avrà valore soltanto se tu riconoscerai da solo, con l'esperienza e con l'osservazione, che è buono da seguire".
L'idea del bene e del male non ha quindi nulla da spartire con la religione o con la coscienza misteriosa; è un bisogno naturale delle razze animali.
Noi rinunciamo a mutilare l'individuo in nome di non importa quale ideale: tutto ciò che ci riserviamo è di esprimere francamente le nostre simpatie e antipatie per quanto giudichiamo buono o cattivo.
[...] ha detto Guyau – è il sentimento della loro propria forza. È la vita che trabocca, che cerca di espandersi. "Sentire interiormente ciò che si è capaci di fare di più grande significa essere consapevoli di ciò che si ha il dovere di fare." Il sentimento morale del dovere, che ogni uomo ha provato almeno una volta nella vita spiegandolo in termini mistici, non è altro che "la sovrabbondanza di vita che chiede di esercitarsi, di donarsi; [...] è il sentimento di una potenza. ogni forza che si accumula crea una pressione sugli ostacoli che ha collocati davanti a sé. Poter agire è uguale a dover agire". E tutta questa obbligazione morale, al cui proposito si è tanto parlato e scritto, spoglia di ogni misticismo, si riduce al seguente concetto: "La vita non può mantenersi che a condizione di espandersi. [...] Non possiamo impedire alla piante di fiorire anche se certe volte fiorire, per lei, vuol dire morire: non importa: la linfa vitale sale sempre". La stessa cosa accade nell'essere umano quando è esuberante in forza e in energia. La forza si accumula in lui ed espande la sua vita donando senza calcolare, perché altrimenti non vivrebbe.
Pensare, senza comunicare ad altri il proprio pensiero, non procura nessuna attrattiva. Solo l'uomo povero di idee, dopo averne scovata una con grande fatica, la nasconde prudentemente per incollarle più tardi l'etichetta col proprio nome. L'uomo ricco di intelligenza trabocca di pensieri, e li semina a piene mani. Anzi, soffre se non può seminarli: proprio in questo consiste la sua vita. Così pure succede per il sentimento. "Noi non siamo abbastanza per noi stessi: possediamo più lacrime di quante ne occorrano per le nostre sofferenze, più gioie di quante la nostra stessa esistenza non ne giustifichi" ha detto Guyau riassumendo così tutta la questione morale in poche righe.
Perché la vita sia realmente feconda, deve esserlo contemporaneamente nell'intelligenza, nel sentimento e nella volontà. Per un istante di questa vita, l'unica degna di questo nome, molti darebbero interi anni di esistenza vegetativa. senza di essa, si è vecchi prima del tempo, si è impotenti, si è come le piante che si disseccano senza essere mai fiorite.
Lasciamo al marciume di questa fine secolo una vita che non è tale.
Dichiarandoci anarchici proclamiamo innanzitutto di rinunciare a trattare gli altri come non vorremmo essere trattati noi da loro; di non tollerare più la disuguaglianza che permetterebbe ad alcuni di esercitare la propria forza, astuzia o abilità in maniera odiosa. Ma l'uguaglianza in tutto – sinonimo di equità – è la stessa anarchia.
Per quel che riguarda la vita di tutti i giorni, diamo libero corso ai nostri sentimenti di simpatia o di antipatia a ogni momento.
L'uomo ricco di intelligenza trabocca di pensieri, e li semina a piene mani. Anzi, soffre quando non può seminarli: proprio in questo consiste la sua vita.
Sii forte; sii grande in tutte le tue azioni; sviluppa la tua vita in tutte le direzioni; sii, il più possibile, ricco di energia e per questo sii l'essere più sociale e socievole se vuoi vivere un'esistenza piena, feconda. Sotto la guida costante di un'intelligenza sviluppata, lotta, rischia – anche il rischio comporta immensi godimenti –, spendi le tue forze senza soppesarle, finché ne hai, in tutto quello che giudicherai essere bello e grande, e godrai della massima somma di felicità. Sii uno con le masse e, qualunque cosa ti accada nella vita, sentirai battere con te proprio i cuori che tu stimi, e battere contro di te quelli che disprezzi!
Ricorda che ingannare, mentire, giocare d'astuzia, significa avvilirti, rimpicciolirti, riconoscerti debole prima del tempo, ed essere come lo schiavo che si riconosce inferiore al suo padrone. Fallo, se ti fa piacere, ma sappi che l'umanità ti considererà meschino, debole, e come tale ti tratterà. Non vedendo la tua forza, ti tratterà come un essere che merita compassione. Sii forte, invece.
E non appena avrai scorto un'ingiustizia e l'avrai compresa – un'ingiustizia nella vita, una menzogna nella scienza, o una sofferenza imposta da altri – ribellati contro di essa! Lotta! Rendi la vita sempre più intensa! E così tu avrai vissuto, e poche ore di questa vita valgono molto di più di anni interi passati a vegetare. Lotta per permettere a tutti di vivere questa vita ricca ed esuberante, e sicuramente sentirai una gioia così grande da non trovarne di simili in nessun'altra attività. Questo è quanto può dirti la scienza della morale. A te decidere.
↑ Citato in AA.VV., Il libro della politica, traduzione di Sonia Sferzi, Gribaudo, 2018, p. 206. ISBN 9788858019429
Pëtr Kropotkin, Campi, fabbriche, officine, a cura di Colin Ward, traduzione di Franco Marano, Elèuthera, 2015.
Pietro Kropotkine, La conquista del pane, traduzione di Giuseppe Ciancabilla, Libreria internazionale d'avanguardia, Bologna, 1948.
Pëtr Kropotkin, La conquista del pane, traduzione di Graziella e Claudio Neri completamente rivista, la prefazione di Kropotkin e l'introduzione di Avrich sono state tradotte da Andrea Chersi, Biblioteca di Anarchismo, n. 6, aprile 2014.
Pietro Kropotkine, La grande rivoluzione 1789-1793, prima edizione italiana, vol. I e II, Edizione del Gruppo del risveglio, Ginevra, 1911.