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scrittore britannico Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
Daniel Defoe (1660 – 1731), scrittore britannico.
Sono nata a Poitiers in Francia da dove poi i miei genitori mi portarono in Inghilterra: ciò accadeva verso il 1684, quando i Protestanti furono cacciati di Francia dalla crudeltà dei loro persecutori. Ignoravo il motivo per cui mi avevano portato là, ma fui lieta di trovarmici: presto m'innamorai di Londra, città grande e bella, perché sin dall'infanzia ho sempre desiderato la folla ed il bel mondo. Di francese conservai solo la lingua.
Mio padre e mia madre erano di condizione superiore a quella della maggior parte di coloro che venivano a quel tempo chiamati profughi.
Il mio vero nome è così noto negli archivi e registri del carcere di Newgate e dell'Old Bailey, e vi sono ancora implicati, riguardo la mia personale condotta, certi fatti di tanta importanza, che non dovrete attendervi che io accompagni al racconto il mio nome o un ragguaglio della mia famiglia; può darsi che ciò si venga a sapere quando sarò morta; per il momento non sarebbe conveniente, no, nemmeno se concedessero un'amnistia generale, magari senza eccezione di persone o di reati.
Il mio vero nome è fin troppo noto, nelle carte e nelle cronache della prigione di Newgate e al tribunale dell'Old Bailey, e vi sono ancora pendenti faccende di gravità tale, riguardo alla mia specifica condotta, da far escludere che io possa firmare quest'opera o nominare la mia famiglia. Magari dopo la mia morte se ne saprà di più. Per il momento, però, non è il caso, nemmeno se viene un'amnistia generale, nemmeno se quell'amnistia riguarda chiunque e comprende tutti i delitti possibili.
[Daniel Defoe, Moll Flanders, traduzione di Giuseppe Trevisani, Garzanti, Milano, 1965.]
I was born in the Year 1632, in the City of York, of a good Family, tho' not of that Country, my Father being a Foreigner of Bremen, who settled first at Hull: He got a good Estate by Merchandize, and leaving off his Trade, lived afterward at York, from whence he had married my Mother, whose Relations were named Robinson, a very good Family in that Country, and from whom I was called Robinson Kreutznaer; but by the usual Corruption of Words in England, we are now called, nay we call our selves, and write our Name Crusoe, and so my Companions always call'd me.
[The life and strange surprizing adventures of Robinson Crusoe, W. Taylor, London, 17193]
Sono nato nell'anno 1632, nella città di York, da una buona famiglia, che però non era di qui: mio padre era uno straniero di Brema, dapprima stabilitosi a Hull, dove aveva fatto fortuna in affari: poi s'era ritirato dal commercio venendo a vivere a York, siccome aveva sposato mia madre, una Robinson, di un'ottima famiglia del luogo; così mi chiamavo Robinson Kreutznaer: ma per la corruzione di parole che avviene spesso in Inghilterra ora mi chiamano, ci chiamiamo, ci firmianmo, col nome di Crusoe: come m'hanno sempre chiamato i compagni.
[Daniel Defoe, Robinson Crusoe, traduzione di Alberto Cavallari, Feltrinelli, Milano, 20042. ISBN 88-07-82059-5]
Sono nato nel 1632 nella città di York, di buona famiglia benché non del paese. Mio padre era di Brema, infatti, e stabilitosi dapprima a Hull [...] passò poi a York dove sposò mia madre, appartenente a un'ottima famiglia locale di nome Robinson. Io mi chiamai dunque Robinson Kreutznaer. Sennonché questo cognome, per l'usuale storpiamento delle parole in Inghilterra, è poi diventato Crusoe e noi stessi abbiamo finito per pronunciarlo e scriverlo così.
[Citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993]
Sono nato nell'anno 1632, nella città di York, da una buona famiglia, ma non del paese; mio padre era uno straniero di Brema che si era stabilito in un primo tempo a Hull. Si fece una buona posizione con il commercio, poi, ritiratosi dagli affari, andò a vivere a York, città da cui aveva menato in sposa mia madre, i cui parenti si chiamavano Robinson, ed erano un'ottima famiglia del paese; dal loro nome io fui chiamato Robinson Kreutznaer; ma, per l'abitudine che si ha in Inghilterra di storpiare le parole, siamo ora chiamati, anzi ci chiamiamo e scriviamo il nostro nome, Crusoe, e così mi chiamavano sempre i miei compagni.
[Daniel Defoe, La vita e le strane sorprendenti avventure di Robinson Crusoe, traduzione di Oriana Previtali, Rizzoli, 2010. ISBN 978-88-58-60868-5]
Nacqui nell'anno 1632, nella città di York, da una buona famiglia che però non era del luogo, essendo mio padre uno straniero, di Brema, che si era stabilito originariamente a Hull. Poi si era fatto un buon patrimonio col commercio, e da quando aveva lasciato gli affari viveva a York, dove aveva sposato mia madre, la cui famiglia, un'ottima famiglia locale, si chiamava Robinson di cognome, e perciò a me fu dato il nome di Robinson Kreutznaer; ma, per l'abitudine di storpiare le parole che c'è in Inghilterra, noi siamo ora chiamati, anzi noi stessi ci chiamiamo e ci firmiamo, col nome di Crusoe, e così mi hanno sempre chiamato i miei compagni.
[Daniel Defoe, La vita e le avventure di Robinson Crusoe, traduzione di Lodovico Terzi, Adelphi, 2012. ISBN 978-88-459-7073-3]
Ai primi di settembre del 1664 cominciò a correre voce a Londra, e anch'io ne intesi parlare nel mio quartiere, che in Olanda c'era di nuovo la peste.
[citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993]
Come prova del fatto assai plausibile che queste memorie furono scritte molti anni fa, le persone che ora si occupano della loro pubblicazione, si sentono di assicurare al lettore che ne sono in possesso nella versione in cui ora appaiono da oltre vent'anni; e che tali Memorie furono rinvenute per caso molto tempo fa tra altre carte di valore nello studio di un eminente ministro, figura non meno importante di uno dei segretari di stato di re Guglielmo.
Lettore, ormai è pacifico che un libro di questo genere abbia bisogno di una prefazione che lo immetta nel mondo con più profitto; tanto pacifico che non riesco a ometterla, sebbene fra tutti i libri che mai siano usciti io sono convinto che il mio sia l'ultimo ad averne bisogno: perché le cose amene e gradevoli si giustificano da sé, e le cose utili e istruttive sono tante qui dentro, e pregne di tanta edificazione che a voler fare adesso delle chiose morali al soggetto in tutta la sua varietà ci vorrebbe un altro libro di uguale portata. Cadono qui a punto varie e giuste considerazioni sui felici vantaggi di una educazione sana e ben regolata e sulla rovina, in mancanza di essa, di tante migliaia dei nostri giovani di ogni condizione. E anche sul fatto che tante scuole pubbliche e istituti di carità dovrebbero migliorarsi ed equipaggiarsi in modo da impedire la rovina di tanti poveri bambini che in questa città, ogni anno, noi ingrassiamo per la forca.
Una persona di un certo livello, che come al solito trascorreva l'estate con la famiglia nella sua casa di campagna, fu obbligata, per particolari motivi di salute, a lasciare la detta casa e ad andare ad Aix-la-Chapelle a fare la cura delle acque. Successe, si dice, nel mese di agosto, due mesi prima dell'epoca in cui solitamente tornava a casa per l'inverno.
All'inizio di quest'anno si verificò un'epidemia nella città di Launceston, di cui furono vittime alcuni miei allievi. Fra i giovani che perirono per il male che dilagava, ci fu anche John Elliot, il figlio minore del signor Edward Elliot di Treherse, un adolescente di circa sedici anni, di particolari virtù e ingegnosità. Il padre mi chiese personalmente di recitare l'orazione funebre durante la cerimonia, che si svolse il 20 giugno del 1665.
AI CITTADINI DI LONDRA E WESTMINSTER
Signori!
L'esperienza vi induce a credere fermamente nella massima immortale che non c'è modo di proteggere l'innocente se non di punire il colpevole.
I delitti sono sempre stati, e non possono non essere, frequenti in città popolose come sono le vostre: necessaria conseguenza o del bisogno o della depravazione della più bassa sfera dell'umana specie.
Al giorno d'oggi abbondano gli esempi di flagranti infrazioni alla legge; incendio di abitazioni, scasso, furti e rapine; e senza numero vengono perpetrate le frodi, i reati comuni e i falsi; cosicché non soltanto i vostri beni, ma le vostre stesse persone, ne sono di frequente colpite.
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