La seconda guerra civile americana, film statunitense del 1997, regia di Joe Dante.
Un giorno, nel prossimo futuro (Testo a schermo)
Noi siamo convinti di limitare alla verità. Siamo convinti di attenerci ai fatti. Eppure, chi come me fa questo lavoro da anni, è angustiato dal dubbio che i fatti in sé non sempre conducono alla verità. [...] Come molti degli eventi davvero importanti che abbiamo seguito, anche questo, il più grande confronto armato in America dai tempi della guerra civile, ha preso via da un episodio apparentemente irrisorio, e poi è sfuggito al controllo. (Jim Kalla)
[Leggendo la dichiarazione scritta dal governatore Farley] "Con effetto immediato, lo stato dell'Idaho chiude i propri confini. Se necessario, ricorrendo alla forza. Ho dato ordine alla polizia di frontiera di allestire posti di blocco lungo i confini. Nessuno potrà entrare senza autorizzazione delle autorità dell'Idaho." (Jimmy Cannon)
Gente, sta chiudendo i confini! Grazie a Dio per l'arroganza e l'avidità, se no ci ritroveremo a fare televendite. (Mel Burgess)
In Pakistan, continuano i lavori per organizzare il viaggio di altri orfani verso gli Stati Uniti d'America. Sono trascorsi ormai trentotto giorni dall'evento all'origine di tutto ciò. L'esplosione dei missili nucleari indiani che ha devastato un'area di oltre 4,000 ettari intorno alla capitale del Pakistan, Islamabad. All'aeroporto di Peshawar, nel Pakistan settentrionale, sta preparandosi al decollo il primo di diversi aerei carichi di bambini pakistani resi orfani dall'esplosione nucleare, destinazione Queen Falls, Idaho. Ad Amelia Simms, capo della discussa organizzazione Give to the Children, è stata affidata la supervisione di questa missione di soccorso. Tuttavia, come avete appena sentito, il governatore Farley ha chiuso le frontiere dello stato. (Helena Newman)
E proprio come Eisenhower disse diversi anni fa, "dobbiamo resistere, e infine avere la meglio, se vogliamo che l'esile fibra della verità rimanga ordita nella trama della vita civile". (Presidente degli Stati Uniti)
Il bello dell'immagine è che puoi dare l'impressione di fare qualcosa di forte senza necessariamente farlo. (Jack Buchan)
Si tratta indubbiamente di uno dei più controversi governatori del paese. Un tempo noto per le sue idee liberali, Jim Farley è stato criticato per le sue lusinghe alla maggioranza conservatrice. In effetti, l'indice di gradimento del governatore Farley è salito di dodici punti da quando egli ha adottato un atteggiamento di dura opposizione all'immigrazione, coerentemente con il suo programma elettorale, imperniato sullo slogan che regge ancora oggi: "L'America... come dovrebbe essere". (Telecronista)
Che diavolo gli prende alle donne? Cristo! Schiaffarle sul letto e scoparle fino allo spasimo non significa più niente? (Jim Farley)
La politica è solo un'altra forma di sesso. (Jim Farley)
Le donne sono innamorate del potere. Gironzano attorno come le mosche sulla merda. (Jimmy Canon)
Allora, Caroline, se vuoi lavorare nell'informazione pensa ai disastri ferroviari, rottami di treni elettronici, solo che i treni sono persone come Farley e il presidente. Noi non dobbiamo fare altro che metterli sullo stesso binario e lasciare che si corrono contro. (Mel Burgess)
Saprete tutti che ho dato ordine di chiudere le frontiere dell'Idaho. Questa decisione scaturisce dal desiderio di preservare il nostro modo di vivere, quel sogno americano che in maniera miope e cinica è stato propagato in tutto il mondo, un mondo che negli ultimi dieci anni è cresciuto in un miliardo di persone. Contateli, gente! Un miliardo, solo posti in piedi dal Maine e California. E a furia di lasciarci invadere da questa massa di - chiamateli come volete, immigrati, emmigrati, clandestini, profughi, refugiati, alieni, fate voi, ci stiamo impantanando. Stiamo distruggendo il nostro modo di vivere in un momento in cui la comunità industriale a provveduto, con i trasferimenti, a stroncare completamente il nostro potenziale di manodopera. Impianti all'estero in nome della produttività! [...] Secondo loro, dovremmo starcene zitti a guardare mentre il resto del mondo sommerge l'America? (Jim Farley)
Ragazzi, se non è sullo schermo, non esiste. (Mel Burgess)
Io non sono stato eletto dal popolo dell'Idaho per contribuire al disfacimento del nostro modo di vivere. Quindi, intendo assumere personalmente il controllo di tutto ciò che riguarda le nostre frontiere, quindi l'immigrazione e il diritto di cittadinanza. (Jim Farley)
Quando ho cominciato a fare il giornalista, il mondo sembrava una cosa remota, le notizie arrivavano lentamente e noi eravamo in grado di assorbirle. Non c'erano satelliti né dirette da luoghi lontani. Ora, invece, Idaho e Pakistan potrebbero essere uno accanto all'altro. L'intero globo si accende nei nostri monitor come sugli schermi delle città di tutta l'America, e questo ci cambia tutti. E tu ripeti a te stesso: "Sono un professionista, quindi sono in grado di trattare passioni e emozioni senza farmi intralciare dai miei sentimenti". Almeno questo è quello che ripeti a te stesso. (Jim Kalla)
Noi non abbiamo mai auspicato, né intendiamo provocare in alcun modo lo scontro armato. Mi vedo tuttavia costretto a comunicare ufficialmente al governo federale che eventuali scontri a fuoco tra le due parti provocherebbero l'immediata secessione dell'Idaho dagli Stati Uniti d'America. (Jim Farley)
Christina, non puoi lasciare che queste sciocchezze nazionalistiche rovinino il nostro rapporto. Il fatto che tu sia messicana non è un buon motivo per perdere la testa. E poi non sto cercando di tenere fuori dalle palle solo i messicani, ma anche afgani, zambiani! (Jim Farley)
Qualunque cosa intendano fare i politici del nord è un problema loro, ma qui le cose sono diverse. Il confine non è più affare di Washington o dei vari signor Farley padroni del mondo. No! Il nostro parere sui confini vale quanto di quello di un pezzo grosso di Washington. "Los Angeles"? Vedete, non è più semplicemente territorio americano. Cioè, basta solo riflettere sul suo nome! LOS ANGELES! Suona forse come un nome inglese?! E perché San Francisco, Las Vegas? No! Questi sono i nomi dati a questi luoghi dai nostri avi prima che gli yankee glieli strappassero e li appropriassero a farci il proprio comodo. (Christina Fernandez)
Non è difficile capire quando una crisi comincia a riguardarci. Appena la sentiamo troppo vicino a casa, ecco che di colpo tutte le battute di cattivo gusto cessano. (Jim Kalla)
Talvolta la scelta tra guerra e pace, tra sopravvivenza e distruzione, può dipendere da un gesto, una parola, un tono. A monte di ogni catastrofe provocata dall'uomo, si può sempre individuare l'istante da cui tutto ha avuto origine, quel singolo istante che coincide col punto di non ritorno. (Jim Kalla)
Pensiamo al voto di quelle settanta assemblee. Sì, vedete, a noi non serve la Nazione islamica, né i cinesi, né i coreani, né un cazzo di nessuno. Dobbiamo solo convincere gli irlandesi a sospendere la contracezione e si riprodurranno come conigli. Io lo so, è la mia gente! Scopando come scopano, arriveremo dritti a ottanta assemblee nel giro di qualche giorno o l'altro. (Jack Buchan)
[Guardando filmati di truppe federali e paramilitari che si scontrono] Perché non c'è il nostro logo su queste immagini?! (Mel Burgess)
Anni fa, ho letto che qualcuno scrisse "coloro che gli dei vogliono distruggere, prima li fanno impazzire". Ma forse siamo solo un'opera d'arte ancora incompleta, parte tragedia, parte commedia, parte farsa. Fatto sta che quest'opera continuiamo a scriverla e dipingerla col sangue, e sembra sempre scaturire da una gran quantità di sofferenza. Un giorno, quando quest'opera sarà terminata, sarà stupenda. Ma fino a quel momento, più che all'arte fa pensare all'inferno. (Jim Kalla)
Presidente degli Stati Uniti: Allora, che dicono i sondaggi? Direttore dello Staff: Il 52% è favorevole a un'azione drastica. Presidente degli Stati Uniti: Non vedo alternative. L'Idaho dovrà ripensarci. Voglio vedere quegli orfani a destinazione. Direttore dello Staff: Sìsignore. Presidente degli Stati Uniti: Che dicono i sondaggi dalla Florida? È stata determinante nelle ultime elezioni. Direttore dello Staff: In Florida solo il 38% è favorevole a un'azione drastica. Si tratta perlopiù di ultrasettantenni. Per le statistiche, la gran parte di loro sarà morto prima delle prossime elezioni. Jack Buchan: I simpatizzanti morti sono i peggiori. Ti fanno perdere un sacco di tempo, e dove sono quando ti servono?
Mel Burgess: Jim, ti voglio per il notiziario di domani. Jim Kalla: Mel, ho appena parlato con Tony Philips, devo andare al Kennedy per l'arrivo di domattina. Mel Burgess: A me servi qui. Jim Kalla: Può darsi, ma lì farei un lavoro migliore. Mel Burgess: Jim, non voglio un lavoro migliore, chiaro? A me servono notizie mozzafiato, chiaro? Forse non l'hai notato: etica e buongusto sono superati, archeologia, non siamo più negli anni '90. Jim Kalla: E tu ne sei la prova vivente Mel, c'è Tony Philips sulla cinque. Mel Burgess: Sai una cosa? È tua la responsabilità di questo mio atteggiamento, e ti spiego perché: quando studiavo da giornalista ti guardavo sulla ABC e mi dicevo "Guarda là che dignità! Che classe! Ma allora è possibile fare il giornalista senza trasformarsi in cinico ingranaggio di qualche fetida società!". Cristo, che bidone, e mi ci hai fatto cadere tu! Giuro che te la farò pagare.
Mel Burgess: Se anziché atterrare a Newfoundland atterrate al Kennedy in pieno prime time del mattino... Amelia Sims: Sì? E cosa mi dovrebbe fregare del prime time? Mel Burgess: Signorina Sims, al momento la vostra è un organizzazione da quattro soldi, okay? Ma se atterrate al Kennedy a metà mattinata, proprio in pieno prime time, con il paese a guardare quei poveri bambini derilitti sbarcare dall'aereo, lei verrà inondata di denaro e di colpo diventerete più famosi di Save the Children. Amelia Sims: Be', questa è la cosa più ridicola che abbia mai... sbaglio o ha detto "più famosi di Save the Children"?
Jack Buchan: Qui sento puzza di sindrome da immagine deficienza. Segretario alla Difesa: Ma che diavolo dice? "Sindrome da immagine deficienza"? Jack Buchan: Se mi consente, signore, quando mi sono occupato della sua campagna elettorale, sapevo che sarebbe stato eletto come tutti gli altri presidenti grazie all'immagine. Ora, con tutto il rispetto, signore, gli americani votano più per il fumo che per l'arrosto, salvo poi, a cose fatte, trovarsi tra i denti grasso e nervetti. Segretario alla Difesa: Non vedo cosa centri l'immagine con... Jack Buchan: Mi lasci finire, Warren? Signor presidente, qui abbiamo a che fare con qualcosa di ben più grosso della sporca realtà. Vede, la mia agenzia rappresenta clienti che vanno dai coltivatori di mele al governo dello Zimbabwe. E le dico che decine di loro comincerebbero a caccarsi sotto, anche se quel figlio di puttana tentasse semplicemente di metterci nel sacco. Presidente degli Stati Uniti: Nessuno ci metterà nel sacco, Jack! Jack Buchan: Perfetto! Ora, l'anno prossimo ci sono le elezioni, e se questo concetto non ve lo ficcate in testa, il nostro presidente rischia di finire a costruire case per i poveri come Jimmy Carter. Presidente degli Stati Uniti: Non so neanche come aggiustare il rubinetto...
Segretario alla Difesa: Signor Buchan, ma da quando in qua un lobbista stabilisce l'ordine del giorno per la Casa Bianca?! Jack Buchan: Signor ministro! Fingerò di non aver sentito la parolaccia che lei ha usato nei miei riguardi. Io sono un agevolatore politico. Direttore dello Staff: Agevola quello che vuoi, Jack. Ma tieni presente che qui stiamo cercando di risolvere una crisi. Jack Buchan: Oh, davvero Mike? Direttore dello Staff: Già. Jack Buchan: Allora credo che vi convenga riflettere sul fatto che un presidente ha a disposizione solo i primi quattro anni di mandato per cercare di farsi ri-assentire.
Presidente degli Stati Uniti: Siamo in versione Eisenhower! Jack, questa di Icke è una grande idea. Jack Buchan: Oh, grazie signor presidente. Presidente degli Stati Uniti: Eisenhower aveva un potere rasserenante. Jack Buchan: Ero certo che le sarebbe andato... Presidente degli Stati Uniti: E poi faceva degli ultimatum strepitosi. L'ho visto in quei nastri formidabili che mi hai dato. Jack Buchan: È proprio di questo che le vorrei parlare, signor presidente. Presidente degli Stati Uniti: 72 ore! Tre giorni! Suona bene, sì. Jack Buchan: È questo il problema, signore. Presidente degli Stati Uniti: Quale...? Jack Buchan: Vede, le 72 ore, cioè lo scadere delle 72 ore, capita proprio in piena Figli, figli miei.[1] Direttore dello Staff: E che diavolo è Figli, figli miei?! Jack Buchan: È una soap opera. Cioè, ricordate cos'è successo l'ultima volta che abbiamo interrotto una soap opera? Le donne dell'intero paese si sono incazz... se l'hanno presa malissima. Presidente degli Stati Uniti: Jack, è bene chiarire una cosa. Non sono stato eletto presidente per starmene seduto a guardare gli Stati Uniti disintegrarsi. Jack Buchan: Signore, l'ultima volta abbiamo perso il voto delle donne. Presidente degli Stati Uniti: ... Fu un vero sbaglio... Jack Buchan: Siamo all'ultimo episodio di Susan Lucci. Susan sta per lasciare il marito. Presidente degli Stati Uniti: Come come?! Jack Buchan: Susan, la star di Figli, figli miei. Lascerà il marito e fuggirà con Antonio. Presidente degli Stati Uniti: Il giardianiere? Jack Buchan: Sì! Presidente degli Stati Uniti: Erica se la fa con Antonio il giardiniere?! Jack Buchan: Esattamente. Presidente degli Stati Uniti: No...! Segretario alla Difesa: Magari sarebbe possibile per il bene del Paese che Erica rimandasse alla fuga con il giardiniere di qualche giorno? Jack Buchan: Ho parlato con quelli dell'emittente. L'episodio è già registrato è andrà in onda tra tre giorni, proprio in perfetta coincidenza con lo scadere del nostro ultimatum. Segretario alla Difesa: Capisco... Presidente degli Stati Uniti: Eisenhower avrebbe rinviato l'ultimatum! Cristo santo, è solo una soap opera. È possibile che una soap condizioni il destino d'un paese?!
Jack Buchan: Brandon, mi occorre una bella citazione alla Eisenhower, qualcosa che suoni piuttosto eroico. Brandon: All'Eisenhower, eh? Farò del mio meglio, signore. Jack Buchan: Non ne dubito, Brandon. Mille grazie. Brandon: Ragazzi! Ci occorre un'altra citazione modello Eisenhower. Al lavoro, vediamo di spremerci le meningi. Chauffeur rumeno: "Questo è un ricatto! Non accetteremo ricatti. Non ci piegheremo a questo tipo di prepotenze..." Chauffeur indiano: No, no, no, sentite questa: "Reputo necessario ricorso all'esercito poiché altrimenti..." Chauffeur ceco: No, no, no! "Non lasceremo che il fiore della democrazia venga calpestato dalla zampa della sedizione". Brendan: Bene, ci siamo quasi Vaclav. Solo che ancora non avverto l'alito della poesia. Raul, sentiamo la tua. Chauffeur messicano: "Dovremo resistere e infine avere la meglio se vogliamo che l'esile fibra della verità rimanga ordita nella trama della vita civile".
Jimmy Cannon: Governatore, le truppe federali sono a due chilometri dal confine. Ci vuole una sua dichiarazione per far leva sull'aspetto morale della crisi. Jim Farley: Gli aspetti morali cominciano profondamente a seccarmi. Jimmy Cannon: Merda... Jim Farley: Preferisco quelli immorali. Sono frequentati meglio.
Jim Farley: Sono stuffo dei fottutissimi media! È colpa loro se ci troviamo in questi casini. E se Mosè avesse tra le palle sondaggi e telecamere, quando mai lo portava il suo popolo fuori dall'Egitto?! Jimmy Cannon: Governatore, non abbiamo scelta! Non bastano i sondaggi e i paramilitari. Senza la base linea dei media, non la mettiamo in culo a nessuno! Jim Farley: Eh, è questo il problema. La gente ha terrore di sentirsi dire razzista solo perché vuole preservare la propria cultura. [Squilla il telefono] Jimmy Cannon: Sì? Un momento. Chiedono cosa vuole per colazione. Jim Farley: Il solito! Jimmy Cannon: Tortillas.
Kenya Nkomo: Non si può fare una frittata senza rompere qualche uovo. Stiamo facendo la storia! E tu sei della nostra parte, no? Jim Kalla: Niente affatto. Kenya Nkomo: Però dovresti. Perché no? Jim Kalla: Forse dipende dal fatto che sono un giornalista e non sto dalla parte di nessuno. Forse perché mi pare che stiamo rompendo troppe uova. Negli anni sessanta, andavo predicando la pace e la fratellanza, una pratica decisamente fuori moda adesso. Kenya Nkomo: Tua moglie è ebrea se non sbaglio. Jim Kalla: Sai, temo di non ricordarmelo. Ricordo soltanto che ci siamo conosciuti durante un sermone.
Jim Farley: Ci scopi ancora con tua moglie? Jimmy Cannon: Prego?! Jim Farley: Eh, dopo qualche anno svanisce l'istinto dell'accoppiamento. Non vado a letto con mia moglie ormai da tre anni. Non siamo altro che animali, lo sai, no? Jimmy Cannon: Be', sì lo so, ma la Casa Bianca ha mandato qui le truppe federali e penso che... Jim Farley: Ci saltiamo per il nostro piccolo nido. Per qualche anno ci accoppiamo come bestie sempre in nome di quella cosa che chiamiamo sentimento e poi si affloscia. I maschi devono andare da qualche altra parte a schizzare il proprio seme. Jimmy Cannon: O Signore...
Steven Kingsley: Jack! In nome di Dio, che sta succedendo? Jack Buchan: Azione è la miglior reazione. Steven Kingsley: E perché?! Farley stava per mollare! Jack Buchan: Ma che stai dicendo? Me l'hai detto proprio tu, che dovevamo assolutamente agire prima che Farley dichiarasse la secessione. Steven Kingsley: Io ho detto "successione", non "secessione"! Farley stava per dimettersi, stava per indire una convention per la scelta del suo successore. Successione, Cristo d'un dio! Jack Buchan: Non urlare! Da dove viene questa decisione? Steven Kingsley: Sposerà Christina Fernandez. Vuole dei figli messicani! Jack Buchan: Be', al momento il presidente è in versione Lincoln, e credo che si rischierebbe solo di confonderlo e di conseguenza ritengo che sia meglio per tutti... lasciare le cose come stanno.
I confini sono stati ristabiliti nell'intero paese, e con la cessazione di tutte le attività belliche. Dopo una settimana di scontri l'ex presidente ha invitato alla calma la popolazione. E un'altra notizia: ieri sera, l'ultimo episodio di Figli, figli miei, in cui Erica scappa con Antonio il giardiniere, è stata la trasmissione più seguita nella storia della televisione. (Telecronista)
Il film di Dante è un feroce atto d'accusa nei confronti di politici e mass media, presentati come pericolosi irresponsabili capaci di far scoppiare una guerra intestina con la loro inettitudine e bramosia di potere. (Antonio Monda)
Il film di Joe Dante, questo piccolo genio americano amico di Spielberg e già inventore dei celebri Gremlins, non è ottimista. E tantomeno "politicamente corretta", con la sua satira feroce del pregiudizio etnico. Come tale, non è stato distribuito dalle produzioni americane. Ma la fiaba che racconta riguarda anche noi italiani, che dalle tv e dai giornali abbiamo appreso l'esistenza di una Padania ignota per secoli. Noi europei, spettatori di guerre civili come quella jugoslava, dove l'uso barbaro del potere televisivo da parte dei gruppi di potere ha fatto da scintilla scatenante. La televisione è brutta e cattiva? La politica è tutta uguale? Non è questa la morale di La seconda guerra civile americana? (Curzio Maltese)
Il (primo) problema è che i personaggi sono delle maschere immobili e alla lunga noiose. I politici pensano solo ai sondaggi e alle donne, le giornaliste fornicano con il Potere, il produttore televisivo è un mostro di cinismo, i generali sono vanitosi, persino la protettrice dei profughi è sensibile agli indici di ascolto e fa del bene solo in «prima serata». Tutti hanno un prezzo, e va bene. Ma in due ore di pellicola questo prezzo non cambia mai. E questo non va bene affatto. (Massimo Gramellini)
In questa commedia di fantapolitica ambientata in un futuro prossimo, J. Dante e il suo sceneggiatore Martyn Burke non risparmiano niente e nessuno. Si spara a zero sui presidenti imbecilli, governatori in foia, guru delle P.R. (Pubbliche Relazioni), organizzazioni umanitarie, giornalisti a caccia di scoop, interessi economici e calcoli elettorali, nazionalismi esasperati, fanatismi etnici, strapotere della TV. E lo fa con feroce allegria, umorismo e orrore, fantasia e realtà. (il Morandini)
La seconda guerra civile americana di Joe Dante è uno dei pochi capolavori del cinema in circolazione. Perché comico e profondo, grottesco e realista e politico nel senso alto, come il vero cinema. (Curzio Maltese)
Non c'è speranza in film come questi. Solo denuncia. E poi questa commistione dei generi ci ha stufato. Dove si ride non ci può essere morte e viceversa. Uno non apre il cuore al sorriso per venire tramortito da una raffica di mitragliatrice. (Massimo Gramellini)
Non sarà difficile per gli spettatori cogliere il parallelo che il film impone con la situazione del nostro paese: vi si racconta di secessione, xenofobia, immigrazione clandestina, un cocktail esplosivo che sfocerà appunto in una guerra fratricida fra esercito e guardia nazionale. (Antonio Monda)
Dai versi di Emma Lazarus che campeggiano sulla Statua della Libertà: «Venite a me, povere stanche masse, giunte qui a respirare la libertà, e che siete state respinte dai vostri Paesi». Bello e nobile: peccato che nel film di Joe Dante il famoso monumento cada in frantumi, ignominiosamente, minato da un commando di «leghisti» delusi dall'American Dream.
Fa molto ridere La seconda guerra civile americana, ma è un riso che sgomenta e fa riflettere, anche quando assume i tratti della farsa.
L'ipotesi, allarmante anzichenò, è la seguente: che cosa succede se il paese più potente del mondo si ritrova sull'orlo di una guerra civile per lo spappolarsi progressivo del cemento - il melting pot - che lo fece grande? Ma la lezione che viene dal film, prodotto dalla tv via cavo Hbo e ora distribuito dalla Mikado, vale anche per la nostra sgangherata Italia, presa d’assalto dai curdi e dagli albanesi in fuga, corrosa dalle spinte secessioniste provenienti dalla Padania.
Nel mettere in scena l'ingegnoso copione di Martyn Burke, il regista di Gremlins si diverte a beffeggiare i simboli-chiave della cultura americana, presidente incluso (scambia Teddy Roosevelt con Franklin Delano Roosevelt), affidando il proprio punto di vista alle parole sagge del vecchio giornalista nero interpretato da James Earl Jones. È un'America isterica, stolida, pronta a sparare per aver confuso la parola «secessione» con «successione», quella descritta da Dante; e soprattutto un'America governata dagli indici d'ascolto: al punto che l'ultimatum lanciato dalla Casa Bianca scadrà dopo 67 ore e mezzo (non 72) per non privare i cittadini dell’ultima puntata della soap-opera di successo Figli, figli miei.
La seconda guerra civile americana è stato giustamente definito un film all'incrocio tra Stranamore e Quinto potere. Altro che "give me your tired, your poor", altro che datemi i vostri poveri, come recitano i versi di Anna Lazarus incisi sulla statua della libertà. Altro che "melting pot". Altro che "patria di schiavi fuggiaschi". Gli Stati Uniti del prossimo futuro - imprecisato ma vicino - del film di Dante stanno esplodendo.
Non c'è una morale, nella satira feroce di La seconda guerra civile americana, ma un avvertimento, una messa in allerta. Non si possono lasciare andare le cose a se stesse, il melting pot va organizzato, i media hanno responsabilità immense. E si esce dal film con l'inquietante sensazione di esserci divertiti davanti ai nostri guai venturi.
Sono un'ammiratrice di Joe Dante. Ma, per una volta, diamo a Cesare quel che è di Cesare. E cioè diamo a Martyn Burke, lo sceneggiatore di La seconda guerra civile americana (che dai titoli di testa risulta "un film di Joe Dante"), il merito di avere scritto uno dei copioni più intelligenti, densi, puntuali, divertenti di questi anni. E di aver quindi contribuito in maniera determinante a costruire un film che - nonostante una certa povertà di produzione e una regia un po' incolore, da attribuire probabimente all'origine televisiva - riesce a conciliare le ragioni dell'intrattenimento con quelle del rispetto per il pubblico. Diamo anche a Joe Dante il merito di aver fatto il salto verso un cinema da adulti senza tradire il suo istinto popolare per un divertimento semplice e diretto. Anche se parlare di "divertimento" e di "adulti" può sembrare contraddittorio con quello che si vede sullo schermo: una schiera di umani che si comportano in maniera scriteriata - ma tragicamente verosimile.
Altro telefilm, anch'esso distribuito in Europa ma punito in Usa con una sola proiezione HBO. Rimane il mio preferito, per questo l'ho voluto in apertura della master class alla Cinémathèque: profetico, vent'anni fa, delle frontiere chiuse e dei muri di Trump. Vi si immagina la secessione dell'Idaho da parte d'un governatore razzista. Quando accendo la tv e ascolto i propositi sull'immigrazione di Trump, mi dico che è un film ingiustamente misconosciuto. Si chiude con una nuova guerra di Secessione, oggi non meno probabile di vent'anni fa: al contrario. Continuo a presentarlo nei festival e ogni volta c'è almeno una sequenza che combacia con la realtà del momento. Guardiamo alla Gran Bretagna, all'Italia... Oggi mi sembra che siamo tutti attori di quel film, dove il governatore razzista proclama: "Permettendo l'ingresso di tutti questi – chiamateli come volete: immigrati, rifugiati, illegali, legali, alieni –, li lasciamo liberi di sostituirsi al nostro modo di vivere!"
La degenerazione che racconto nel film nasce proprio perché la gente che si è affermata tempo addietro comincia ad opporsi alle opportunità offerte ai nuovi arrivati. È una situazione che si sta irrigidendo progressivamente, con dei connotati xenofobi allarmanti.
Non appena ho letto la sceneggiatura della Guerra civile mi sono innamorato di questa storia, così estranea alle convenzioni hollywoodiane, e nello stesso tempo piena di altri spunti come ad esempio il razzismo crescente nel nostro paese e la parallela ipocrisia del "politically correct".