medico, storico e politico italiano (1812-1866) Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
Luigi Carlo Farini (1812 – 1866), medico, storico e politico italiano.
[Sulla prima guerra d'indipendenza italiana] E santa era, perché guerra d'indipendenza. Imprudente o no, essa era santa, e più se era imprudente, perché l'audacia ed il sacrificio aggrandiscono e santificano le opere umane. Santa perché una guerra d'indipendenza è santa sempre: essa è legittima guerra a quel modo che legittima è la difesa, e che l'uomo ha diritto di uccidere l'assalitore. Guerra pur sempre e solo di difesa; perché respingere o scacciare dalla patria lo straniero importa difendere il nostro bene, il nostro onore, i nostri sepolcri, tutto ciò che l'uomo ha di più caro e di più sacro dall'altare di Dio sino al bacio dell'amata. (da Lo Stato romano dall'anno 1815 all'anno 1850, Tipografia Ferrero e Franco, Torino, 1850, vol. II, libro III, cap. I, p. 27)
[...], [Il giornale romano Contemporaneo][1] era ridotto sotto l'assoluto principato dello Sterbini, uomo acconcio a muovere gli animi rozzi col linguaggio delle passioni, ed a metter fuoco alle mine, tenendo sua persona in securtà. Lo Sterbini, senza che fosse in amore ed in istima, pure aveva molta autorità ne' circoli e nelle piazze, perché, allorquando le passioni sono eccitate, si lasciano sempre governare dai torbidi ed inquieti uomini, che più declamano e bestemmiano. (da Lo Stato romano dall'anno 1815 al 1850, vol. II, terza edizione, Felice Le Monnier, Firenze, 1853, cap. 4, p. 67)
Il principio di libertà deve informare tutte le nostre leggi; voi non dovete ricorrere al sistema preventivo, ma dovete lasciare alla libertà tutta la sua applicazione; potete far leggi per reprimere, non mai per prevenire. (dalla seduta del 19 febbraio 1857 in Discussioni della Camera dei deputati, 1857, p. 648)
[Dopo l'occupazione piemontese della Legazione delle Romagne del 1859] Io intanto ho fatto il colpo. Ho cacciati giù i campanili, e costituito un governo solo. Ad anno nuovo da Piacenza a Cattolica tutte le leggi, i regolamenti, i nomi ed anche gli spropositi saranno piemontesi. Farò fortificare Bologna a dovere. Buoni soldati, buoni cannoni contro tutti che vogliano combattere la annessione. Questa è la mia politica. E me ne impipo di tutti gli scrupoli. Senza impiccar me e bruciare Parma, Modena e Bologna, per Dio, qui non tornan né duchi né preti. Mi lascin fare ancora per tre mesi, e poi discuteremo. (da una lettera di L. C. Farini a M. Castelli, del 30 novembre 1859, ripr. in Luigi Carlo Farini, Epistolario, a cura di Luigi Rava, Bologna 1935, vol. IV, pp. 335-36; citato in Denis Mack Smith, Il Risorgimento italiano. Storia e testi, Gius. Laterza & Figli, 1968; edizione Club del Libro, 1981, p. 541)
[...]; lo Sterbini aveva del tribuno le voglie, l'ira, il gesto, non l'eloquenza e l'animo. (da Lo Stato romano dall'anno 1815 al 1850, ibid., cap. 14, p. 295)
Ma, amico mio, che paesi son mai questi, il Molise e Terra di Lavoro! Che barbarie! Altro che Italia! Questa è Affrica. I beduini, a riscontro di questi caffoni, sono fior di virtù civile! Il Re [Francesco II] dà carta bianca; e la canaglia dà il sacco alle case de' Signori e taglia le teste, le orecchie a' galantuomini, e se ne vanta, e scrive a Gaeta [dove Francesco II era asserragliato]: i galantuomini ammazzati son tanti e tanti; a me il premio. Anche le donne caffone ammazzano; e peggio: legano i galantuomini (questo nome danno a' liberali) pe' testicoli, e li tirano così per le strade; poi fanno ziffe zaffe: orrori da non credersi se non fossero accaduti qui dintorno ed in mezzo a noi (dal dispaccio inviato il 27 ottobre al presidente del Consiglio Cavour) [2]
È spaventoso, lasciatemelo dire e ripetere lo stato di questo disgraziato paese [...] Certo non bisogna secondare tutte le malvagie inclinazioni e le abiette costumanze , ma non si può in un giorno tagliar corto e profondo sulla piaga. Questa moltitudine brulica come i vermi nel corpo marcio dello Stato: che Italia, che libertà! Ozio e maccheroni, nessuno invidierà a Torino o Roma il decoro ed il lustro della Capitale d’Italia, purché questa [Napoli] seguiti ad essere la capitale dell’ozio e della prostituzione di tutti i sessi, di tutte le classi (in una lettera a Cavour datata 14 novembre 1860, tratto dal libro A tua difesa briganti, lealisti e reazionari del 1860 di Massimo Cardillo, p. 10).[3]
Non mi tolgano, o signori, la gloria di morir povero. (da Le Assemblee del Risorgimento, vol. I, Roma, 1911, p. 570)
Sollevati, or son tre mesi, i Siciliani all'acquisto della libertà, ed accorso in ajuto il generale Garibaldi con pochi valorosi, l'Europa fu piena della fama di sue vittorie; tutta Italia ne fu commossa e grande fu l'entusiasmo in questo regno, dove gli ordini liberi ed il libero costilme non pongono impedimento alla manifestazione dei sentimenti della pubblica coscienza. Indi le generose collette di danaro ed il grande numero di volontarj partiti per la Sicilia. (p. 31-32)
Più volte il sottoscritto ammonì, non potersi né volersi tollerare che nel regno si facessero preparazioni di violenza a governi vicini, ed ordinò che fossero impedite ad ogni costo. Esso spera che la pubblica opinione basti a frenare gl'impeti sconsigliati, ma in ogni evento si confida nelle podestà civili e militari per la pronta esecuzione degli ordini che ha dato. (p. 32)
Il sottoscritto deve dichiarare, che se il governo del re è costante nella volontà di accettare il leale concorso di tutte le parti politiche, che intendono a libertà, unione e grandezza della patria, esso è pur fermo nel proponimento di non lasciarsi soverchiare da chi non ha dal re e dalla nazione il mandato e le responsabilità del governo. L'Italia deve e vuole essere degl'Italiani, ma non delle sette. (p. 34)
[Luigi Carlo Farini, Circolare ministeriale, Torino 13 agosto; citato in Franco Mistrali, Da Palermo a Gaeta: storia popolare della campagna dell'Italia meridionale, Francesco Pagnoni Tipografo Editore, Torino 1861]
Non s'appartiene a questa storia il raccontare quale travaglio all'impero napoleonico, quale esempio ai popoli europei desse la non domata Spagna; non il dire come Napoleone tentasse il cielo coll'impresa di Russia, come i popoli dei Allemagna facessero impeto di libertà e di vendetta; non il descrivere i consigli dei principi mutanti colla fortuna, l'ultima guerra germanica, la sconfitta di Lipsia degna del Re della vittoria. Ma egli è pregio dell'opera, il toccare in questo primo libro i sommi capi degli eventi che prepararono le mutazioni di stato accadute in Italia nell'anno mille ottocento quattordici.
Citazioni
Dicesi che il seme di questa setta [la Carboneria] fosse portato dalla Germania in Napoli nell'anno mille settecento novantanove; certo si è che nel mille ottocento dieci e negli anni che seguirono, pronubo o tollerante il governo, il quale intendeva a farne strumento di autorità e di ambizione, la vennero disposando molti egregi uomini che la stimavano un mezzo di incivilimento, ed un propugnacolo degli ordini civili e delle moderne dottrine. (libro 1, cap. 7, p. 9)
Le sette, se talfiata[4] valgono a scalzare i governi ed a preparare dalla lunga le sedizioni, non valgono mai ad aiutare efficacemente le fazioni di guerra. Anzi perché di mezzo ai generosi ed ai forti vi si trovano molti che hanno fastidio della fatica, temerità di lingua, fiacchezza di animo avviene di leggeri[5] che sia ingannato dalla speranza chiunque faccia troppo assegnamento sull'aiuto che promettono. (libro 1, cap. 19, p. 180)
La circolare del ministro Farini, pubblicata nella Gazzella Ufficiale del 13, è diretta a noi, Partito d'azione: avvertimento e minaccia. La nave da guerra che accompagnava il 13, con un battaglione di bersiaglieri, l'Aventin, sul quale era lo stato maggiore dell'ultima spedizione, era commento eloquente alla circolare. Giova anzi tutto che l'Italia sappia il perché della circolare. (Giuseppe Mazzini)
Dalla dignità del supremo potere Farini senza sforzo scese alla modestia del viver privato. Non cavalli, non carrozze, non coppia di domestici; lo stesso appartamento al terzo piano d'una casa a Torino presso la piazza d'Armi, e pei brevi giorni di riposo la villetta di Saluggia, che avrebbe trovata angusta un negoziante salito a mediocre fortuna.
Il Farini temperando, ammaestrato dall'esperienza, l'audacia irriflessiva de' propositi, riuscì uomo di stato; il Minghetti, indole mite e educata dagli studi a cercare i civili progressi senza ricorrere alla violenza, fu indotto dal succedersi degli avvenimenti a immedesimarsi in una politica rivoluzionaria, e nei suoi accorgimenti arditissima.
Nel parlamento stette al centro, uno dei moderatori del partito ministeriale. [...]. Fu oratore elegante, sobrio ed efficace; i parolai, i fraseggiatori detestava, e gli avvocati[6] in Parlamento gli parvero sempre troppi: spesso fu autore di quelle proposte che conchiudono una lunga ed animata discussione.
↑ Periodico, con cadenza settimanale, pubblicato a Roma a partire dal 1º gennaio 1847.
↑ vedi pag 84-85, Antonino De Francesco, La palla al piede, Feltrinelli, 2012.