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Tribunale della Rota Romana

tribunale della Curia romana Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Tribunale della Rota Romana
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Il Tribunale della Rota Romana (in latino Tribunal Rotae Romanae, noto anche come Tribunale della Sacra Rota) è uno dei tre organismi giudiziari della Curia romana. È il tribunale ordinario della Santa Sede. Ha sede a Roma, nel Palazzo della Cancelleria, ma in antico ebbe sede anche nel Palazzo Farnese.

Fatti in breve Eretto, Decano ...
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Storia

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La storia della Sacra Rota prende le mosse dall'approvazione della Costituzione apostolica di Giovanni XXII Ratio iuris (1331).[1] Il Tribunale ebbe origine dalla Cancelleria Apostolica, nella quale dopo il Cancelliere (poi Vicecancelliere) venivano l'auditor contradictorium ed i cappellani. A questi, prima caso per caso e poi stabilmente, era affidata l'istruzione delle cause (auditores causarum curiae domini papae). Papa Innocenzo III (1198-1216) diede loro anche il potere di pronunziare le sentenze. Con Innocenzo IV e il primo Concilio di Lione (1245), i cappellani formarono un tribunale stabile. Giovanni XXII assegnò all'istituzione fondata dal predecessore una sede e la disciplinò con la costituzione Raio iuris (16 dicembre 1331).

Il nome Sacra Rota deriva probabilmente da un recinto di forma circolare intorno al quale in origine si disponevano gli auditores (uditori) per valutare le istanze ed emettere le sentenze. Il primo uso registrato del termine "Rota" si trova nelle Decisiones Rotae Romanae di Bernard du Bosquet, relative a 36 casi giudicati ad Avignone tra il dicembre del 1336 e il febbraio del 1337[2].

Il numero dei cappellani uditori fu fissato ad un massimo di 12 da papa Sisto IV nel 1472, mentre la competenza del tribunale fu precisata nel 1747 da papa Benedetto XIV con la costituzione Iustitiae et pacis[3].

La nomina degli uditori (giudici) fu sempre riservata al Papa. Dovevano essere doctores iuri celebres, oltre che distinti per prudenza e integrità di vita. Il collegio dei giudici era presieduto da un "decano", anch'egli nominato dal pontefice scegliendolo tra gli stessi giudici. Anticamente invece il decano era semplicemente l'uditore più anziano. Fino al 1870, alcuni stati ed alcune città avevano il privilegio proporre al pontefice la nomina degli giudici. La Spagna ne indicava due, mentre il Sacro Romano Impero, la Francia, Bologna, Milano, Perugia, Venezia (sostituita dopo il 1815 da Ravenna), Firenze e Ferrara, potevano indicarne uno ciascuno. Gli altri tre uditori erano cittadini romani.

Nel 1834, sotto papa Gregorio XVI, il tribunale ebbe la funzione di corte d'appello per lo Stato Pontificio, mentre furono sempre più spesso assegnate alle congregazioni le cause di foro ecclesiastico.

Dopo la presa di Porta Pia e l'occupazione di Roma del 1870, la Rota interruppe la sua attività. Il 29 giugno 1908 papa Pio X creò un nuovo tribunale recuperando l'antica denominazione di Rota.[4]

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Attività

La Rota giudica per turni di tre uditori (o videntibus omnibus) ed è essenzialmente un tribunale di appello: è competente per il foro esterno (in materia di cause contenziose e criminali, escluse quelle riservate al papa) e la sua giurisdizione, che concerne sia i cittadini della Città del Vaticano sia i fedeli di ogni parte del mondo, si esercita:

  • in primo grado nelle cause civili, ove siano convenuti vescovi diocesani, mense vescovili o altri enti immediatamente dipendenti dalla Santa Sede, e in ogni altra causa che il pontefice abbia avocato a sé, sia motu proprio sia per istanza delle parti;
  • in secondo grado nelle cause già decise da tribunali diocesani e devolute immediatamente al pontefice, saltando i tribunali metropolitani;
  • in terzo grado nelle cause già decise in secondo grado dai tribunali metropolitani e diocesani, e non ancora passate in giudicato.
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Uditori della Rota

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Il Palazzo della Cancelleria, sede della Sacra Rota, in un'incisione ottocentesca di Giuseppe Vasi.

Gli uditori attivi della Rota, con le rispettive date di nomina, sono i seguenti[5]:

  • mons. Maurice Monier (9 gennaio 1995)
  • mons. Giordano Caberletti (12 novembre 1996)
  • mons. Grzegorz Erlebach (4 novembre 1997)
  • mons. Jair Ferreira Pena (8 febbraio 1999)
  • mons. Michael Xavier Leo Arokiaraj (25 aprile 2007)
  • mons. Alejandro Arellano Cedillo, C.O.R.C. (25 aprile 2007)
  • mons. David Maria Jaeger, O.F.M. (12 aprile 2011)
  • mons. Vito Angelo Todisco (27 settembre 2011)
  • mons. Felipe Heredia Esteban (27 settembre 2011)
  • mons. Davide Salvatori (13 dicembre 2011)
  • mons. Alejandro Wilfredo Bunge (7 aprile 2013)
  • mons. Manuel Saturino da Costa Gomes, S.C.I. (21 gennaio 2014)
  • mons. Antonio Bartolacci (21 gennaio 2014)
  • mons. Pietro Milite (9 gennaio 2015)
  • mons. José Fernando Mejía Yáñez, M.G. (22 febbraio 2016)
  • mons. Miroslav Konštanc Adam, O.P. (12 febbraio 2016)
  • mons. Francesco Viscome (27 ottobre 2016)
  • mons. Hans-Peter Fischer (20 luglio 2017)
  • mons. Robert Gołębiowski (19 luglio 2019)
  • mons. Laurence John Spiteri (25 aprile 2022)
  • mons. Antonios Chouweifaty (25 aprile 2022)
  • mons. Pierangelo Pietracatella (23 gennaio 2023)
  • mons. Tomasz Kubiczek (14 gennaio 2025)

Officiali della Rota

  • avv. Maria Fratangelo (difensore del vincolo, dall'8 novembre 2018)
  • don Francesco Ibba (sostituto difensore del vincolo, dal 17 aprile 2015)
  • don Pierangelo Pietracatella (capo ufficio, dal 20 luglio 2017)

Cronotassi dei decani

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Cause di nullità matrimoniale

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Il Tribunale apostolico della Romana Rota si occupa soprattutto delle cause di nullità matrimoniale, che costituiscono la grande maggioranza delle cause discusse presso la Rota. Esse riguardano i matrimoni contratti con rito cattolico, fra due cattolici oppure fra un coniuge cattolico e uno ateo o di altra confessione. Il ricorso al tribunale della Rota per le cause di nullità matrimoniale è facoltativo in primo grado e in secondo grado (i fedeli possono infatti decidere di rivolgersi ai tribunali ecclesiastici del loro territorio); diventa obbligatorio solo dal terzo grado di giudizio in poi.

Comunemente si parla di "annullamento della Rota", o addirittura di "divorzio cattolico", ma tecnicamente si tratta di un "riconoscimento di nullità". Infatti secondo la dottrina cattolica il sacramento del matrimonio è uno e inscindibile e pertanto il diritto canonico nega possano sussistere cause a questo riguardo di annullamento o risoluzione.

Ricezione nell'ordinamento italiano delle sentenze della Rota Romana

In Italia la dichiarazione di nullità del matrimonio religioso non comporta l'immediato annullamento del matrimonio civile, perché lo Stato italiano deve accogliere la sentenza ecclesiastica attraverso una procedura detta delibazione disciplinata dal codice di procedura civile dall'art. 796 e seguenti. Tali articoli risultano oggi abrogati ma, in realtà, trovano ugualmente applicazione proprio in relazione alle sentenze provenienti dai Tribunali ecclesiastici in virtù della prevalenza degli accordi internazionali (i Patti Lateranensi e gli Accordi del 1984 di Villa Madama hanno tale natura e sono stati ratificati con legge) rispetto alle disposizioni della legge n. 218/95, così come stabilito dall'art. 2 della legge stessa. Questo nonostante la procedura di delibazione sia più sfavorevole rispetto alle disposizioni della legge n. 218/95 sugli effetti delle sentenze straniere in Italia. La suddetta istanza di delibazione dev'essere inoltrata presso la Corte d'appello competente per territorio, che va individuata in quella nel cui distretto si trova il Comune dove fu trascritto il matrimonio stesso, e dev'essere necessariamente sottoscritta da un avvocato. Ai fini della valida ammissione dell'istanza, i requisiti prescritti si basano sull'esistenza dei seguenti presupposti: la presenza delle due conformi decisioni giudiziali emanate in ambito ecclesiastico, dichiarative della nullità del matrimonio e il decreto di esecutività rilasciato dal Supremo tribunale della Segnatura Apostolica attraverso il quale, secondo il diritto canonico, si attesta l'esecutività della sentenza ecclesiastica di nullità.[7]

La delibazione (o riconoscimento) in taluni casi particolari può essere negata. Ad esempio per quelle cause di nullità valide per il diritto canonico ma che non sono riconosciute dall'ordinamento italiano; sono fra questi casi le dispense pontificie per matrimonio "rato e non consumato",[8] poiché la consumazione non rileva ai fini del diritto italiano o almeno non rileva in termini generici ma va verificata nei suoi contesti attraverso specifico rito di magistratura italiana, al punto da impedire la ricezione automatica di una dispensa. Il matrimonio non consumato è, infatti, per l'ordinamento italiano motivo per cui chiedere lo scioglimento del matrimonio/cessazione degli effetti civili del matrimonio ai sensi della legge sul divorzio del 1970.

Come acclarato dalla Corte di cassazione italiana,[9] infatti, già altra corte[10] aveva chiarito che restano inapplicabili le disposizioni della nuova normativa, nella parte in cui esse consentirebbero l'efficacia immediata e diretta della decisione straniera, senza adottare lo speciale procedimento giurisdizionale previsto per le sentenze di nullità di matrimonio pronunciate dai tribunali ecclesiastici (art. 8, comma 2, l. 25 marzo 1985, n.121).[11]

Inoltre la dichiarazione di nullità del matrimonio concordatario produce gli effetti del cosiddetto matrimonio putativo di cui all'art. 128 c.c.

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