giornalista, scrittore, saggista, poeta, conduttore televisivo e conduttore radiofonico italiano (1949-2017) Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
[Dopo la sentenza in primo grado nel processo penale dello Scandalo del calcio italiano del 2006 a Napoli, nel 2011] Le sentenze in linea di massima (cfr. il casino su Amanda Knox…) si rispettano, e se ne attendono le motivazioni: questo penso e questo farei se non vedessi un rischio preciso nella pesantissima, delicata e sorprendente sentenza di condanna del Tribunale di Napoli per Moggi e compagni. Non vorrei cioè che essa fosse un macigno a chiudere, invece che un argomento di riflessione. [...] Machete adoperato a Napoli. Benissimo: la forza di gravità nei due sensi porta in basso e questo è il segnale che arriva dalla sentenza. Da un lato però mi basterebbe poter pensare che tutta questa vicenda fosse rimasta all'interno del recinto giudiziario, della verità processuale intendo, senza altre valutazioni politiche, o di opportunità ambientale, o di messaggio pubblico ecc. Con una sentenza opposta sarebbe crollato il potere istituzionale, non dimentichiamocelo (Figc, Alta corte del Coni ecc.). Dall'altro che se non sono state prese in considerazione altre prove finora, venga fatto nei successivi gradi di giudizio. Più verità, non un target prescelto. Senza cioè lasciare l'impressione che Moggi, bollato come l'Al Capone del calcio, sia servito perfettamente da tappo a una bottiglia di pessimo liquore per l'ubriacatura pubblica, finendo in un trappolone: sarebbe un rischio ancora peggiore.[1]
[Dopo la sentenza in primo grado nel processo penale dello Scandalo del calcio italiano del 2006 a Napoli e il suo nesso con il processo Telecom attraverso le intercettazioni illegali] È abbastanza per tenere desta la vostra curiosità e le associazioni di idee, per voler capire e sapere "senza tifo" che cosa è accaduto all'Italia del calcio e non in questi anni? Oppure hanno tutti tanta paura di Moggi ancora adesso da voler rimuovere il caso, dentro e fuori dalle Aule di giustizia?[2]
[Sulla sentenza in primo grado e la polarizzazione dello Scandalo del calcio italiano del 2006 a Napoli, nel 2011] [...] L'Inter e i suoi tifosi vivono questa sentenza come una vittoria: ladroni gli juventini di quel ciclo trionfale, sconfitti ma onesti e rivalutati dalle sentenze gli interisti, rimuovendo la montagna di telefonate colpevolizzanti uscite fuori negli ultimi tre anni per cui mesi fa lo stesso Procuratore Federale Palazzi, il Torquemada del 2006, aveva prescritto l'Inter dicendone però il peggio. Curioso: Palazzi va bene o male a sentenze alterne, il tifo è fatto così. Fossero stati assolti a Napoli Moggi e co. [...], sarebbe stata festeggiata come una vittoria della Juve contro l'Inter. E questo tifo si è riverberato su giornali e su giornalisti. Dio solo sa, e chi mi segue su Il Fatto quotidiano può verificarlo, la fatica e l'avversione che mi è costata una battaglia per la verità sull'argomento, dopo trent'anni passati anche a focalizzare il marcio del pallone mentre altri erano occupati magari a prendere soldi o regali oppure anagraficamente le merendine. C'è gente che rilutta o recalcitra a prendere atto non della santità di Moggi, per carità di Dio, ma del reale stato degradato del calcio italiano: è più facile sparare su Lucky o Licio Moggi –come lo chiamavo al tempo del suo potere, articoli e libri alla mano– che chiamare in causa le istituzioni sportive.[3]
[Sul legame tra lo Scandalo del calcio italiano del 2006 e quello del 2011] Senza indulgere su un fatto emerso come notorio durante il processo, cioè che il Presidente del Collegio, Teresa Casoria, riteneva tale processo penalmente una buffonata e invece i due giudici a latere, con le quali era in conflitto, pensavano il contrario, con l'esito di risultare maggioranza nella determinazione della sentenza, le motivazioni in 558 pagine si riassumono così. 1) Campionati non alterati (quindi scudetti tolti ingiustamente alla Juve...), partite non truccate, arbitri non corrotti, indagini condotte non correttamente dagli investigatori della Procura (intercettazioni dei carabinieri risultate addirittura manipolate nel confronto in Aula). 2) Le Sim, le schede telefoniche estere che Moggi ha distribuito a qualche arbitro e ai designatori, sarebbero la prova del tentativo di alterare e di condizionare il sistema, pur senza la dimostrazione effettiva del risultato truccato. 3) L'atteggiamento di Moggi, da vero boss "telefonico", è invasivo anche quando cerca di condizionare Federcalcio e Nazionale, vedi telefonate con Carraro e Lippi. 4) Che queste telefonate e questa promiscuità "mafiosa" o "submafiosa" o tesa a "fare associazione per delinquere" risultassero costume comune nell'ambiente come risulta evidente, non assolve Moggi e C.: e dunque ecco la condanna. [...] Infine il punto 1), la cosiddetta parte positiva delle motivazioni, cioè nei fatti tutto regolare. E allora lo scandalo di "Scommettopoli" [lo scandalo del calcio italiano del 2011, ndr.] in cui sta uscendo che nel suo complesso il campionato 2010-2011 a colpi di trucchi è da considerarsi davvero e decisamente irregolare? Lo dice per ora il Procuratore Capo di Cremona, Di Martino, mentre la giustizia sportiva prende tempo come sempre, ma temo che presto lo ribadiranno in parecchi, a meno che non venga messo tutto a tacere. Con buona pace di chi vuole la verità e pensa che Moggi sia oggettivamente diventato il "capro espiatorio". Il quadro dell'informazione che non indaga, non analizza, non confronta e si schiera per ignoranza o partito preso così vi sembra leggermente più chiaro?[4]
Dove è finito [lo stile Juventus]? C'è stile in tutto quello che è successo ai vertici, con il Presidente Andrea Agnelli che molla la moglie (può succedere, per carità…) per la consorte di un suo dipendente e amico, valente responsabile del marketing, per di più costretto ad evacuare dal club nell'imbarazzo generale? Con la moglie cui tocca metà del patrimonio che fa vedere ad Andrea ovviamente i sorci verdi? Con John Elkann che ne approfitta per l'ennesima battaglia interna ma immediatamente pubblica contro il cugino per togliergli la presidenza? Lo "stile Juventus"? Ma una volta, non tanto tempo fa, avrebbero saputo mascherare di buona creanza lenzuola e denari, come racconta una storia di famiglia non del tutto ignota anche se sempre postuma.[5]
[Su Calciopoli] È facilissimo dare addosso a Moggi come del resto io ho fatto nei miei libri, nei miei articoli e nei miei interventi quando la cosa lo meritava, però da quando ho capito che il sistema, molto semplicemente, attraverso l'espulsione di Moggi, cercava di mettere una "pezza a colore" alla propria sopravvivenza, allora discuto Moggi solo a condizione di discuterlo nel contesto del sistema e non da unico capro espiatorio.
In questo Paese lo sport è considerato una valvola di sfogo sub-politica mentre invece dovrebbe essere un viatico per il miglioramento della qualità della vita soprattutto in termini di sport, di disciplina olimpica e di spettacolo sportivo.
Gli arbitri non sbagliano in buona fede. [...] Il problema è nell'utilizzo del termine buonafede che viene usato a sproposito. La domanda che Lei dovrebbe farmi è: gli arbitri sono corrotti? Questa sarebbe la domanda giusta! [«Allora gliela faccio: gli arbitri sono corrotti o è solo "sudditanza psicologica"?»] No, in linea di massima non sono corrotti e se lo fossero sarebbe un reato penale e come tale da perseguire. Gli arbitri sono semplicemente in corsa per fare carriera e sanno che faranno carriera solo se vicini al potere; ma questo accade anche in altri settori della nostra società.
Da un'intervista a Guido Vaciago, Tuttosport, 6 maggio 2010; ripubblicato in tuttosport.com, 15 maggio 2017.
Conosco il calcio e le sue zone grigie, fatte di partite vendute e di arbitri che favoriscono una o l'altra squadra e posso affermare che di arbitri effettivamente "corrotti" ce ne sono pochi. Ci sono arbitri che vogliono fare carriera e per farla non possono che aiutare le grandi del momento. La Juventus se in quel momento è forte la Juventus, ma anche l'Inter, il Milan... Questa è la premessa numero uno. [...] [La seconda è che] le regole del calcio sono tali per cui è difficile smascherare la mascalzonaggine in modo certo. Quasi impossibile avere la pistola fumante, perché l'errore di un arbitro, così come di un giocatore, non si può scientificamente definire volontario. E, in fondo, proprio a questa indimostrabilità è legata la magnifica imprevedbilità del calcio, che ne rappresenta il fascino.
[Alla domanda: «In questo scenario, come si inquadra Calciopoli?»] È chiaro che dell'articolo uno, inteso come della lealtà sportiva non gliene frega più niente a nessuno. La stessa parola lealtà o lo stesso concetto di etica sono anacronistici nel calcio, diventato una specie di franchigia etica, dove si sono mossi i protagonisti di questa vicenda. Moggi si muoveva "meglio" degli altri, aveva sviluppato un sistema più organizzato ed efficente, ma non è che gli altri se ne stavano con le mani in mano. Tutti volevano essere come Moggi, con lo stesso potere e la stessa organizzazione. Le nuove intercettazioni che colpevolmente sono state ignorate nel 2006 lo stanno dimostrando. Se lui era il "capo mafia", come minimo esistevano altre cosche. E tutto questo con il beneplacito della FIGC.
Lo scudetto di cartone è il simbolo paradossale di questa vicenda. Quello scudetto non andava accettato in principio. Giusta era l'ironia di chi diceva che l'Inter si prenderebbe anche la maglia gialla del Tour se trovassero positivo al doping il vincitore. Se ora lo revocassero sarebbe comunque un segnale. Darebbero indirettamente ragione a Moggi, perché sarebbe l'ammissione che qualcosa nel 2006 non è stato fatto a regola d'arte.
[Alla domanda: «Il calcio italiano ha superato tanti e gravissimi scandali. Morirà mai?»] Si sono estinti i dinosauri, potrebbe morire anche il calcio se non recupera l'etica.
Fine corsa, si scende. Siamo arrivati alla stazione di Weimar, Italia. Si sta fermando il treno superveloce, la Freccia Rossa o Azzurra secondo le politiche cromatiche circostanti o più esattamente la Freccia Rotta del Paese, dopo cinque anni di Alta Velocità verso il peggio, in un'accelerazione che «non fa prigionieri» come diceva un eponimo di questo precipizio, Cesare Previti, tanti anni fa... E invece soltanto cinque anni fa, precisamente nel giugno del 2005, scrissi per i tipi della Bur, Rizzoli, un rapido pamphlet intitolato Crescete & prostituitevi. Già il titolo era tutto un programma. Il sottotitolo era ancora più esplicativo: «In una Repubblica fondata sul denaro l'Italia di Berlusconi e di una sinistra in riparazione manda ai giovani un pessimo messaggio».
Oliviero Beha è molto bravo, ma fa da sempre il bastian contrario: uno schema fisso. (Maurizio Crosetti)
Oliviero era più colto di me, più svelto a capire, più bravo a collegare i dettagli ed i sintomi del malessere che ci ha mangiato il futuro, se non tutto almeno in gran parte. Ma aveva un qualità: non ne voleva sapere di arrendersi. E fin qui, il giornalista, lo scrittore. Poi c'era l'uomo. Anzi, prima. Generoso e accogliente. A modo suo, che era un bel modo. La sua famiglia sa di cosa sto parlando, i suoi figli sanno di cosa sto parlando. Lo saprà anche il suo nipotino. (Andrea Purgatori)
[Sulle accuse di combine riguardo Italia-Camerun del 1982] Queste sono le falsità scritte da Oliviero Beha tanti tanti anni fa, naturalmente mai provate. Ma le calunnie, anche quelle più vergognose come queste, negli anni poi scavano la pietra. E quindi qualcuno come lei [riferito ad un radioascoltatore] che certamente non è informato e documentato, alla fine riesce a credere anche a queste sciocchezze. (Gigi Garanzini)
Oliviero Beha, Dopo di Lui il diluvio, Chiarelettere, 2010. ISBN 9788861901131