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La Val Chero è una valle dell'Appennino ligure, formata dall'omonimo torrente situata interamente in provincia di Piacenza.
Val Chero | |
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Il torrente Chero in secca a Case Bruciate di Carpaneto | |
Stati | Italia |
Regioni | Emilia-Romagna |
Province | Piacenza |
Località principali | Carpaneto Piacentino, Gropparello, Lugagnano Val d'Arda, Morfasso |
Comunità montana | Comunità montana valli del Nure e dell'Arda |
Fiume | Chero |
La val Chero è formata dal torrente Chero, che nasce dal monte Obolo[1], nel comune di Gropparello, a circa 900 m s.l.m. Alla testata della valle si trovano lo stesso monte e il passo dei Guselli, valico posto nel territorio comunale di Morfasso che mette in comunicazione la valle con la val d'Arda.
Confina a ovest con la val Vezzeno, la val Riglio e la val Nure e a est con la val Chiavenna e la val d'Arda.
La val Chero è messa in comunicazione con la val d'Arda tramite il passo delle Donne[2] e il passo dei Guselli e con la val Nure tramite il valico di Prato Barbieri.
Il monte più alto della valle è il monte Obolo, situato tra la val Riglio, la val Chero e la val Nure, nei pressi del quale nascono il Riglio e il Chero e che raggiunge un'altezza di 1098 m s.l.m.[1].
Tra i monti principali della valle si trovano la Croce dei Segni (1072 m s.l.m.), il monte Cornetto (985 m s.l.m.), il monte Moria (903 m s.l.m.) e il monte Rovinazzo (858 m s.l.m.), tutti posti tra la val d'Arda e la val Chero.
Il corso d'acqua principale della valle è il torrente Chero, lungo 47 km e con un bacino idrografico di 81,7 km²[3].
Il reticolo secondario di affluenti del Chero, caratterizzato principalmente da corsi d'acqua artificiali, non presenta particolare rilevanza, specialmente nel tratto montano[3]. Tra gli affluenti si segnalano il rio Carbonaro, affluente di destra che confluisce nel Chero nei pressi di Badagnano, e dove sono stati ritrovati fossili risalenti al Pliocene medio-superiore[4] e i rii Lubia, Lubietto e San Michele che scendono dalla zona della Croce dei Segni e del monte Moria[5].
La val Chero è interessata da alcuni parchi:
La val Chero anticamente era denominata Carius vallis o Carii vallis, dall'antico nome del torrente Chero[9][10].
In epoca pliocenica la val Chero, così come le vallate limitrofe, era occupata dal mare, come testimoniato dai numerosi ritrovamenti di reperti fossili[11], tra i quali spicca il cranio completo di un cetaceo rinvenuto nel 1983 a Tabiano di Lugagnano e conservato al museo geologico G. Cortesi di Castell'Arquato[12].
La val Chero, più precisamente la zona di Veleia, frazione del comune di Lugagnano Val d'Arda, è abitata sin dalla preistoria, a testimonianza di ciò sono stati ritrovati i resti di alcuni sepolcri a cremazione, risalenti alla seconda età del ferro, a nord-est dei resti romani[13], oltre a questi sono stati ritrovati anche reperti risalenti all'età del bronzo[14].
L'insediamento vero e proprio di Veleia viene fondato dai liguri veleiati, da cui deriva il toponimo. Nel 158 a.C., con la definitiva sottomissione dei liguri al dominio di Roma, la zona viene occupata pacificamente dai romani[15].
Lo sviluppo del centro avviene, principalmente, in cinque periodi temporali: i primi due, durante la tarda repubblica, il terzo nell'epoca augustea, il quarto nella prima metà del I secolo e, infine, l'ultimo di poco successivo[14]. Veleia conosce una decadenza a partire dalla fine del III secolo a causa dei danni prodotti dalle frane a cui la zona è soggetta e della crisi economica generata dalla concentrazione dei terreni nelle mani di grandi proprietari terrieri: l'epigrafe più recente ritrovata durante gli scavi è datata 276 d.C.[15]. Ai precedenti fattori si somma la decadenza dell'impero romano stesso. L'esame di alcune monete tardo-imperiali attesta la sopravvivenza di Veleia fino al V secolo, prima del completo abbandono.
Dalla fine dell'VIII secolo la valle, così come altre valli limitrofe, fu soggetta al dominio dell'abbazia di val Tolla, situata a Monastero di Morfasso, rimanendovi alle dipendenze fino al 1535 quando, a causa della soppressione dell'abbazia, venne ceduta alla famiglia Sforza ad opera di papa Paolo III[16].
Nel 1747 viene ritrovata in circostanze casuali, in un prato situato di fronte alla chiesa di S.Antonino, la tabula alimentaria traianea, iscrizione bronzea risalente all'epoca di Traiano: il ritrovamento dà il "la" all'inizio degli scavi, avvenuto nel 1760, che hanno permesso la riscoperta del centro di Veleia.
A partire dal 1866 cominciano in val Riglio e in val Chero, ricerche petrolifere, condotte inizialmente da una società genovese, poi dal conte Marazzani, dalla società francese Petroles de Montechino e, infine, dal barone francese Adolfo Zipperlen proprietario della Società Francese dei Petroli, sotto il quale l'attività d'estrazione diventa operativa nel 1888[17].
Durante la seconda guerra mondiale la vallata è teatro di scontri tra truppe tedesche e repubblichine e formazioni partigiane. Nella mattinata del 4 dicembre 1944 una colonna di circa settanta militari appartenenti alla divisione Turkestan, senza mezzi a motore, proveniente da Bettola e diretta a Morfasso, supera la località di Prato Barbieri e si attesta ai Guselli, frazione del comune di Morfasso posta in cima all'omonimo passo, spargendosi nelle case alla ricerca di cibo. Notata una colonna partigiana proveniente da Morfasso, viene predisposto un agguato collocando alcune mitragliatrici in luoghi defilati della località[18].
Alle 9.30, i primi partigiani, arrivati a bordo di una motocicletta, vengono bloccati e fatte prigionieri senza spargimenti di sangue. Due ore più tardi, il grosso della colonna partigiana, composta da alcune auto, da un Fiat 626 adattato ad ambulanza e da un Fiat 666, vengono sorpresi dal fuoco delle mitragliatrici: dei circa sessanta partigiani presenti sui vari veicoli venticinque vengono uccisi nei combattimenti sul posto e dieci vengono fatti prigionieri: di questi ultimi due verranno rilasciati il giorno successivo, uno riuscirà a fare ritorno da un campo di prigionia in Germania, dove invece morirono gli altri sette catturati[18]. Considerando anche i morti dei combattimenti dei giorni successivi, il bilancio totale è di quarantaquattro partigiani uccisi[19].
Dopo la fine della guerra, nel 1950 viene sospesa l'attività estrattiva, con i pozzi che vengono in gran parte smantellati[17].
Nella val Chero, così come nella limitrofa val Riglio, sono presenti giacimenti di gas naturale e petrolio, che vennero sfruttati a livello industriale dal 1888 al 1950. Il culmine di questa attività si ebbe ai primi del novecento. In questi anni vennero aperti complessivamente, tra val Chero e val Riglio, 349 pozzi, profondi tra i 500 e i 1 100 metri, alcuni capaci di una produzione giornaliera di 40 000 litri di petrolio. Le località maggiormente interessate dalle trivellazioni furono Montechino in val Riglio e Veleia in val Chero. Le attività di ricerca vennero sospese nel 1950, quando il petrolio piacentino non riuscì più ad essere competitivo con quello estero.
La vallata è risalita da nord a sud dalla strada provinciale 14 della Val Chero che, partendo da Carpaneto, raggiunge il passo dei Guselli. Qui la strada interseca la strada provinciale 15 di Prato Barbieri che permette il collegamento con Morfasso e la val d'Arda e con Bettola e la val Nure tramite il valico di Prato Barbieri. Da Prato Barbieri si dirama la strada provinciale 10 bis di Castellana che discende la valle dal versante opposto rispetto alla strada provinciale 14 per, poi, raggiungere il centro di Gropparello, posto in val Vezzeno. La strada provinciale 10 bis e la strada provinciale 14 sono collegate tra di loro, all'altezza di Veleia, dalla strada provinciale 14 bis di Veleia[28].
La val Chero appartiene amministrativamente ai comuni di Carpaneto Piacentino, Gropparello, Lugagnano Val d'Arda e Morfasso; Carpaneto Piacentino comprende porzioni territoriali su entrambe le sponde del Chero, Gropparello sulla sinistra orografica, mentre Lugagnano Val d'Arda e Morfasso sulla sponda opposta. Nessuno dei capoluoghi comunali si trova in val Chero.
L'alta valle, ricadente nei comuni di Gropparello, Lugagnano Val d'Arda e Morfasso, ha fatto parte della comunità Montana valli del Nure e dell'Arda, fino alla sua chiusura avvenuta nel 2013[29].
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