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edificio di Pompei Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La villa Imperiale è una villa suburbana di carattere residenziale di epoca romana, ubicata appena fuori le mura di Pompei, a cui è addossata, in prossimità di porta Marina, nella parte occidentale degli scavi archeologici, al di sotto del tempio di Venere[1].
La Villa Imperiale, anche se non è provato che si trattasse realmente di un edificio di proprietà dell'impero[2], fu costruita nell'ultimo decennio del I secolo a.C. abusivamente[3] e fu notevolmente danneggiata a seguito del terremoto di Pompei del 62; fu poi completamente ristrutturata, ma poco dopo, probabilmente tra il 73 o il 74, venne riacquistata dal demanio ed in parte distrutta per far posto a dei granai[3] ed utilizzata anche come magazzino per i materiali di lavoro della città[2]. La villa, esplorata già in epoca borbonica e poi nuovamente sepolta, fu scoperta nel 1943 a seguito dei bombardamenti dell'antiquarium che sorgeva proprio sopra la costruzione e scavata nuovamente nel 1947 da Amedeo Maiuri[4].
Di grandi dimensioni, la Villa Imperiale custodisce uno dei maggiori esempi di pittura pompeiana sia in terzo stile, che gli artisti mantennero durante i lavori di restauro, sia in quarto stile[3]; originariamente su due piani[4], oggi ne rimane il portico, il triclinio, una diaeta, un oecus e parte del peristilio. L'oecus è di forma rettangolare, alto otto metri, lungo sette e largo sei[1] ed è largamente decorato in terzo stile, mentre la parte alta e la volta sono affrescate in quarto stile, segno di possibile crollo a seguito del terremoto del 62[3]; il pavimento, asportato durante il XVIII secolo, era probabilmente realizzato in marmo ed aveva una forma esagonale, così come dimostrato dalle impronte rimaste sul piano di calpestio[2]. Le pareti sono decorate con uno zoccolo rosso porfido, seguito da una breve striscia in nero e poi un'ampia zona centrale che presenta al centro un affresco a tema mitologico, diviso dal resto della parete da colonne, alla cui base è decorato con fregi con putti e psichi; le scene mitologiche delle edicole centrali raffigurano rispettivamente Dedalo ed Icaro, il più bello ritrovato a Pompei, che ritrae Icaro al suolo aiutato da una ninfa e Dedalo in volo, Teseo ed il Minotauro, con il mostro battuto e l'eroe circondato da fanciulli, con due ninfe che assistono alla scena, e Teseo che abbandona Arianna a Nasso, l'unico a non essersi perfettamente conservato[3]. La parte superiore invece è in quarto stile, a fondo nero, con raffigurazioni dionisiache. A completare le decorazioni sei pinakes che raffigurano poeti, tra cui Saffo e Alceo[2].
La diaeta invece presenta una zoccolo decorato con forme geometriche, seguito poi da un pannello bianco, nel quale sono raffigurati elementi architettonici come pyrgotoi e thymiateria; la parte superiore infine, sempre in bianco, è ornata con candelabri e colonne[5]. Il triclinio, illuminato da una finestra a tre fori che si affaccia sul giardino[2], presenta dei pannelli in rosso, con al centro un'edicola decorata, di cui solo quella del lato ovest è rimasta parzialmente conservata: si tratta della raffigurazione di un satiro e di una menade, in un santuario dedicato a Pan; la parte superiore, costruita dopo il terremoto del 62, è colorata in giallo[5]. Il peristilio è decorato con uno zoccolo nero e con pareti in rosso con bande bianche, nel quale sono raffigurati quadri del ciclo tebano, adornati con cariatidi e festoni[5], ma anche da medaglioni e tavolette asportate durante l'esplorazione borbonica[2]. Il portico è formato dai resti di quarantatré colonne[4], realizzate in mattoni e ricoperte da stucco bianco, in modo tale da creare le scanalature, le quali circondano un giardino che prima dell'eruzione aveva una vista sul mare[4].
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