- [Su Fernanda Pivano] A lei non solo mi lega una profonda devozione, ma anche un sempre crescente stupore per la sua attività di studiosa e traduttrice.[1]
- La parola è impotente, la parola non riuscirà mai a dare il segreto che è in noi, mai. Lo avvicina.[2]
- Maria! Maria! Maria! Maria! Maria! Maria! | Dolce è la sera e vive le stelle brillano | nel mare, e un vento smuove i rami secolari | degli eucalipti. Tutto è pace e un pastore | sale con le capre, mi saluta e sorride. | Chora in alto, nel suo monastero antico, | con le sue bianche case, isola e sigilla | un segreto che porto per sempre nel cuore. | Il vento ora tace. Sono solo, è vero, | così doveva essere, mi dico. D'improvviso, | un lampo squarcia il cielo. Nel silenzio | della cupa grotta dell'Apocalisse, odo un dialogo, | rivivo una domanda di Giovanni alla madre di Dio. (da Salire costa[3])
- Né vi sorprenda che Canosa occupando i tre quarti d'un colle apparisca, straordinario giuoco di bussolotti, sull'incurvarsi di una strada storica. E se non una città di fatalità omeriche e designata a fiorire prima forse che fosse nato Omero, quale poteva ambire d'essere scelta fra quelle che avrebbero legato ufficialmente Roma al mare? È una collina come un'onda gonfia più che non dovrebbe consentire la calma che le si stende ai piedi. Ma la Valle dell'Ofanto dalla quale esce Canosa è tutt'altro che calma, se "calma" non fosse vocabolo capace come uno di quegli inganni messi in opera da Annibale e proprio da queste parti che convincevano il nemico a schierarsi anche contro il vento, il polverone e il sole.[4]
- Non sono il poeta dell'abbandono alle delizie del sentimento, sono uno abituato a lottare, e devo confessarlo – gli anni vi hanno portato qualche rimedio – sono un violento: sdegno e coraggio di vivere sono stati la traccia della mia vita. Volontà di vivere nonostante tutto, stringendo i pugni, nonostante il tempo, nonostante la morte. (da Note a L'allegria; in Vita d'un uomo, p. 518)
- [Sul primo allunaggio] Questa è una notte diversa da ogni altra notte del mondo.[5]
- Vermeer più che la luce ha trovato altro, ha trovato il colore, un colore vero, dato nella sua assolutezza di colore. Se in Vermeer la luce conta, è perché anche la luce ha un colore, il colore di luce, e quel colore lo vede come un colore per se stesso, come luce, e ne vede, e ne isola, anche, se è vista, l'ombra, vincolo indissolubile della luce. Nemmeno i volumi contano per lui, intrisi di luce, macerati dalla luce, balzati in avanti, protesi ventri gravidi, con tanto pudore, con tanta ansia, con tanto dolce trepidare da lui ritratti. Conta il colore.[6]
Dall'intervista di Pier Paolo Pasolini, Comizi d'amore, 1965
Video disponibile su Youtube.com.
- [Sulla normalità sessuale] Ogni uomo è fatto in un modo diverso, dico nella sua struttura fisica. È fatto in un modo diverso anche nella sua combinazione spirituale. Quindi tutti gli uomini sono a loro modo anormali. Tutti gli uomini sono, in un certo senso, in contrasto con la natura.
- L'atto di civiltà è un atto di prepotenza umana sulla natura; è un atto contronatura.
- Io personalmente sono un uomo, sono un poeta, quindi incomincio a trasgredire tutte le leggi facendo della poesia.
- Ora sono vecchio e non rispetto più che le leggi della vecchiaia, che purtroppo sono le leggi della morte.
Dalla lettera a Bruna Bianco, 15 settembre 1966
In "Sei l'anima della mia anima, l'ultima forza che mi resta, l'ultima mia poesia". Le lettere di Ungaretti a Bruna, pangea.news, 19 settembre 2023
- Bruna cara, sono precisamente le sette secondo l'ora italiana, ma a San Paolo devono essere le sei e trenta appena. Devi dormire ancora, e Ti ha disturbato il sonno il mio pensare a Te così mattutino? Se il mio pensare a Te dovesse disturbarTi, non avresti un minuto di pace. Sento sempre la Tua voce, quella Tua di quella mattina al telefono, mentre stavo per partire.
- E cerco con gli occhi il Tuo viso, e a volte non riescono a rivederlo com'è, e allora mi stringo con le due mani il viso, e l'accarezzo, e nel mio viso mi rinasce il Tuo nelle mie mani, la più cara cosa, la sola che amo su tutte, l'anima della mia anima, sei l'anima della mia anima, l'ultima forza che mi resta, l'ultima mia poesia, la vera, l'unica vera.
- Come hai fatto a entrare così a fondo nella mia vita? Sei d'una sicurezza in quello che fai incredibile, e sei venuta con quella poesia. A dirti la verità, quando sei andata via e l'ho letta, m'è parsa inutile. C'era un'enfasi, c'era un metro in disuso, non so cosa c'era che mi urtava. L'ho ripresa poi a leggere, e vi ho scoperto una grazia, un'onestà, il modo raro d'indovinare il peso, la qualità, la novità, qui e là dei vocaboli, e mi ha toccato, d'improvviso mi ha toccato il sentimento, il dono vero che offre solo la buona poesia, quel dono che illuminava l'ingenuità di quelle strofe un po' antiquate, che illumina tutto quello che fai.
- Non sono che un piccolo poeta di questo secolo, nel quale anche i maggiori non possono essere che piccoli poeti; ma anche oggi, nel trambusto, nell'inferno d'oggi, - anche oggi la poesia ha bisogno di essere una persona che si scopre tra la gente - che infonde tanta carità, tanta fede, tanta speranza [...]. Io sono ormai troppo vecchio, oltre misura vecchio, quasi un antenato, e non occorre che io sia ancora felice, e non mi pare che sia successo un giorno ch'io fossi felice. Ma l'augurio che Tu abbia lunghi anni felici si avvererà. Nessuno ha mai desiderato con più violenza, con più disperazione che sia felice una persona, e non è mai accaduto, se il desiderio era fortissimo, che non fosse esaudito [...]".