La tachicardia atriale focale o pura è una forma di aritmia facente parte del gruppo delle tachicardie sopraventricolari. È caratterizzata dalla presenza di un aumento del ritmo cardiaco a causa della presenza di un sito di origine ectopico del segnale elettrico del cuore, che non è situato nel nodo senoatriale bensì in un'altra localizzazione a livello degli atri. È definito da una frequenza cardiaca inferiore ai 200 bpm e da un intervallo isoelettrico tra le varie onde P[1]. Si differenzia dalla tachicardia atriale caotica in cui il segnale di origine ha localizzazione variabile.
Si tratta di una condizione non comune, che rende conto del 10% di tutte le forme di tachicardia sopraventricolare[1][2].
La tachicardia atriale focale è caratterizzata da un focus di depolarizzazione ectopico, al di fuori del nodo senoatriale, autonomo e autoregolato. Si tratta di una condizione che può essere secondaria a un cardiomiopatia avanzata, a ipokaliemia o alla somministrazione di alcuni farmaci, tra i quali i digitalici, i betabloccanti e la teofillina. La localizzazione del punto di origine anomalo può essere a livello delle auricole, sia sinistra, sia destra, caso in cui il focus può situarsi presso la cosiddetta cresta terminale[3]. A sinistra, invece, si situa più soventemente presso l'origine di una delle vene polmonari[1].
Segni e sintomi
Il paziente può essere del tutto asintomatico oppure percepire palpitazioni, astenia e dispnea. Nel caso la tachicardia atriale sia prolungata nel tempo, può sopraggiungere un'insufficienza cardiaca con alterazione a volte importante della frazione di eiezione, che può regredire una volta che l'episodio tachicardico sia terminato[4].
Esami di laboratorio e strumentali
L'esame elettrocardiografico permette sia la diagnosi, sia la possibilità di localizzare il focus ectopico con una buona sensibilità[5]. Durante l'episodio acuto il tracciato mostra una tachicardia di durata e frequenza variabile, un'alterazione della morfologia delle onde P ed eventualmente una dissociazione atrio-ventricolare, presentando grandi similitudini con il flutter atriale[1]. Tuttavia, per distinguere la tachicardia atriale focale da quella sinusale può rendersi necessario uno studio elettrofisiologico[1].
Il trattamento medico, basato sulla somministrazione di adenosina, calcio-antagonisti, betabloccanti, farmaci antiaritmici quali la flecainide o l'amiodarone, ha sempre garantito risultati poco soddisfacenti e il protocollo terapeutico di riferimento prevede l'ablazione transcatetere del focus ectopico dopo mappatura dello stesso, che rappresenta il gold standard nel caso di pazienti sintomatici[1]. Il trattamento ablativo permette una prognosi migliore nel lungo termine con una bassa incidenza di complicanze; tuttavia, soprattutto nei pazienti anziani o nei soggetti con malattie cardiache, il tasso di recidiva è piuttosto elevato[1].
L'ablazione è una metodica, che nell'ultimo decennio ha modificato il trattamento di diverse forme di tachicardia sopraventricolare, con percentuali di successo di oltre il 90%. Il trattamento della fibrillazione atriale non raggiunge ancora percentuali così elevate, mentre è presente un aumento significativo delle complicanze durante e post-procedura[6].
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