Loading AI tools
tomba del faraone Tutankhamun Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La tomba di Tutankhamon (nota anche come KV62)[2] è il luogo di sepoltura, nella Valle dei Re, del giovane faraone della XVIII dinastia che salì al trono a 9 anni e morì a 18, poco prima di compierne 19[3]. Analisi eseguite nel corso degli anni, non ultime le analisi del DNA compiute nel 2009, hanno consentito di appurare che il faraone soffriva di diverse malattie, alcune delle quali ereditarie, ma si è ritenuto che a nessuna di esse possa essere imputata la morte[3]. Le analisi, pubblicate nel febbraio 2010 sulla rivista statunitense JAMA (Journal of the American Medical Association), oltre a chiarire aspetti legati alla genealogia del re, dimostrarono che era affetto dalla malattia di Köhler, a causa della quale era costretto a camminare appoggiandosi a un bastone. Ciò giustificherebbe la presenza nella KV62 di 130 di tali oggetti, i quali, presentando all'estremità evidenti tracce di usura, lasciano dedurre che fossero effettivamente utilizzati e non un semplice corredo.
«Qui davanti a noi c'era una prova sufficiente a dimostrare che quello era davvero l'ingresso di una tomba che, visti i sigilli, dal di fuori sembrava inviolata[1].»
KV62 Tomba di Tutankhamon | |
---|---|
L'ingresso della tomba | |
Civiltà | Antico Egitto |
Utilizzo | Tomba di Tutankhamon |
Epoca | Nuovo Regno (XVIII dinastia) |
Localizzazione | |
Stato | Egitto |
Località | Luxor |
Dimensioni | |
Superficie | 180,99 m² |
Altezza | max 2,75 m |
Larghezza | max 5,09 m |
Lunghezza | max 30,79 m |
Volume | 381,67 m³ |
Scavi | |
Data scoperta | novembre 1922 |
Date scavi | da novembre 1922 a novembre 1930 |
Organizzazione | Lord Carnarvon |
Archeologo | Howard Carter |
Amministrazione | |
Patrimonio | Tebe (Valle dei Re) |
Ente | Ministero delle Antichità |
Visitabile | sì (con pagamento biglietto suppletivo) |
Sito web | www.thebanmappingproject.com/sites/browse_tomb_876.html |
Mappa di localizzazione | |
Nel corpo di Tutankhamon fu inoltre rilevata la presenza del parassita della malaria in forma grave, come suffragato anche dalla presenza nella tomba di piante con proprietà analgesiche e antipiretiche[4].
La tomba porta il numero 62: le 65 sepolture principali della Valle dei Re sono numerate progressivamente (sigla "KV"= Kings' Valley, seguita da un numero); la numerazione non ha nulla a che vedere con la progressione sul trono dei titolari; nel 1827, infatti, l'egittologo inglese John Gardner Wilkinson numerò le tombe già scoperte da 1 a 22 seguendo l'ordine geografico da nord a sud. Da tale data, però, ovvero dalla KV23 in poi, il numero corrisponde all'ordine di scoperta e, di qui, il numero 62 assegnato alla sepoltura di Tutankhamon.
L'importanza della scoperta, la più famosa della storia dell'egittologia e una delle più rilevanti dell'archeologia mondiale, risiede nel fatto che si tratta di una delle poche sepolture dell'antico Egitto pervenutaci quasi intatta, l'unica di un sovrano e conseguentemente, tra quelle note, la più ricca. La scoperta di Howard Carter, il 4 novembre 1922, fu permessa dalle sovvenzioni di Lord Carnarvon.
Theodore Davis, un eccentrico avvocato statunitense, incominciò a scavare nella Valle dei Re nel 1902 e portò alla luce parecchie tombe, più intenzionato a ritrovare tesori che alla progressione degli studi archeologici. Nei suoi scavi, Davis "sfiorò" più volte (senza mai scoprirla) la tomba di Tutankhamon e suo fu lo scavo della KV54 che conteneva oggetti appartenenti proprio al giovane re (si ritiene trattarsi di oggetti trafugati dalla KV62); egli considerò la KV54 la vera tomba del re, tanto che dichiarò che la valle non avesse più nulla da offrire[5]. Davis era in pessimi rapporti con Carter[6] e i due non perdevano occasione per criticarsi reciprocamente: Carter accusava Davis di non svolgere alcun rilevamento nei suoi scavi, né tanto meno di redigere relazioni sui reperti rinvenuti[7].
Nel 1903, per motivi di salute, era intanto giunto in Egitto anche un nobile inglese, George Edward Stanhope Molyneux Herbert, quinto conte di Carnarvon che dopo aver tentato, con ripetuti insuccessi, di ottenere risultati archeologici validi, decise di affidarsi, nel 1907, a un archeologo professionista scegliendo Howard Carter che precedentemente aveva lavorato nella Valle. Dal 1907 al 1914 gli scavi consentirono alla coppia Carter-Carnarvon di scoprire alcune tombe, ma il sodalizio fu interrotto dalla prima guerra mondiale. Nel 1917 Carter riprese gli scavi nella Valle, che però non fornirono i risultati sperati dal magnate inglese. Nel 1922, in previsione della scadenza della concessione di scavo nell'aprile del 1923, il direttore del Servizio delle Antichità egiziano, Pierre Lacau, avvertì Lord Carnarvon dell'impossibilità di rinnovarla, annullando così gli accordi già presi tra lo stesso Carnarvon e il precedente direttore del Servizio, il francese Gaston Maspero[8]. Carnarvon decise perciò di rientrare in Gran Bretagna; Carter abbandonò momentaneamente gli scavi e lo raggiunse, ottenendo un'ultima campagna di scavo e giungendo a offrirsi di sostenerne personalmente le spese. Rientrato in Egitto il 1º novembre 1922, Carter fece spostare il campo di scavo proprio dinanzi all'ingresso della tomba KV9 di Ramses VI, faraone della XX dinastia, in un settore di forma triangolare dove aveva già lavorato parecchi anni prima, ma che aveva incomprensibilmente abbandonato. Qui erano precedentemente stati rinvenuti i resti (ritenuti archeologicamente privi di importanza) di alcune capanne costruite dagli operai che avevano lavorato alla tomba KV9 e proprio in quel punto, tre giorni dopo, il 4 novembre 1922[9], fu scoperto il primo gradino di una scala di accesso a un ipogeo (dalla figura sotto riportata, è possibile rilevare la sovrapposizione della KV9 alla KV62).
Il complesso tombale è un ipogeo che si sviluppa nel calcare del wadi[14]. Originariamente doveva esistere una grotta sotterranea, che gli scalpellini del faraone regolarizzarono, dando forma a stanze rettangolari.
Una scalinata (A) composta da 16 gradini porta a un corridoio in leggera discesa (B), che conduce in una sala rettangolare, denominata dagli archeologi "anticamera" (C), da cui si dipartono gli accessi ad altre due camere: la "camera funeraria" (D) che conteneva i sarcofagi e il cosiddetto "annesso" (F)[14]. Il complesso ipogeo, mediamente, si trova a circa 8 m di profondità rispetto al piano della valle, nelle immediate vicinanze della tomba KV9 di Ramses VI che, sia pure involontariamente come sopra visto, giocò un ruolo importante nella salvaguardia della sottostante KV62. Dalla sala D si accede alla cosiddetta "camera del tesoro" (E)[14]. Per quanto riguarda le, orientative, dimensioni (le lettere fanno sempre riferimento alla planimetria sopra riportata).
Codice | Stanza | Dimensioni m | Area m² |
---|---|---|---|
A | Scala | 4,70 x 1,60 | 7,52 |
B | Corridoio | 7,60 x 1,70 | 12,92 |
C | Anticamera | 3,60 x 8[15] | 28,8 |
D | Camera funeraria | 6,40 x 4 | 25,6 |
E | Tesoro | 3,80 x 4,70 | 17,86 |
F | Annesso | 2,60 x 4,30 | 11,18 |
Per un totale complessivo di poco più di 100 m² |
Come si nota, si tratta di una tomba molto piccola (per gli standard della Valle dei Re); si ritiene infatti che la morte prematura del giovane sovrano avesse colto impreparati i dignitari che decisero, perciò, di utilizzare una tomba già predisposta, forse destinata ad Ay, alto funzionario di corte. Di fatto si ritiene che la vera tomba di Tutankhamon, quella cioè di cui era incominciato lo scavo all'atto dell'ascesa al trono del giovane, sia la tomba KV23, poi occupata dal successore Ay.
A un piccolo ripiano iniziale segue la scala vera e propria, ripida e breve: 16 gradini al termine dei quali si trovava una "prima porta" murata ("ab" in planimetria) e sul cui intonaco spiccavano i sigilli intatti della necropoli con lo sciacallo, rappresentante il dio Anubi, sovrastante nove prigionieri, i nemici dell'Egitto, con le braccia legate dietro la schiena.
Dalla scala si diparte, sullo stesso asse, un lungo corridoio con inclinazione costante verso il basso, di circa 18° chiuso, all'estremità opposta, da una "seconda porta" murata ("bc") abbattuta e sostituita, in tempi moderni, da una robusta grata[16]. Per avere una sensazione dell'immane lavoro svolto dagli scavatori moderni, ma ancor più da quelli antichi, si consideri che giù per la scala "A", e lungo il corridoio "B", fu trasportato all'interno il sarcofago di granito del peso di quasi 430 kg che ospita ancora il corpo di Tutankhamon. All'atto della scoperta, scala (A) e corridoio (B) erano completamente riempiti di pietrisco[17] mentre le porte ("ab" e "bc"), che presentavano chiari segni di almeno due aperture da parte di ladri, e successive chiusure a cura dei funzionari preposti, recavano numerosi sigilli della necropoli tebana (il dio-sciacallo Anubi che sovrasta nove prigionieri con le braccia legate: i nemici dell'Egitto).
A proposito dei sigilli, nella tomba, specie sulle pareti murate, furono trovati sette tipi di sigilli differenti, tutti impressi sulle pareti quando l'argilla che le ricopriva era ancora fresca mediante una sorta di "timbri", forse di legno. La sovrapposizione di alcuni di questi timbri ha consentito di individuare la cronologia delle incursioni ladresche.
La porta murata (bc) presentava segni di effrazione, di ricostruzione e di conseguente apposizione dei sigilli della necropoli[18]. Abbattuto il tramezzo che chiudeva il corridoio, Carter si trovò in un vasto locale di circa 30 m², che si sviluppa ortogonalmente rispetto al corridoio (B), da cui si accede per mezzo di un gradino. Al momento dell'apertura, l'anticamera conteneva circa 6-700 oggetti, raccolti da Carter in 157 gruppi, accatastati alla rinfusa[19]. Spiccavano, sul lato sinistro dell'ingresso, i carri del re[20], smontati, mentre davanti alla porta troneggiavano tre letti zoomorfi[15], con l'iscrizione Osiride Nebkheperura e quindi esclusivamente funerari, di cui:
Sulla parete di destra (nord) gli scavatori notarono subito una "terza porta" murata ("cd" nella planimetria sopra riportata). Il fatto che fosse presidiata da due statue in grandezza naturale[21] fece intendere che doveva nascondere qualcosa di particolarmente importante. Secondo le leggi vigenti all'epoca, qualora si fosse trattato di una tomba intatta, l'apertura di questa porta sarebbe dovuta avvenire alla presenza del sovrintendente alle antichità Lacau, ma questi delegò uno dei suoi assistenti, Rex Engelbach, che dopo aver annotato le considerazioni di Carter sulla violazione della tomba, avvenuta durante l'antichità, e la successiva riapposizione dei sigilli, il 26 novembre non si ripresentò al cantiere[22]; in tale data, pertanto, Carter sfondò, con cautela, la porta murata nell'angolo superiore sinistro[23] e osservò l'interno, come lord Carnarvon, sua figlia Evelyn e l'americano Callender, tecnico ferroviario in pensione e suo aiutante[24]. Il foro venne richiuso e venne applicato un cancello di legno sulla porta esterna. Il gruppo tornò nella tomba il 28 novembre 1922, dopo aver inviato un messaggio al Servizio delle Antichità e sapendo benissimo che sarebbe stato ricevuto solo dopo l'orario di chiusura[25]; in tale occasione[26] venne praticato un foro nella parte bassa della porta (cd) che dava accesso alla camera funeraria. Tale foro venne poi coperto da una cesta rotonda e da uno strato di frecce che abbondavano sul pavimento, o, secondo un'altra fonte, da steli di giunco che si trovavano nell'anticamera come è possibile rilevare dalle fotografie scattate da Burton[26][27]; la prima a entrare fu lady Evelyn, figlia di Lord Carnarvon.
Come tutto lasciava supporre, dietro questa porta si trovava la camera funeraria (D), quasi completamente occupata da una struttura di legno dorato, una sorta di cappella che, come successivamente si appurò, ne conteneva altre tre prima di raggiungere il sarcofago di granito.
Il 17 febbraio 1923, una volta sgomberata completamente l'anticamera (C) e alla presenza di un "folto pubblico" (famose le foto di Carter e dello stesso Carnarvon in camicia che attaccano la muratura con un piccone[28]), si procedette alla demolizione del muro della porta (cd)[N 1] che separava l'anticamera (C) dalla camera funeraria (D).
Si tratta dell'unica camera dipinta della tomba. Giacché le pitture furono realizzate su un fondo di colore giallo, alla stanza venne assegnato il nome di Casa d'oro. Tutte e quattro le pareti sono dipinte con andamento delle scene verso ovest. I dipinti presentano piccole punteggiature nere causate da funghi le cui spore vennero introdotte all'atto della realizzazione delle pitture parietali e proliferate anche a causa dell'umidità interna della tomba.
La parete è suddivisibile in tre distinte scene ordinate da destra verso sinistra per chi guarda. Nella prima scena, Ay, successore di Tutankhamon, indossa il Pshent, la corona blu, e la pelle di leopardo del prete Setem; fa le veci del figlio primogenito ed esegue il necessario rituale di rivivificazione su suo “padre”: l’apertura degli occhi e delle orecchie. Si tratta tuttavia di un dipinto che esula dalle regole canoniche: Ay, infatti, svolge la cerimonia che era prevista per l'erede al trono, ma indossa già i simboli della sovranità e sul suo capo è riportato il cartiglio con il suo nome di incoronazione[29]. Tale situazione apparirebbe anomala poiché non potevano coesistere due faraoni se non come coreggenti (e non risulta un periodo di coreggenza tra Ay e Tutankhamon), e la cerimonia di insediamento del successore non poteva avvenire se non dopo che il defunto Tutankhamon si fosse trasformato in Osiride, cioè proprio dopo la cerimonia dell'apertura degli occhi e delle orecchie.
Nella scena centrale Tutankhamon, il cui nome viene riportato sopra la sua figura, appare nuovamente in abiti terreni, ovvero del re vivente giacché egli è ormai tale dopo la cerimonia dell'apertura degli occhi e delle orecchie, ed è affrontato alla dea Nut che lo accoglie nell'aldilà.
Nell'ultima scena il re, in abiti terreni, indossa il copricapo nemes, è seguito dal suo doppio, il Kha, con in mano l'ankh. Il faraone abbraccia, cioè si congiunge nell'aldilà con Osiride, re dei defunti, con cui egli stesso ormai si identifica.
Suddivisa in due registri; nel registro superiore la barca solare, preceduta da 5 divinità (Nebtubi, Heru, Kashu, Nehes, Maa), su cui viaggia il dio Khepri (peraltro parte integrante del prenome Neb-Kheperu-Ra di Tutankhamon). Nel registro inferiore dodici babbuini accovacciati rappresentano la prima delle 12 ore della notte attraverso cui il sole, e il re, debbono viaggiare prima di raggiungere l’alba.
Trattandosi della parete in cui si apriva la porta (cd), è quella che ha subito i danni maggiori: il re, che qui veste il copricapo Khat, è seguito da Anubi, dio della necropoli, ed è accolto nel regno dei morti da Hathor. Alle spalle di Anubi, identificata dai geroglifici che si trovavano sulla sua testa, si trovava la Dea Iside la cui immagine è quella maggiormente danneggiata dalle demolizioni.
La decorazione di questa parete fu evidentemente eseguita per ultima e con una certa fretta dopo che gli scrigni erano stati montati nella Camera Funeraria. Appare evidente, inoltre, la differenza, di “mano” di chi la eseguì (rispetto alle altre) anche perché le proporzioni delle figure, su questa parete, non sono basate sul canone amarniano di 20 quadrati, bensì sulla più tradizionale griglia compositiva di 18 quadrati[30].
Nella parete est si apre la porta che dà accesso al Tesoro (camera E in planimetria); nella parte alta della parete viene rappresentato il corteo funebre: il re mummificato giace supino su un'alta slitta posta sotto un baldacchino dal duplice cornicione lavorato con teste di cobra erette (del tutto simile a quello realmente rinvenuto della tomba). La slitta è trainata da dodici uomini, suddivisi in cinque gruppi, vestiti di bianco e con il capo cinto di bende funerarie pure bianche. L’ultima coppia, dal capo rasato e con differenti abiti, rappresenta i due Visir dell’Alto e Basso Egitto, forse Pentu e Usermont[29].
I restanti uomini, come riportato nelle iscrizioni, sono alti funzionari di Palazzo che, secondo il testo, proclamano Neb Kheperu Ra, vai in pace o dio protettore della terra[31].
Ad abbattimento della porta (cd) avvenuto, agli archeologi si presentò una seconda parete di legno, completamente ricoperta d'oro[32] e pasta vitrea blu. Era questa la parete della prima di quattro cappelle, o scrigni, o sacrari, tutte in legno rivestite di lamina d'oro, che racchiudevano i sarcofagi del re.
La prima cappella, o sacrario[33], lunga 508 cm, larga 328 cm e alta 275 cm, occupava quasi per intero la camera [N 2], e presentava le porte a due battenti ancora chiuse e recanti il sigillo della necropoli[34].
Nell'intercapedine creata tra la parete della tomba e quella della prima cappella, vennero rinvenuti molteplici oggetti: due lampade in calcite[35], una statua in legno rappresentante un'oca[36], alcune scatole ed un'anfora di vino[37], undici remi della barca sacra[38], nonché alcune rappresentazioni stilizzate del dio Anubi.
L'apertura della prima cappella, il cui portale si trovava sul lato est della camera funeraria, ne rivelò una seconda di 374 cm di lunghezza, 235 cm di larghezza e 225 cm di altezza[39], priva di sigilli, che si trovava all'interno di una semplice struttura in legno originariamente ricoperta da un telo di lino di 550 cm per 440 cm, ormai completamente deteriorato, su cui erano state cucite rosette in bronzo)[40]. Una terza cappella[41] di 340 cm di lunghezza, 192 cm di larghezza e 215 cm di altezza, questa volta ancora con i sigilli della necropoli intatti, ne conteneva una quarta[42] di 290 cm di lunghezza, per 148 cm di larghezza e 190 cm di altezza; nell'intercapedine tra queste vennero rinvenuti altri oggetti rituali tra cui alcuni archi[43].
Solo all'interno della quarta cappella si trovava il sarcofago vero e proprio; ricavato da un unico blocco di quarzite gialla, lungo 274 cm, largo 147 cm e alto 147 cm, del peso di oltre 430 kg. Il coperchio presentava una frattura trasversale al centro e le due parti erano state tra loro accostate mediante una colata di gesso cui era stato applicato colore per rendere simile la tonalità all'intera struttura. Si tratta, peraltro, dello stesso sarcofago che oggi è possibile ammirare nella camera funeraria della KV62 e che, sostituito il coperchio in granito con una lastra di vetro, ospita ancora uno dei sarcofagi antropomorfi (il primo, in legno e oro) e le spoglie mortali di Tutankhamon[44].
All'interno del sarcofago in quarzite si trovavano tre altri sarcofagi antropomorfi, di cui due in legno ricoperto da lamine d'oro, e l'ultimo, quello più vicino al corpo del defunto, in oro massiccio.
All'interno del sarcofago di granito, sotto un doppio strato di lino, fu rinvenuto un primo sarcofago antropomorfo in legno rivestito d'oro[45], le cui maniglie in argento furono così resistenti da consentire il sollevamento del coperchio. Lungo 224 cm[46], in legno di cipresso con sagomatura in gesso ricoperta da una foglia d'oro di spessore variabile, poggiava su un basso letto in legno ancora intatto. Ai lati le due dee Iside e Nefti ricoprono il defunto con le loro ali; sul fondo, la dea Iside sovrasta il simbolo geroglifico dell'oro e un testo su dieci colonne.
Ne seguì un secondo della stessa fattura[47], ovvero in legno rivestito d'oro lungo 204 cm[48]. Era ricoperto da un malridotto sudario in lino cui erano sovrapposte ghirlande di fiori, un ramoscello d'ulivo, petali di fiori di loto blu e fiordaliso. In luogo delle dee Iside e Nefti, questa volta stendevano le loro ali sul defunto il cobra Uadjet e l'avvoltoio Nekhbet. Il coperchio era tenuto in situ da dieci tenoni in argento iscritti con il prenome del re Neb-Kheperu-Ra.
Un terzo sarcofago, questa volta in oro massiccio[49], lungo 188 cm[48], di spessore variabile da 2 a 3 mm, e del peso complessivo (calcolato nel 1929) di circa 110 kg[50], venne trovato all'interno del secondo. Il copricapo nemes del sarcofago era ricoperto di un sottile telo di lino, il viso lasciato in vista, mentre tutto il resto del corpo antropomorfo era ricoperto da un lino di colore rosso ripiegato tre volte[51]. Il torace era ricoperto da un ampio e fragile collare in perline di vetro blu, nonché foglie, fiori e frutti di vario genere tra cui melograni. Carter stimò che fossero stati versati, nell'intercapedine tra i due contenitori, circa due secchi di resine che, solidificandosi, avevano fermamente unito il terzo sarcofago al fondo del secondo[N 3][52]. Gli occhi, originariamente in calcare e ossidiana, sono andati perduti per decomposizione; sopracciglia e trucco cosmetico sono in lapislazzuli e paste vitree. Il nemes reca, anche in questo caso, la tipica ripartizione in fasce che però, al contrario di quanto rilevato nei due sarcofagi precedenti, sono solo evidenziate con differente altezza e non colorate. Le orecchie presentavano fori per orecchini, ma questo erano stati camuffati con dischetti in oro[53]. Attorno al collo di questo sarcofago si trovavano due pesanti collane costituite da dischi intervallati in oro e faience. Le braccia del re sono incrociate sul petto e recano il flagello, nella mano destra, e il bastone pastorale ricurvo, nella sinistra, simboli di Osiride, col significato regale di protezione e di guida.
Ma nemmeno la rimozione di questo terzo sarcofago doveva consentire agli scopritori di guardare in faccia Tutankhamon: la mummia, finalmente rivelata, portava sul capo, infatti, l'oggetto più famoso dell'iconografia egiziana e che, da solo, basta a caratterizzare l'intera avventura dell'egittologia, ossia la maschera d'oro.
La maschera funeraria di Tutankhamon venne portata alla luce, e vista per la prima volta dagli archeologi, il 25 ottobre 1925, ovvero quasi tre anni dopo la scoperta della tomba. Si tratta di una sorta di "casco", in oro massiccio, lapislazzuli e paste vitree, che riproduce le fattezze del giovane re. Tutankhamon indossa il nemes, sulla fronte reca le due dee protettrici dell'Alto e Basso Egitto (Nekhbet l'avvoltoio e Uto il cobra); gli occhi, truccati secondo l'usanza, sono in quarzo e ossidiana, mentre sopracciglia e trucco sono realizzati in lapislazzuli.
Reca il numero 256a nella catalogazione di Carter; è registrata presso il Museo del Cairo con il numero d'entrata 60672 e, come sottonumero del corredo di Tutankhamon, il 220[54].
Misura circa 54 cm in altezza, 39,3 cm in larghezza e 49 cm in profondità[N 4]; lo spessore medio della lamina è stato stimato in 0,15 cm che diventano 0,30 cm nei bordi; il peso oscilla (a seconda delle pesature[N 5]) tra i 9,2 e i 10,2 kg. Il materiale principale è oro di elevata caratura ma due sfumature sono riscontrabili a occhio nudo: argento-azzurrognolo per il viso e il collo e un colore più scuro per il resto. Analisi al XRDF (diffrattometro corredato di spettrometro) hanno rivelato che si tratta di differenti leghe: 18,4 carati, rilevati per le labbra, e 22,5 carati nella treccia del nemes[55]. Il viso è una versione della realtà idealizzata nei ritratti noti del faraone all'interno ed esternamente alla tomba e segnatamente nelle due statue di guardiani a grandezza naturale che presidiavano l'accesso alla camera funeraria. Parte integrante della maschera è una barba in pasta vitrea blu, oggi scolorata in grigio, che molte foto di Burton mostrano distaccata dal mento cui è applicata, a pressione, mediante una fascia d'oro.
La parte posteriore della maschera reca 10 colonne e 2 righe di geroglifici, derivanti da una personalizzazione del capitolo CLI del Libro dei Morti[56][57]; il testo, che richiama la protezione degli dei Ptah-Sokar, Thot, Anubi, Horus, nonché dell'intera Enneade, è adattato specificamente al benessere di Tutankhamon nell'aldilà[58], (benché un'analisi del 2001 abbia portato a individuare il nome della enigmatica regina Ankhtkheperura, o Neferneferuaton, in un cartiglio parzialmente cancellato[59][60]):
Salute a te, bello è il tuo viso che irradia luce
completato da Ptah-Sokar, esaltato da Anubi, fa in modo che siano innalzate
a Thot lodi. Bello è il volto che è presso gli dei. Il tuo occhio destro è
nella barca del Sole della sera, il tuo occhio sinistro è nella barca del sole al mattino, le tue sopracciglia
nell'Enneade. La tua fronte è Anubi, la tua nuca è
Horus, la tua chioma è Ptah-Sokaret e sei dinanzi ad Osiride.
Egli ti vede e ti guida lungo strade belle per colpire in suo nome
i congiurati di Seth. Sconfigga egli i tuoi nemici presso
l'Enneade di Heliopolis. Lui è in possesso della corona ed è sotto la maestà di Horus
Signore dell'umanità
l'Osiride sovrano Neb-Kheperu-Ra giusto di voce, dia vita come Ra.
Vari sono i danni subiti dalla maschera di Tutankhamon[61]: perdita di estese parti della pasta vitrea blu dalla fronte e dal retro del nemes, specie dalla treccia posteriore; gran parte di questi danni furono causati da Carter nel tentativo di separare la maschera, e in genere il corpo del re, dalle resine di imbalsamazione.
Un secondo gruppo di danni è visibile sulla fronte e sulla falda esterna, a destra guardando, della maschera: due fori brutalmente eseguiti in antico evidentemente per fissare fermamente in posizione il flagello al corpo[61]. Non è ovviamente noto perché tali fori siano stati realizzati in maniera così cruda. Durante la cerimonia di apertura degli occhi e della bocca era prevista la posizione verticale della mummia regale e, forse, in tale posizione il flagello non restava ben fermo rischiando di cadere; ciò potrebbe aver comportato la necessità di risolvere il problema estemporaneamente.
Una terza area di danni è riscontrabile nella parte anteriore sporgente, a destra, del nemes: sembra infatti che questa sia stata sottoposta a un urto molto violento. La posizione e il tipo di danno suggerisce che la maschera (e forse il completo allestimento funerario) possa essere caduta dalla posizione verticale già all'interno della tomba. Tale ipotesi viene suffragata dalle stesse annotazioni di Carter[62] che indica un certo numero di pezzi d'oro sparsi sul pavimento dell'entrata e dell'anticamera. Carter identificò successivamente tali frammenti come parte del fianco della maschera.
È interessante notare che nulla fa supporre che la maschera sia mai stata usata prima della sepoltura di Tutankhamon, nonostante alcune evidenze nella struttura stessa dimostrerebbero che era stata preparata per qualcun altro[63]. Tale ipotesi sarebbe inoltre suffragata dai larghi fori presenti alle orecchie della maschera, ai quali non erano apposti orecchini, ma che erano camuffati da dischi in oro[N 7]. Che si trattasse di un camuffamento, inoltre, venne confermato dalla presenza di analoghi dischi sulle orecchie del sarcofago d’oro più interno[64]. La presenza di fori per orecchini sulla maschera contrasterebbe, tuttavia, con la rappresentazione tipica dei re giacché sono noti solo due casi di rilievi di re in età matura che indossano tali ornamenti[N 8]. Si ritiene, perciò, che gli orecchini fossero solitamente indossati dai re in età prepuberale, ma fossero inadeguati per il re in età adulta[65]. Da ciò deriva l’ipotesi che il viso della maschera, o più esattamente le orecchie, fossero state realizzate o per una donna, o per un bambino, o che nascondendo i fori si intendesse dare al defunto re Tutankhamon un’età più matura[65].
Differenti analisi radiografiche[66] e ispezioni della maschera eseguite al Cairo nel 2001 e nel 2009 hanno consentito di individuare una serie di rivetti alla base della gola e una visibile linea di saldatura lungo i bordi del viso e del collo, nonché nella fascia frontale[N 9]. Alla luce di tali analisi, è possibile stabilire che la maschera è, in realtà, costituita da otto distinte parti[67]:
tutte collegate tra loro mediante rivettature, martellamento, saldature o semplicemente a pressione (come nel caso della barba).
Dalla camera funeraria (D), attraverso un passaggio non murato, si accede al cosiddetto "tesoro" (E), anche se in questo locale non furono immagazzinati oggetti di pregio particolare rispetto a quelli rinvenuti nelle altre camere. In meno di 20 m² erano tuttavia conservati una gran quantità di oggetti del corredo funebre, specie di natura religiosa, come una statua di Anubi.
Si trovarono anche i vasi canopici di alabastro, contenenti i visceri estratti da Tutankhamon, e due piccole mummie, due figlie del faraone morte appena nate[68].
Tornati nell'anticamera, gli scopritori notarono che sotto uno dei letti funebri (quello con le teste di Ammut) era visibile una "quarta porta" murata ("cf" nella planimetria), l'apertura della quale consentì di accedere a un altro locale, denominato "annesso" (F), il cui pavimento (come quello della camera funeraria) si trovava a un livello circa un metro inferiore a quello dell'anticamera. Questa porta fu poi aperta il 17 febbraio, durante una cerimonia alla presenza di molte autorità, tra le quali avrebbe dovuto comparire anche la regina del Belgio che rinunciò a presenziare alla cerimonia.[69]
Gli oggetti trovati nell'annesso, prevalentemente cibo, oli e unguenti preziosi, erano in estremo disordine[70] certamente a causa delle due spoliazioni che la tomba aveva subito. In entrambi i casi, tuttavia, verosimilmente i ladri (viste anche le dimensioni delle brecce rinvenute nelle porte) avevano potuto asportare solo piccoli oggetti di valore, contenitori di profumi e unguenti preziosi. Una serie di piccoli contenitori e un involto contenente alcuni anelli furono rinvenuti nel corridoio di ingresso, mentre una delle tombe della valle (KV54) conteneva altri oggetti recanti il nome di Tutankhamon, tanto che i primi scopritori ritennero che fosse proprio quella la tomba del re, già scovata e depredata.
Nel 2018, attraverso diverse scansioni eseguite con il georadar, è emerso che non esiste alcuna camera segreta all'interno della struttura.[71][72][73]
All'interno della KV62 vennero rinvenute tre mummie: quella del re[74] e quelle di due piccoli feti di sesso femminile[75], verosimilmente figlie del re giacché sono noti altri casi di sepoltura di figli nella stessa tomba paterna.[N 10]
Nella camera funeraria (D), il sarcofago in granito, protetto da una serie di cappelle in legno ricoperto d'oro, conteneva a sua volta tre sarcofagi antropomorfi che racchiudevano il corpo mummificato di Tutankhamon[76][77] con il capo coperto dalla famosa maschera d'oro; sul torace, inoltre, due lamine d'oro riproducevano le mani[78] che impugnavano i due scettri (il flagello e il pastorale)[79]. Il corpo del re, tuttavia, aderiva fortemente al sarcofago d'oro a causa della gran quantità di unguenti versati e che nel tempo si erano solidificati, impedendo ogni possibilità di rimozione senza danneggiare la salma. Carter tentò di limitare i danni, con risultati negativi, cui seguirono metodi drastici che ruppero il corpo del re in varie parti. Sul capo il re recava una coroncina riproducente le dee protettrici (Nekhbet e Uto), e cartigli con una delle prime varianti del nome del dio Aton[79]. Tra gli innumerevoli giri di bende, gli scopritori rinvennero circa 150 amuleti e gioielli (anelli, bracciali, collane). Di particolare interesse due pugnali con fodero in oro, uno lungo la coscia destra e l'altro infilato in una sorta di cintura in vita. Mentre il primo presentava la lama in oro[80], il secondo è tuttavia storicamente il più prezioso con la sua lama in ferro[81] di origine meteoritica[82], ancora lucida e non arrugginita. Il ferro, infatti, non era usuale in Egitto in quel periodo; si deve perciò ritenere che l'arma sia stata un dono, forse di origine ittita[83].
Nella camera E, il Tesoro, vennero rinvenuti due piccoli sarcofagi antropomorfi, dipinti in resina nera con bande dorate, contenenti le mummie di due piccoli feti, verosimilmente di sesso femminile, lunghi rispettivamente 57,7 e 49,5 cm[84] che recavano l'indicazione generica Osiride senza alcun nome specifico. Una volta aperti i piccoli sarcofagi si rilevò la presenza, in ciascuno, di un secondo sarcofago[85] in legno ricoperto di foglia d'oro. I piccoli corpi erano lunghi rispettivamente 39,5 cm e poco meno di 30 cm. Il feto più piccolo, n. 317a(2) di Carter, era conservato in buone condizioni avvolto in un triplo strato di bende e recava, sul capo, una piccola maschera in cartonnage dorato con i tratti somatici marcati in nero. Il feto più grande, n. 317b(2) di Carter, si presentava in condizioni meno buone del precedente; anch'esso era avvolto in un triplo strato di bende, ma non recava maschere sul volto. È verosimile, data la similitudine, il materiale e le dimensioni, che la maschera predisposta per tale feto sia da identificarsi[86] in un tale oggetto rinvenuto da Davis, nel 1907, nel pozzo n. 54 della Valle dei Re evidentemente realizzata, ma non consegnata in tempo utile per la sepoltura della piccola.
L'autopsia su tali mummie venne svolta nel 1932 dal dott. Douglas Erith Derry[86]: la mummia 317a(2), forse al quinto mese di gestazione, lunga 27,7 cm, non presentava tracce di sopracciglia, né ciglia e le palpebre erano ancora chiuse. Il feto presentava ancora una piccola traccia di cordone ombelicale e Derry ritenne trattarsi di una femmina. Non era presente incisione addominale e, apparentemente, non era stata eseguita alcuna operazione di conservazione imbalsamatoria.
La mummia 317b(2), forse al settimo mese di gestazione, lunga 36 cm, anche in questo caso verosimilmente di sesso femminile, presentava ciglia e sopracciglia visibili e i bulbi oculari erano ormai formati. In questo caso venne evidenziata una piccola incisione addominale di circa 2 cm, attraverso la quale era stato inserito del tessuto all'interno dell'addome; all'interno del cranio, attraverso le narici, era stata inserita un'analoga striscia di lino. La piccola doveva essere morta immediatamente subito dopo la nascita poiché il cordone ombelicale risultava asportato e l'ombelico chiuso. Più recenti analisi del corpicino[87], svolte presso l'Università di Liverpool dal professor R.G. Harrison, hanno rivelato che la piccola era affetta da deformità di Sprengel, spina bifida e scoliosi e che l'età era da attestarsi al nono mese.
Premesso che gli oggetti rinvenuti ammontano a 5 398 pezzi[88][89], la loro rimozione dalla KV62 avvenne, molto lentamente, secondo schemi organizzativi di certo degni di nota e, fondamentalmente, alla base di ogni ricerca archeologica[N 11]. Carter sfruttò le tombe già scoperte in supporto delle sue operazioni[90]; in particolare:
A ogni oggetto, o gruppo di oggetti, venne associato un contrassegno numerico in loco e la macchina fotografica venne sempre posizionata in modo che ogni oggetto comparisse almeno una volta.
Di ogni oggetto venne eseguito uno schizzo (a cura dello stesso Carter o di Arthur Mace) su schede numerate progressivamente. Gli oggetti vennero quindi riportati su una planimetria da Lindsley Foote Hall o da Walter Hauser (quest'ultimo solo per l'anticamera).
Solo dopo queste operazioni, l'oggetto veniva finalmente rimosso e portato in laboratorio per il trattamento conservativo (eseguito da Alfred Lucas e Arthur Mace) cui seguiva una nuova fotografia e la registrazione definitiva. Tutto questo sotto la pressione costante della stampa mondiale, che si lamentava della lentezza delle operazioni, del pubblico onnipresente (tra il 1º gennaio e il 15 marzo 1926, ben 12 000 furono i visitatori) e dello stesso governo egiziano. Si consideri, a titolo esemplificativo, che lo sgombero dell'anticamera, incominciato, come sopra indicato, il 27 dicembre del 1922, necessiterà di oltre 7 settimane.
Per il trasporto degli oggetti, dopo l'imballo protettivo e l'incassamento, dalla Valle dei Re al vicino Nilo vennero usati tratti di binario di una ferrovia Decauville a spinta manuale[92], nonostante il boicottaggio da parte del Servizio delle Antichità il cui direttore, Pierre Lacau, era un acerrimo avversario di Carter; non esistendo un collegamento ferroviario, i tratti di binario percorsi dovevano essere ogni volta smontati per poi essere rimontati davanti al trasporto, tanto che per percorrere i pochi chilometri erano necessarie oltre 15 ore.
Alcuni oggetti rinvenuti nella tomba sono esposti al Museo di Luxor.
La tomba KV62 era, secondo la numerazione delle scoperte di Carter, la numero 433 (dal 1915) e tale numero, pertanto, caratterizzerà tutta la catalogazione conseguente. A ogni oggetto, o gruppo di oggetti, venne assegnato un numero da 1 a 620. Gli oggetti appartenenti a uno stesso gruppo furono invece indicati con lettere minuscole, singole o multiple, dell'alfabeto: a, aa, b, bb, c, cc, ecc. e ulteriori suddivisioni con numeri tra parentesi. Il gruppo 620 è anomalo giacché venne, a sua volta, suddiviso in sottocategorie da 620:1 a 620:123. Si ottenne così la seguente ripartizione, in funzione delle aree di rinvenimento:
Come evidenziato sopra, trattando del metodo di catalogazione impiegato da Carter, oltre il 50% degli oggetti rinvenuti si trovava nell'annesso ("F" in planimetria); tuttavia, gli altri locali erano ugualmente ingombri di suppellettili varie anche a causa delle incursioni ladresche che avevano messo a soqquadro il presumibile ordine originario della tomba. Corre qui l'obbligo di ricordare che, a parere dello stesso Carter, circa il 60% dei gioielli e dei prodotti più preziosi (come unguenti e profumi) era stato asportato già nell'antichità.
L'entrata, come si rammenterà, venne individuata il 4 novembre 1922 ed era nascosta dalle rovine delle baracche usate dagli operai che avevano lavorato alla sovrastante tomba di Ramses VI (KV9) e già in quest'area vennero fatte piccole scoperte, fra cui un frammento di ostrakon di periodo ramesside. Lo svuotamento della scala ("A") fornì invece alcuni oggetti[93] tra cui spiccano: uno scarabeo di steatite verde trasparente intitolato a Thutmosi III, alcuni sigilli di giare o scatole probabilmente appartenenti ai contenitori saccheggiati dai ladri e frammenti di resina e turchese[94].
Nel corridoio ("B"), aperto il 25 novembre 1922, vennero invece rinvenuti[95] frammenti di vaso e di scatole, coppe, otri forse impiegati dai ladri per portar fuori più agevolmente sostanze liquide, pendenti in faience, rasoi in bronzo, la scatola di un collare, etichette in legno, frammenti di vetro[96].
L'anticamera si presentava in uno stato di caos organizzato e conteneva circa 700 oggetti raggruppati da Carter in 157 gruppi[97]. Agli scopritori balzarono subito agli occhi i tre letti funebri con testiere in forma rispettivamente di leone (o leopardo)[98], ippopotamo (la dea Ammit, la Divoratrice)[99] e di vacca (la dea Mehetueret)[100][101]. Tali suppellettili erano già note da rilievi parietali di altre tombe[N 12], ma era la prima volta che se ne rinvenivano di intatti; tutti i letti erano costituiti da quattro distinte parti: il letto vero e proprio, la pediera e i due supporti laterali recanti le teste animali. Altri oggetti ugualmente di rilievo apparvero subito le parti smontate di alcuni carri.
Dall'anticamera venne estratto, il 27 dicembre 1922, il primo oggetto che vide la luce dopo oltre tremila anni: una cassa di colore bianco completamente dipinta con scene di caccia.[102][N 13]
Il primo letto, con teste di leone (o leopardo), lungo 180 cm, largo 91 cm e alto 156 cm, presentava il naso, il contorno occhi e quelle che vennero definite lacrime in pasta vitrea blu, con occhi in cristallo dipinti sul retro per far trasparire l'iride e la pupilla[103].
Il secondo letto, con teste di vacca rappresentanti la dea Mehetueret, era lungo 221 cm, largo 91 cm e alto 150 cm. La pelle dell'animale sacro era resa con foglia d'oro mentre le macchie, a forma di trifoglio, erano state realizzate con pasta vitrea blu[104].
Il terzo letto, con teste di ippopotamo rappresentanti la dea Ammit, ovvero la Divoratrice protagonista della cerimonia della psicostasia, era lungo 237 cm, largo 91 cm e alto 134 cm. Originariamente indicata come la dea Tueris, protettrice delle nascite, venne poi correttamente indicata come Ammit grazie a un testo in geroglifico rinvenuto sul supporto del materasso[104].
Per quanto riguarda l'uso rituale dei tre letti funerari, si ritenne che quello con testa di vacca (la dea Mehetueret) potesse essere individuato come barca solare per il trapasso del re defunto dal mondo terreno all'aldilà. Non venne individuato il senso degli altri due letti[104].
Tra gli oggetti che affollavano l'Anticamera si trovavano anche i pezzi smontati e accatastati di quattro carri di cui uno da caccia, uno probabilmente da guerra e due da parata[101][105]. Il timone consentiva di aggiogare due cavalli per carro mentre sul pianale trovava posto, oltre il conducente, una sola persona[N 14].
Il primo carro[106] aveva la struttura portante in legno; il pianale era largo 102 cm e profondo 44 cm. Si trattava di un carro molto probabilmente da parata, data la decorazione ricercata in gesso ricoperta di foglia d'oro, poteva ospitare un solo occupante e recava in rilievo la rappresentazione di un sole alato, identificato in Horus di Behdet, che si librava sui geroglifici del prenome di Tutankhamon, Neb-Kheperu-Ra, e della regina Ankhesenamon. L'assale era largo 230 cm; le ruote presentavano sei raggi e il timone di aggiogamento dei cavalli, anch'esso rivestito d'oro, era staccato[107].
Il secondo carro era sostanzialmente simile al primo; anche in questo caso il pianale era decorato con foglia d'oro e inserti in paste vitree colorate. I rilievi riportavano il nome e il prenome del re affiancati dal serekh con il Nome di Horus, nonché il simbolo sema tawy sovrastante la rappresentazione dei nemici dell'Egitto con le mani legate[108]. Anche in questo caso, il timone era staccato e il pianale consentiva la presenza di un solo occupante, il che fece propendere per l'identificazione anche di questo come carro da cerimonia.
Il terzo carro si presentò ancora con il timone collegato al pianale; era esistente tuttavia la sola struttura portante giacché i fianchi e il pianale dovevano originariamente essere stati realizzati in cuoio, o pelle, deterioratasi nel corso dei millenni. Analoga situazione riguardava il quarto carro la cui struttura era tuttavia ancora più leggera della precedente il che fece supporre si trattasse di un carro da caccia o da esercitazione[109].
Come già più sopra scritto, la camera funeraria era quasi per intero occupata da un enorme "scrigno" in legno ricoperto d'oro (n. 1 nello schema sopra riportato e n. 207 della catalogazione di Carter). Per avere idea delle dimensioni di tale primo scrigno (5,08 x 3,28 x 2,75 m con pannelli in legno dello spessore di 32 mm), si consideri che, tra la parete della camera e lo scrigno, c'erano circa 60 cm anteriormente e posteriormente, e poco più di 30 cm lateralmente. In questa sorta di intercapedine trovavano posto vari oggetti, tra cui 11 remi della "barca solare", contenitori per profumi, lampade di cui una costituita da due rappresentazioni del dio Hapi che sorreggono un intricato nodo costituito dalle piante araldiche del Basso e Alto Egitto da cui scaturisce, come un fiore di loto, la coppa d'alabastro che conteneva l'olio per l'illuminazione.
Allo scrigno più esterno (n. 1) seguiva un'impalcatura in legno (n. 2 nello schema) su cui era stato disteso un telo di lino (5,5 x 4,4 m) di colore scuro su cui erano cucite, a intervalli regolari, margherite in bronzo che, a causa del loro peso, nel corso dei millenni avevano strappato il tessuto[79].
Un secondo scrigno (n. 3), sempre in legno dorato (3,74 x 2,35 m), ne racchiudeva un terzo (n. 4) con rilievi simili al precedente (3,40 x 1,92 m) tratti da composizioni religiose[79].
L'ultimo scrigno, il quarto (linea non numerata, di colore nero, nello schema di cui sopra; n. 239 della catalogazione di Carter), era lungo 2,90 m e largo 1,48 m. Sulle pareti di legno dorato era rappresentata la processione funebre mentre sul soffitto interno la dea Nut, il cielo, "abbracciava" con le sue ali il sarcofago in granito. Quest'ultimo, (lettera "a" nello schema) scavato in un unico blocco di quarzite di colore giallo (n. 240 di Carter, 2,74 x 1,47 m), presentava un coperchio in granito rosso (spezzato a metà probabilmente all'atto del posizionamento) che era stato colorato di giallo per adattarlo al sarcofago[79]. Carter valutò che tale differenza di materiali fosse dovuto all'adattamento di un coperchio preparato per un'altra tomba qui utilizzato per l'improvvisa morte del re.
All'interno del sarcofago in quarzite si trovava (lettera "b") un sarcofago in legno (n. 253 di Carter), rivestito d'oro (quello che tutt'oggi ospita il corpo di Tutankhamon nella stessa tomba).
Il 13 ottobre 1925 questo cofano venne aperto utilizzando nuovamente le quattro maniglie d'argento che erano state usate 3000 anni prima per posizionarlo in chiusura. Al suo interno un secondo sarcofago (lettera "c"), pure in legno rivestito d'oro (oggi al museo del Cairo), che conteneva un terzo cofano (lettera "d") d'oro massiccio (n. 255 della catalogazione di Carter), di qualità artistica inestimabile al di là del valore venale dell'oro. Si comprese così il motivo dell'enorme peso riscontrato dagli scopritori quando avevano tentato di estrarre i tre sarcofagi dal loro letto di quarzite. Lungo 1,88 m, il cofano ha uno spessore medio di 27 mm e un peso complessivo di oltre 110 kg.
Ma anche l'apertura di quest'ultimo sarcofago non pose gli scopritori dinnanzi alle effettive fattezze del giovane Tutankhamon: infatti la mummia, pesantemente danneggiata dalla gran quantità di oli e resine versatile sopra durante i funerali, indossava la famosa maschera d'oro, che diverrà, da quel momento in poi, il simbolo stesso dell'egittologia, se non dell'intero Egitto[79], catalogata da Carter al numero 256a. Sul corpo del re, come riportato sopra la sezione La mummia di Tutankhamon, vennero rinvenuti 150 oggetti simbolici tra amuleti e gioielli tutti contrassegnati, da Carter, dal numero "256" e dalle lettere da "a" (la maschera d'oro) a "vvvv" (un poggiatesta in metallo).
Dalla camera funeraria, una porta non murata dava accesso al Tesoro ove, al momento della scoperta, troneggiava, protetto dalla statua di Anubi lo scrigno dei vasi canopi[110]. Complessivamente il Tesoro conteneva circa 500 reperti, raggruppati da Carter in 75 gruppi, principalmente di natura religiosa o cultuale. Lo svuotamento di tale locale incominciò alla fine di ottobre del 1926; primo oggetto a essere estratto fu lo scrigno di Anubi, che ingombrava l'ingresso al locale. Anche in questa stanza erano penetrati gli antichi ladri che avevano, però, operato con discernimento, quasi scegliendo i contenitori da aprire e gli oggetti da asportare, come se ben conoscessero il contenuto della tomba.
In legno dorato, come gli scrigni della camera funeraria, era alto 198 cm, e con i lati di 153 cm x 122 cm, sovrastato da una merlatura costituita da urei (cobra con il cappuccio aperto e il disco solare sul capo) in oro e smalto nero, rosso e blu. Quattro statue di divinità a tutto tondo proteggevano i lati dello scrigno: Iside (a ovest), Nefti (a est), Neith (a nord) e Selkis (a sud), ciascuna identificata dal rispettivo geroglifico posto sul capo. Le statue erano strutturate secondo il canone su 20 quadrati tipico dell'arte amarniana[N 15]. All'interno dello scrigno in legno dorato[111], un secondo cofano in alabastro[112], ricoperto da un sudario di lino e protetto dalle stesse divinità femminili (questa volta in altorilievo e disposte agli angoli della struttura), conteneva i quattro vasi canopi[113], pure in alabastro, con coperchio costituito da un busto del re con il copricapo nemes e recanti, sulla spalla, il geroglifico del contenuto. All'interno di ciascuno di essi, piccoli sarcofagi in oro (alti circa 40 cm)[114], fedele riproduzione del secondo sarcofago antropomorfo, contenevano i visceri del re protetti ciascuno dal nome di uno dei figli di Horo preposto alla tutela: Imset per il fegato, Hapi per i polmoni, Duamutef per lo stomaco e Qebeshenuf per gli intestini. Anche questi erano stati ricoperti della stessa resina che era stata rinvenuta nei sarcofagi del re.
Come per altri oggetti del corredo funebre, lo scrigno di alabastro dei vasi canopici non sembrerebbe essere stato realizzato per la sepoltura di Tutankhamon: stilisticamente, i volti dei quattro coperchi in alabastro dei vasi canopici non rappresentano il volto del re così come desumibile da altre riproduzioni; materialmente, il coperchio dello scrigno reca il cartiglio, alterato, di Ankhkheprure, uno dei nomi noti del predecessore di Tutankhamon, Smenkhara, o della stessa Nefertiti[115].
Subito dinanzi alla porta di accesso al Tesoro, e quasi a protezione dello scrigno dei vasi canopici, si trovava un altro scrigno sovrastato dalla figura di Anubi[116] lungo 273 cm e dotato di stanghe per il trasporto processionale. La statua di Anubi[117], alta circa 95 cm, in legno ricoperto di resina nera con collare e interno delle orecchie in lamina d'oro, occhi in calcite e ossidiana e unghie in argento[117], rappresentava lo sciacallo accucciato e aveva al collo una sciarpa in lino[118] recante l'iscrizione: Anno settimo del Signore delle Due Terre Nefer-Kheperu-Waenra[119].
Tra gli scrigni e alcune scatole e ceste accatastate, venne rinvenuta una scatola in legno priva di decorazioni[120] e di coperchio, lunga circa 61 cm, contenente due piccoli sarcofagi antropomorfi a loro volta contenenti le mummie di due feti, verosimilmente di sesso femminile[121], sottoposti ad autopsia a cura del dott. Derry nel 1932[86] e plausibilmente figli della coppia reale Tutankhamon-Ankhesenamon.
L'annesso, originariamente predisposto per ospitare oli, unguenti, profumi, cibi e vino[N 16], fu l'ultimo locale a essere sgomberato, dalla fine di ottobre 1927 alla successiva primavera del 1928.
Nonostante le sue piccole dimensioni, conteneva circa 280 gruppi di oggetti, per un totale di oltre 2 000 pezzi. La stanza si presentava in gran disordine vuoi per il passaggio dei ladri, vuoi perché, evidentemente, in questo locale erano letteralmente stati accatastati, alla rinfusa, alcuni oggetti parte della refurtiva che i funzionari della necropoli tebana avevano recuperato e che, originariamente, dovevano trovarsi nell'anticamera. È da ciò desumibile che gli autori, quanto meno di una, delle incursioni ladresche furono scoperti e il materiale sottratto recuperato, ipotesi confermata dal ritrovamento di involti di tela ancora contenenti gli anelli e i bracciali raccolti dai ladri.
Lo svuotamento dell'annesso fu particolarmente difficoltoso poiché il pavimento era così ingombro di materiali che gli archeologi furono dapprima costretti a recuperarli restando quasi sospesi nel vuoto con funi per creare lo spazio sufficiente ad appoggiare i piedi. Si rese inoltre necessario puntellare molti oggetti affinché, durante le operazioni di recupero, non crollassero su quelli sottostanti.
Nella tabella che segue, distinti per gruppi omogenei principali, gli oggetti e i locali in cui furono rinvenuti (le lettere fanno riferimento sempre alla planimetria di cui sopra):
A | B | C | D | E | F | |
---|---|---|---|---|---|---|
Abbigliamento | - | - | ||||
Armi ed equipaggiamento | - | - | ||||
Carri ed equipaggiamento | - | - | - | |||
Attrezzatura per scrittura | - | - | - | - | ||
Gioielleria, amuleti, monili | ||||||
Lampade e torce | - | - | - | |||
Letti | - | - | - | - | ||
Modelli di navi e barche | - | - | - | - | ||
Oggetti rituali | - | - | ||||
Cosmetici | - | - | ||||
Doni al defunto re | - | - | ||||
Scatole e ceste | - | - | ||||
Sedie e sgabelli | - | - | - | - | ||
Sigilli (di vario genere) | ||||||
Vegetali | - | |||||
Strumenti musicali | - | - | - | |||
Ushabti e oggetti collegati | - | - | ||||
Vino in contenitori | - | - |
Gli oggetti rinvenuti nella tomba di Tutankhamon, come visto in numero di quasi 5 500, sono oggi conservati per la maggior parte al Museo Egizio del Cairo, in un'apposita area al secondo piano. Altri oggetti, non molti in verità e alcuni di cui non si conosce la provenienza, sono distribuiti presso il Metropolitan Museum of Art[122], di New York, e il Griffith Institute di Oxford, nel Regno Unito. Presso quest'ultimo, inoltre, è conservato anche l'archivio di Carter con gli appunti originali e le fotografie scattate da Harry Burton, fotografo del MET "prestato" gratuitamente, nel 1922, alla spedizione Carter-Carnarvon[123].
Una delle tante "leggende" sorte attorno a quella che fu, innegabilmente, una delle scoperte più importanti dell'archeologia è rappresentata dalla "Maledizione di Tutankhamon".
Fin dalla data della scoperta, novembre 1922, Carnarvon diede l'esclusiva mondiale, Egitto compreso, di tutte le notizie riguardanti la tomba al solo The Times[124] suscitando, come è intuibile, le pesanti lamentele non solo dei media, in generale, ma dello stesso Governo egiziano che, in sostanza, si trovava dinanzi al paradosso di apprendere quanto avveniva sul suo territorio da fonti straniere. Tale tensione porterà successivamente, con l'avvento al potere della fazione più nazionalista e contraria agli inglesi, al ritiro della concessione alla vedova di Carnarvon, nonché all'allontanamento dello stesso Carter dagli scavi per circa un anno (1924-1925).
Appare tuttavia chiaro che quotidiani e periodici dell'epoca non potevano prescindere dal fornire notizie ai loro lettori su un fatto tanto clamoroso e si videro costretti a scendere a patti con il The Times, per raccoglierne le briciole, e a imbastire, spesso, articoli anche fantasiosi pur di rispondere alla egittomania dilagante.
In questo quadro, alle verità che trapelavano (in realtà molto poche), si sommarono articoli anche denigratori delle attività in corso e, tra le altre, dall'alone di mistero che circondava la figura del Faraone ritrovato, cominciò a serpeggiare (specie dopo la morte di Lord Carnarvon) la diceria che esistesse una maledizione che incombeva su tutti coloro che avevano preso parte alla spedizione; di qui la nascita di quella che, ancor oggi, viene detta la "Maledizione di Tutankhamon". Si disse che era stata rinvenuta un'iscrizione, di fatto inesistente, secondo cui: "la morte verrà su agili ali per colui che profanerà la tomba del Faraone" e lo stesso Sir Arthur Conan Doyle (il "padre" di Sherlock Holmes) giunse ad attribuire la morte di Lord Carnarvon a elementi, non spiriti o fantasmi, inventati dai sacerdoti di Tutankhamon per salvaguardare la tomba, dicendo "La causa immediata della sua morte fu la febbre tifoide, ma questo è il modo nel quale gli 'elementi' (maledizioni) che proteggevano la mummia potrebbero agire"[125][126].
In realtà, poco o nulla di misterioso accompagnò il decorso delle vite delle persone che furono i principali artefici della scoperta: Carter morirà, ad esempio, nel 1939, all'età di 65 anni e ben 17 anni dopo la data della scoperta e il dott. Derry, che eseguì la prima autopsia sul corpo di Tutankhamon, morirà addirittura nel 1961 all'età veneranda di 87 anni. La stessa Lady Evelyn, figlia di Lord Carnarvon, presente alla scoperta e tra le prime ad accedere alla tomba, morirà nel 1980, all'età di 79 anni[127].
Nel 1925, tre anni dopo la scoperta della tomba, il professor Douglas Erith Derry e il suo assistente Saleh Bey Hamdi si accinsero a incominciare, nel corridoio principale della tomba di Seti II (KV15), l'autopsia sul corpo di Tutankhamon[128] (a proposito della "maledizione" di Tutankhamon, è appena il caso di notare che Derry morirà nel 1961 all'età di 87 anni[129]). Come sopra visto, il corpo del re, a causa della solidificazione degli unguenti versati nel sarcofago, vi aderiva saldamente; precedentemente Carter, nel tentativo di estrarlo, aveva tentato ogni strada per staccarlo, cercando il più possibile di limitare il danno: il sarcofago fu perciò esposto al calore del sole (sperando sciogliesse gli unguenti) nonché a quello di forti lampade e, addirittura, direttamente sul fuoco giungendo quasi al limite della temperatura di fusione dell'oro. Infine Carter tentò di staccare il corpo con coltelli arroventati, ma l'effetto finale fu la fratturazione del corpo in più parti. Lo scopritore della tomba eviterà di menzionare nella sua pubblicazione queste procedure. A seguito di questi infruttuosi e dannosi tentativi, Carter e Derry decisero di sezionare la mummia lasciandola nella sua bara[130][131].
Alle 10:35 dell'11 novembre, Derry praticò una prima incisione longitudinale sugli strati esterni della mummia. Lo studioso stabilì l'altezza della mummia in 163 cm, per cui stimò che in vita il re, di leggera costituzione fisica, doveva essere poco più alto di 167 cm[131][132] (circostanza che sarebbe stata confermata da una seconda autopsia del 1968 svolta dal prof. Harrison[133]) ovvero esattamente l'altezza delle due statue di colore nero che si trovavano ai fianchi della porta della camera funeraria (D) all'atto della scoperta[134]. In base all'esame della struttura ossea e in particolare della mancata fusione delle epifisi delle ossa lunghe, si stabilì inoltre che il re doveva avere tra i 17 e i 19 anni al momento della morte[130] (nel 1968, sulla scorta dello stato di eruzione dei denti del giudizio, si confermò un'età attorno ai 19 anni[131]).
Di particolare interesse le somiglianze riscontrate (sia da Derry nel 1925 sia da Harrison nel 1968) tra il cranio di Tutankhamon e quello dell'occupante la tomba KV55 con il quale condivide anche il gruppo sanguigno A2[135]. Dalle radiografie del 1968, inoltre, si appurò che il re non era morto di tubercolosi (come precedentemente suggerito)[136][137] e che all'interno del cranio era visibile un frammento osseo che, secondo gli specialisti, poteva comunque essere stato causato "post-mortem", da manovre degli imbalsamatori[136]. Le radiografie evidenziarono anche una frattura al femore della gamba sinistra, ma anche in questo caso non fu possibile determinare se la lesione fosse avvenuta prima della morte, fosse un risultato dell'imbalsamazione o dovuta all'esame di Carter[138].
Dall'accurato esame delle radiografie di Harrison, nel 1998 il noto egittologo Bob Brier ipotizzò una morte violenta per il giovane re. Lo studioso si accorse di un'importante lesione alla base del cranio (nella zona occipitale) ove era rilevabile un considerevole ispessimento dell'osso (il cosiddetto callo osseo o ematoma subdurale cronico, dovuto a una frattura). Il punto interessato, difficile da raggiungere accidentalmente, faceva pensare a un atto violento volontario. Il fatto stesso che ci fosse un ispessimento significava, però, che l'uomo era rimasto vivo almeno per due o tre mesi dopo il colpo. Anche se questo trauma avrebbe sicuramente provocato un grave stato di prostrazione fisica che avrebbe potuto comunque portare al decesso, le evidenze dimostrate dalla semplice analisi dei raggi X non potevano né confermare né smentire queste congetture[134][136].
Il 5 gennaio 2005 la mummia di Tutankhamon, per la prima volta dal suo rinvenimento quasi 80 anni prima, venne rimossa dalla sua tomba nella Valle dei Re e sottoposta a tomografia computerizzata (TAC). La scansione durò circa 15 minuti e produsse oltre 1 700 immagini. Queste furono studiate da un team egiziano e successivamente da uno straniero composto da esperti provenienti da Italia e Svizzera. Gli esiti furono pubblicati il 7 marzo dello stesso anno dal Supremo Consiglio delle Antichità egiziano. Secondo il bollettino ufficiale, la TAC non aveva evidenziato alcuna prova fisica di omicidio, ma le scansioni avevano rivelato caratteristiche insolite, tra cui la già nota gamba fratturata, che alcuni esperti, contraddetti da altri, ipotizzarono potesse aver portato alla morte del re bambino in quanto probabile causa di una grave infezione[139]. L'unica conclusione certa era che si escludeva definitivamente che la causa della morte potesse derivare da una lesione del cranio o da un trauma toracico, come altrimenti ipotizzato in passato[140].
Nonostante i risultati di questi approfonditi studi, il mistero della morte di Tutankhamon era ancora lontano dal potersi dire risolto. Il referto infatti non chiariva definitivamente le circostanze del decesso, e la discussione in seno alla comunità scientifica rimase aperta. Le due ipotesi principali erano la morte dovuta a un'infezione tetanica fulminante, o per somministrazione di un veleno. Se era stato somministrato un veleno, era verosimile che le tracce potessero essere sparite in seguito alla procedura di mummificazione e si auspicavano dati ulteriori dall’analisi del contenuto dei vasi canopi, che ospitavano le viscere del defunto: nei resti organici veniva ritenuto possibile rinvenire traccia delle tossine batteriche, o di spore tetaniche, o di altre infezioni sporigene.
Nuovi esami genetici e batteriologici, pubblicati nel febbraio 2010, hanno incominciato a rispondere a quelle domande, appurando che la morte poteva essere verosimilmente avvenuta per una necrosi ossea complicata da un'infezione malarica grave di tipo tropicale[3]. Queste analisi hanno inoltre diagnosticato come il faraone fosse affetto dalla malattia di Köhler, che lo costringeva a camminare con un bastone[4].
Che si sia trattato di una morte prematura, tuttavia, sembrerebbe confermato dal contenuto delle cosiddette "Lettere di Amarna", qualora si voglia riconoscere nella "regina vedova", che richiese al re degli Ittiti un figlio da rendere faraone, proprio Ankhesenamon, sposa di Tutankhamon[141][142]
Carter completò il suo lavoro di catalogazione e conservazione degli oggetti della tomba KV62 nel 1932. L'anno successivo verrà pubblicato il terzo volume del suo diario La tomba di Tutankhamon e gli ultimi anni prima della sua scomparsa saranno impiegati ancora per la preparazione del Rapporto sulla tomba di Tutankhamon che appare, però, l'opera di un uomo ormai stanco e provato da questa straordinaria esperienza.
Carter muore il 2 marzo 1939 a Kensington (in Gran Bretagna) ricco di gloria, ma privo di onori pubblici. I suoi scritti passeranno a una nipote mentre i suoi beni venduti all'asta nel dicembre 1939[143]; nel 1940 verranno invece venduti, anche questi all'asta, i suoi libri. Una parte della sua collezione di oggetti egiziani ritornerà al Cairo, al Museo Egizio, mentre un'altra parte verrà venduta a collezionisti privati sparsi per il mondo. La sua casa, all'ingresso della Valle dei Re, passerà al Metropolitan Museum of Art.
A tutto il 2007 la tomba era aperta ai visitatori, con un prezzo aggiuntivo rispetto a quello di accesso alla Valle dei Re. Il numero di visitatori fu limitato a 400 al giorno dal maggio 2008[144]. Nel 2010 la tomba fu chiusa al pubblico durante i lavori di restauro intrapresi dal Getty Conservation Institute[145] e nuovamente resa disponibile ai visitatori nel 2014. La tomba dovrebbe essere definitivamente chiusa al pubblico nel prossimo futuro, ma una riproduzione è stata già posizionata vicino alla Valle dei Re ed è a disposizione del pubblico dal 30 aprile 2014[146][147].
Seamless Wikipedia browsing. On steroids.
Every time you click a link to Wikipedia, Wiktionary or Wikiquote in your browser's search results, it will show the modern Wikiwand interface.
Wikiwand extension is a five stars, simple, with minimum permission required to keep your browsing private, safe and transparent.