politico ungherese Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
Imre Nagy (1896 – 1958), politico ungherese.
Diversi decreti governativi hanno suscitato il dolore e la vergogna del popolo ungherese, hanno eccitato le passioni ed hanno fatto scorrere il sangue di migliaia di persone. Uno di questi decreti è stato quello che proclamava la legge marziale nei confronti dei combattenti della libertà, l'altro quello che chiedeva l'intervento delle truppe sovietiche. Consci di tutte le nostre responsabilità, noi dichiariamo dinanzi alla storia che il presidente del Consiglio Nagy non era al correnti di questi due decreti e non li ha firmati. (dichiarazione radiofonica, ottobre 1956)[1]
La cricca di Rákosi era staliniana e tale è rimasta: l'abito non fa il monaco.
I fatti dimostrano che la direzione tipo Rákosi in passato ha commesso una serie di gravi errori, sbagliando senza remissione anche su questioni teorico-politiche ed economiche fondamentali. Adesso cercano di far credere, dimenticando i gravi errori e gli sbagli precedenti, che hanno sempre ragione.
[Su Mátyás Rákosi] Preferisce sacrificare gli interessi del partito e del paese, piuttosto che riconoscere i propri errori.
Rákosi si è sempre definito, fino in tempi recentissimi, intelligente, previdente e saggio e non ingannabile, uno che non sbaglia e non commette errori. Quando invece dovrebbe rispondere di gravi errori e colpe, da un momento all'altro fa finta di essere il più sempliciotto, il più ingenuo degli uomini, che chiunque può menare per il naso. Bisogna farla finita con queste scuse così balorde e infantili di un dirigente. Se è vero quello che afferma, e cioè che è stato ingannato e fuorviato, allora è una stupida testa di rapa, che non può stare nella direzione del paese e del partito. Se invece, con menzogne come queste, vuole soltanto salvare la pelle, come effettivamente è, allora è lui che considera stupide teste di rapa il popolo ungherese e il proprio partito, illudendosi che chiunque creda ai suoi insulsi tentativi di giustificazione. In un modo o nell'altro, Rákosi deve scomparire totalmente dalla vita pubblica ungherese. Questo è il presupposto per eliminare il dominio del terrore di Rákosi, in tutte le sue forme e con la sua atmosfera putrida.
Discorso radiofonico, 28 ottobre 1956; L'Unità, 29 ottobre 1956
Popolo ungherese! Nella scorsa settimana, si sono diffusi, con una tragica velocità, sanguinosi avvenimenti, in conseguenza dei tragici errori e dei delitti dell'ultimo decennio. Essi hanno trovato il loro epilogo negli avvenimenti di cui siamo stati testimoni coi nostri propri occhi. Nell'ultimo millennio circa, il destino non ha risparmiato il nostro popolo da duri colpi, ma scosse simili a quelle che abbiamo vissuto questi giorni, la nostra patria forse non le aveva mai viste.
È chiaro che che gli elementi controrivoluzionari si sono sforzati di profittare anche di questa insurrezione, contro il popolo e contro la democrazia popolare. È inconfutabile anche il fatto che questo movimento è stato generato da un possente sforzo per la democrazia e la giustizia, che ha unito tutto il popolo. Questo movimento si è posto come fine la conquista dell'indipendenza e della sovranità del nostro popolo.
Popolo ungherese! In questi difficili giorni la gente aveva la tendenza a vedere solo le pagine oscure di dodici anni trascorsi. Ma guardiamo alle cose con realismo: anche questi dodici anni hanno i loro successi, permanentemente validi che voi, popolo ungherese, contadini, lavoratori e intellettuali, vi siete conquistati al fianco del partito. La nostra patria risorta conta su voi, sul vostro lavoro creativo, su voi che siete la migliore garanzia della nostra patria.
Apprezzavo Nagy, anche se non sempre ho capito il suo comportamento. E ancora: Non l'ho mai considerato un controrivoluzionario nè ho mai pensato che i suoi compagni fossero controrivoluzionari. Nel 1956, tuttavia risultò chiaro che egli aveva una volontà debole, che poteva essere facilmente influenzato. (János Kádár)
Il 4 novembre 1956, le truppe sovietiche attaccarono apertamente Budapest, e il 13 Imre Nagy si rifugiò nell'ambasciata jugoslava. Gheorghiu-Dej consentì alla richiesta confidenziale di Kruscev di collaborare ad attirare Nagy fuori dall'ambasciata jugoslava e di tenerlo segretamente agli arresti in Romania fino a che un nuovo governo ungherese non fosse stato insediato e non si fosse consolidato, e incaricò Ceausescu dell'operazione. Dopo che l'ambasciata romena gli ebbe garantito ufficialmente che in alcun modo sarebbe stato perseguito penalmente, Nagy consentì a essere portato in Romania, e fu condotto nella casa-appoggio del DIE[2] custodita da Iosza, sita a circa 12 chilometri – donde il suo nome – a nord di Bucarest sull'autostrada per Ploesti, dove gli fu comunicato che si trovava in stato di arresto. Solo Gheorghiu-Dej e Ceausescu sapevano quali erano le intenzioni di Mosca al suo riguardo. (Ion Mihai Pacepa)
La cricca staliniana è scomparsa, ma il regime comunista stesso è stato ripudiato. Mosca ha dapprima cercato di corprire il suo intervento portando al potere il comunismo nazionale nella persona di Imre Nagy. Ma Nagy non ha potuto instaurare il comunismo nazionale se non con l'aiuto delle baionette sovietiche, il che significa la fine stessa del comunismo. Finalmente costretto a scegliere tra l'occupazione sovietica e l'indipendenza, Nagy ha coraggiosamente deciso di sacrificare il partito ed il governo comunista - che era già malridotto - alla salvezza della patria ed al gusto della libertà. (Milovan Gilas)
Pur essendo comunista, Nagy non parlava più a nome del Partito comunista ungherese. Parlava solo a nome di se stesso e di una piccola cerchia di emigrati che erano tornati in Ungheria per sostenere la controrivoluzione. (Nikita Sergeevič Chruščёv)
Ricorrendo all'inganno e all'intimidazione, Imre Nagy trascinò il popolo alla rivolta e a una guerra fratricida. Fece parlare alla radio cittadini autorevoli, costringendoli a dichiararsi favorevoli alla sua guida e a denunciare il regime di Rakosi. Alcuni cedettero alle richieste di Nagy per paura, altri perché non si resero conto di quanto stava accadendo. (Nikita Sergeevič Chruščёv)
Imre Nagy, pur essendo un cospiratore, doveva essere sottoposto al giudizio del suo Stato e in nessun caso alla legge di un altro Stato o al giudizio di un tribunale straniero. Stalin non si abbassava mai a simili pratiche.
La sorte del governo Nagy era segnata. La controrivoluzione fu repressa e Imre Nagy si rifugiò nell’ambasciata di Tito. Era chiaro che egli era un agente di Tito e della reazione mondiale. Egli godeva anche dell’appoggio di Krusciov, al quale sfuggì di mano perché voleva andare ed effettivamente andò più lontano.
Lo pseudocomunista, il kulak e traditore Imre Nagy, camuffato con la maschera del comunismo, divenne il portabandiera del titismo e della lotta contro Rakosi. Quest’ultimo, avvedutosi del pericolo che minacciava il partito e il paese, aveva preso misure contro Imre Nagy, cacciandolo dal partito verso la fine del 1955. Ma era troppo tardi. Il ragno della controrivoluzione aveva impigliato nella sua rete l’Ungheria e questa era in procinto di perdere la partita.