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consuetudine o credenza tramandata nel corso del tempo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il termine tradizione (dal latino traditio, traditiònis,[1] derivante dal verbo tràdere = «consegnare», «trasmettere») può assumere diverse accezioni, fortemente interconnesse:
In antropologia la tradizione è l'insieme degli usi, costumi, e dei valori a questi collegati, che ogni generazione, dopo aver appreso, conservato, modificato dalla precedente, trasmette alle generazioni successive. La tradizione è particolarmente sentita dalle comunità minoritarie che, attraverso di essa, tendono a conservare la propria identità.
Negli studi sul folklore veniva definito «inculturazione» il processo con il quale un gruppo sociale trasmette e riproduce le proprie "tradizioni" al suo interno;[10] acquisiti per acculturazione invece erano definiti i tratti culturali provenienti dall'esterno (strati sociali diversi, o da altre aree geografiche-culturali).
In Italia, all'interno delle scienze etnoantropologiche, si è delineato un campo di studi oggi definito come storia delle tradizioni popolari, all'interno del quale, fin da inizio Novecento, studiosi quali Giuseppe Pitrè, Ernesto de Martino, Alberto Mario Cirese, hanno operato ricerche su usi, costumi, dialetti, cultura materiale, consuetudini di diritto, pratiche religiose, canti, poesie, musiche, tradizioni orali e ogni altro aspetto concernente quello che veniva definito "popolo", ovvero gli strati sociali più arretrati. Inizialmente definito demopsicologia, poi demologia, o acquisendo il termine americano, studi di folklore, questo campo di studi, a partire dagli anni ottanta, ha rimesso profondamente in discussione il proprio oggetto, criticando la reificazione delle tradizioni, e ponendo l'accento più sui processi di costruzione sociale e sull'uso che i soggetti fanno di esse.
Dagli anni ottanta si tende a criticare il concetto di tradizione, per sostenere come la cultura sia situata nell'individuo, ed ogni volta che vi è un passaggio di tratti culturali avvenga necessariamente una rielaborazione[11]. In quest'ottica la tradizione viene vista più come un elemento retorico utilizzato da gruppi di individui per rafforzare una propria identità collettiva, in particolare per essere utilizzata in contrasti con altri gruppi sociali.
In ambito religioso, la Tradizione è ciò che giustifica e assicura la continuità con i fondatori, anche scritturali, della religione stessa.[3]
Gli israeliti del tempo del Giudaismo avevano molte tradizioni non scritte, che essi affermavano essere state affidate a Mosè sul Monte Sinai, e trasmesse a Giosuè, ai Giudici ed ai profeti. Dopo le loro guerre contro i romani al tempo di Adriano e Severo, a causa della loro sempre più grande dispersione, gli israeliti cercano di assicurarsi la conservazione delle loro tradizioni affidandole alla scrittura.[12]
A questo testo sono aggiunti due commentari: la Ghemarah di Gerusalemme, probabilmente nell'anno 370 e la Ghemarah di Babilonia.[13]
Nel Cristianesimo la tradizione intesa etimologicamente come «trasmissione» si basa sulla successione della missione e della potestà degli Apostoli ai loro successori, che restano così in comunione con loro.[14] Gesù condanna tuttavia severamente molti dei farisei, una setta giudaica molto diffusa nel periodo del Secondo Tempio, rimproverandoli di preferire le tradizioni dei loro antenati (cioè la Torah orale) alla stessa legge di Dio, aderendo in modo superstizioso a vane osservanze e trascurando doveri morali e religiosi più importanti.[15]
Esistono nell'ambito del cristianesimo tradizioni orali successivamente trascritte ed assunte come autentiche da una specifica comunità.
Nel cattolicesimo il tradizionalismo è una tendenza che difende gli insegnamenti tradizionali della Chiesa cattolica e sostiene come tale continuità storica con il passato sia stata interrotta dal Concilio Vaticano II.[22]
Nel cristianesimo ortodosso la Bibbia è considerata il cuore costitutivo di una tradizione più vasta che abbraccia anche altri aspetti della Rivelazione.[17]
Queste concezioni sono invece condannate dal protestantesimo che sostiene in genere come il contenuto della Bibbia, in quanto Parola di Dio, abbia la precedenza su qualunque tradizione cristiana, che alla luce di quella deve essere verificata ed eventualmente respinta se non può esserle conciliata.[18] Ispirato dalla contestazione protestante verso la tradizione ecclesiastica, gli illuministi cominciarono a screditare persino la Bibbia stessa come fonte di tradizione negando la sua origine rivelata e divina.[23]
Nel diritto romano, per tradizione era inteso l'atto formale di consegna di un bene, normalmente necessario e conclusivo nell'acquisto della proprietà a titolo derivativo. Si trattava di "tradizione consensuale" se effettuata mediante la consegna materiale del bene (generalmente mobile) o di "tradizione effettiva o simbolica" se effettuata tramite la consegna di un simbolo che desse la possibilità di esercitare il possesso sul bene (generalmente immobile - es. chiavi del fabbricato).
In filologia, o critica testuale, per tradizione si intende l'insieme dei testimoni che trasmettono un'opera. Essa può essere diretta quando ha l'intenzione di trasmettere un dato testo, indiretta quando un testo o parte di esso si trasmette grazie alla citazione che ne fa un altro autore.
Si parla di edizione critica quando il testo pubblicato riporta tutte le testimonianze scritte (conservate e non), le relazioni fra copie apografe e originali antigrafi ricostruite a ritroso fino a risalire a quelle ritenute più antiche, un apparato critico che evidenzia le varianti testuali non esistenti nei testimoni conservati fino all'Età moderna, le scelte dell'editore per emendare o correggere errori o corruttele del testo che questi ravvisa in passi ritenuti viziati nella forma o nella sostanza attraverso tutta la tradizione.[24]
In ambito filosofico ed esoterico il tradizionalismo integrale, anche chiamato perennialismo, intende richiamarsi ad una Tradizione primordiale e universale nella quale esso trova sedimentata una sapienza di provenienza non umana, donata dal mondo spirituale in epoche antichissime agli uomini, da costoro distrutta e dimenticata ma della quale rimane un'impronta nelle correnti dell'esoterismo e delle culture popolari e folcloriche giunte sino a noi.[6]
Il tradizionalismo si propone pertanto di recuperare il nucleo di quella sapienza misterica del passato, di cui le varie tradizioni religiose, filosofiche e dottrinali exoteriche sono solo la veste esteriore, e che già i filosofi rinascimentali chiamavano prisca theologia, andata perduta a causa della decadenza ineluttabile del mondo moderno.[7]
Pensatori tradizionali o tradizionalisti sono stati René Guénon, Julius Evola, Titus Burckhardt, Ananda Coomaraswamy, Nicolás Gómez Dávila, ed altri,[7] accomunati da una concezione della Tradizione (con l'iniziale maiuscola) come forza trascendente, che si rende al contempo immanente in base alle contingenze storiche.
Il conservatorismo tradizionalista, conosciuto genericamente come tradizionalismo, descrive una filosofia politica situata nell'alveo del conservatorismo che sottolinea la necessità - filosofica, etica e pratica - di salvaguardare i principi della legge naturale e dell'ordine morale trascendente, della tradizione, dell'unità organica e gerarchica, della vita rurale, del classicismo, della cultura elevata e della fedeltà.[8]
Alcuni tradizionalisti hanno abbracciato i termini di reazione e controrivoluzione, riferendosi alla decadenza della società provocata dall'illuminismo Poiché i conservatori tradizionalisti hanno una visione gerarchica della società, spesso difendono una struttura politica di tipo monarchico, aristocratico o demo-organico, come l'assetto sociale più naturale e benefico. Questo tipo di Tradizionalismo - sebbene non si incarni in un preciso modello politico - è esistito dacché è cominciata la civiltà; la sua espressione contemporanea, tuttavia, si sviluppò nel XVIII secolo, soprattutto in risposta alla guerra civile inglese e alla rivoluzione francese. Spesso è collocato nella destra, ma vi sono anche pensatori culturalmente tradizionali che non si identificano in quest'area politica.
Il concetto di "tradizione" nella massoneria è estremamente importante e dibattuto, poiché alcuni studiosi lo riconducono a un esoterismo inteso come trasmissione di storia, filosofia di pensiero e valori, altri lo ritraggono quale trasmissione esoterica di poteri dal significato pertanto iniziatico, sapienziale e spirituale.[25]
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