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tipo di pasta Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Le tagliatelle sono una pasta all'uovo tipica dell'Emilia e della Romagna[1][2][3][4][5] e diffuse nella cucina tradizionale del Centro[6] e Nord Italia. Il loro nome deriva dal verbo "tagliare", dato che tradizionalmente si ottengono stendendo la pasta in sfoglia sottile e tagliandola, dopo averla arrotolata.[2]
Tagliatelle | |
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Tagliatelle fresche crude | |
Origini | |
Luogo d'origine | Italia |
Regioni | Emilia-Romagna Lombardia Marche Umbria Veneto |
Zona di produzione | Emilia |
Dettagli | |
Categoria | primo piatto |
Ingredienti principali |
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Le origini delle tagliatelle sono antichissime e difficilmente documentabili, in quanto la loro storia si intreccia con quella di altri formati di pasta, diffusi già dall'epoca romana quali le lagane menzionate da Orazio[2].
Il termine si ritrova già nel Cinquecento, in un trattato del provveditore ducale alla corte estense di Ferrara Cristoforo di Messisbugo, pubblicato postumo nel 1549 col titolo Banchetti compositioni di vivande, et apparecchio generale.[7] Nell'opera è riportata la ricetta di un formato di pasta chiamato "lasagnuolle overo tagliatelle tirate", suggerendo un'origine comune con le lasagne. La ricetta riportata da Cristoforo di Messisburgo rispecchia in buona parte quella attuale.
Le tagliatelle vengono inoltre riportate nel 1593 fra i principali formati di pasta dall'ecclesiastico romagnolo Tommaso Garzoni.[3][8][9] A quel tempo era in uso anche il termine al maschile "tagliatelli", come testimoniato da ricettari dell'epoca come l'Opera di Bartolomeo Scappi.[3][10]
Nel 1891 Pellegrino Artusi scriveva:
«Conti corti e tagliatelle lunghe, dicono i Bolognesi, e dicono bene, perché i conti lunghi spaventano i poveri mariti e le tagliatelle corte attestano l’imperizia di chi le fece e, servite in tal modo, sembrano un avanzo di cucina»
Durante il ventennio fascista lo scrittore Filippo Tommaso Marinetti, come atto paradossale di provocazione, propose l'abolizione delle tagliatelle e dei maccheroni perché considerati cibi "antivirili" e "antiguerrieri".[12]
Il 16 aprile 1972 Francesco Majani e Alcino Cesari, in nome dell'Accademia italiana della cucina, depositarono presso la Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Bologna la ricetta e la misura della vera tagliatella di Bologna. Un campione di tagliatella in oro è esposto in bacheca presso la Camera di Commercio. Le misure della tagliatella cotta stabilite corrispondono a 8 millimetri di larghezza (pari alla 12 270ª parte della torre degli Asinelli) equivalenti a circa 7 mm da cruda.[13] Lo spessore non è stato codificato con precisione, comunque deve essere tra i 6 e gli 8 decimi di millimetro.
Gli ingredienti per l’impasto base sono farina di grano tenero e uova fresche a temperatura ambiente, seguendo la regola tradizionale di mettere un uovo ogni 100 g di farina.
La farina viene disposta a fontana sulla spianatoia, al centro del quale viene fatto un incavo col pugno. Le uova vengono rotte all'interno dell'incavo e la farina impastata portandone verso il centro poca alla volta, fino a che tutto sia ben amalgamato e si sia ottenuto un panetto liscio ed elastico ma abbastanza secco.
L'impasto viene lasciato riposare, coperto con uno straccio, per non meno di mezz'ora, affinché la farina possa agglutinare. L'impasto viene poi abilmente steso con un matterello fino a tirare una sfoglia sottile circa 1 mm o meno.
A questo punto, la sfoglia viene lasciare asciugare per qualche minuto. Una volta asciutta, la si arrotola delicatamente su sé stessa e la si taglia a fettine larghe 6-8 millimetri.
Infine, le tagliatelle così prodotte vengono stese su un piano infarinato e arrotolate a "nido", lasciandole asciugare per qualche ora prima della cottura.
In Emilia, e specialmente a Bologna, la ricetta classica vuole che le tagliatelle siano condite con il ragù bolognese, preparato con polpa di manzo, macinata e cucinata in un soffritto di burro, pancetta, aromi, tirata a cottura con brodo, vino e concentrato di pomodoro, e generosamente coperte di Parmigiano Reggiano.
In Romagna vengono anche preparate verdi con aggiunta di spinaci nell'impasto, oppure miste nella forma cosiddetta paglia e fieno[14]. Sono utilizzati differenti condimenti come ragù, piselli, strigoli, prosciutto crudo. Sono spolverizzate di Parmigiano Reggiano oppure di locale formaggio di fossa. Una variante sono i tajadlot, ricavati da una sfoglia sottile e tagliati stretti, con una larghezza intermedia fra tagliolini e tagliatelle[15]. A Cattolica sono caratteristici i tajadlot s'li puracie (con sugo di vongole)[16].
Nell'Appennino tosco-emiliano e tosco-romagnolo, così come nelle aree montane della Toscana è comune condire le tagliatelle con funghi di bosco, tartufi e ragù di cinghiale.
Nelle Marche le tagliatelle si condiscono con vari tipi di ragù,[6]. Lungo la costa si preparano anche con sugo di pesce o di molluschi, mentre nelle zone appenniniche sono diffusi condimenti a base di cacciagione[17]. A Macerata le tagliatelle sono il piatto del giorno del santo patrono San Giuliano l'Ospitaliere.
In Umbria diffuso è il condimento con i funghi porcini, con il ragù di cinghiale e anche d'anatra. Inoltre vera e propria specialità regionale sono le tagliatelle al tartufo.
In Veneto vengono anche chiamate lasagne, sebbene tale termine altrove indichi un diverso formato di pasta. In provincia di Belluno e diverse altre parti del Veneto sono usate per la preparazione della pasta e fasoi, variante locale della pasta e fagioli[18], ma sono anche unite al prosciutto d'oca nel fisinàl tipico piatto della tradizione ebraica veneziana.
Una variante sono le tagliatelle verdi, nel cui impasto entra la bietola, lo spinacio, o l'ortica.
Lo scrittore romagnolo Olindo Guerrini (in arte Lorenzo Stecchetti) ha dedicato una poesia alle tagliatelle:
«Fate una pasta d'ova e di farina,
E riducete rimenando il tutto
In una sfoglia, ma non troppo fina,
Uguale, soda e, sul taglier pulito,
Fatene tagliatelle larghe un dito.
Che farete bollire allegramente
In molt'acqua salata, avendo cura
Che, come si suol dir, restino al dente;
Poiché se passa il punto di cottura
Diventan pappa molle, porcheria,
Insomma roba da buttarla via.
Dall'altra parte in un tegame basso,
Mettete alcune fette di prosciutto
Tagliato a dadi, misto, magro e grasso;
Indi col burro rosolate il tutto.
Scolate la minestra e poi conditela
Con questo intinto e forma, indi servitela.
Questa minestra che onora Bologna
Detta la Grassa non inutilmente
Carezza l'uomo dove gli bisogna,
Dà forza ai muscoli ed alla mente
Fa prender tutto con filosofia
Piace, nutre, consola e così sia.»
Le tagliatelle figurano nel titolo e nel testo della canzone in dialetto bolognese Dal Tajadel di Andrea Mingardi (1975).
Grande successo ha ottenuto Le tagliatelle di nonna Pina, brano scritto e composto da Gian Marco Gualandi e vincitore del 46º Zecchino d'Oro.
Nel Lazio, in particolare a Roma e città metropolitana, esiste un tipo di pasta simile, chiamato fettuccine, di formato più stretto rispetto alle tagliatelle; vengono condite solitamente con ragù di selvaggina (cinghiale, lepre), abbacchio (agnello) o manzo o con un sugo di pomodori freschi.
In Ungheria esiste un tipo di pasta molto simile alle tagliatelle emiliane chiamate egyszerű gyúrt tészta[19].
Nella regione sudorientale della Cina, ovvero nel Chaoshan, e nei paesi del sudest asiatico dove si trovano comunità cinesi, è diffuso un tipo di pasta simile alle tagliatelle chiamata mee pok.
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